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Lavoratori...tič! PDF Stampa E-mail

1 maggio 2008

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Se come Nietzsche scrisse "i tre quarti della vita di un uomo non sono liberi dal lavoro, quell’uomo è uno schiavo", ergo oggi dovremmo dedurne che la schiavitù del lavoro si è diffusa a macchia d’olio, dal bracciante agricolo calabrese al “cummenda” milanese.
Tutto ciò grazie al modello paranoico della crescita esponenziale, che si legittima con il mito del Lavoro, di derivazione tanto liberale quanto marxista-sindacalista. Un valore assunto in modo acritico da tutti. 
E' talmente pervasivo che l’attività lavorativa diventa il perno non solo dell’economia ma dell’intera esistenza degli individui. Il lavaggio del cervello parte fin dalla giovane età nelle scuole e università, con la strumentalizzazione della cultura a fini propedeutici all’ingresso nel gregge dei produttori-consumatori. 
Già tempo addietro questi paradossi erano chiari ad alcuni critici, ma la risposta si indirizzò non verso un capovolgimento radicale bensì verso un re-indirizzamento ideologico che mantenendo il mito del lavoro lo usasse in chiave di lotta di classe, eludendo il problema centrale: il lavoro così come concepito da dopo la rivoluzione industriale altro non è se non una schiavitù, perchè ci priva della vera ricchezza della vita: il tempo.
Oggi in occasione della retorica celebrazione del Primo Maggio ci chiediamo: cadute le vestuste ideologie del secolo scorso, ha ancora senso questa festa? Questa ricorrenza nata dalle lotte operaie ottocentesche poteva, infatti, avere un senso in passato, in quanto si opponeva a un certo modello di sfruttamento. Ma oggi questo modello è profondamente cambiato e le ideologie che erano alla base di quelle lotte sono tramontate.
Quello che servirebbe oggi non è una festa del lavoro ma una festa di liberazione dal lavoro. Liberazione dal lavoro parcellizzato e alienante dei call-center; liberazione dal lavoro pesante e mal pagato cui son sottoposti decine di migliaia d’immigrati ed emigrati italiani dal sud; liberazione dall’obbligo del lavoro fino a età improbabili come quelle proposte dalle nuove riforme pensionistiche. 
Questo Primo Maggio potrebbe servirci come stimolo per ripensare davvero in maniera critica i fondamenti del nostro vivere, ma sappiamo bene che questo non avverrà e saremmo soffocati un'altra volta dalle canzonette retoriche e dalle barzellette della kermesse del concerto romano. E intanto la pernacchia di felliniana memoria continua a rimbombare nelle orecchie dei lavoratori.

Alberto Cossu
Nicola Granella

 
E' on line MZ n°16 PDF Stampa E-mail

30 aprile 2008

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E' on line il sedicesimo numero stampabile di MZ – Il Giornale del Ribelle. Potete liberamente scaricarlo cliccando in alto a destra, dove vedete scritto MZ Download. Perché una versione cartacea del blog? Per diffonderne i contenuti col vecchio ma imbattibile sistema della distribuzione a mano, faccia a faccia, porta a porta, nelle biblioteche, nelle università, nel luogo di lavoro, col volantinaggio in strada. Fate quante più copie potete, rilegate con una semplice graffettatrice, e distribuite.
In questo numero, l'intervista (ripresa dalla ottima rivista Il Consapevole) a Marco Della Luna, autore di Euroschiavi e di altri libri di grande valore, sulla sua ultima fatica: "Basta con questa Italia!", Arianna editrice. Un'opera che consigliamo a tutti di leggere.

 
Livore "sinistro" PDF Stampa E-mail

29 aprile 2008

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Giornalisti di regime, opinionisti con chissà quale competenza e semplici cialtroni si sono scatenati nel criticare il V-Day 2, nascondendo o alterando i fatti e calunniando Grillo.
I loro palesi sforzi per nascondere la gravità dei problemi sollevati dal comico non sono però che la conferma di essi, e chi li nasconde è proprio l’obbiettivo della rabbia del milione e trecentomila firmatari.
Grillo ha scelto il giorno della Liberazione in omaggio a chi cadde credendo nella possibilità di un’Italia libera, ma è stato trattato come il peggiore dei revisionisti proprio da chi si dichiara figlio della Resistenza.
Dall’Associazione Partigiani di Torino (chiaramente istruita dal PD) che bollò come offensivo l’accostamento, ai giornalisti di Repubblica che, forse ancora scottati dal risultato elettorale, hanno cercato di convincerci della rivalità tra i due eventi, ai soliti politici e oratori di partito che nelle celebrazioni ufficiali santificavano con una marea di polverosa retorica la Resistenza rendendole così un pessimo servizio.
Sarebbero costoro gli eredi morali dei partigiani? Di chi senza tante chiacchiere prese un fucile per cacciare i nazisti?
No, i veri prosecutori sono gli altri, quelli che non ne possono più di questa dilagante disinformazione di regime, “partigiani” del 2000 che hanno passato la giornata lavorando (e non cianciando come gli altri) per far sì che questo paese faccia finalmente il passo che non ha fatto il 25 aprile ’45, cioè rendere libera, veritiera e indipendente l’informazione.
Le poche certezze di chi scrive sono cadute definitivamente quando ha sentito alcuni importanti ex partigiani affermare che l’informazione sotto Mussolini era migliore di quella che ci propinano adesso.
Forse perché allora era più facile arrivare alla verità, era sufficiente credere al contrario dell’unica versione ammessa dal regime.
Oggi con decine di versioni provenienti da decine di fonti ognuna delle quali asservite agli interessi di quella o questa altra casta, e ognuna più menzognera dell’altra, dove sta la verità?

Alessandro Marmiroli

 
No al Grande Fratello PDF Stampa E-mail

28 aprile 2008

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Destra e sinistra non esistono. Esiste un gruppo di affari. L'Italia è il suo business. Le nostre tasse sono le sue entrate. I media sono la sua voce. Non esistono giornalisti buoni e giornalisti cattivi. Esiste l'informazione di regime. E' solo una questione di sfumature tra l'Unità e il Giornale, tra il Tg1 e il Tg5. (...) L'informazione in Italia non si può più riformare. E' andata in metastasi nei consigli di amministrazione delle banche e delle industrie, negli uffici stampa dei partiti, nei salotti buoni.
Beppe Grillo, 28 aprile 2008

Chi scrive pensa che sull'informazione Beppe Grillo stia combattendo una battaglia giusta. Il regime dei media è in mano ai padroni del regime tour court: banche, grande industria, partiti. Gli editori sono impuri, cioè i loro profitti sono politici e affaristici (controllo dell'opinione pubblica, manovre finanziarie ed economiche, clientelismo, favori), e non provengono dai lettori. L'intreccio perverso Stato-stampa fin dalle fonti - gli "aiuti" pubblici alle agenzie di notizie - significa connivenza strutturale fra sistema politico e sistema mediatico. Il ricatto costante dello strapotere televisivo berlusconiano sulla raccolta pubblicitaria complessiva uccide in culla qualsiasi tenativo di informazione variegata e indipendente, dato che drena gran parte degli investimenti sull'etere sottraendoli alla carta e al web. I giornalisti sono servi scodinzolanti dei propri padroni, che nel dietro le quinte opportunamente occultato alla vista dell'opinione pubblica lucrano sulle spalle dei cittadini ignari.
Per questo abbiamo firmato per la triplice abolizione dell'ordine dei giornalisti, del finanziamento pubblico della stampa e della legge Gasparri. Perchè non crediamo all'ipocrisia della possibilità di "riformare". Consci, per altro, che non sarà con proposte referendarie - invalidate, per sovrappiù dalla vicinanza temporale con le elezioni politiche - che si potrà spodestare il Grande Fratello dei media pilotati. Ma consapevoli altresì che ogni sforzo di rivolta contro il Potere e di smascheramento della pravda ufficiale è benvenuto.
Questa Italietta conservatrice e imbelle affoga nella difesa dell'ordine costituito. Gli umori delle piazze riempite da Grillo sono sani, ancorchè senza una direttrice certa. Ma l'involuzione del Sacro Sistema Unito con un parlamento appiattito sempre più sul pensiero unico "consuma, produci, crepa" e una sempre più pressante stretta creditizia e sociale sulle nostre vite (col corredo di una domanda d'identità forte che per ora trova un misero e truffaldino sfogo in paraventi leghisti) produrrà gli anticorpi. O meglio, il necessario virus di una coscienza ribelle. Grillo sensibilizza. Ma servono risposte. Politiche e culturali.

Alessio Mannino

 
Grillo e il V-Day 2 PDF Stampa E-mail

28 aprile 208

 
Il nuovo "terrorismo" PDF Stampa E-mail

24 aprile 2008

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Al supermarket dell’eversione, reparto "bombe e terroristi", si sono serviti in tanti, in questi decenni, e con scopi vari ma tutto sommato non troppo lontani tra loro. Futuri colonnelli cui preparare la poltrona, sinistre da avvisare, destre da incitare all’ordine e all’arrembaggio, rivoluzioni da preparare. Ognuno ha fatto scoppiare la sua bomba o ha sguinzagliato il suo bel manipolo o brigata, a seconda della matrice di provenienza, del momento e dello scopo da ottenere. Difficilmente, però, potevamo pensare che di minacce terroristiche si tornasse a parlare proprio ora, dopo la vittoria dell’Asse Berlusconi-Bossi-Fini.
Pareva questo, infatti, il migliore dei mondi possibili: le sinistre, di qualsiasi sfumatura o marca, cancellate dal Parlamento; gli operai definitivamente strappati agli dei falsi e bugiardi del marxismo per approdare a quell'altra bugia, quella neoliberista («I lavoratori non si sentono più rappresentati da quelle forze politiche e sociali che in questi anni hanno espresso una cultura anti-impresa: sono molto più vicini alle posizioni degli imprenditori che a quelle dei sindacalisti»: Luca Cordero di Montezemolo). Davvero non si poteva ipotizzare che ancora qualcuno potesse di nuovo pensare alle bombe e alla Skorpion.
Invece qualcuno ci pensa, e questo qualcuno è uno che, su questi argomenti, non parla mai a vanvera (a dire il vero, purtroppo, su nessun argomento). Trattasi del senatore Francesco Cossiga. Ora, su Cossiga potete pensare quello che volete (ma è meglio che non lo scriviate, se ci tenete alla pelle, come si dice nei film western), ma converrete tutti nel dire che: a) è tutto meno che uno stupido; b) se ne intende; c) sa sempre di cosa parla. E dunque, se proprio lui (sul Corsera del 15 aprile scorso) mette in guardia contro la “rinascita del terrorismo brigatista e del terrorismo di sinistra”, una ragione ci dev’essere.
Proviamo dunque a vedere, molto ‘rozzamente’ e schematicamente, a cosa potrebbe servire, tra qualche tempo, una bella bomba a un comizio di Berlusconi o una bella sventagliata di mitra a un suo ministro neoliberista. 1) La Lega ha attuato la sua campagna per la sicurezza, ma con modesti risultati: come i numeri insegnano (quei numeri che gli italiani non conoscono e che il PdL non dice) i reati commessi da clandestini o immigrati sono una bassissima percentuale, mentre i veri problemi per la sicurezza il governo avrebbe dovuto cercarli in quelle collusioni tra mafie e politica che invece non sono stati toccati, in quanto costituiscono una delle colonne del sistema politico-economico. A quel punto, cosa più di una bomba potrebbe dimostrare che c’è bisogno di "sicurezza", e quindi di altra polizia, di altre armi, di altre telecamere e di altre intercettazioni? 2) Passano i mesi e gli anni (e cinque “sono lunghi da passare”, come diceva Iva Zanicchi). Le lacrime e sangue promesse da Berlusconi hanno fatto piangere e sanguinare un po’ troppo. Disoccupazione, le file alla Caritas e ai cumuli della spazzatura dei mercati generali aumentano, ma soprattutto cominciano gli scioperi. Duri, compatti, minacciosi. E se, a quel punto, qualcuno sparerà a qualche giuslavorista (di destra o sinistra non importa: non c’è mai stata differenza) seminando un po’ di stelle a cinque punte, chi potrà negare che le Brigate son tornate, che il cancro comunista non è stato debellato, e che occorre un’ulteriore stretta alle libertà individuali e sociali? 3) Stanno per finire i cinque anni (ha da passa’ ‘a nuttata...). La gente è sempre più impoverita, sempre più incazzata. I sondaggi, questa volta, parlano chiaro: l’idra "comunista", mai schiacciata del tutto, sta per risollevare la testa e Uolter vincerà le prossime elezioni. Berlusconi vede in grave pericolo tutti i suoi progetti: la riconferma, il Quirinale, la Storia. Cosa meglio di un rapimento, potrebbe dimostrare che il Nemico è sempre lì, dietro la porta, e che dunque occorre dare nuova ed incondizionata fiducia all’Unto perché ce ne liberi per sempre?
Fantapolitica, come al solito. Malignità, cattiverie di chi ormai ne ha viste tante. Speriamo. E speriamo anche che il senatore Cossiga stesse facendo una delle sue solite battute.

Giuliano Corà

 
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