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Il pilota automatico della democrazia terminale PDF Stampa E-mail

6 Agosto 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 4-8-2022 (N.d.d.)

Nel bosco dei ribelli è giunta notizia che in Italia si terranno le elezioni politiche il 25 settembre. Accogliamo l’informazione con uno sbadiglio, seguito da un debole sorriso. Anche il Drago ha gettato la spugna, forse spaventato dall’autunno freddo per mancanza di energia, dalla conseguente inflazione e dalla possibilità di reazioni popolari.

La macchina procedurale della stanca, asmatica democrazia rappresentativa è avviata. Nel bosco non ci sono sezioni elettorali e non si eleggono deputati. Ci limitiamo ad aspettare la frescura settembrina, rammentando una canzone di battaglia di noi ragazzi di tanti anni fa, che osarono sfidare lo spirito dei tempi. “Democrazia, democrazia, è cosa vostra e non è mia. Democrazia, democrazia, in quantoché comandate voi”. Come Walt Whitman, “due strade trovai nel bosco e io scelsi quella meno battuta, ed è per questo che sono diverso”. La distinzione rispetto al poeta di Foglie d’erba è che la sua diversità era l’orientamento sessuale, che non si chiamava ancora così. Pure, nei nostri anni difficili e formativi di democrazia ce n’era assai più di adesso. Gli spazi bisognava conquistarseli palmo a palmo, ma non c’era la palude maleodorante e la dura dialettica delle idee aveva per protagonisti figure dello spessore di Berlinguer, Almirante, Moro, Andreotti, Craxi, La Malfa. Ora vige il pensiero unico, e Tocqueville, dalla tomba, può compiacersi di quanto sia stata profetica la sua analisi sulla tirannia della maggioranza conformista, imbelle, interessata solo a se stessa. Tramonta anche l’idea della democrazia liberale di Ortega, “l’unico governo che rispetta la minoranza, perfino quella più debole. “Sarà che una volta la politica contava qualcosa, progetti e modelli erano alternativi. La gente si divideva su visioni del mondo e della società e anche per questo correva a votare. Da trent’anni – e nell’ultimo decennio con un’accelerazione impressionante – l’intera classe politica si è posta al servizio dei poteri globalisti, rafforzando il modello liberal liberista in economia e libertario-libertino in campo morale. Tutti hanno promosso la privatizzazione di beni e servizi, nell’indifferenza per l’interesse popolare e nazionale; tutti hanno accettato la cessione di sovranità ad organismi tecnocratici e finanziari sovrannazionali.

L’intero cerchio della politica “di sistema” ha segato l’albero su cui è appollaiata, sostenendo il passaggio da un ordinamento democratico ad uno tecnocratico. La sovranità non appartiene più al popolo, sia pure esercitata “nelle forme e nei limiti della costituzione”. È saldamente nelle mani di oligarchie, “esperti” e “competenti” avulsi dalla vita e dalla volontà popolare. Le forze politiche hanno portato all’apice l’arte del camuffamento, continuando a presentarsi sotto le mentite spoglie della sinistra, della destra e del centro, dei conservatori, dei progressisti, dei riformisti e dei moderati. Nella sostanza, termini del lessico politico che non significano più nulla. Le società postmoderne sono diventate postdemocratiche, pur mantenendo, per motivi cosmetici e per avvalorare la menzogna di massa, le forme e le procedure della democrazia rappresentativa. Che non rappresenta più molto, tanto che la tirannia della maggioranza intuita da Tocqueville quasi due secoli fa è diventata il contrario: tirannia della minoranza nell’indifferenza e docilità dei più. In maniera confusa e contraddittoria, un numero crescente di persone lo ha compreso, disprezza la politica e se ne tiene lontana perfino nell’occasione del voto. Tra tante sciocchezze divenute patrimonio di massa, Jean Jacques Rousseau enunciò anche alcune verità. Una riguarda la sovranità, che per il ginevrino il popolo esercita un solo giorno, quello del voto, per spogliarsene dopo aver restituito la matita copiativa. Gli ultimi anni sono stati i primi della transizione post democratica: comandano oligarchie proprietarie di tutto, promotrici di un pensiero dominante tendenzialmente unico che rende superfluo il rito delle votazioni. Siamo plasmati per pensare allo stesso modo, parlare, mangiare, vestirsi in modo uguale, omologato. Perché votare, se i programmi divergono solo su sfumature e se pezzi sempre più ampi del ceto politico trasmigrano da uno schieramento all’altro, se non rispondono al popolo, promettendo ad oligarchie e mercati che saranno fedeli, fedelissimi alla linea? Un alto funzionario dell’oligarchia, l’ex ministro “tecnico” Enzo Moavero Milanesi, ha spiegato in un’intervista ciò che dovrà fare obbligatoriamente il futuro governo “da chiunque sia composto”. Le figurine intercambiabili, oltre a non poter discutere in alcun modo la collocazione internazionale dell’Italia, le sue alleanze (o sottomissioni) e i suoi impegni bellici (nonostante l’evidente dissenso della maggioranza ex sovrana) dovranno praticare una politica di bilancio definita “imprescindibile”. Ovvero spenderanno i nostri soldi come vogliono loro. C’è il patto di stabilità (ma la democrazia è per natura instabile, a differenza delle dittature) con l’impianto sanzionatorio per chi sgarra deciso da chi gestisce i fondi creati dal nulla dalla Banca Centrale, che, in qualità di creditrice (non di prestatrice di ultima istanza) ha “vasta influenza” sulle scelte (obbligate) dell’esecutivo.

La vocazione dogmatica dell’oligarchia sono le liberalizzazioni (balneari, tassisti, imprenditori, siete avvisati) opporsi alle quali significa perdere “gli ingenti fondi europei “, ossia prestiti da onorare. Che ci resta, se il gioco è definito in partenza, le squadre fungibili e decide tutto l’arbitro? Se – puta caso – qualcuno volesse cambiare le regole o il gioco, fuoriuscendo dallo schema obbligato liberal liberista e dal sistema dei diritti individuali che hanno decostruito l’uomo, polverizzato la famiglia, innescato il dramma della denatalità e generato un’impressionante confusione di massa? Nessun problema, recitano i paladini della democrazia terminale. Si può partecipare alle elezioni e presentare un programma alternativo. È la sfolgorante democrazia, il sistema politico più bello ed inclusivo inventato da mente umana. Peccato che ci abbiano appena detto che dobbiamo fare ciò che vogliono loro: si chiama governance, amministrazione controllata dell’esistente. I governi sono amministratori condominiali che rispondono ai costruttori dei palazzi. Se hanno trasferito il potere ad organismi transnazionali, vertici non elettivi, poteri di fatto, cupole finanziarie, mercati, commissioni, lo hanno fatto precisamente per bypassare l’ingombrante parere dei popoli. I quali, nonostante il bombardamento mediatico e culturale, si ostinano a non pensarla come i Superiori.

Pazienza, ripete l’Ottimista Democratico. Andrete in parlamento e farete sentire la vostra voce. Ma il parlamento – il cui nome evoca più la logorrea che l’azione-non conta quasi nulla. I deputati sono scelti uno per uno dai capi dei partiti e se si azzardano a dissentire, l’agiata carriera è finita. Se presentano leggi o proposte, i vertici parlamentari faranno in modo che non vengano discusse o siano stravolte. Se poi le decisioni del governo non piacciono, c’è una doppia tagliola. Il voto di fiducia – il governo Draghi ne ha totalizzati cinquantacinque – blocca il dibattito e costringe ad approvare tutto a scatola chiusa. Oppure si governa a colpi di decreti immediatamente esecutivi che diventeranno legge con le metodologie descritte, o di provvedimenti amministrativi contro cui non vi è possibilità di opposizione o impugnazione, tipo i DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei ministri).

E poi, entrare in parlamento: mica facile. Innanzitutto ci sono gli sbarramenti percentuali, i collegi blindati in cui si sa in anticipo chi vincerà, la difficoltà creata ad arte contro la rappresentanza nella democrazia detta rappresentativa. Negli ultimi tempi sono stati raggiunti vertici impensabili nella negazione della democrazia reale da parte dei cantori h.24 della democrazia teorica. Già svuotato di potere, formato da yes men (e women, non dimentichiamo le quote rosa obbligatorie, che dovranno estendersi ai “generi” inventati dagli intellettuali di servizio) il mezzo migliore per costituire un parlamento privo di vera opposizione, è impedire con regole burocratiche la partecipazione alle elezioni di chi non fa parte del cerchio magico. I partiti – tutti – hanno stabilito per sé un vero e proprio “ius primae noctis”. Poiché la norma prevede che gli aspiranti partecipanti alle elezioni presentino a sostegno un ingente numero di firme di cittadini – autenticate da pubblici ufficiali-il gioco è fatto. Hanno esentato se stessi dall’obbligo – comprese sigle formate in parlamento allo scopo di aggirare la norma – confermandolo per gli altri. Immaginate quanto sia arduo, in piena estate e in tempo di epidemia, raccogliere decine di migliaia di firme “in presenza”. È una legge criminogena: chiunque abbia conoscenza della realtà, sa quali illegalità, quali trucchi siano generalizzati e sa altresì che quasi mai chi autentica le firme è presente al momento della sottoscrizione. Problema risolto per “loro”: nessuna firma. Problema insormontabile per tutti gli altri, se vogliono agire nella legalità. I costi dell’operazione sono ingenti: notai, avvocati, ufficiali giudiziari, modulistica, corse affannose per raccogliere i certificati anagrafici dei sottoscrittori. Una corsa a ostacoli al termine della quale, stremati e senza più un soldo, i potenziali oppositori potranno affrontare il Golia dei partiti di sistema, ignorati, tranne pochissimi spazi contingentati, da radio, tv e giornali, se non per essere attaccati e irrisi. La corsa è ampiamente truccata. Un esempio: da anni il sistema mediatico offre enormi spazi a Carlo Calenda, leader di se stesso. Perché? Evidentemente è “una riserva della Repubblica”, destinato ad affiancare o sostituire chi dicono loro, fingere opposizione o una fronda interna al sistema. Adesso il pariolino, perfetto esemplare di uomo di potere (destra in economia, sinistra nell’agenda dei “diritti”, centro nella gestione degli affari), coglie i frutti e diventa l’alleato preferenziale del PD, partito-Stato filiale dei poteri esterni. E gli altri? Si sgolano a rassicurare, giurare fedeltà ai Superiori mentre si scannano all’interno per accaparrarsi i posti migliori in lista. E l’opposizione? Non pervenuta, come la temperatura di remote località alpine, oppure impegnatissima a mostrarsi più devota ai mercati, alla finanza, agli alleati-padroni. E quella vera, che si è formata nonostante tutto in questi terribili anni? Generosi e sinceri i militanti, tante persone di ogni orientamento che vogliono cambiare le cose, ma duci e ducesse l’un contro l’altro armati, rissosi, incapaci di unirsi. Dissensi ideologici, certo, linee spesso incompatibili, è vero. Ma soprattutto appetiti di piccoli personaggi la cui aspirazione non è cambiare il mondo, ma il proprio status sociale. Un posticino in parlamento fa gola, eccome, come sanno i grillini transumanti a destra e a manca (più a manca, invero), impegnati a ostentare il più alto tasso di progressismo.

Una certezza: nessuna soluzione al presente stato di cose può venire dalla stessa mentalità, dal medesimo humus che l’ha prodotto. Lo diceva Einstein e lo ripetiamo noi, convinti che la via parlamentare – in assemblee destituite di potere, svuotate di prestigio, piene di soggetti ricattabili che alla politica hanno affidato la loro realizzazione personale – non sia più praticabile. Il mondo cambierà – se cambierà – solo per iniziativa di lotte di massa, movimenti sociali, insorgenze di popolo. Assai improbabili al tempo dei tremebondi sudditi mascherati che il potere ha convinto della sua inamovibilità e della mancanza di alternative. Masse depoliticizzate non cambiano il mondo: per questo chi comanda gradisce la nostra assenza alle urne, benché abbia predisposto ogni cosa affinché nulla muti.

Quindi, è la triste conclusione, poco o nulla cambierà dopo il 25 settembre. Per questo chi non se la sente di votare il meno peggio o il meno distante dai suoi interessi e principi si asterrà o annullerà la scheda. Nel gioco della “tela” vi è una situazione in cui uno dei giocatori, qualunque mossa faccia avrà le pedine in posizione vincente e “mangerà” quelle avversarie. È la condizione dell’oligarchia davanti al voto del 25 settembre. Diceva un campione di coraggio e libertà, Aleksandr Solzhenitsyn, che se non sussiste la possibilità di opporsi al male o manca il coraggio per affrontarlo, almeno non si collabori con esso, non si diventi complici. È poco, poco davvero. Ma questo resta a noi ribelli, a noi irriducibili innamorati delle libertà, costretti a gridare al pilota automatico, come tanti anni fa, “democrazia, democrazia, è cosa vostra e non è mia.”

Roberto Pecchioli

 
Il mercato della malattia PDF Stampa E-mail

4 Agosto 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 2-8-2022 (N.d.d.)

Mio zio faceva il sarto e aveva due figlie poco più grandi di me. Quando eravamo bambine ci spiegava che la moda cambiava ogni anno con l'unico scopo di vendere vestiti nuovi a chi non ne aveva bisogno, essendo quelli dell'anno prima ancora in perfetto stato. Erano gli anni Sessanta e certo mio zio non avrebbe mai immaginato che la moda sarebbe stata adottata come metodo anche in medicina. Non poteva immaginarlo perché, nell'ancora arretrata Italia degli anni Sessanta la medicina non si era ancora sviluppata in mercato e gli arretrati medici italiani agivano ancora in scienza e coscienza, con il primo obiettivo di non nuocere.

Adesso, quella che continuiamo a chiamare "medicina", una definizione ormai inappropriata, è uno dei mercati più affollati del globalcapitalismo, e ha bisogno di molta pubblicità e di lanciare continuamente nuove mode. In questo periodo le vediamo succedersi e accavallarsi con furia parossistica. Ma non tratteremo della moda virus-batterio-vaccinistica che imperversa su creature appena nate e non lascia loro scampo per tutta l'infanzia e l'adolescenza, e non tratteremo neanche della moda pandemizzante, un vero diluvio di test e farmaci di ogni tipo, sperimentali e non, di pseudovaccini sperimentali e che, come in ogni diluvio che si rispetti, ha cosparso il terreno di vittime. Ma i virus servono anche ad addebitare loro i danni dei farmaci. Virus e batteri sono diventati i capri espiatori delle stragi attuate dai farmaci e dal loro mercato.

Tratteremo di una moda sulla quale nessuno fa domande o pone dubbi, almeno nella decrepita Europa. Meno dannosa per la salute di tante altre mode farmaceutiche ma così esemplare di come funzioni oggi il mercato della malattia, e di come ne siano soggiogati i cervelli umani, che vale la pena di farla conoscere: la moda della vitamina D. È passato qualche anno da quando un'amica mi telefonò chiedendomi cosa ne pensassi del fatto che il suo medico l'aveva giudicata carente di vitamina D e le aveva ordinato le pilloline "integrative". "Dice che siamo tutti carenti perché non stiamo abbastanza all'aria aperta". "E allora perché non ti ha ordinato di stare di più all'aria aperta?" L'amica si mise a ridere e disse "Hai ragione". Ma si trattava di persona già critica verso il mercato della malattia. Fu solo la prima voce. Poi cominciarono a susseguirsi notizie di amiche e parenti "testate" per la vitamina D e risultate carenti. Segno che un nuovo mercato si apriva. Adòs, adòs, ch'el muntun l'è gros. Anche per la vitamina D, come per il colesterolo, la pressione, il diabete, la tiroide, è bastato modificare i valori normali per creare valanghe di malati immaginari e immaginati. E valanghe di... miliardi. […] Un esercito smisurato: multinazionali dei test diagnostici (non lo sapevate? Eh, sì, oggi abbiamo le grandi industrie dei test diagnostici); multinazionali del farmaco e, per quel che riguarda gli USA, persino le aziende dei lettini solari abbronzanti. Un esercito fornito delle migliori armi e munizioni: i soldi per corrompere, i media per ingannare e confondere. Così i livelli normali di vitamina D, che fino a non molto tempo fa erano dai 20 nanogrammi per millilitro, valore minimo, ai 40 come valore massimo, sono stati spinti a forza dall'Holick e dalla Società di Endocrinologia USA (una delle varie associazioni mediche a scopo di lucro) a un minimo di 30 e un massimo di 50 nanogrammi per millilitro. E non è neanche detto che si fermino qui.

L'esercito è avanzato dilagando in tutto il mondo occidentale. A nulla è servito che medici e scienziati veri, cioè non al servizio del mercato, negassero la "pandemia" di deficienza di vitamina D. Studi su studi, ricerche su ricerche di scienziati senza conflitti d'interesse hanno dimostrato a iosa che le "vecchie" linee guida erano giuste, che l'apporto artificiale di vitamina D (sintetica in molti casi) non reca alcun beneficio a chi non ha sintomi di carenza (in primo luogo rachitismo, ossa fragili), e che può produrre invece ipervitaminosi con le sue conseguenze. Niente da fare: il piccolo, ingenuo, sprovveduto e disarmato esercito della vera scienza nulla può contro le armate della scienza del mercato. […] in questi anni i medico-ricercatori a scopo di lucro hanno attribuito alla vitamina D tutte le qualità che gli imbonitori delle fiere di paese vantavano un tempo per il grasso di marmotta: l'eterna giovinezza o poco meno. Riduce, secondo questi imbonitori-pseudoscienziati "il rischio di infarto, di cancro, di depressione". Però ci sono un sacco di studi che smentiscono le miracolose qualità. La lotta è in corso ma, dato che le varie "società" di endocrinologia e affini, che insistono a raccomandare più di 30 nanogrammi, meglio se 50, si può arrivare a 100... hanno alle loro spalle le lobby del farmaco e i loro soldi, che procurano mezzi di tutti i tipi per pubblicizzare questa nuova moda presso i medici, le aziende sanitarie, le aziende ospedaliere (e tra aziende ci si intende, quando gli interessi coincidono), la vitamina D continua il suo trionfale cammino, aureolata di miracolosa luce.

Per fortuna, i danni del sovradosaggio di vitamina D non sono, in genere, così terribili; solo "nausea, diarrea, poliuria". Oddio, magari la "calcificazione dei tessuti molli" non è una cosa piacevole, e nemmeno i danni da ipervitaminosi da vitamina D a "scheletro, reni, cuore".  Ah, è anche accertato il rischio aumentato di alcune neoplasie nelle popolazioni con livelli di vitamina D superiori a 40-50 nanogrammi per millilitro. Cosa volete che sia? Se gli effetti avversi diventeranno un'epidemia, basterà attribuirli a un virus. In questo "gioco delle tre carte" il mercato farmaceutico è già esperto: riesce a ingannare il pubblico e anche gran parte degli addetti ai lavori. Guardate, per esempio, quanti farmaci sono preposti a provocare un'epidemia di polmoniti di tutti i tipi, da quelle interstiziali agli edemi polmonari: antibiotici, antinfiammatori, anticorpi monoclonali, ace inibitori, anticoagulanti, beta bloccanti, statine... e tanti altri. Molti di questi vengono prescritti e assunti per parecchi anni, quando non per tutta la vita. Che può finire anche grazie ai suddetti farmaci. Oltre alla inondazione di farmaci che possono provocare polmonite interstiziale e altri danni ai polmoni, provoca danni ai polmoni anche l'ossigenoterapia, così popolare in questi ultimi tempi. Sì, l'ossigeno ossida.

Per fortuna, ci sono i virus. Anche i batteri possono fungere da capri espiatori, in alcuni casi. Questo permetterà di nascondere i danni dei farmaci e di vendere vagonate di vaccini. Tutte le agenzie di ricerca di mercato prevedono un futuro glorioso per la vitamina D, prevedono un aumento del mercato, dei profitti e dei dividendi. Quanto agli effetti collaterali dei vari farmaci, sono benvenuti: contribuiscono allo sviluppo del mercato.

Sonia Savioli

 
Stanno già lavorando per la permanenza di Draghi PDF Stampa E-mail

2 Agosto 2022

 Da Comedonchisciotte del 28-7-2022 (N.d.d.)

Il governo Draghi non ha più la fiducia del parlamento da giorni, ma come sapete è tutt’ora in carica per il disbrigo della gestione corrente. Non di meno, non si perita a continuare sulla stessa linea da sempre perseguita, caratterizzata dal dare a bere qualsiasi tipo di balla al popolo italiano. Nel far credere ai fessi che il ferro sia oro, come sempre, ci pensa la cassa di risonanza della stampa di regime, ancora ben attiva benché Draghi abbia le valigie in mano, o almeno questo è quello che ci fanno credere. Mentre la realtà, invece ci dice, che le fratellanze di casa nostra stanno lavorando con abnegazione da minatori per il Draghi-bis.

Ma torniamo al tema dell’articolo ed alla relazione del ministro Franco, che La Stampa (testata di regime), presenta come “l’ultimo colpo di Draghi” – tanto per tirare la volata a coloro che stanno già lavorando per la permanenza di Draghi a Palazzo Chigi, anche dopo la tornata elettorale in programma a settembre. Draghi il migliore premier del governo dei migliori, quante volte ancora dovremmo ascoltare questa tragica balla prima di convincercene? In uno dei passaggi della relazione di assestamento che il fedele ministro dell’economia ha illustrato, si apprende che nei primi sei mesi dell’anno, nonostante la situazione internazionale, si è registrato un miglioramento del quadro tendenziale di finanza pubblica, con l’indebitamento per il 2022 che «al momento» risulterebbe «inferiore di 0,8 punti» di Pil rispetto alle stime. Il deficit sarebbe quindi inferiore «di circa 14,3 miliardi, interamente dovuto alle maggiori entrate». Questi «spazi finanziari» saranno “destinati” al nuovo decreto aiuti. Oh, che bello!!! 14,3 miliardi per il decreto aiuti, soldi che serviranno per ridurre le bollette, abbassare il costo della benzina e magari anche il carrello della spesa.

Non solo, prima del Consiglio dei ministri, durante l’incontro con le associazioni datoriali di oggi, Draghi aveva addirittura ribadito la volontà di coinvolgere tutti in questa fase di emergenza, per fronteggiare la flessione dell’economia e una stagione autunnale che si attende molto complessa. Si legge nella relazione – “le risorse saranno utilizzate con un provvedimento urgente di prossima adozione che il Governo intende adottare per contrastare i rincari e l’inflazione “. “All’attuazione di questi interventi sono destinati gli spazi finanziari per i quali si chiede l’autorizzazione al ricorso all’indebitamento per un importo complessivamente pari a 14,3 miliardi di euro nel 2022”, si aggiunge. Il nuovo decreto aiuti bis conterrà misure per dare sollievo a famiglie e imprese dagli effetti di una serie di emergenze come caro-energia, inflazione, Covid e siccità. Il decreto intende “contrastare – si legge ancora nella relazione – gli effetti su individui, famiglie, imprese ed enti pubblici legati all’incremento dei prezzi dei prodotti energetici e più in generale dell’inflazione, al perdurare della diffusione del virus Covid-19, alle ripercussioni del prolungato periodo di siccità, nonché per ristorare le amministrazioni centrali dello Stato per le risorse utilizzate a copertura di precedenti provvedimenti di urgenza adottati nel corso dell’esercizio. Si tratta, in particolare, dell’abbattimento degli oneri di sistema sull’elettricità e sul gas disposto per il terzo trimestre dell’anno”.

Insomma, cari miei, se qualcuno avesse ancora dubbi che Draghi non fosse già in campagna elettorale, può mettersi l’anima in pace; questo decreto aiuti così sviolinato dalla stampa di regime, pare proprio essere la risposta alle promesse elettorali che Berlusconi ha già fatto ai pensionati per una pensione minima non inferiore a mille euro. Mi dispiace distruggere i sogni di molti, ma professionalità ed onestà intellettuale mi dicono che tutti noi dovremmo porre la nostra attenzione su un aspetto molto significativo, ovvero da dove arrivano questi tanto pubblicizzati 14,3 miliardi? Ora, senza stare a ripetere le solite lezioncine su come funziona un sistema economico e la contabilità dei bilanci settoriali, le entrate per lo Stato possono arrivare esclusivamente dal prelievo fiscale. Certo, esiste anche la banca centrale che può finanziare illimitatamente i deficit del governo, facendo affluire denaro direttamente nelle casse del Tesoro. Ma questa è un’altra storia, e per la precisione è la storia dell’Italia con la Lira; mentre oggi usiamo l’euro, una moneta che non emettiamo, oltre ad esserci legati mani e piedi, costringendoci ad agire all’interno della follia del pareggio di bilancio. Quindi, per portare avanti il concetto, dobbiamo tornare al dato di fatto, che quando si parla di entrate per il nostro governo, queste provengono esclusivamente dalle tasse che cittadini ed imprese versano all’Erario. E di conseguenza, se parliamo di maggiori entrate – come ci rende edotti l’economista Daniele Franco – logica vuole che stiamo parlando di entrate fiscali più alte, ovvero una quantità maggiore di soldi che sono usciti dalle nostre tasche per entrare in quelle del Tesoro. Quindi, tanto per essere ancora più chiari, questi 14,3 miliardi, sono soldi che il settore privato ha versato in più rispetto alle previsioni di bilancio che il governo aveva fatto. Ora, tutto sarebbe oro che luccica se le maggiori entrate fiscali fossero dovute ad imposte dirette, ovvero a tasse pagate sui nostri redditi. Il che, appunto, farebbe presumere una economia florida in piena espansione, dove sia il settore privato che quello pubblico, beneficerebbero di una crescita importante dell’economia di un paese. Non mi sembra assolutamente il caso del nostro paese, dove il PIL è stagnante da almeno due decadi, ed il rimbalzo avuto dopo il Covid è solo funzionale alla propaganda draghiana. Discorso ben diverso, sarebbe se le maggiori entrate fiscale fossero dovute ad imposte indirette, una su tutte l’IVA. La realtà dei fatti, abbinata alla falsità di chi ci governa, ci dice che, purtroppo per noi, siamo di fronte al secondo caso. E per smascherare il gioco delle tre carte, basta usare la logica, oltre ad andare sul sito del MEF a vedere nel dettaglio le entrate fiscali.  Quello che si può notare a vista d’occhio, è l’enorme differenza in percentuale di incremento fra imposte dirette ed indirette a vantaggio delle seconde. Del resto, che imprese e famiglie, ormai da oltre un anno siano afflitte dal caro prezzi dei settori dell’energia ed alimentare, non è certo una novità. E se i prezzi aumentano è matematico che lo Stato incassi più IVA, come è matematico che i consumatori finali si trovino a dover versare somme maggiori all’erario pur non avendo maggiori entrate (redditi), attingendo ai risparmi personali od in mancanza, al credito. Altro fattore di aumento delle entrate per il Tesoro, sono i maggiori profitti che conseguono le imprese del settore energia, nelle quali lo Stato ha importanti partecipazioni. Anche in questo caso, i maggiori introiti provengono sempre dal settore privato, ovvero dai consumatori. Sul fatto che il caro prezzi, dovuto soprattutto a fenomeni speculativi, fosse una tassazione nascosta, ne avevamo già parlato sul nascere del problema.

Tanto per concludere, il decreto aiuti Vi sta restituendo una parte di quello che siete stati costretti a pagare in più, per l’inerzia del governo di fronte a tali fenomeni speculativi. Quindi, tanto per dare dei numeri, affinché il concetto possa essere chiaro a livello macroeconomico, se Draghi ci ha preso 10 e ci restituisce 5, NOI, oggi siamo in deficit di 5 – e per coprire questo deficit, dobbiamo ricorrere ai nostri risparmi – chi ce li ha – altrimenti dobbiamo bussare alle banche, se ci aprono. Se questo processo, si ripete all’infinito, come di fatto avviene da 30 anni nel nostro paese (stante i surplus governativi continui), la scienza contabile ci dice che resta un’unica soluzione finale: Finire sotto il ponte!!!

Fabio Bonciani

 
Missione compiuta PDF Stampa E-mail

1 Agosto 2022

 Da Rassegna di Arianna del 29-7-2022 (N.d.d.)

“Tra i paesi dell’Europa Occidentale l'Italia aveva uno dei legami più forti con la Russia. La missione di Draghi è stata quella di rompere questo schema, riposizionando l’Italia nei confronti della Russia”: lo scrive il New York Times. Draghi ha non solo trasformato l’Italia in paese belligerante contro la Russia, inviando armi e istruttori alle forze ucraine, ma ha promosso le sanzioni contro la Banca centrale russa e l’ammissione dell’Ucraina nella UE. Per questi e altri “meriti” l’autorevole rivista USA Fortune include Mario Draghi tra “i 50 più grandi leader del mondo”. 

La carriera di Draghi ha una svolta decisiva quando – dopo aver smantellato quale direttore del Tesoro il patrimonio pubblico italiano con le privatizzazioni – diviene direttore e vicepresidente della Goldman Sachs.  La Goldman Sachs non è solo una banca USA ma un centro di potere del gotha finanziario che, attraverso la politica delle “porte girevoli”, piazza i suoi uomini in cariche istituzionali chiave. Dal 2005 al 2021 Draghi diviene prima governatore della Banca d'Italia, quindi presidente della Banca Centrale Europea, infine presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana.

I risultati della “missione” che Draghi ha compiuto con la totale complicità del Parlamento fanno sprofondare l’Italia in una crisi senza precedenti: mentre il prezzo del gas (in seguito alle politiche anti-russe) è salito da 15 a 200 euro al megawattora, l’Italia ha accumulato un livello tale di passività che – scrive Fortune – “il costo del prestito per l'Italia è diventato proibitivo, salendo a livelli insostenibili”. La crisi italiana è analoga a quella in cui sprofondò la Grecia, perdendo con il “pacchetto di salvataggio” della UE ciò che restava del patrimonio pubblico. La situazione è aggravata dalla svalutazione dell’euro nei confronti del dollaro, che accresce il costo delle importazioni. Decisivo, quindi, è ribaltare la politica che Draghi ha attuato con la sua “missione” in Italia.

Manlio Dinucci

 
Tigre di carta PDF Stampa E-mail

30 Luglio 2022

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 Da Comedonchisciotte del 27-7-2022 (N.d.d.)

A un certo punto dei primi anni ‘90, hanno cominciato a circolare i panegirici della nuova economia, non più fondata sul brutale acciaio la cui produzione distingueva le potenze importanti dai tempi della rivoluzione industriale, ma sull’inafferrabile ed etereo potere della comunicazione veicolata dalle nuove apparecchiature elettroniche. Padrone del mondo diventava chi era in grado di manipolare meglio l’informazione, non quei volgarotti che trafficavano con petrolio o carbone: la produzione di beni materiali doveva limitarsi a piccoli apparecchi della più sofisticata tecnologia, il resto non aveva più importanza. Era nata la “nuova economia”.

Gli Stati Uniti, che dopo la caduta dell’URSS si erano ritrovati in eredità il mondo senza fare nulla, erano ovviamente il centro della scena e tutti erano disposti a dar loro credito, ex nemici sopra a tutti gli altri. Va da sé che un’economia “digitale” è pensabile solo in una società industriale avanzata, dove la produzione dei beni materiali è assicurata in qualche altra maniera, perché nonostante ciò che Hollywood vuole farvi credere l’uomo è fatto di materia e, persino prima di telefonare, ha pur bisogno di mangiare, di muoversi, di esistere in uno spazio fisico. Così i nuovi signori del mondo hanno avuto la bella pensata di delegare ad altri soggetti la volgare produzione delle merci e delle materie prime riservandosi solo la nuova economia fatta di eleganti elettroni con spin alto o basso e del castello di carte della finanza. Questo passo, come ovvio, presuppone il controllo assoluto dei governi dei paesi cui è delegata la produzione, per esempio Cina e Russia. Con la Russia per circa un decennio il gioco è riuscito, con la Cina mai. Ora non so a voi, ma a me pare che lasciare il potere manifatturiero ad altri deindustrializzando il proprio paese sia un comportamento piuttosto pericoloso: il controllo di un paese di un miliardo e trecento milioni di abitanti grande quanto gli Stati Uniti, non è propriamente uno scherzo. Ma in fondo non era riuscita la Piccola Bretagna a controllare l’India, tanto più grande e popolosa, così a lungo? Perciò ci hanno provato. E poi, d’accordo i bit e i derivati, ma in ultima analisi, in fondo in fondo, lo status quo avrebbe dovuto essere garantito dai militari, i “nostri bravi ragazzi”, alla cui invincibile potenza avrebbe provveduto l’immensa superiorità economica. Bastava guardare le cifre, calcolate sempre in dollari e mai in tonnellate. Quando lo stesso aereo, inscritto nel bilancio USA, vale dieci volte di più che iscritto nel bilancio russo si fa presto ad alzare il PIL. Ma la superiorità economica non avrebbe potuto essere erosa proprio dal trasferimento dell’industria? Oppure il mondo avrebbe davvero creduto all’economia fatta di bit e carta tenuta assieme da chewing gum, scotch e graffette? Sarà stato forse quel senso di invulnerabilità che gli dava l’essere un’isola o un’isola continente, o la hybris che lo snodarsi delle vicende storiche gli ha consegnato, o la stupidità che vuole sempre la sua parte, fatto sta che, nonostante tutte le avvisaglie contrarie, ancora oggi non sembrano avere dubbi sulla loro superiorità fisica, morale, militare e intellettuale. Avete notato che, contrariamente ai tempi della guerra fredda, in questo inizio di terzo millennio il blocco più strettamente ideologizzato è proprio quello occidentale? Ai tempi, nell’URSS si insegnava il “materialismo dialettico” a scuola come si trattasse di una scienza esatta, ma a noi non passava neanche per la testa di insegnare “capitalismo scientifico”. In fondo la nostra economia era mista, con ampi spazi al socialismo, non certo un capitalismo monolitico ed estremista. Oggi invece si assiste a tutto un proliferare di corsi di laurea in “project management”, “business management”,” governance & business”, addirittura “management sanitario”, tenuti preferibilmente nella lingua ieratica che ha preso il posto del vecchio latino della chiesa. Si insegna “creazionismo”, si stabilisce in barba alla biologia che i sessi umani sono molteplici, si rendono obbligatori “vaccini” contro il raffreddore chiaramente più pericolosi della malattia. L’ideologia la fa da padrone in ogni campo e conseguentemente il buon senso langue.

Questa insensata sicurezza dei governi occidentali composti da personaggi sempre meno affidabili (non vi pare che la Von der Leyen faccia sembrare Brunetta un gigante della politica?), ha fatto sì che non ci fosse un vero e proprio piano di riserva nel caso le cose non avessero funzionato come previsto. Lo si vede chiaramente con la guerra in Ucraina. Sono sì riusciti a trascinare la Russia in una guerra fratricida, ma non appena qualcosa va storto – la guerra economica, che doveva essere l’arma vincente si sta rivelando un disastro – sembrano del tutto incapaci di trattare o trovare una qualsiasi via di uscita: tutto quello che sanno fare è insistere e continuare a rilanciare in un gioco che stanno palesemente perdendo. D’altra parte, se il vostro potere si basa in ultima analisi sulla potenza militare, questa forza la dovete usare quando vi sfidano a farlo. Quando l’intimidazione non funziona, dovete pur tirar fuori il bastone. Se siete i bulli del cortile della scuola e il vostro motto è o mi dai la colazione o ti rompo il muso, la mattina in cui un ragazzino si rifiuta, dovete rompergli il muso anche se non vi va, altrimenti il vostro potere se ne vola via. Dove sono dunque le legioni dell’”esercito più potente della galassia”? Perché non intervengono loro e danno una bella lezione ai “negri della neve” come hanno fatto a suo tempo con i “musi gialli” e con i “negri della sabbia” nei loro “shitholes”? Il fatto è che anche il potere militare è una tigre di carta, come l’economia, la democrazia, la finanza e tutto il resto: è tutto virtuale, esiste solo sugli schermi di Hollywood. Con la catastrofe che sogghigna dietro l’angolo non da qui a qualche anno, ma da qui a pochi mesi, non sarebbe allora il caso di imbastire una trattativa, di fare un passo indietro, di trovare un modus vivendi prima che sia troppo tardi?

Macché, nulla si muove. La Rai mette in onda assurdi telegiornali in “lingua ucraina”, Biden legge i discorsi come i bambini delle elementari leggono il testo di geografia: “Bordeaux leggi Bordò” e il cancelliere tedesco – che l’ambasciatore del suo protetto Zelensky per il quale sta svenando il suo paese ha definito una “salsiccia di fegato” – giura che si tratterà solo dopo l’immancabile vittoria finale. Questo, i tedeschi lo avevano già ripetuto altre volte, o mi sbaglio?

Nestor Halak

 
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28 Luglio 2022

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 Da Comedonchisciotte del 26-7-2022 (N.d.d.)

La Covid è tornata in tutti i titoli dei giornali. Mentre la cosca del Nuovo Normale cerca disperatamente di spaventare la gente per farle accettare il Grande Reset, torna a usare il suo vecchio slogan preferito per farci abituare all’eterna pandemia. I “casi di Covid” nel Regno Unito hanno (apparentemente) raggiunto 3,8 milioni, secondo l’Office of National Statistics. La situazione è altrettanto grave nell’UE dove (presuntivamente) i “casi” sarebbero triplicati in sei settimane. Anche dall’altra parte dell’oceano la situazione è piuttosto negativa, con “casi” in aumento in tutti gli Stati Uniti. La situazione non è migliore dall’altra parte della (presunta) divisione ideologica. Anche Russia, Cina e India – nonostante siano coraggiosi guerrieri multipolari impegnati in una lotta a scacchi in 5D contro le macchinazioni dell’élite globalista – hanno registrato “casi” della “nuova variante”.

Non importa dove si vive, i “casi” sono in aumento. Ma, come tutti sappiamo, “casi” significa in realtà “persone che sono risultate positive al test “, ed è una statistica farlocca utilizzata interamente a fini propagandistici. La nuova “ondata,” in realtà, ha solo lo scopo di vendere una grande idea: La pandemia non finirà mai. Marketwatch è in prima linea per quanto riguarda i titoli ad effetto, con: “Gli Stati Uniti sono in testa al mondo per quanto riguarda i nuovi casi di COVID, mentre il BA.5 continua a diffondersi e a dimostrare che la pandemia è tutt’altro che conclusa.” La pandemia è tutt’altro che finita: questo è il messaggio codificato che sta girando in questo momento, e non è affatto sottile. L’OMS lo ha detto letteralmente, praticamente parola per parola: “L’OMS avverte che la Covid “non è affatto finita” mentre le varianti aumentano negli Stati Uniti e in Europa.” Anche i sintomi sono cambiati: la “sottovariante BA.5 produce nuovi sintomi che includono “mal di gola e voce rauca “. Con un colpo di genio hanno anche aggiunto alla lista dei sintomi della Covid la sudorazione notturna e la difficoltà a prendere sonno… nel bel mezzo di un’ondata di caldo. Roba da matti.

È probabile che questa “ondata” continui a crescere, dato che i funzionari dell’OMS chiedono alle nazioni di “aumentare il monitoraggio”, il che significa più test, il che significa più casi. È un gioco che conosciamo bene e che non ha alcun senso. Altrettanto privo di significato è il discorso sulla nuova variante “centaurus”. Dovevano scegliere “centaurus”, o qualcosa di nuovo, perché la lettera greca successiva all’omicron è il pi greco, e nessuno si sarebbe spaventato della variante torta (gioco di parole con Pie, torta, N.d.T.). In cosa è diversa la “variante centauro”? A quanto pare, potrebbe essere più infettiva e più grave. Ma soprattutto... “ha il potenziale per aiutare il virus a sfuggire agli anticorpi sviluppati dai vaccini attuali” Questo, ovviamente, è fondamentale se si vogliono incassare quei bei dollaroni per i richiami. Per sottolineare questo punto con il pubblico, il povero vecchio Sleepy Joe è risultato positivo alla Covid, nonostante sia stato “vaccinato” fino agli occhi. Resta da vedere cosa questo significhi per il suo futuro a lungo termine. Forse Joe sta per andare – ahem – in pensione, chi lo sa. Ricordiamo che le notizie sono una costruzione e se Joe fosse risultato positivo e non fosse stato conveniente per la narrazione, semplicemente non ne avremmo mai sentito parlare. Diavolo, sappiamo che non indossano mascherine quando le telecamere non sono puntate su di loro, e non c’è motivo di pensare che si preoccupino di testarsi. Voglio dire, perché dovrebbero? Semplicemente annunciano un “test positivo” per qualsiasi politico che abbia bisogno di prendersi un po’ di tempo libero, generare simpatia o rafforzare la verosimiglianza della storia.

È sempre interessante la strada che percorrono quando iniziano a far risultare positivi i “completamente vaccinati”. Da un lato, hanno bisogno che i “vaccini” funzionino per convincere i non vaccinati a fare l’iniezione… ma, dall’altro, hanno bisogno che i “vaccini” non funzionino, per convincere i vaccinati a fare il richiamo. Chiaramente, in questo momento, vedono più soldi nei richiami che nella nuova vaccinazione. Il che ha senso, dato che i non vaccinati duri e puri sono probabilmente una causa persa dal loro punto di vista.

Ora, in termini di quadro generale, cosa significa questo? Beh, potenzialmente, significa tornare all’obbligo delle mascherine, all’allontanamento sociale e all’aggiunta del 5°/6°/7° “richiamo,” al calendario vaccinale già piuttosto affollato (forse vi faranno uno sconto se prenderete contemporaneamente polio, vaiolo delle scimmie e 2 o 3 vaccini Covid). Forse ci sarà un bel lockdown autunnale e le scuole ritarderanno l’apertura dopo le vacanze estive. Forse c’è una narrazione più ampia in arrivo. Il giornale “I” sta già preparando il terreno per un “brutto inverno”. Più in generale, il piano è semplicemente quello di normalizzare la “pandemia” semi-permanente. Il Guardian dice già che quest’onda sta “calando” e che dobbiamo “prepararci alla prossima”. Il New York Times è più diretto: “La Covid-19 endemica sembra piuttosto brutale”. L’Atlantic ha scelto una variante (eh già) dello stesso titolo: “L’ondata BA.5 è la normalità della Covid” Mentre il San Francisco Chronicle usa senza ironia l’espressione “nuovo normale” nel suo titolo.

Nel frattempo, sia Bloomberg che il Washington Post hanno messo al centro dell’attenzione il test positivo di Biden, sostenendo che “dimostra la capacità di resistenza della pandemia” e “mette alla prova la sua strategia di ritorno alla normalità“. Il messaggio è piuttosto chiaro: non si torna alla normalità. La Covid endemica, una guerra perennemente senza via d’uscita, questo è lo scenario finale. Per quanto riguarda la speranza, il ritorno della Covid significa probabilmente che la cosca del Grande Reset sta diventando un po’ disperata. Il vaiolo delle scimmie è una stupidaggine, la poliomielite è morta all’arrivo, l’ondata di calore è già finita e la gente è praticamente stufa dell’Ucraina. Devono tornare alla Covid perché non hanno altro. È come se un gruppo rock invecchiato tornasse a malincuore ai suoi successi classici a fine concerto, dopo che il pubblico ha sonnecchiato per tutto il nuovo album sperimentale. È quasi triste, onestamente.

Kit Knightly (tradotto da Arrigo de Angeli) 

 
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