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Ricostruire dalle fondamenta PDF Stampa E-mail

28 Aprile 2024

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 Da Comedonchisciotte del 24-4-2024 (N.d.d.)

La carneficina di Gaza va ogni oltre ogni parola e rimarrà nella storia come uno dei peggiori crimini commessi dall’uomo. Segna la definitiva sepoltura del mito della superiorità morale dell’Occidente e decreta la morte del diritto, colpito in quei valori assoluti sui quali esso fonda la sua ragion d’essere. Se, infatti, i rapporti di forza hanno da sempre avuto un ruolo fondamentale nel regolare le relazioni tra gli Stati, negli ultimi cent’anni erano state fissate alcune norme basilari per porre un argine alle derive più estreme, valide anche e soprattutto nel caso di guerre: è vietato colpire i civili, non si possono torturare i prigionieri, non si possono bersagliare i mezzi di soccorso e così via. Seppure queste norme non siano sempre rispettate, dal punto di vista teorico gli Stati non le hanno mai messe in discussione. La mattanza di Gaza segna una brusca rottura di questo processo di allontanamento dalla barbarie.

Sotto le macerie di Gaza è morto anche il diritto internazionale. Non solo l’esercito israeliano prende deliberatamente a bersaglio i palazzi e le strutture civili, le ambulanze, le famiglie in fila per gli aiuti alimentari, i bambini, i giornalisti e i volontari che cercano di alleviare le sofferenze della popolazione. Non solo uccide 40.000 civili, di cui la metà bambini, e lascia che i sopravvissuti muoiano per fame e sete vietando l’ingresso dei convogli alimentari. Non solo bombarda gli ospedali, lasciando che le persone vengano operate senza anestesia o muoiano per le ferite che non possono più essere curate. Ciò che segna il punto di non ritorno è che queste azioni vengano rivendicate come opportune da alti esponenti del governo israeliano. Si sono sentite dichiarazioni che non sembrano appartenere a questo mondo, dai palestinesi che sarebbero “animali umani” alla necessità di sparare ai bambini perché “sono potenziali terroristi”. Come non bastasse, Israele si arroga il diritto di scaricare regolarmente bombe su Libano e Siria, paesi non belligeranti, fino a colpire un edificio diplomatico iraniano uccidendo diverse persone. Pone così in essere la più incontestabile violazione del diritto internazionale, quella che viene insegnata alle università come il classico casus belli. Nemmeno i nazisti erano arrivati a tanto. In questo quadro di pura bestialità, appare un minus la grave dichiarazione israeliana di non volersi attenere né all’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia, che, nell’ambito del processo in cui lo Stato ebraico è imputato di genocidio, gli ha imposto di porre fine alla carneficina, né alla Risoluzione delle Nazioni Unite che chiede un urgente cessate il fuoco. Che, a fronte di tali mostruosità, Israele venga dalle nostre parti osannato a canali e testate unificate come “l’unica democrazia del Medio Oriente” fa ben comprendere lo stato di profonda corruzione morale in cui versa l’attuale classe dirigente occidentale e la stampa che le tiene lo strascico. Basti pensare a quale reazione avrebbe accolto un eventuale bombardamento russo dell’ambasciata britannica nel centro di Roma, con la morte di diversi cittadini britannici e italiani. Ma l’informazione al servizio dell’impero americano si strappa le vesti solo per “l’ingiustificabile” ritorsione iraniana, questa sì pienamente legittima secondo il diritto bellico.

Purtroppo, la crisi epocale del diritto internazionale non è che una manifestazione di una eclissi del diritto in senso lato, ben visibile nei paesi dell’Occidente. Per stare al contesto della guerra ucraina, ne sono espressione i provvedimenti del tutto arbitrari contro i cittadini russi, privati dell’accesso al conto corrente -in alcuni Stati baltici persino dei loro beni- soltanto in virtù della loro nazionalità. Una sorte che è toccata anche ad alcuni giornalisti occidentali colpevoli di essere “filo-russi”, ossia, fuori dalla propaganda, di riportare anche le opinioni dei cittadini del Donbass.

Le prime manifestazioni eclatanti di una simile deriva si sono prodotte in epoca Covid, con restrizioni alle libertà personali dettate da norme gravemente violative sia delle Costituzioni nazionali che di numerosi patti internazionali. Gli Stati hanno spesso formalmente agito rispettando le leggi (emanate ad hoc) ma queste stesse leggi contravvenivano in maniera evidente alle norme di rango superiore a tutela dei diritti fondamentali. Per motivi che qui sarebbe lungo analizzare, i giudici non hanno saputo e voluto sanzionare queste clamorose violazioni, giustificandole con la situazione di emergenza. Si sono dimenticati che le Costituzioni nascono per arginare il potere degli esecutivi e non può bastare un emergenza – vera o presunta – da essi stessi dichiarata perché se ne possano affrancare. Se così è, le Costituzioni non servono più. Non è certo un caso che le crisi siano di fatto diventati permanenti. Dal terrorismo al Covid all’Ucraina al clima, i governi hanno trovato il grimaldello giusto per scardinare la democrazia. Nel periodo pandemico si sono registrati episodi ancora più gravi, in cui gli Stati hanno operato senza nemmeno la copertura delle leggi ordinarie ponendosi così al di sopra del diritto, alla stregua dei sovrani “legibus soluti”. Il caso più noto è l’acquisto dei cosiddetti vaccini Covid, autorizzato dalla Von Der Leyen tramite scambio di sms, che non si sono potuti nemmeno visionare in quanto successivamente cancellati. Le regole che disciplinano gli appalti per evitare episodi corruttivi sono state bypassate proprio nell’acquisto più oneroso della storia UE.

Almeno due casi clamorosi hanno riguardato il nostro paese e, per quanto gravi, non hanno ottenuto l’attenzione che meritavano. Durante le votazioni per l’elezione del Presidente della Repubblica è stato negato il voto all’onorevole Sara Cunial in quanto sprovvista di certificato verde, facendo leva sul fatto che solo questo documento garantisse la non contagiosità. L’episodio è già grave in sé, avendo privato un parlamentare del suo diritto di voto costituzionalmente garantito, ma diventa ancora più grave ove si consideri che ai parlamentari positivi al Covid la votazione è stata invece consentita, allestendo un apposito seggio fuori dal palazzo. Si è così permesso di votare a chi era sicuramente contagioso e non a chi avrebbe solo potuto esserlo. Cosa garantisce che si troverà un giorno una qualche altra scusa inconsistente per evitare a un parlamentare scomodo di esercitare il suo diritto/dovere di rappresentanza? Il secondo episodio riguarda quanto capitato a luglio 2021 in merito alla traduzione del Regolamento UE che istituiva il certificato verde. Mentre il testo originale UE precisava che il documento non doveva discriminare chi non poteva o non voleva “vaccinarsi”, nella traduzione italiana la parola “voleva” spariva, permettendo così la discriminazione dei soggetti che avevano scelto di non sottoporsi a inoculazione. In maniera truffaldina, il governo Draghi si è inventato una legge inesistente dandosi il potere arbitrario di comprimere i diritti fondamentali. Volendo peraltro far credere che questo comportamento fosse completamente conforme alle norme europee, invece opportunamente distorte. Il vulnus è poi stato sanato correggendo la traduzione ma un tale comportamento finisce per minare alla radice ogni fiducia del cittadino nello Stato. Secondo lo stesso principio, domani l’esecutivo potrebbe pubblicare in Gazzetta Ufficiale un testo diverso da quello approvato in Parlamento, senza che nessuno se ne accorga.

La verità è che questi colpi di maglio all’ordinamento giuridico vanno letti all’interno di un più generale progetto volto a sostituire il diritto con un sistema di credito sociale che consente di trasformare i diritti fondamentali in concessioni elargite dal Potere. A ciò si intende affiancare un controllo giurisdizionale sottratto agli umani e affidato a algoritmi impersonali, che garantirebbero più velocità e imparzialità. A completare l’opera si vorrebbe introdurre la “giustizia predittiva”, che consentirebbe di prevenire ex ante i reati invece che punirli ex post, individuando, con algoritmi sempre più precisi, chi sta per commettere un delitto prima che passi all’azione. Si potrebbe insomma essere puniti senza aver commesso alcunché, solo perché identificato come potenziale criminale sulla base di criteri automatici impostati chissà come e per quali interessi. Un esempio della deriva a cui un tale sistema potrebbe portare è emerso qualche giorno fa su un giornale israeliano. A Gaza l’esercito israeliano utilizzerebbe l’intelligenza artificiale per individuare i civili palestinesi “potenzialmente” associabili al terrorismo. Dopo venti secondi dall’automatico verdetto, il militare spara. È una notizia che dà i brividi e che potrebbe dare ragione dei numerosi video che mostrano i soldati israeliani uccidere di proposito civili inermi che attraversano la strada o che hanno le mani alzate,  siano uomini, donne o bambini. Chissà quanti di questi erano “associabili” al terrorismo magari perché vicini di casa di un esponente di Hamas che nemmeno sapevano essere tale. https://www.ilfattoquotidiano.it/2024/04/05/israele-intelligenza-artificiale-raid-a-gaza-inchiesta-972-magazine/7502491/

Ma come è possibile che si intendano oggi mettere in discussione principi così fondamentali per la convivenza civile? La crisi del diritto, e con esso della democrazia, non è in realtà che l’espressione di una crisi di valori che in Occidente ha assunto dimensioni drammatiche. Cade il fondamento della convivenza civile perché l’uomo non sa chi più chi è e quale sia il senso del suo stare al mondo. Per questo non stupisce che il mondo occidentale stia perdendo il confronto con quei paesi che hanno mantenuto un legame più solido con le proprie radici storiche e valoriali, dalla Cina alla Russia allo stesso mondo africano. L’Occidente è caduto nel buco nero del nichilismo e, ora che anche la democrazia e il diritto nei suoi confini tramontano, non ha nulla più da offrire al resto del mondo. Nemmeno potrà presto mettere in vetrina il suo benessere materiale, in virtù delle scellerate scelte che stanno portando l’Europa verso un impoverimento di dimensioni che ancora non immaginiamo.

Se si vuole uscire da questa spirale, allora non basta affrontare una a una le gravi questioni che via via si presentano, siano esse la guerra, la censura, il trattato pandemico OMS, la compressione quotidiana dei diritti. Per quanto sia doveroso agire per porre argine a ogni passo verso la barbarie, le toppe non servono se il tessuto non tiene. Occorre ricostruire dalle fondamenta le nostre società, partendo dal recupero del senso del nostro vivere. Negli anni Covid, il professor Montagnier, mettendo in guardia dalla possibilità che l’m-RNA dei cosiddetti “vaccini” potesse integrarsi nel DNA umano, diceva che se ciò fosse accaduto sarebbero stati coloro che non si erano sottoposti alle inoculazioni a salvare il genere umano. Così, forse un giorno dovremmo ringraziare i popoli del resto del mondo per aver resistito al nostro imperialismo ideologico, mostrando all’Occidente una via d’uscita dal suo cupio dissolvi.

Alessandro Bagnato

 
Il debito pubblico non č pių il male assoluto PDF Stampa E-mail

25 Aprile 2024

 Da Comedonchisciotte del 23-4-2024 (N.d.d.)

Quante volte dalla bocca dei nostri politici (non ultimo l’attuale premier Giorgia Meloni) e dagli strilli di quella che è la stampa di regime, avete dovuto ascoltare che il debito pubblico è l’onere che lasceremmo sulle spalle dei nostri figli, costretti a ripagarlo con il loro sudore? Sul dogma neoliberista di dover ridurre i debiti pubblici degli stati, sappiamo bene è stato costruito questo folle, per non dire delinquenziale, progetto, oggi rappresentato dall’Unione Europea, al quale sia Giavazzi che Mario Draghi hanno dato il loro più che totale contributo e supporto.

Oggi, dopo quasi tre decadi, con il continente europeo fatto a pezzi in termini di aumento della povertà relativa ed assoluta, proprio a causa di dette politiche economiche, il professor Francesco Giavazzi, come d’incanto, ci annuncia nel suo editoriale pubblicato sul Corriere della Sera, che il debito pubblico non rappresenta più il male assoluto: “Occorre abbandonare l’idea che il debito sia solo un onere trasmesso alle generazioni future. Se indebitarsi oggi per investire, consentirà ai nostri nipoti di vivere in un continente libero, e che cresce perché collocato sulla frontiera della tecnologia, ripagare il debito sarà un onere minore. Anche perché il debito pubblico non deve necessariamente essere «ripagato»: l’importante è ridurre il rapporto fra il debito e il Pil, e questo dipende dalla crescita. Alla scadenza il debito pubblico può sempre essere rimborsato ri-emettendo altri titoli. Così è stato ad esempio negli anni Sessanta, quando i debiti contratti per combattere la Seconda Guerra Mondiale svanirono in meno di un decennio”.

Noi economisti liberi, che per anni abbiamo lottato e lottiamo ancora contro le immani falsità che Giavazzi ed i suoi fratelli neo-liberal ci propinano, lette queste ultime righe... ci sembra di sognare! Quante volte ho fatto presente nei miei articoli che il debito pubblico non ha natura debitoria e non esiste la ben che minima necessità di ripagarlo!? Non solo, la realtà dei fatti ci dice che mai nessun debito pubblico di alcun paese al mondo è stato ripagato in termini nominali da almeno duecento anni a questa parte e ciò è confermato anche dalla realtà contabile che li vede aumentare ininterrottamente nello stesso arco temporale. Quante volte ho ripetuto fino allo sfinimento, di fronte a chi non ha mai voluto crederlo, che alla scadenza i titoli del Tesoro vengono rinnovati in quello che è una sorta di rollover infinito. Una vera e propria partita di giro, insignificante in termini di debito, fra il Tesoro stesso e la Banca Centrale. Tenere titoli del debito pubblico in mani private è solo e soltanto una decisione di politica fiscale, presa dai governi e le banche centrali per fornire un reddito da interesse a chi ha risparmio. I titoli potrebbero essere detenuti interamente, in piena tranquillità, dalla banca centrale stessa o addirittura eliminati e gestire più semplicemente il rapporto di finanziamento della spesa pubblica mediante un conto corrente di corrispondenza. Ora, tutto questo ce lo conferma anche Giavazzi: “Alla scadenza il debito pubblico può sempre essere rimborsato ri-emettendo altri titoli”.

E voi che mi leggete, direte… finalmente! Si sono accorti dei loro errori dopo che hanno lasciato dietro di sé una autostrada piena di poveri e precari e quindi... da domani si torna a vivere! Ma neanche per sogno! L’inversione a centottanta gradi di Giavazzi rientra in quello che è il cambiamento di pelle in corso di Mario Draghi di cui vi avevo già parlato in un articolo del febbraio scorso. Un cambiamento necessario per autocandidarsi a salvatore dell’Europa attuale che lui stesso ha contribuito a distruggere. Il cambiamento non è certo animato dal voler far tornare a vivere la gente, stremata da decenni di debiti con banche, Stato e monopoli di natura pubblica oggi in mani private, bensì dall’esigenza che oggi ha il Potere di dover spendere – udite, udite – per armare gli ucraini e farli combattere fino all’ultimo uomo, costruire una difesa autonoma; e poi fare ricerca per la transizione energetica. Tra le tante cose da fare per cui Giavazzi ritiene giustificato un aumento di quello che lui definisce il debito buono, come potete notare, non compare minimamente quella di garantire agli italiani e quindi agli europei, un lavoro sufficientemente remunerativo per provvedere in modo dignitoso al mantenimento e la crescita delle loro famiglie. E poi ci si meraviglia perché non si fanno figli nel belpaese e del conseguente e preoccupante calo demografico! […]

Il debito, dice Giavazzi, deve essere fatto necessariamente a livello europeo e per giustificare l’ennesima fandonia dottrinale, necessaria a propagandare la voglia sempre più crescente di rendere l’Europa una federazione, l’economista di Draghi scomoda persino la storia ed addirittura uno dei padri fondatori degli Stati Uniti d’America, Alexander Hamilton: “La lezione americana è che un debito pubblico comune non solo consente di creare uno Stato forte: nessuna delle vecchie ex-colonie lo sarebbe stata da sola. Aiuta anche a trasformare un’entità politica in uno Stato, obbligando i nuovi cittadini a comporre interessi talora contrapposti”. Parole prive di ogni significato, utili solo – come già detto – per condurre l’opinione pubblica ad accettare gli Stati Uniti d’Europa come un qualcosa di benefico e necessario per i popoli. Ma Giavazzi non spiega perché – dato che il debito pubblico non è più un problema – quelle stesse cose, ammesso e non concesso che siano desiderabili, non si possano fare a livello nazionale. Ci sono decine di Nazioni sul pianeta, più piccole dell’Italia che competono efficacemente sui mercati internazionali. Perché la Corea del Sud e la Svizzera (due esempi a caso, per non parlare del Giappone) possono farlo e noi no? Senza contare il fatto che la UE esiste dal 1992 e, da allora, anziché essere fattore di maggiore competitività, siamo solo indietreggiati nei confronti del resto del mondo. Veramente il professore dovrebbe spiegarci come dei numeri creati dal nulla su un computer di una banca centrale sarebbero considerati un debito se a farlo è un paese europeo singolarmente, mentre non lo sarebbero se a crearli è la Bce per conto di tutti. Il professor Giavazzi ci dovrebbe una spiegazione anche riguardo alla frase “l’importante è ridurre il rapporto fra il debito e il Pil” – visto che già da tempo, lo stesso economista che partorì i due famosi parametri che guidano il fiscal compact – il professore francese Abeille – ci ha confessato che tale rapporto è privo di base scientifica. Un estratto di una intervista del Sole 24 ore al professor Abeille, il quale confessa che nella notte del 9 giugno 1981, su richiesta esplicita del presidente François Mitterrand (il quale aveva fretta di trovare una soluzione semplice che mettesse rapidamente un freno alla spesa del governo di sinistra che nel frattempo stava esplodendo), ideò i famosi parametri che oggi guidano il patto di stabilità “Un modo per iniziare a creare una quantità rilevante di debito comune è liberare la Bce dai titoli che la banca ha acquistato quando (fra il 2014 e il 2022) questi acquisti erano necessari per evitare che l’inflazione diventasse negativa. Si potrebbe cominciare costruendo un’Agenzia europea del debito e spostandovi i titoli oggi posseduti dalla Bce, lasciando ovviamente in capo ai singoli Paesi l’onere di pagarne gli interessi. Un onere che è anche l’impegno verso un’Unione sempre più forte”.

Secondo Giavazzi, dopo aver affermato che il debito pubblico non rappresenta un problema, dovremmo procedere a liberare la Bce da questi pericolosissimi numeri che giacciono dentro i suoi computer e girarli sui computer di quella che Giavazzi stesso indica come una costituenda Agenzia del debito – “lasciando ovviamente in capo ai singoli Paesi l’onere di pagarne gli interessi” – ma certo, non vorremmo mica privare quella ristretta cerchia di famiglie che comandano il mondo dell’obolo divino, frutto del sangue di chi lavora! Insomma un gioco delle tre carte in piena regola, dove i numeri diventano debito a seconda del computer dove sono locati.

Svegliatevi! Non sanno più come fare a tenere in piedi questa baracca costruita sulle balle in dottrina economica e monetaria.

Fabio Bonciani

 
Un leader irresponsabile PDF Stampa E-mail

22 Aprile 2024 

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 Da Rassegna di Arianna del 15-4-2024 (N.d.d.)

Netanyahu è quel che si dice un politico 'navigato', si muove nei vertici del potere israeliano da 30 anni. Da un uomo di così lunga esperienza, ci si attenderebbe una adeguata capacità di gestire le situazioni più complesse; ma oggi Bibi è prigioniero della situazione, non la governa. Nonostante lo shock del 7 ottobre, e nonostante il paese sia in guerra da sei mesi, una forte opposizione non smette di manifestarsi nelle piazze.

La guerra a Gaza, che non ha sinora prodotto seri risultati militari, si sta rivelando un pantano in cui Israele rischia di finire risucchiata, e che sta costando miliardi su miliardi. Nonostante l'appoggio della potentissima lobby ebraica statunitense, i rapporti con l'alleato d'oltre oceano sono sempre più tesi, i rapporti con la Russia - storicamente amichevoli - sono stati deteriorati gravemente, e la posizione internazionale (escluso l'occidente collettivo) è di isolamento pressoché completo. Così oggi Netanyahu si trova tra l'incudine di un alleato imprescindibile ma sempre più irritato, ed il martello di una maggioranza che lo sostiene composta da fanatici estremisti. Parlando ai ministri del suo partito, ha detto: "Risponderemo all'Iran, ma dobbiamo farlo con saggezza e non agire d'istinto. Devono essere sotto pressione come ci hanno messo sotto pressione loro", riconoscendo esplicitamente di essere stati messi sotto pressione.

La tattica politica di rilanciare continuamente sul piano bellico, cercando di rinviare la resa dei conti (politica e giudiziaria) che lo attende, lo ha cacciato in vicolo cieco. Ma, per certi versi ancora più importante, ha messo il suo stesso paese in una situazione estremamente complessa. L'estremismo messianico e colonialista a cui ha dato spazio ha finito col risucchiare Israele in un vortice dal quale è ora assai difficile trarsi fuori. L'operazione Al Aqsa Flood del 7 ottobre, e quella True Promise del 14 aprile, sono state un uno-due micidiale, che ha mandato in frantumi la mascella israeliana: il suo potere deterrente, su cui ha vissuto per 75 anni, semplicemente non esiste più. Oggi l'Iran, che guida politicamente, militarmente e spiritualmente l'Asse della Resistenza, è una potenza regionale conclamata, assai bene inserita nel contesto internazionale e con ottime relazioni con Russia e Cina. E può permettersi di sbeffeggiare Tel Aviv, sfidandola apertamente.

A questo punto, l'unico modo in cui Israele potrebbe ripristinare la sua deterrenza sarebbe usare armi nucleari. Ma se lo facesse, anche a prescindere dal rischio di essere tempestata da migliaia di missili, si ritroverebbe relegata al ruolo di paria mondiale per i prossimi 50 anni. L'ultima mossa di Bibi, quindi, dovrà essere un super-esercizio di equilibrismo: dare una contro-risposta all'Iran (evitando di innescare una contro-contro-risposta devastante), senza far incavolare gli alleati americani, e vendendola all'opinione pubblica interna (sempre più spaventata e smarrita) come un ripristino della capacità israeliana.

Il vecchio leone è ormai più preoccupato del suo domani che acutamente attento a ciò che gli accade intorno, ed il suo ruggito suonerà probabilmente come il suo de profundis.

Enrico Tomaselli

 
Masada PDF Stampa E-mail

19 Aprile 2024

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 Da Comedonchisciotte del 18-4-2024 (N.d.d.)

La storia si ripete? Certo che sì.

Tutti pensano che non sia così. Questo perché nessuno sa – o vuole sapere – cos’era successo all’inizio: mitologizziamo e romanziamo gli eventi del passato per farli corrispondere alle realtà e alle esigenze del presente.

La storia di Masada non è quella a cui credono gli israeliani – e che quindi non hanno imparato nulla. La storia è una cosa che non vogliamo imparare e, quando si ripete, non sappiamo cosa stia succedendo.

Masada? Non erano stati i Romani a “distruggerla”. Era stata una setta folle di veri credenti ebrei che si era auto-immolata.

Quella Masada storica è una razionalizzazione per una futura Masada – un’altra setta folle di veri credenti ebrei destinati all’autodistruzione – i Sionisti.

Julian MacFarlane  (tradotto da Markus)

 
Chi vėola il diritto internazionale PDF Stampa E-mail

18 Aprile 2024

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 Da Rassegna di Arianna del 15-4-2024 (N.d.d.)

Il senso di questo attacco resta ancora un enigma, e si rischia di perdersi nel fumo della propaganda. Anche i fatti sono coperti da questo fumo, e per esempio non sappiamo i danni reali causati alle basi israeliane colpite. Tuttavia si può cercare di usare una ragione indiziaria per mettere insieme alcune cose.

1) quando Israele attacca un'ambasciata straniera, in un paese straniero e sovrano, compie una violazione del diritto internazionale e di fatto equivale a una dichiarazione di guerra. Immaginiamo che cosa si direbbe se i russi bombardassero l'ambasciata francese in Polonia. 2) l'Iran deve rispondere per non perdere la faccia, ma lo fa senza esagerare. Avvisa con 72 ore di anticipo gli americani e tutto il mondo dell'attacco, dà il tempo di organizzare una difesa capace di impedire che si facciano troppi danni, evita di colpire obbiettivi civili, forse anche per marcare la differenza con Israele. 3) quello che abbiamo visto nei cieli israeliani è allora tutta una farsa, una simulazione alla Baudrillard? Una rappresentazione per le rispettive opinioni pubbliche? Molti lo pensano, ma credo sia un errore. Vediamo perché. 4) i droni hanno un costo, e anche i missili per abbatterli ne hanno uno, e bisogna capire il rapporto tra i due, che credo sia molto sfavorevole a Israele, e la guerra in Ucraina ha mostrato che armi moderne e utili sono anche troppo costose in conflitti lunghi. 5) di quante riserve è dotata Israele per ricaricare quei sistemi di difesa? Non di un numero infinito. Quanti attacchi ripetuti di queste e di più ampie proporzioni può fronteggiare Israele? 5, 6 tornate? Che percentuale di riserve di missili è stata bruciata ieri? Il 20, il 30, il 50%? Difficile dirlo. Ma su questo bisogna ragionare per capire che quel gesto non è stato mera simulazione. 6) l'Iran ha detto: possiamo lanciare attacchi simili per settimane, ondate continue. Lo volete? 7) ma pare che ai droni bisogna aggiungere qualcosa di diverso. Notizie difficili da confermare dicono che sono stati lanciati non solo missili balistici, ma 4 missili ipersonici. Se fosse vero significherebbe che l'Iran è nel club dei pochi paesi che possiedono quest'arma che buca ogni difesa. In effetti parrebbe che questi siano arrivati dove dovevano arrivare. 8 ) questo vuol dire che l'Iran ne possiede molti, e non ci sarebbe da stupirsi. L'Iran ha tolto le castagne dal fuoco alla Russia in un momento delicato e di grande difficoltà, fornendo quantità di droni in quel momento. Gli aerei che li trasportavano tornavano vuoti? Lo lasciamo credere alla von der Leyen e a Gentiloni. Possiamo ipotizzare che molte cose sono arrivate in Iran dalla Russia e non solo. 9) c'è una parte del mondo che oramai agisce in maniera forse non del tutto coordinata ma neanche spaiata. Dopo questo attacco ogni paese deve badare alle proprie difese antiaeree. Israele era stato forse tentato di fornire difese a Zelensky, ma dopo questo se ne guarderà bene. Il ministero degli Esteri russo non solo non ha condannato l'attacco iraniano, ma ha ironizzato pesantemente riguardo alla richiesta di condanna. Messaggio chiaro anche lì: in Russia le lobbies ebraiche non contano più niente, i tentativi della finanza internazionale di piegarci sono falliti, c'è un sistema finanziario che oramai è impermeabile ai poteri della grande finanza. Questo cambia il gioco geopolitico, finisce un''epoca. L'attacco iraniano indebolisce ancora l'ucraina. 10) l'Iran ha chiarito che se si fa sul serio, se viene attaccata, può affondare le portaerei americane. Che può fornire missili balistici ad altri. Russi e cinesi hanno essi stessi lanciato un avvertimento: l'Iran può fare una guerra per procura contro l'Occidente, come l'Ucraina la sta facendo contro Mosca. E può diventare l'unico rappresentante della causa islamica, innescando un processo devastante in molti stati, per esempio in Giordania, in Iraq etc.

Mi fermo, in un'analisi parziale, indiziaria.

PS. Non discuto con coloro che si appellano ai valori, ai diritti universali, al nostro modo di vita e alla democrazia. Non è più tempo di perdersi in discussioni inutili.

PS2: bisognerebbe sostituire l'educazione civica, questa forma di istupidimento su "dialogo", "comprensione", "diritti" con la capacità di interrogarsi sulle dinamiche che muovono il reale. Coi valori abbiamo formato non cittadini, ma una banda di cretini.

Vincenzo Costa

 
La religione pių antica PDF Stampa E-mail

16 Aprile 2024

 Da Rassegna di Arianna del 14-4-2024 (N.d.d.)

Caro Stato italiano,

so che continui a vantarti di consentire la libertà di culto, di rispettare tutte le religioni, di non profanare i luoghi sacri di nessuno. Addirittura, l’hai scritto nella tua Costituzione, anche se in realtà non la rispetti mai, dato anche che è molto generica. Però ho deciso di fidarmi e ti faccio una richiesta che rientra nei tuoi sbandierati princìpi: la libertà di culto e il rispetto per i luoghi sacri.

Io sono panteista, anzi animista-panteista, e posso assicurarti che non sono il solo.  Non conosci questa religione? Ti posso garantire che ha almeno centomila anni, ma probabilmente molti di più, forse un milione di anni. Jane Goodall ha riconosciuto chiari segni di una religione animista anche fra gli scimpanzé. Ma forse prendi in considerazione solo le religioni che hanno qualche istituzione. Perché? Le istituzioni sono pericolose, i cosiddetti “Stati sovrani” ancora di più, anche perché ora non sono più sovrani neanche sulle proprie sedie… Chiedo che i miei luoghi di culto vengano rispettati, è lì che noi animisti preghiamo. Sono i boschi, i torrenti, le paludi, le profondità del mare, le montagne, gli alberi, le foreste, tutti gli esseri senzienti: sono tutti sacri, cioè hanno un valore in sé. Giacché ci sono, ti chiedo anche di cambiare l’articolo uno della tua Costituzione: L’Italia è una Repubblica fondata sul Mondo Naturale. Sarebbe anche un articolo molto più bello. Hai le tue festività dichiarate, Santi e Madonne, oltre che le solite battaglie vinte, recentemente mi sembra che abbia intenzione di riconoscere anche il ramadan. Non sarà per caso che consideri “religioni vere” solo quelle che credono in un Dio solo ed esterno al mondo? E le altre? Solo come esempio, le nostre feste “animiste”, quelle che ci piacerebbero molto, sono i Solstizi e gli Equinozi: perché non facciamo festa? Dopotutto sarebbero feste per tutto il mondo! Pensa che bello: i quattro appuntamenti del nostro caro Pianeta lungo la sua orbita. Altro che Repubbliche, battaglie, eroi, santi e Madonne.

Le religioni più diffuse e riconosciute ufficialmente nel mondo sono quasi tutte “calate nella storia”, riconoscono profeti, o fondatori, o “ispirati da Dio”, storicamente vissuti, di solito negli ultimi 2-3000 anni. La Vita sulla Terra ha tre miliardi di anni, i Primati molti milioni di anni, le religioni istituzionalizzate 2-3.000 anni, l’attuale “religione” economicista-materialista 2-300 anni e anche meno: quindi mi sembra di avere diritto di farti una richiesta di rispetto per i miei luoghi sacri, che hanno una vita molto più lunga e più reale.

Con questi tempi, è evidente l’assurdità di chiamare “storia” le vicende della nostra cultura degli ultimi 5.000 anni e “preistoria” tutto il resto, in un unico calderone dove si mettono insieme i dinosauri (150-65 milioni di anni) e le culture umane che tu chiami “primitive” (ultimo milione di anni). Se riconosciamo lo spirito dell’albero, non abbattiamo le foreste, se sentiamo lo spirito del torrente, non lo riempiamo di plastica e veleni vari, se “vediamo” lo spirito della montagna, non la riempiamo di orribili impianti…

Con i migliori saluti.

Guido Dalla Casa 

 
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