Uno dei periodi più tristi della Corte costituzionale |
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25 Settembre 2023 Da Rassegna di Arianna del 24-9-2023 (N.d.d.) Tra pochi giorni la Signora Sciarra Silvana lascerà la Presidenza della Corte costituzionale e finalmente andrà in pensione. Sicuramente nella mente della nota giurista fioriscono aspettative di nuovi e più alti destini. Per il bene della Nazione speriamo che non abbia altri incarichi. È stato un soggetto chiaramente non del tutto adatto a presiedere la Corte costituzionale, che richiede ben diversa saggezza e competenza, oltre che equilibrio nel dirigere l’udienza. Il suo nome resterà legato ad uno dei periodi più tristi della Corte costituzionale. Sarà ricordata come colei che, unitamente ad altri giudici costituzionali, ha dichiarato la costituzionalità di leggi illogiche, contraddittorie e palesemente negatrici di diritti fondamentali della persona garantiti dalla Costituzione. A cominciare dal noto art. 32 relativo alla materia sanitaria. La Corte costituzionale da lei presieduta ha “ucciso” per la seconda volta il grande Presidente Aldo Moro che fu il Deputato costituente che volle il secondo comma dell’art. 32 Cost. in base al quale sono in ogni caso banditi trattamenti sanitari violativi della dignità umana. In una intervista incautamente rilasciata dalla Sciarra Silvana al “Corriere della Sera” il 2 dicembre 2022 il soggetto in questione, a proposito della pretesa costituzionalità delle leggi liberticide in tema di Covid, ebbe a dichiarare (anticipando illegittimamente la motivazione delle sentenze), che la Corte aveva “seguito la scienza”. A parte il fatto che la scienza medica non esiste in termini di definitive acquisizioni scientifiche, essendo essa attività di continua ricerca scientifica, è di pochi giorni la notizia che la European Medical Agency e la Commissione europea hanno finalmente riconosciuto quel che non si poteva e non si può più nascondere; e cioè il fatto che i sieri magici inoculati nel corpo dei cittadini in forza di una legge estorsiva e ricattatoria, hanno provocato e ancora provocano in misura crescente, migliaia e migliaia di morti. Non so quale sia il peso di quanto è accaduto sulla coscienza della Sciarra Silvana e dei suoi Colleghi della Corte costituzionale. Non so se la sua sensibilità personale è tale da comprendere che con quelle infauste sentenze, si è resa corresponsabile morale del decesso di migliaia di persone. Non m’interessa saperlo. Augusto Sinagra
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23 Settembre 2023 Da Rassegna di Arianna del 20-9-2023 (N.d.d.) Il putiferio sollevato dall'intervento di un medico critico sui vaccini anti-covid nel programma di Marcello Foa ci fa capire perché in questo paese non ci sarà mai pacificazione sociale dopo quanto è avvenuto con la criminale gestione nazionale della pandemia. Dopo aver distorto, mentito, censurato, bullizzato, ostracizzato, sospeso e licenziato in forme che farebbero vergognare qualunque dittatura, il blocco di potere nazionale, con al suo centro il PD, non può tollerare e non tollererà mai l'emergere di alcuna verità. (Questa è proprio gente cui la verità fa venire gli eritemi.) Chiunque abbia seguito la vicenda covid non attraverso i mentitori seriali dell'apparato mediatico mainstream, ma cercando informazioni dirette, oramai sa benissimo tutto quello che c'è da sapere e che qui non può essere detto. Sul presente mezzo di comunicazione infatti è sempre stato impossibile esporre la valanga di dati, storie personali, articoli scientifici che dimostrano come la gestione covid, e specificamente la vaccinazione coatta della popolazione, sia stata un crimine, e non un "victimless crime". Ma di fronte a un crimine sostenuto da quasi tutto l'arco costituzionale, dalla stampa, dall'Amico Americano e dalla Corte costituzionale, il bianco diventa nero e i criminali benefattori. Non ci può essere e non ci sarà mai pace finché tutto l'abominio che è stato messo fuori scena da questa classe dirigente non verrà fuori. Ma, secondo uno stile consolidato, una classe dirigente di banditi copre i suoi precedenti crimini commettendone di nuovi, non consentendo alle persone di soffermarsi sul male passato, perché deve rincorrere un nuovo danno. Così dopo la reclusione coatta e il lasciapassare per vivere siamo passati alla sistematica distruzione di quel poco che rimane in piedi dell'economia reale e dell'indipendenza nazionale. Siamo stati coinvolti in un conflitto che non ci competeva e lo siamo stati nella forma più autodistruttiva, e anche - sia detto - più civilmente squallida, prendendosela sistematicamente con i cittadini di un'altra nazione in quanto detentori di quella cittadinanza. L'abisso degenerativo in cui ci stiamo avvitando proseguirà fino a quando non riusciremo nell'impresa, davvero titanica, di ricostruire culturalmente e civilmente questo paese. E l'unico modo per farlo passa attraverso un graduale, ma totale, abbandono del processo di americanizzazione avviato dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Andrea Zhok
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Avanti popolo indietro tutta |
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21 Settembre 2023 Da Rassegna di Arianna del 17-9-2023 (N.d.d.) Avanti popolo sarà il titolo del programma che Nunzia De Girolamo condurrà su Raitre al posto di Carta Bianca della Berlinguer, passata sulle reti Mediaset. Titolo audace, e azzeccato, a mio parere, perché scompiglia gli schieramenti ma che ha creato subito indignazione presso i custodi dell’ortodossia progressista. Ma come, su Raitre, al posto della Berlinguer, con un titolo che sembra uno sfottò della sinistra, o per dir meglio, del comunismo… Un oltraggio alla memoria di Berlinguer e del suo partito. Vorrei far notare, senza alcuna polemica, che l’oltraggio alla memoria di Berlinguer semmai l’ha compiuto la stessa Bianca Berlinguer preferendo, presumibilmente per una questione di ingaggio, una rete del nemico storico della sinistra, Berlusconi, alla rete storica della sinistra italiana. Nunzia De Girolamo stava smaltendo il suo precedente impegno politico nel centro-destra, e si stava ripresentando in veste di animatrice della tv d’intrattenimento. Poi, per una vicenda particolare, ossia per le impreviste dimissioni della Berlinguer e il forfait di Nicola Porro, rimasto anch’egli a Mediaset con un doppio contratto, si è pensato di puntare sulla De Girolamo, che è sveglia e duttile, multitasking, e con l’ispirazione di sinistra della rete ha un curioso legame di parentela: è sposata con Francesco Boccia, uno dei leader del Pd. Incuriosisce l’impasto che si va profilando: in una rete tradizionalmente di sinistra, un ex ministro del centro-destra che stava dedicandosi ai programmi d’intrattenimento e perfino a ballare in tv, va a condurre un programma dal titolo così forte e impegnativo e annuncia di voler inventare un format un po’ Funari un po’ Costanzo, sulla linea di confine tra politica e antipolitica. Perché ci siamo soffermati a parlare di un programma, attaccato prima di nascere che vedrà la luce solo il prossimo 3 ottobre? Non per i suoi protagonisti, le polemiche, il tema della Rai e la linea di Raitre, ma per una questione di fondo: dove è finita la spinta al cambiamento nel nostro Paese, dov’è e da che parte sta il nuovo che avanza? Per anticipare il senso di una risposta abbiamo affiancato il titolo della nota canzone socialista Bandiera rossa, scritta nel 1908 da Carlo Tuzzi, che annunciava un popolo alla riscossa verso il suo trionfo, al titolo di un programma di culto della Rai negli anni Ottanta, di Renzo Arbore, con la presenza scintillante di Nino Frassica e tutta la banda arboriana: Indietro tutta! Cosa vogliamo dire? Che la speranza, l’attesa, la passione del cambiamento non c’è più in questo momento in Italia e forse non solo in Italia. Nessun popolo è in marcia, avanza o aspetta cambiamenti, né a destra né a sinistra, né tra i Cinque stelle né altrove. Con l’arrivo per la prima volta nella storia politica del nostro Paese, della destra nazionale e sociale alla guida del governo, abbiamo completato il ciclo: abbiamo avuto al governo il centro-destra e il centro-sinistra, abbiamo avuto i tecnici e i grillini, ci mancava solo la destra-destra, che viene da An e prima ancora dal Msi. Ora abbiamo anche quella da circa un anno alla guida del governo. E avvertiamo tutti, da tutte le parti, che è finita l’epoca in cui aspettavamo cambiamenti, svolte e nuovi corsi. La linea che prevale è sempre la stessa ed è dentro le coordinate imposte dagli scenari sovranazionali, tra Unione Europea, Patto Atlantico, Nato e Usa, indirizzo economico nel segno di Draghi e della Banca centrale europea, conformità al mainstream. Solo divergenze sul piano simbolico, o su temi che non hanno una ricaduta economica e non comportano cambiamenti di rotta, come per esempio i temi civili, la toponomastica, le questioni sensibili, l’orsa Amarena… Non c’è una forza che oggi rappresenti il cambiamento e la voglia di imprimere una svolta al Paese: la destra della Meloni procede con i piedi di piombo, è prudente, non fa passi falsi, non accoglie nemmeno chi agita le sue stesse istanze di un anno fa, si attiene alle linee maestre tracciate dai poteri sovranazionali. La sinistra pure, si limita ad agitare principi in temi che non hanno una vera ricaduta civile, sociale e soprattutto economica, dai diritti lgbtq+ all’antifascismo, con l’accusa ridicola al governo Meloni di essere contro i migranti e insieme di aver consentito il loro raddoppio da quando è al governo. Nessuno si aspetta più dalla sinistra il cambiamento, al più la restaurazione del dominio precedente. E in fondo, alla restaurazione punta anche il Movimento 5stelle, con le sue battaglie in difesa del reddito di cittadinanza e del superbonus e il costante paragone tra una surreale età dell’oro quando c’era Giuseppe Conte al governo, e la tragedia in cui saremmo caduti da quando c’è Meloni a Palazzo Chigi. E da lontano, in piccolo, un nuovo “partito” nostalgico muove i suoi primi passi: il centro di Matteo Renzi che fonda il suo appeal sul ricordo di quando c’era lui alla guida dell’Italia. Se esaminate i loro messaggi, da destra a sinistra, nessuno punta sul cambiamento, tutti sulla continuità, il ritorno, la restaurazione, il ripristino. Il futuro è visto più come minaccia che come promessa; suscita paura più che speranza. A questo quadro di vertice corrisponde un paese che ha smesso di confidare nel nuovo, scottato da un turn over di aspettative deluse o presto risoltesi in senso contrario. Il risultato che ne deriva è appunto quello descritto in partenza: Avanti popolo, indietro tutta! Marcello Veneziani
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Crollato un pilastro cede anche l'altro |
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18 Settembre 2023 Da Comedonchisciotte del 15-9-2023 (N.d.d.) Dopo la caduta dell’Unione sovietica il clima politico italiano mutò di molto, il PCI, dopo qualche incertezza, provvide a cambiare radicalmente la sua linea politica e persino il nome del partito togliendo da esso qualsiasi riferimento al comunismo, dimostrando con ciò che nonostante si proclamasse da anni del tutto estraneo alla linea politica sovietica, non era poi così indipendente dalla stessa se non altro dal punto di vista geopolitico. Ricordo che all’epoca la Democrazia Cristiana, che si riteneva evidentemente la prima vincitrice di quel confronto ideologico che tanto aveva influito fino ad allora sulla vita politica italiana, fece uscire un manifesto azzurro con tanto di scudo crociato e una scritta che recitava “indietro non si torna”. Fatto sta che quando un sistema si regge su due pilastri e ne cade uno, è più probabile che crolli l’intero sistema piuttosto che il pilastro rimanente si rafforzi al punto di reggerne l’intero peso. Difatti, pochi anni dopo, neanche la Democrazia Cristiana esisteva più, travolta dal “nuovo che avanza”. Indietro non si torna, appunto. Mi pare che qualcosa di vagamente simile sia avvenuto su scala molto più ampia all’intero ordine politico mondiale che si era basato fino a quel momento sulla contrapposizione tra le “due superpotenze”. Gorbaciov, di fatto se non scientemente e volontariamente, aveva iniziato il processo che avrebbe portato allo smembramento del mondo russo e consegnato la Russia stessa nelle mani degli americani, che si comportarono con la nuova conquista allo stesso modo con cui si erano comportati in precedenza col resto del mondo non europeo: favorirono l’ascesa di una classe dirigente sostanzialmente venduta ai propri interessi che avrebbe consentito lo sfruttamento delle risorse russe con la sola spesa del suo mantenimento nel lusso e la prosecuzione dello smantellamento dello stato in entità più piccole e più controllabili. Per quanto riguardava il grosso della popolazione, abituata a tutta una serie di garanzie statali, che si trasformasse pure in quella massa miserabile e senza diritti che caratterizzava da sempre tutto o quasi il “terzo mondo”. Situazione che poi immagino sia piuttosto simile a quello che questi gentiluomini neoliberisti prospettano anche per quel che sarà l’ex primo mondo. Poiché la Guerra Fredda aveva avuto forti connotazioni ideologiche, l’ideologia vincitrice, quella liberal capitalista occidentale, si ritenne non solo trionfante sul socialismo, ma anche sostanzialmente l’unico sistema di governo possibile e giusto, anche in senso morale, assumendo forme sempre più intransigenti ed estreme e sentendosi in dovere di conformare tutto il mondo al proprio credo. Qualsiasi traccia di redistribuzione della ricchezza tra la popolazione era dannosa e doveva sparire, qualsiasi idea di giustizia sociale era da sostituire con la liberazione degli spiriti belluini del capitalismo e la “distruzione creativa”. Ciò ebbe serie conseguenze non solo in Russia, in Europa e nel resto del mondo, ma anche e soprattutto all’interno degli stessi Stati Uniti. La già labile differenza tra Repubblicani e Democratici prese a ridursi ulteriormente portando a termine la riduzione del sistema politico americano in uno a partito unico; l’influenza dei “portatori di interessi”, cioè dei lobbisti che già controllavano abbondantemente il congresso, crebbe sempre di più facendo della corruzione sistematica e legalizzata il motore vero del mondo politico americano; il complesso militare industriale, contro il quale aveva a suo tempo ammonito il presidente Eisenhower, aumentò a dismisura il proprio potere assieme alle varie “agenzie” governative che formano lo stato profondo. L’interesse nazionale americano inteso come il benessere della propria stessa popolazione, divenne sempre meno importante, se mai lo era stato, rispetto agli interessi ed ai profitti del grande potere economico e finanziario: era sempre più probabile che per semplice profitto si arrivasse a sacrificare non solo nazioni intere, ma gli stessi Stati Uniti. Ma quando il guadagno immediato e il potere a breve termine diventano gli obbiettivi esclusivi della politica, finiscono per intaccare le basi stesse sulle quali poggiano. Il capitalismo, specie se estremista, lasciato a sé stesso diventa una forza autodistruttiva. D’altra parte il profitto di uno, non si traduceva forse nel miglior guadagno per tutti? Era dunque sufficiente che ciascuno si occupasse esclusivamente dei propri interessi individuali e ciò si sarebbe tradotto automaticamente nel benessere generale. Be, a prima vista può sembrare una solenne cazzata, ma se lo fosse davvero non avremmo vinto la Guerra Fredda! O no? La politica, sempre più subordinata agli interessi dell’oligarchia, prese ad esprimere personalità sempre più ignoranti, insignificanti e mediocri: sostanzialmente dei lacchè. Gli Stati Uniti sono arrivati al punto di sacrificare quella base industriale che ne aveva decretato la potenza e a distruggere la classe media che in quella base industriale si era formata, per un pugno di dollari, semplicemente per permettere a meno dell’uno per cento della popolazione di diventare immensamente ricca. Il Pil americano finì per essere sempre meno rappresentato dalla produzione di cose reali e sempre più dalla finanza, dalle spese sanitarie, dalle parcelle degli avvocati: divenne un trucco, un falso, la Cina oramai raddoppiava la produzione industriale degli Usa. In un certo senso si potrebbe dire che, come la Democrazia Cristiana, gli americani non si sono mai più ripresi dalla vittoria nella Guerra Fredda. Qualcosa di molto simile, ma di ancora più paradossale, è accaduto in Europa. Ancora più paradossale perché la fine del “pericolo sovietico” avrebbe dovuto significare la riunificazione del continente, l’apertura ad est e la fine dell’occupazione militare americana: a cosa serviva adesso la Nato se la minaccia per la quale era stata costituita non esisteva più? A cosa serviva la subordinazione geopolitica agli americani se la divisione del mondo in blocchi contrapposti era scomparsa? Ma queste sono considerazioni politiche e la politica stava sempre più cedendo il passo all’interesse dell’oligarchia internazionale, ma particolarmente americana che non vedeva l’ora di porre fine a quella “via europea”, che sprecava risorse in attività inutili ed anzi dannose come la sanità pubblica, la sicurezza sociale, la pubblica istruzione. Proprio quando l’Europa avrebbe dovuto riprendere in mano il proprio destino, la sua dirigenza stupida, codarda e incapace si è appiattita sempre di più sulle posizioni degli americani distruggendo qualsiasi possibile autonomia, facendo sì che il potere passasse dalle mani degli eletti dal popolo in quelle di deliranti oligarchi. In questo clima di degenerazione politica, economica e alla fine anche etica, sono state possibili tutte le più arroganti follie che abbiamo visto in questi anni, come la “guerra perpetua al terrore islamico”, l’immigrazione di massa di elementi inconciliabili, l’”agenda verde”, la Grande Peste del 2020, la guerra alla Russia in Ucraina. Dall’altra parte del mondo la Cina non ha affatto accettato di essere solo il centro di produzione a basso costo dell’occidente, ma possedendo una vera guida politica con progetti a lungo termine, ha scelto di sviluppare il proprio paese e in pochi anni l’ha trasformato in una potenza paragonabile all’occidente attraverso una rivoluzione che per dimensioni non ha precedenti nella storia dell’umanità. In Russia, il grigio burocrate scelto da Eltsin per continuare la sua opera di distruzione del paese, si è rivelato essere un accorto uomo di stato di caratura infinitamente superiore a quella dei suoi omologhi occidentali. Eppure l’incredibile arroganza dell’occidente non accenna a smorzarsi e non è impossibile che ci conduca fino alla guerra nucleare. O forse sarebbe ancora possibile correggere la rotta, ribaltare la situazione, ma per far questo dovrebbe emergere una classe dirigente completamente nuova che facesse uscire l’occidente dal disastro che si è procurato con le sue stesse mani, ma di questa classe dirigente non si vede traccia alcuna né sembra diffusa la consapevolezza della situazione nelle popolazioni pressoché completamente rincoglionite dai telefonini e dal circo dei media. Una cosa è certa, di sicuro non sarà Joe Biden o chi ne tira i fili a salvarci. Nestor Halak
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La superstizione delle leggi di mercato |
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16 Settembre 2023 Da Appelloalpopolo dell’11-9-2023 (N.d.d.) È recentemente comparsa sui media la notizia che i giovani italiani si stanno allontanando dalla professione di marinaio e che è quasi impossibile trovare giovani italiani che vogliano intraprendere le professioni del navigare. In realtà, se si va a scorrere bene le pagine dei giornali o se si discute a voce coi professionisti di ogni settore lavorativo si scoprirà che i giovani mancano nelle professioni più disparate: non ci sono geometri, non ci sono infermieri, non ci sono medici, non ci sono docenti a scuola. Il motivo alla base di tutto è che non ci sono più giovani italiani: falcidiati in numero dal più basso tasso di fertilità della storia umana (si consiglia un indicativo saggio in merito: Roberto Volpi, “Gli ultimi italiani”, Solferino Ed.), spinti ad emigrare da una retorica globalista che indica loro l’Italia come il paese più disastrato del mondo e l’Europa o l’America come l’eden del XXI secolo, è ovvio che il numero assoluto delle fasce d’età più basse rimaste in patria sia ridotto al ridicolo, e che nemmeno l’immigrazione riesca a compensarne le perdite, specie quando ad immigrare è personale privo di ogni qualifica professionale. Chi si lamenta della mancanza di giovani in settori lavorativi o la smetta di mugugnare, o proponga soluzioni per far sì che le famiglie si rimettano a fare ciò che in qualsiasi civiltà, di qualsiasi epoca e in qualsiasi continente è sempre stato fatto: generare bambini. Ma l’osservazione più grave pertiene all’assenza di un punto fondamentale nelle critiche di chi urla “non vengono i giovani”: il tema salariale. Quanto viene pagato un marinaio? Qual è lo stipendio di un infermiere? Basta per mantenere dignitosamente sé stessi e la propria famiglia come recita l’art. 36 della Costituzione? Le “leggi di mercato” rivelano di essere una superstizione fasulla proprio in questo contesto: se esistesse il gioco “della domanda e dell’offerta” allo scarseggiare dell’offerta di manodopera aumenterebbero gli stipendi che invece, cifre statistiche alla mano, sono al palo. E il problema non è questo. Il problema è che alle superstizioni delle “leggi di mercato” la maggior parte del pubblico, giovani inclusi, ci crede ancora. Marco Trombino
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