Il Paese di Gelli e la rivolta che non c'è |
|
|
|
21 ottobre 2007 
Mentre il ministro Antonio Di Pietro vorrebbe farci credere di essere contrario al ddl Levi che vuole mettere il bavaglio alla libertà di opinione via internet (prima lo firmi e poi ti indigni, Tonino?). Mentre il suddetto Levi precisa che a certificare se un sito faccia “attività editoriale o privata” sarà l’Autorità per le Comunicazioni, nuovo Minculpop in versione democratico-soft. Mentre la sinistra cosiddetta radicale (la Cosa Rossa, o Blob tardo-finto-marxista) va in piazza contro il Welfare del governo Prodi ma contemporaneamente a favore del governo Prodi (un manifestante: “Questo è un governo di merda, ma è il nostro governo”). Mentre si sprecano fiumi d’inchiostro sulla sciura Brambilla e i suoi Circoli della Bocciofila della Libertà. Mentre il comico Maurizio Crozza sviscera la vera essenza del veltronismo, nuovo oppio del popolo (“Noi dobbiamo stare sempre dalla parte dei debboli, certo, ma anche dalla parte dei forti. Dobbiamo dire «I care, mi interessa», ma anche «I don’t care», che vuol dire «nun me ne po’ fregà de meno»”). Mentre al Corriere della Sera, santuario di quel Centro economico dietro al quale si cela la natura lobbistica di Destra e Sinistra, il direttore Paolo Mieli deve fronteggiare la possibile uscita di scena per la rabbia del “banchiere santo” Giovanni Bazoli, infuriato per il troppo spazio dato a un altro azionista del quotidiano di via Solferino, Montezemolo, troppo anti-prodiano nelle sue sparate finto-grillesche su riforma elettorale, tasse, sicurezza eccetera. Mentre la solita Italietta naviga a vista con occhiali oscurati dalla propaganda di regime, un magistrato, un pm colpevole di indagare sul Presidente del Consiglio e sul Ministro Guardasigilli, Luigi de Magistris, viene esautorato: il procuratore di Catanzaro, suo superiore, gli toglie l’inchiesta su fondi europei stornati da un giro affaristico-massonico dalle importanti entrature ai piani alti del potere. Leggetevi nella sezione Articoli ribelli l’intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera dal giudice: de Magistris lancia la gravissima accusa di una "mano occulta" la cui regia sarebbe responsabile di un golpe giudiziario organizzato a tavolino per metterlo a tacere. E la gente pare non avvedersene. Invece dovrebbe dare inizio alla rivolta. Parafrasando quel manifestante, questo è un Paese di merda, ma non è il nostro Paese, il Paese in cui vorremmo vivere e che ipocritamente viene chiamato Belpaese. E’ il Paese di Licio Gelli e delle massonerie (partitiche, finanziarie, industriali, corporative, giornalistiche, etc). Ma anche (come direbbe Veltroni-Crozza) il Paesello cialtrone di Briatore. Dove le verità ufficiali sono le paginate e i servizi sulle polemichette false e bugiarde di vip e attorucoli del teatrino italiano. Mentre le verità senza aggettivi sono schiacciate e zittite nell’indifferenza dei più. Alessio Mannino
|
|
20 ottobre 2007 
Quatto quatto, lo scorso 12 ottobre il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Ricky Levi, ha presentato un disegno di legge che imporrebbe ai blog come il nostro di registrarsi al ROC (Registro Operatori Comunicazione). Se il ddl entrasse in vigore, la maggioranza dei siti internet italiani sarebbero costretti a sottoporsi ad assurdi passaggi burocratici e spese per molti insostenibili: certificati, bollo, etc. Anche se fanno informazione senza fini di lucro. Qualsiasi sito o blog dovrebbe diventare una testata giornalistica, con un giornalista iscritto all’albo come direttore responsabile e una casa editrice a garanzia. Un bel modo per tappare la bocca a tutti quegli italiani che attraverso la Rete esprimono liberamente le proprie opinioni, senza per questo avere il tesserino della corporazione dei pennivendoli. Vogliono metterci sotto silenzio: si sono resi conto che internet comincia a minare le basi del potere dell’informazione. I partiti, braccio armato degli interessi economici proprietari o inserzionisti dei media tradizionali, non hanno trovato altro modo di imbavagliarci che redigendo una legge indegna come questa. Una legge liberticida la cui giustificazione, in ultima analisi, sarebbe quella di tutelare dalla diffamazione a mezzo stampa. Un po’ come restringere l’uso delle penne perché potrebbero essere usate come armi contundenti. D’altronde, si sa: ne ferisce più la penna che la spada. Figuriamoci le tante, libere penne informatiche. Così, dopo la tabula rasa, gli oligarchi e i loro scherani potranno finalmente controllare i pochi siti superstiti per mezzo degli editori amici. E noi saremo costretti a spostarci su server esteri, dove questa truffa chiamata democrazia è meno sfacciata di quella italiana. Avviso ai naviganti: chi viene ancora a dirvi che l’Italia è una democrazia, ditegli che siamo alla dittatura mascherata. E mandatelo a quel paese. Petizione contro il disegno di legge Levi
Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo
di Ricardo Franco Levi Antonello Molella
|
|
Watson, il razzista "scientifico" |
|
|
|
19 ottobre 2007 
James Watson, 79 anni, premio Nobel per la medicina per aver "scoperto" il DNA insieme a Francis Crick, si è dichiarato pessimista sull’Africa: “l'intelligenza degli africani è come la nostra? Ciò contraddice tutti gli esperimenti effettuati”. Giusto il pessimismo sull’Africa: noi bianchi occidentali e il nostro sistema di sviluppo ne abbiamo decretato la tragica fine. L'opinione di di Watson, tuttavia, oltre che essere semplicemente razzista (gli esperimenti di cui parla non sono dotati di alcuna validità scientifica), è anche di una arroganza senza precedenti. Come se non fossimo stati noi bianchi, con la nostra stupidità, la nostra violenza e il nostro umanitarismo interessato, ad avere decretato la devastazione dell’Africa. Un continente, dati alla mano, che era autosufficiente e “felice” fino agli Anni Sessanta del secolo scorso. Ma, giustamente, in democrazia la libertà di espressione impone che ciascuno possa dire la sua. Ci sono però affermazioni responsabili e irresponsabili. Essendo Watson un premio Nobel, la sua parola è autorevolissima e potente. Le opinioni di Watson pesano come macigni: non è certo un avventore da bar che dice che i marocchini sono tutti nullafacenti e stupratori. L’idea “i bianchi sono più intelligenti dei neri” (magari supportata in futuro da qualche test di intelligenza che, in un mostruoso rituale di autocelebrazione della mente umana, sarebbe dotato di valore scientifico) giustifica la morsa in cui l'Occidente tiene avvinta l'Africa. Tiriamone le conseguenze. L’uomo bianco sarebbe scientificamente superiore all’uomo nero. I neri sarebbero scientificamente schiavi dei bianchi perché meno intelligenti. Quindi non solo il libero mercato, il capitalismo, l’economia, i teorici del destino manifesto giustificherebbero lo scempio che è stato fatto dell’Africa e del resto del mondo (compreso lo stesso Occidente), ma anche la scienza ufficiale. Spesso il razzismo nasce dalla paura verso ciò che non si conosce o non si comprende o da qualche sentimento di inferiorità. Non sarà che Watson abbia qualche infantile complesso d'inferiorità verso i neri, ancora non del tutto assoggettati al dominio bianco? L’eminente scienziato premio Nobel ha sostenuto in passato il diritto delle donne ad abortire quando test genetici avessero dimostrato l’omosessualità del feto. Il Museo della scienza di Londra ha fatto bene a mettere a tacere un vecchio razzista come Watson. Se vuole, che scriva, come gli altri, le sue stronzate su un blog. Ettore Casadei
|
|
La luce in fondo al tunnel |
|
|
|
17 ottobre 2007 
«I politici pensano che la popolazione debba essere tenuta lontana dalla gestione degli affari pubblici... Secondo questo punto di vista è sbagliato provare a coinvolgere la gente nella gestione della cosa pubblica...le oligarchie pensano che la maggioranza della popolazione sia ignorante e inaffidabile...». Ma chi è l'anarco-insurrezionalista che afferma tali oscenità? Un terrorista? Un disperato? Un bombarolo? No. E' Noam Chomsky, un pacato professore di linguistica del Mit di Boston. Di recente Chomsky ha anche detto: «È chiaro, quindi, perché le persone al potere non agiscono secondo i desideri della popolazione; questo è l'opposto di una democrazia funzionante. Penso che la vera democrazia sarebbe molto più efficace senza quelli che chiamiamo partiti politici, che funzionano solo come macchine per la produzione di candidati. L'unica forma di partecipazione è radunarsi ogni tanto e scegliere tra candidati e programmi che vengono presentati loro. Le persone sono escluse dalla formazione delle posizioni politiche dei candidati. Alcune figure che sono in grado di raccogliere finanziamenti, il che vuol dire che sono "create" dal mondo economico, arrivano nelle città e dicono "Vota per me perché so io cosa fare" e la gente decide se votarli o meno. Una società democratica dovrebbe funzionare un po' diversamente. Cosa dovrebbe accadere in una democrazia vera? La gente si radunerebbe pubblicamente e deciderebbe quale politica preferisce e direbbe ai candidati: "Questa è la politica che desideriamo; se sei in grado di portarla avanti bene, altrimenti vai a casa"». Insomma ritorna la saga della politica e della democrazia come affare riservato a poche elites, di cui la casta dei parassiti eletti è solo la facciata più visibile. Vista la stretta attualità di queste parole, uno si aspetta che la grande stampa italiana approfondisca l'argomento. Invece no. L'ha dovuto fare Beppe Grillo sul suo blog. Leggendo Chomsky viene alla mente che le stesse identiche considerazioni, con un taglio più rivolto alla analisi culturale e di grande prospettiva, le fa da sempre Massimo Fini, con la sua critica inoppugnabile alla democrazia cosiddetta "rappresentativa". Che significa questo? Significa che in giro per il Paese c'è un bel po' di gente che si è stufata e ha cominciato a seguire una stessa onda di ritrovata consapevolezza, con passione e alla ricerca di informazioni reali e non manipolate. Alziamo la testa e riprendiamoci il foro della res publica. Grillo ci sta provando, mettendo il carburante. Ma alla sua macchina manca una meta. Molti intellettuali come Fini, Chomsky, Serge Latouche, affrontano le medesime tematiche muovendosi su piani (finora) diversi. Ma gira e rigira tutti dicono la stessa cosa: «Ormai la politica non che è l'ombra che il potere economico ha posto sulla società» (giusto per citare il filosofo John Dewey). Sarebbe ora che il coro sparso delle voci critiche facesse davvero coro, e che i movimenti di protesta e le teste pensanti si parlino. Per indicare una luce in fondo al tunnel. Marco Milioni
|
|
17 ottobre 
E’ on line il quarto numero stampabile di MZ – Il giornale del Ribelle. Potete liberamente scaricarlo cliccando in alto a destra, dove vedete scritto MZ Download. Perché una versione cartacea del blog? Per diffonderne i contenuti col vecchio ma imbattibile sistema della distribuzione a mano, faccia a faccia, porta a porta, nelle biblioteche, nelle università, nel luogo di lavoro, col volantinaggio in strada. Fate quante più copie potete (attenzione a stampare in fronte/retro: pagg 1-2 e pagg 3-4), rilegate con una semplice graffettatrice, e distribuite. In questo numero: editoriale sulla Lega Nord, un bluff che dura da più di vent'anni; l'intervento del teorico della decrescita Maurizio Pallante sulla balle propinate da Veltroni nel suo discorso di autocandidatura a segretario del Pd; l'articolo di Pierluigi Paoletti, studioso delle monete locali, sui Buoni Locali di Solidarietà; infine, un'interessante opinione di Carlo Gambescia sul referendum dei lavoratori sul Welfare. (a.m.)
|
|
16 ottobre 2007
Gli Stati Uniti d'America sono i campioni della democrazia. Ne hanno talmente tanta, a casa loro, che sentono il bisogno impellente di esportarla un po' ovunque. E, si sa come sono gli Americani: talmente fiduciosi nella propria buona fede, non arrivano neppure a concepire che qualcuno, della loro "democrazia", possa e voglia volentieri farne a meno. Sono un po' gli Homer Simpson della politica internazionale: eterni bambinoni col sole in fronte, la verità in tasca e gli hot-dog nel cervello. Ecco perchè, secondo noi, per capire l'America bisogna guardare i Simpson. Ne sono un ritratto fedele fino all'ultimo particolare. Se invece vogliamo sapere come sia rispettata la libertà di parola nella "più grande democrazia del mondo", date un'occhiata al video qui sopra... (E poi ci rintronano le orecchie col ritornello degli Stati-canaglia. Un ragazzo che fa delle semplici domande: anche lui è una canaglia?) Guardate e inorridite. Buona visione. (a.m.)
|
|
|
|
<< Inizio < Prec. 231 232 233 234 235 236 237 238 239 240 Pross. > Fine >>
|
Risultati 3761 - 3776 di 3845 |