La redenzione puņ venire solo da un grande trauma |
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23 Luglio 2024 Da Rassegna di Arianna del 19-7-2024 (N.d.d.) Nuntio vobis gaudium magnum: la Coca Cola ha presentato richiesta di essere riammessa a produrre in Russia. Questo è un buon indice di pace in arrivo. Intanto, il 6 luglio a Bergamo è nata ALAB, Associazione di Amicizia Lombardia-Bielorussia. Un’associazione come questa potrà svolgere una funzione molto utile in quanto canale e forum di comunicazioni e di scambi tra i lombardi, che sono parte dell’Europa occidentale, e il mondo russo, in questa importante fase di scontro epocale, e di inevitabile cambiamento. Non si tratta, ovviamente, di uno scontro tra popoli. È uno scontro tra sistemi economici e progetti sociali. Le ostilità sono state aperte da una classe dirigente che difende il suo sistema di profitto e potere. Vediamo dapprima lo scontro economico. Abbiamo l’Impero del dollaro, in affanno, USA con 21.000 miliardi di debito netto con l’estero, sostenuto con emissione continua di dollari, cioè inflativamente: su 34.000 miliardi di debito pubblico, ben 14.000 dal 2020. Un’ economia svuotata, quella USA, la quale si regge imponendo con armi e minacce l’accettazione della sua moneta, un po’ come la mafia impone pizzo e protezione. Una moneta che ha perso gran parte del suo bacino come moneta di riserva, e sta per perdere il resto per effetto delle iniziative monetarie dei Brics, miranti a fare a meno del dollaro. Frattanto la Francia viene espulsa dalle sue 14 ex colonie africane, che ripudiano il Franco Coloniale con cui Parigi assorbiva l’80% dei proventi delle loro esportazioni, e aprono alla Russia. Ecco da tutto ciò scaturisce, irresistibile, la necessità sistemica, per l’Impero del dollaro, di espandersi verso oriente, inglobando, attraverso l’adesione alla Nato, paesi dell’Europa centrale e orientale. Drang nach Osten. Poi prendere anche i paesi neutrali. E ovviamente l’Ucraina, mirando, nel lungo termine, a inglobare anche Bielorussia e Russia. Queste ultime però hanno deciso di opporsi. Da qui lo scontro militare e industriale: oggi perdente, per l’Impero del dollaro. Il sistema economico russo basato sull’economia reale prevale su quello, venti volte più grande in termini contabili, basato sull’economia finanziaria, sulle bolle monetarie. Secondo la World Bank, in termini di potere di acquisto, la Russia ha superato il Giappone. E si colloca tra i paesi più ricchi del mondo. E ora veniamo allo scontro più ampio, culturale, sociale, morale, dovuto al rifiuto del mondo russo di allinearsi. Rifiuto delle ideologie mercificanti: gender, woke, cancel culture, black lives matter. Un nesso funzionale sempre più chiaro lega queste ideologie, il conflitto NATO-Russia, l'intelligenza artificiale, la teoria climatica, la antiscientifica campagna contro l’anidride carbonica, il lockdown, la decisione di fare un riarmo massiccio. Tutto parte dal concetto fondamentale cui è dedicato il mio saggio del 2010 avente titolo Oligarchia per Popoli Superflui, ossia dal fatto storico che la tecnologia, la finanziarizzazione e la globalizzazione del potere hanno reso superflui i popoli, le masse di lavoratori, di consumatori, di combattenti. Superflui per i bisogni dei detentori del potere reale nel mondo. Sempre più frequentemente, si annuncia che l'intelligenza artificiale eliminerà dal 60 al 90% dei posti di lavoro attuali entro un paio di decenni. Ciò comporterà il venir meno di redditi per il mantenimento dei lavoratori, delle loro famiglie, di buona parte della domanda di beni e servizi, di gettito fiscale, di gettito pensionistico. Con che cosa verranno allora pagate le pensioni, dato che il sistema vigente si basa sul principio che chi sta lavorando paga la pensione a chi non lavora più? Che cosa fare delle sterminate masse di lavoratori ed ex lavoratori senza impiego e senza reddito? Che si farà di tutta questa gente? Che cosa avvenne dei cavalli allorché furono sostituiti dalle automobili? Le macchine potranno sostituire l'uomo e poi, in teoria, servirlo, ma i loro proprietari, i grandi capitalisti, non hanno alcun interesse a usare il loro reddito e i loro prodotti per mantenere miliardi di bocche inutili a loro. Le multinazionali che possiederanno le strutture produttive automatizzate e robotizzate non avranno alcun interesse a farsi carico di loro, e del resto esse già beneficiano di una quasi totale esenzione tributaria; perciò, non sarà certamente con le loro tasse che verrà mantenuta la popolazione generale espulsa dal lavoro e privata della pensione. La crisi sociale rischia di farsi dilaniante. È pertanto necessario, e già viene fatto da tempo, impiantare nella psiche della gente certezze artefatte, mirate a renderla gestibile in questa fase. Il messaggio è già stato formulato e diffuso in Occidente: “Siete troppi, la terra è sovrappopolata, avete esaurito le sue risorse, la avete inquinata in modo insostenibile, avete vissuto al di sopra delle vostre possibilità, bisogna intervenire, bisogna fare sacrifici, chi si oppone è un eco-criminale, un sociopatico. La scienza, la tecnologia, le macchine possono lavorare per voi, possono mantenervi, ma dovete accettare la realtà, le regole, dovete rinunciare a inquinare, a emettere anidride carbonica, dovete rinunciare all'automobile, alla casa grande, ai voli aerei, dovete cedere le vostre proprietà, non avrete più molte cose, molti diritti, però sarete sicuri, quindi felici, anche perché avrete espiato le vostre colpe verso Madre Terra, e in cambio lo stato verserà nel vostro wallet elettronico la sua valuta elettronica, con cui potrete comperare il necessario, ma non di più, e il necessario comprende i necessari farmaci e vaccini, i cibi adatti per voi e per l'ambiente (e non temete: non li useremo per depopolare). Ma l’accesso al wallet potrà essere limitato se violerete le regole, se non obbedirete al lockdown, alla città dei 15 minuti, e se non assumerete tutte le sostanze mediche di volta in volta prescritte dalla scienza.” Credo che i grandi capitalisti, al culmine del (marxiano) processo di concentrazione del capitale, puntino oggi, con quanto sopra, a farsi postcapitalisti, liberandosi del bisogno di lavoratori, consumatori, risparmiatori, contribuenti – liberandosi dei popoli superflui e di quanto ancora rimane del mercato, dei suoi vincoli, dei suoi meccanismi. Liberandosi del bisogno del denaro, di pagare, di contrattare merci, servizi, lavoro. Per prendere direttamente ciò che vogliono. Questa in essenza è l’Agenda delle Agende. E un sistema economico come quello del mondo russo, o anche cinese, che non impone tutti quei sacrifici, potrebbe essere proposto e percepito dalla popolazione come un’alternativa di salvezza e libertà. Ovviamente, le nostre classi dirigenti hanno paura di questo. Associazioni come Alab, invece, possono servire proprio a far conoscere, a far capire, questo modello socioeconomico alternativo a quello disperato e perverso che ci propone la nostra classe dirigente (sempre che sia veramente alternativo, e che non converga sui medesimi obiettivi). Per assicurarsi che non riflettano su quanto sopra, che non aprano gli occhi, le masse vengono distratte con un nemico esterno, un capro espiatorio che sia percepito come la minaccia, una minaccia falsa ma che distolga l'attenzione dalla minaccia vera, cioè dal piano suddetto, agenda 2030 o 2050 (quella anticipata da Klaus Schwab ne La quarta rivoluzione industriale). Questa minaccia esterna è stata trovata nella Russia di Putin e nei suoi alleati, contro cui è stata lanciata una mobilitazione generale, e una corsa al riarmo, con costi e profitti enormi, costi sia economici che ambientali, costi che assorbono le risorse per la sanità, per la scuola, per le infrastrutture, ma che sono giustificati appunto dalla priorità di difendersi da un incombente invasione. Intanto, la creazione del florido e truffaldino mercato dei carbon credits, che vengono usati come garanzia e collaterale per grandi operazioni economiche e finanziarie, serve a rendere giuridicamente vincolante la ottemperanza al piano suddetto e a creare interessi finanziari che difendano dallo smascheramento l’assurda storia della C02 come colpevole della siccità e del riscaldamento. La criminalizzazione della Russia assolve anche all'importante ruolo psicologico di squalificare il suo sistema culturale che non si allinea col piano generale sopra descritto, e certamente non è in sintonia con la macchina del potere e dell’arricchimento finanziario che domina politicamente l'Occidente e le sue decisioni, tattiche e strategiche. La Russia inoltre è una minaccia per i piani delle élites occidentali perché non si è aperta ad altre importanti componenti culturali dell'agenda 2030 o 2050 sopra descritta: non ha accettato, anzi ha fermamente respinto, come morbose e distruttive, le ideologie woke, cancel culture e la pratica del gender, della delegittimazione della famiglia e dei ruoli genitoriali e coniugali, del post umanesimo, del transumanesimo, tutti importanti pilastri della riduzione dell'eccesso di popolazione e della prevenzione del dissenso organizzato. Non ha nemmeno adottato il nuovo principio per farmaci e vaccini, cioè l'mRNA, che tanto ben promette, preferendo un tradizionale vaccino a vettore virale, lo Sputnik. La Russia insomma si oppone alla trasformazione della società in senso atomistico e anti comunitario, di totale mercificazione dell’uomo, e questo assolutamente è inaccettabile per i signori dell'Occidente, per la loro Agenda. Quindi ulteriore motivo per combatterla, al quale si aggiunge, naturalmente – scusate, quasi dimenticavo- la conquista dei 13.000 miliardi di dollari in risorse naturali nel Donbass. In quanto a noi occidentali, è passato il momento di compiacimento per il recente esito elettorale europeo, che ha visto ridursi alquanto il consenso popolare al modello economico sociale propugnato da Davos: la struttura di potere rimane sostanzialmente inalterata e prosegue la sua marcia distruttiva della civiltà. Le elezioni britanniche e quelle francesi lo confermano. In realtà, chiunque vinca nelle elezioni occidentali, e anche quando nessuno vince, si forma sempre un governo conforme agli interessi e alle direttive dell'oligarchia finanziaria e bancaria anglo-americana. Sempre aderente al suo modello macroeconomico, alla sua pianificazione. Misteri della democrazia liberale matura. Sostanzialmente al governo sono sempre i padroni del dollaro e delle bolle. Cambiano solo i loro rappresentanti. A noi, presi come siamo in questa macchina tecnologica e della ferrea razionalità dei nostri governanti pianificatori, non resta che sperare in una redenzione che può venire o da un severo smacco sul piano militare, oppure dalla crisi e dal disordine, dal caos, dal grippaggio irreversibile dell’apparato. Ossia sperare nello scompigliamento, sparigliamento, scombicchieramento, e nel finale soqquadro del sullodato programma di nuovo ordine mondiale: in un Great Unsettling. Marco Della Luna
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21 Luglio 2024 Da Il Cambiamento del 10-7-2024 (N.d.d.) Gli amanti del progresso a qualsiasi costo, i fanatici della tecnologia spinta oltre ogni limite, di fronte alle legittime perplessità di chi si fa ancora delle domande, non avendo argomenti e non volendo fare alcun tipo di ragionamento che non sia il loro, sentenziano le famosi frasi fatte, i luoghi comuni riassunti nel: non si può tornare indietro! Questa frase fa il paio con l’altra sempreverde riferita alla tecnologia che recita: la tecnologia è neutra, è solo uno strumento, dipende dall’uso che se ne fa. E così si chiude il discorso e si può tranquillamente rimettere la testa nella sabbia. Peccato che la realtà non concede di rimettere la testa nella sabbia, perché chi afferma tali banalità dovrebbe anche spiegarci quale è la direzione da cui non si può tornare indietro, ovvero ci dovrebbe spiegare dove stiamo andando. La direzione di quelli che non si vogliono fermare, soprattutto a riflettere, è chiara: sfruttamento di qualsiasi risorsa possibile e immaginabile del pianeta; produzione illimitata e crescente di ogni tipo di merce soprattutto superflua con la conseguente illimitata produzione di rifiuti compresi quelli pericolosissimi chimici e nucleari; distruzione ambientale a tutti i livelli comprensiva di piante e animali; inquinamento sistematico di aria, terra e acqua con un attacco senza precedenti alla salute di tutte le persone che ormai sono solo delle povere cavie in un laboratorio sperimentale che si chiama Terra; produzione continua di armi distruttive che possono polverizzare l’intera umanità in un attimo. Qualcuno ci dica quindi di fronte a tutto ciò e alle legittime domande su dove stiamo andando, che senso può avere dire che indietro non si torna. E se tanto mi dà tanto, allora volere un mondo senza armi apocalittiche, senza inquinamento, senza cavie umane, senza estinzioni di massa dovute al nostro (o)stile di vita, senza la distruzione sistematica dell’ambiente, senza sfruttamento di risorse non rinnovabili, quindi lasciando alle prossime generazioni enormi problemi, significa volere un mondo che non progredisce, che non va avanti? Chi usa le frasi fatte, i luoghi comuni, i non ragionamenti, forse dovrebbe rendersi conto di quello che dice, perché qualsiasi persona minimamente critica o solo attenta potrebbe reputarli per ciò che sono, cioè persone che pur di mandare avanti un mondo e un modo di pensare, che poi effettivamente non va da nessuna parte o, meglio, si suicida, sono disposti a mettere in grave pericolo non solo loro stessi ma anche tutti quelli che li circondano, compresi figli, parenti e amici. Non si tratta certo di andare avanti o tornare indietro, ma di chiedersi dove stiamo andando e facendo cosa, considerando che la nostra scintillante epoca moderna piena di gadget miracolosi, di cui andiamo tanto fieri, anche solo per aver inventato armi che ci possono polverizzare tutti in un attimo, è da considerare sicuramente la più stupida e la meno evoluta di tutte le epoche che l’hanno preceduta. Dove è il progresso, dove è l’andare avanti di una umanità che sta facendo di tutto per farsi fuori e con lei anche tanti altri esseri malcapitati che subiscono l’unico progresso che questo tipo di umanità sta producendo, cioè, quello della follia? Prima di dire che non si può tornare indietro, forse è meglio riflettere, anche se questa parola verrà presto cancellata da tutti i motori di ricerca perché inutile e ormai sorpassata; infatti, non c’è più tempo per riflettere: bisogna andare avanti! Paolo Ermani
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19 Luglio 2024 Da Rassegna di Arianna del 17-7-2024 (N.d.d.) I massacri di civili proseguono ininterrottamente a Gaza (l'ultima strage qualche giorno fa a Khan Yunis). Chi non ha la fortuna di essere fatto a pezzi subito, muore spesso dopo una prolungata agonia per la mancanza di cure, perché quasi tutti gli ospedali di Gaza sono stati fatti saltare in aria e mancano gli approvvigionamenti di strumenti, medicinali, rifornimenti di base. Tra Ucraina e Russia la guerra si fa sempre più incarognita, con vittime civili sempre più frequenti, sabotaggi, incendi dolosi, "incidenti" (ieri uno alla centrale nucleare di Rostov): un conflitto nato come un'operazione limitata, si trasforma ogni giorno di più in una costruzione psicologica dell'odio reciproco, e ciò allontana ogni trattativa di pace - anche laddove qualche tentativo in questa direzione fosse fatto. Gli USA riportano rampe di lancio nucleari in Germania, dopo aver alimentato il riarmo più massiccio della storia in Polonia e Finlandia. In sostanza tutti i confini occidentali della Russia sono ora per essa una minaccia incombente, proprio mentre una guerra calda per procura è in corso in Ucraina. L'Europa si presenta sempre di più come l'ariete americano puntato contro la Russia. Finirà benissimo. L'informazione pubblica ha raggiunto livelli di manipolazione senza precedenti. In Europa il controllo esercitato grazie al Digital Service Act sulle piattaforme social è venuto alla luce del sole dopo il rifiuto di sottostarvi di Elon Musk (tutti gli altri hanno acconsentito, senza clamori). Tutti i giornali e le maggiori testate sono da tempo in caduta libera quanto a fruitori, ma chiaramente non sono più questi ultimi a pagare i costi di impresa. La quasi totalità dell'apparato mediatico italiano, e buona parte di quello europeo, è rappresentato da imprese economicamente bollite o alla canna del gas, che però vengono tenute in vita artificialmente come apparati di propaganda. (Tragicamente ancora molti non sembrano averlo capito e, per ignoranza o per pigrizia, continuano a illudersi di riuscire a distinguere nei notiziari ufficiali e ‘accreditati’ il vero dalla manipolazione.) La copertina del noto settimanale tedesco Focus riportava questa settimana le immagini di profilo di Biden, Macron e Scholz, titolando "Die Selbstherrlichen", espressione traducibile come "Gli Autocrati" (o “Gli autoesaltati”). Il sottotitolo spiega: "Distaccati dalla realtà, irresponsabili, testardi. Come l’Occidente si sta gettando da sé nel caos.” (“Abgehoben, verartwortungslos, stur. Wie sich der Westen selbst in Chaos Stuerzt”). Che quella descritta dal settimanale sia la realtà è oramai chiaro a molti, praticamente a chiunque non continui a nutrirsi dei media mainstream, e anche ad alcuni che ancora vi si abbeverano. Che ciò conduca l’Europa ad un futuro di impoverimento, indebitamento, deindustrializzazione, censura interna, guerra fredda e calda, e forse ad una catastrofe nucleare, è parimenti chiaro. Ma allora perché niente si muove? Perché l’atteggiamento medio continua ad essere quello dell’accettazione acquiescente, del mugugno da social, della lamentazione sterile? È semplice, perché tranne le esigue minoranze che percepiscono la sfera ideale in modo vivido, i più riescono a scegliere solo tra alternative pratiche immediatamente percorribili. E il sistema di potere attuale è riuscito ad assicurarsi, a colpi di finanziamenti (e definanziamenti) mirati e di governo dei media, che le alternative non ci siano, o siano invisibili o appaiano poco credibili. Mai come ora c’è stato bisogno di capacità organizzativa politica, mai come oggi essa è stata ostacolata a mille livelli, dalla diffidenza diffusa dei più, alla depoliticizzazione giovanile, alla perdita di un qualunque retroterra culturale comune, alla confusione ideale e ideologica, alla schietta ignoranza politica. Io non so se qualcuno dei progetti alternativi esistenti in Europa e in Italia avrà davvero filo da tessere nel medio e lungo periodo (il più promettente al momento sembra essere il Bündnis di Sahra Wagenknecht), ma so per certo che senza una tale capacità progettuale, senza una capacità di sintesi e di individuazione chiara delle priorità, il destino europeo (e italiano) è segnato. E chi si illude che basti l’associazionismo culturale e il gruppettarismo locale a cambiare le cose, per quanto possa essere mosso da nobili intenti, è parte del problema e non della soluzione. Andrea Zhok
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17 Luglio 2024 Da Comedonchisciotte del 16-7-2024 (N.d.d.) Perché poi “conquista”. Nel migliore dei casi si tratta solo di un primo sbarco di un paio di esploratori. È come se il primo uomo che ha messo piede in Sicilia, e un primo uomo ci dovrà pure essere stato, avesse detto di aver conquistato la Sicilia. Ovviamente neppure se lo sognava. Ma lasciamo perdere. Oggi si sgolano pure a parlare della conquista di Marte, senza che neppure ci si avvicini a poterlo raggiungere. Qualche giorno fa ho letto una notizia di tono entusiasta su un gruppo di “astronauti” che si allenava a “conquistare” Marte chiudendosi per un tot di tempo in un certo luogo e facendo finta di essere sul pianeta. Mi ha ricordato irresistibilmente una “missione” dei boy scout. Ho abbastanza anni da potermi ricordare in prima persona quel luglio del ‘69, anche se ero molto giovane, e devo dire che all’epoca ero assolutamente entusiasta delle missioni spaziali e a dire il vero anche degli avvistamenti ufo, tanto che collezionavo ritagli di articoli di giornale come si usava prima dell’avvento di internet. Nonostante fossi preparato dalla lettura degli articoli ufologici alle teorie più bizzarre, non ricordo di aver mai neppure lontanamente immaginato che il primo sbarco sulla Luna o i successivi potessero essere un imbroglio e neppure ricordo di aver udito all’epoca di teorie che smontassero gli avvenimenti: nonostante già non credessi alle motivazioni umanitarie degli yankee in Vietnam, la mia fede nel programma Apollo era intatta e tale è rimasta negli anni a seguire, al contrario della mia credenza negli ufo, perciò imbattermi in tempi relativamente recenti in teorie organiche e documentate che sostengono la falsità delle missioni lunari è stato all’inizio piuttosto sorprendente. All’epoca, tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, si discuteva molto sull’utilità di spendere tutto quel denaro per le missioni spaziali, ma non avevo mai sentito nessuno che dubitasse seriamente che si trattasse di un imbroglio, tranne una persona: mia nonna. L’anziana signora sosteneva infatti che non era vero nulla. Non che confutasse le fotografie o parlasse delle fasce di Van Allen che probabilmente nemmeno sospettava esistere, semplicemente, in base alla sua esperienza, riteneva una fola che degli esseri umani potessero passeggiare sulla Luna; perciò, liquidava seraficamente come falsa tutta la faccenda. Ricordo il mio stupore di ragazzino: ma come, nonna, lo dicono tutti, lo dice la televisione, fanno vedere anche i filmati, se non fosse vero, qualcuno lo sosterrebbe, qualcuno lo scriverebbe sui giornali, Ruggero Orlando non confermerebbe! Non persi neppure tempo a prendere sul serio l’ipotesi, nel clima dell’epoca mi pareva semplicemente la bizzarria di un’anziana che vedeva il mondo con occhi superati dai tempi.[…] Ma alla fine gli uomini sono davvero stati sulla luna nel ‘69? Parliamoci chiaro: ciò che è inconfutabilmente sorprendente in tutta la vicenda è che a distanza di cinquant’anni da quegli avvenimenti, e nonostante tutti i pretesi e straordinari progressi tecnologici, nonostante l’aumento della ricchezza delle nazioni, non solo nessuno mai più ha messo piede sulla Luna, ma neppure si è avvicinato a farlo. Ed è naturale che questo fatto porti a chiacchiere e sospetti. Le aspettative dell’epoca erano completamente diverse, si favoleggiava che nell’anno 2000 i viaggi spaziali sarebbero diventati routine, Stanley Kubrik se ne usci col suo fantastico film (che tra parentesi mi fece diventare un cinefilo), secondo il quale nel 2001 gli uomini sarebbero stati in grado di disseppellire un enorme monolito nero sulla luna ed organizzare una spedizione umana nell’orbita di Giove. Ma in realtà nulla di tutto questo si è mai realizzato. Nel 2001, al posto della missione in orbita gioviana, si sono visti un paio di aerei schiantarsi sui grattacieli di New York e questo è tutto. Spettacolare, sì, ma scientificamente poco interessante. Eppure certi plutocrati “visionari” americani parlano ad ogni piè sospinto di una francamente infattibile spedizione su Marte e la Nasa reclamizza il suo imminente ritorno sulla Luna, ma nei fatti nulla accade. Mi pare più che legittimo chiedersi perché. I sostenitori della falsità degli allunaggi del programma Apollo hanno una risposta facile a tutto ciò: semplicemente sostengono che l’allunaggio non c’è mai stato, non era fattibile allora e non è fattibile oggi, sostengono che è stato solo simulato in teatro a scopo di propaganda. Sarebbe insomma solo una produzione di Hollywood e qualcuno azzarda addirittura opera dello stesso Kubrik. Questi negazionisti, come va oggi di moda dire, portano tutta una serie di indizi a sostegno della loro ipotesi, che vanno dalla falsità delle foto esibite, alla inadeguatezza della tecnologia dell’epoca, alla presunta impossibilità per un organismo umano di sopravvivere all’attraversamento delle fasce di Van Allen. È giusto che il cielo fotografato dalla Luna appaia privo di stelle? Le foto mostrano davvero indizi di una illuminazione artificiale con faretti da set? Era possibile uno sbarco sulla Luna senza microchip e con le competenze tecnologiche degli anni ‘60? Confesso di non avere le competenze tecniche necessarie per farmi un’idea precisa in proposito, quello che veramente non mi convince nell’ipotesi dello sbarco simulato è che potesse ingannare gli esperti del settore, in primis, i russi. Si era in piena guerra fredda, i sovietici avevano competenza spaziali di primordine, sicuramente comparabili con quelle americane, come potevano non accorgersi del trucco? La risposta di molti dei sostenitori del falso allunaggio è che i sovietici se ne accorsero, ma decisero di non rivelare nulla sostanzialmente perché pensavano di non avere i mezzi per far passare la notizia di fronte al grande pubblico e che pertanto rivelando la verità sarebbero solo riusciti a fare la figura degli invidiosi. Rosiconi, direbbero a Roma. Vi pare una teoria sostenibile? A me francamente no. Chi ricorda anche vagamente il clima dell’epoca sa bene che mezzo mondo era di simpatie sovietiche ed avrebbe immediatamente sostenuto la notizia. Anche all’interno dei paesi occidentali, del “mondo libero”, come si diceva allora, c’erano importanti partiti comunisti, vicini all’Urss, che avevano una stampa molto potente e molto diffusa con un seguito di milioni di persone prontissime a credere a quanto pubblicavano, insomma, non erano certo quei quattro gatti soli e praticamente senza voce che si sono recentemente ritrovati a dover contrastare le follie pandemiche. Le menzogne sul Vietnam, per esempio, magari non saranno state esposte in prima serata in televisione, ma avevano trovato lo stesso il modo di raggiungere buona parte della popolazione. La situazione dell’informazione era molto diversa da quella di oggi: solo immaginandosi che fosse uguale a quella odierna è possibile dare un senso, seppure vago, ad una simile ipotesi. Anche tralasciando tutta la tematica relativa all’estrema difficoltà di mantenere segreto tutto il lavoro occorrente per una messa in scena di tali dimensioni, non vedo alcun modo credibile per poter superare l’obiezione del silenzio sovietico. Rimane tuttavia intatta la domanda di fondo: perché, dopo cinquant’anni di esponenziale ed ininterrotto progresso, nessuno è più tornato a calpestare la Luna? La risposta che normalmente viene data è che la corsa alla Luna fu essenzialmente un derivato della guerra fredda. La competizione che si svolgeva in quegli anni tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica non si limitava soltanto alla rivalità politica e militare tra due modelli di società differenti, ma coinvolgeva anche i risultati culturali, tecnici e scientifici che questi modelli differenti erano capaci di raggiungere. La corsa allo spazio era uno dei campi di punta dove la superiorità tecnologica, economica e culturale di una parte poteva essere dimostrata. Fu dunque possibile, in quel contesto, investire enormi risorse per l’acquisizione di un singolo risultato, cosa che ai nostri giorni non è più politicamente fattibile. In effetti se andiamo a confrontare la percentuale del bilancio americano destinata alla Nasa negli anni ‘60 con quella odierna, si nota immediatamente che non ci sono confronti possibili. Ma personalmente ci aggiungerei anche ciò che raramente viene detto da mentori dell’autenticità dello sbarco e cioè che oggi mancano modelli sociali alternativi a quello presente, manca la rivalità ideologica, manca il coinvolgimento popolare, manca soprattutto un governo eletto che abbia realmente il potere che è oramai detenuto quasi per intero dagli oligarchi. L’importanza dell’acquisizione di traguardi collettivi non immediatamente funzionali a qualcosa di pratico, che quasi sempre non è niente di più che il profitto immediato della banda di psicopatici che dirige il mondo, è irrimediabilmente declinata. La nostra società sembra divenuta incapace di grandi sforzi collettivi. Un’altra motivazione che viene meno spesso chiamata in causa è l’enorme aumento della complicazione e conseguentemente dei costi di qualsiasi progetto si decida di portare avanti: se negli anni ‘60 di decideva di costruire un’autostrada da Milano a Napoli, la si realizzava con relativa snellezza e in tempi accettabili, per fare la medesima cosa oggi occorrerebbe conformarsi ad una mole tale di regolamenti , permessi e interessi differenti che i tempi diventerebbero biblici e i costi proibitivi. Vedasi ad esempio la ferrovia ad alta velocità in val di Susa. Per dare un’idea, se mio nonno voleva abbattere un albero di troppo sul suo terreno, semplicemente lo abbatteva magari con l’aiuto di qualcuno, se voglio farlo io devo munirmi di una perizia di un “esperto certificato” che si farà pagare cifre esorbitanti dato che il suo intervento è obbligatorio, di un permesso comunale rilasciato da un apposito ufficio dopo appuntamenti on line che non puoi prendere se non hai numeri spid da esibire, di moduli da riempire e tasse da pagare, devo infine rivolgermi a una ditta specializzata e autorizzata, che dovrà rispettare tutta una serie di norme di “sicurezza” e “tutela” ragionevoli e irragionevoli. Se mio padre perdeva le chiavi della macchina, prendeva quelle di riserva che teneva in un cassetto e con poche lire si faceva fare una copia in una ferramenta, se io perdo le chiavi della macchina, ho un bel problema, mi dovrò rivolgere al concessionario che l’ha venduta, che si rivolgerà alla casa produttrice che “attiverà” la nuova chiave ed entrambe le aziende faranno a gara per approfittarsi il più possibile della situazione caricando i costi a livelli inverosimili fino a far valere una chiavetta di ferro e plastica diverse centinaia di euro: i tempi e i costi sono imparagonabili. Sarebbe poi interessante sapere se queste procedure hanno davvero ridotto i furti di auto. Oltre alla capacità di compiere sforzi collettivi, la nostra società sembra aver perduto anche la semplicità: il mitico ufficio “complicazione affari semplici” di fantozziana memoria, ne ha fatta di strada. È infine in caduta libera la tolleranza alla perdita e al dolore. Negli anni ‘60 qualche astronauta morto nel tentativo di “conquistare” la Luna poteva essere messo tranquillamente in conto, oggi complicherebbe le cose ben più di quanto accadeva allora: vogliamo fare imprese rischiose … senza correre rischi, addirittura combattere guerre dove a morire sono soltanto gli altri. Aggiungerei anche che il preteso formidabile avanzamento della scienza e della tecnica forse non è poi così formidabile. O meglio, è limitato ad alcuni campi specifici che riguardano soprattutto la manipolazione dei dati, molto meno le apparecchiature che usiamo per la manipolazione degli oggetti concreti. Ci piace immaginarci molto virtuali, ma le nostre industrie continuano ad essere basate sulle stesse fonti di energia sulle quali erano basate negli anni ‘60, le nostre automobili sono sostanzialmente le stesse, funzionano allo stesso modo anche se hanno uno schermo al posto di un indicatore analogico, lo stesso vale per gli aerei, le navi i treni. Le auto elettriche esistevano già ed erano poco pratiche anche allora, come esistevano i telefoni, la televisione e la tecnologia nucleare. Se dagli anni ‘60 andiamo indietro di cinquant’anni e arriviamo ai primi anni del ventesimo secolo, ho il sospetto che i progressi compiuti in quel cinquantennio non fossero poi così inferiori a quelli compiuti dagli anni ‘60 ad oggi: c’è dunque stata veramente questa accelerazione esponenziale della tecnologia? La nuova tecnologia informatica ha certo portato grandi vantaggi nella reperibilità delle informazioni per la grande maggioranza delle persone, ma ha anche portato ad una possibilità di controllo e sorveglianza del singolo molto più oppressiva e onnipresente da parte del potere. Se da una parte ha molto semplificato, dall’altra ha anche molto complicato. In ogni caso, qualunque sia il vero motivo, tecnico, politico, finanziario, culturale o altro, resta il fatto incontrovertibile che in cinquant’anni dalla grande impresa o, per quelli che non ci credono, dalla finta grande impresa dello sbarco umano sulla Luna, la nostra società non è stata finora e non è ad oggi in grado di ripeterla. Nonostante questo, bizzarramente, i media continuano a parlarne con grande enfasi, ammaestrandoci che manca poco, che i nostri mezzi sono sbalorditivamente aumentati, che stiamo per tornare sulla Luna, belli, green, gay friendly, ma, per il momento inesorabilmente a chilometri zero. Se non è quest’anno, sarò l’anno prossimo, o quello dopo. Anzi, stiamo per conquistare anche Marte: gli astronauti multigender già si allenano in garage! Nestor Halak
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15 Luglio 2024 Da Rassegna di Arianna del 14-7-2024 (N.d.d.) L'ex presidente americano, e candidato presidenziale, Donald Trump è stato oggetto ieri di un attentato ad un raduno a Butler, in Pennsylvania. Un proiettile di fucile lo ha ferito all'orecchio destro, senza ulteriori conseguenze. Il cecchino, che in una ripresa pochi istanti prima del colpo si vede in bella vista, è il ventenne Thomas Matthew Crooks, ucciso nella successiva sparatoria. Nella medesima sparatoria uno spettatore è stato ucciso e due feriti. Se la dinamica dell'attentato non lo escludesse (un proiettile a due centimetri da un punto vitale non può essere una messinscena) si sarebbe potuto pensare ad un finto attentato a sostegno della candidatura, visto che poche cose sono generalmente più benefiche ad un risultato elettorale che apparire nel ruolo della vittima. Ma siamo in tempi singolarmente stupidi e, purtroppo, Trump appare come una "vittima dell'odio" semplicemente perché lo è. Questo non lo rende una bella persona ma è un fatto che merita qualche riflessione. Il processo e la recente condanna di Trump da parte del tribunale di New York per il caso Stormy Daniels andavano precisamente nella stessa direzione. In effetti, neanche 24 ore prima Biden in un discorso pubblico aveva presentato Trump come "minaccia per la nazione", e questo è il tenore normale del dibattito. La stessa atmosfera serena è quella che ha coinvolto le sorti del più noto sostenitore di Trump in questa campagna elettorale, Elon Musk, le cui attività economiche (in particolare il social X) sono state oggetto di una serie di attacchi concertati di tipo istituzionale (in USA e UE). Lo stesso Musk - stando a quanto da lui stesso riferito - è stato oggetto di due tentativi di assassinio negli ultimi otto mesi. Ciò che traspare e che, pur non essendo una novità merita di essere soppesato, è che la radicalizzazione della lotta politica in Occidente ha raggiunto livelli inediti, pur in assenza di significative differenze ideologiche. In Occidente, e negli USA in particolare, il mutuo disprezzo, l'assoluta mancanza di riconoscimento di legittimità agli avversari politici, è divenuta parte integrante, ordinaria, della vita pubblica. Ma, diversamente da altri periodi storici, questa delegittimazione radicale NON è dovuta al contrapporsi di visioni del mondo distanti e antitetiche, non al confronto tra ideologie palingenetiche incompatibili. Tutt'altro. Il disprezzo e l'avversione hanno un carattere personale, psicologico, epidermico, e tuttavia assoluto. Questa forma di tribalismo primitivo, prepolitico, è analoga all'avversione e disprezzo che può avvenire, oggi, tra due tifoserie calcistiche: le squadre sono di fatto intercambiabili, spesso gli stessi giocatori cominciano in una squadra e finiscono acquistati dall'altra; non c'è nessuna "sostanza" della squadra che rimane la medesima, e tuttavia la coltivazione dell'odio reciproco è essa stessa un ultimo livello di motivazione, e può portare alla violenza più estrema. Nella cornice del nichilismo occidentale, in mancanza di ideali alternativi, di prospettive positive, l'ultimo orizzonte motivazionale rimasto è quello implicito nella creazione dell'odio, del disgusto per l'avversario, che viene dipinto in forme umanamente deprecabili e di cui l'unico attributo esposto è l'assoluta, inderogabile inaccettabilità. Se non puoi amare niente, se non hai niente da sperare, almeno puoi mantenere in vita una spinta motivazionale minima in forma di un'oscura "difesa dalla minaccia estrema". Lo scenario politico è costantemente polarizzato (o frammentato se il sistema non è bipartitico), pur in sostanziale assenza di autentiche differenze ideali. Quest'assoluta delegittimazione de L'Altro, percepito letteralmente come Alieno, in un senso naturalistico, quasi biologico, si accompagna alla legittimazione di qualunque cosa sia atta a metterlo fuori gioco. Le regole saltano, il fine giustifica i mezzi, perché (come nei film americani) la scelta viene sempre presentata all'insegna del rischio del Male Assoluto. Nella recente filmografia americana la dinamica morale più frequente è quella in cui vengono presentate delle regole morali (virtù, regole kantiane o religiose) solo per mostrare come esse debbano cedere il posto - a malincuore, si intende - ad una scelta ultima di tipo drasticamente utilitarista: "Sì, non si dovrebbe torturare o uccidere l'innocente, ma se l'alternativa è la Fine Del Mondo?" (Nei film americani si fa regolarmente strame di ogni regola morale ordinaria perché bisogna salvare il mondo e l'umanità almeno due volte prima di cena, e di fronte a simili scelte tragiche, va da sé che il fine giustifica qualunque mezzo.) Il meccanismo di delegittimazione prepolitica dell'Altro è presente, soprattutto nella politica americana, da lungo tempo: qui i candidati si fanno e disfano non sulle idee, ma sulle foto con l'amante, sulle registrazioni a microfoni spenti, sulle accuse a scoppio ritardato di testimoni compiacenti, insomma sulla base di un letamaio da cui ci si difende soltanto con carriole di soldi per avvocati e media. Ma, come sempre accade, il peggio degli USA trasmigra regolarmente in Europa con un paio di decenni di ritardo ed ora queste dinamiche sono ben visibili anche da noi. Più la politica è intercambiabile, più è impermeabile alla volontà popolare, più è vuota di visione, di idealità alternative, e più la lotta si psicologizza, si animalizza, si riduce a disprezzo epidermico di fronte all'Alieno. E quanto più ciò si verifica, tanto più ogni regola morale, ogni equilibrio giuridico, saltano: perché con i rettiliani non si discute, si spara. Andrea Zhok
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12 Luglio 2024 Da Rassegna di Arianna dell’11-7-2024 (N.d.d.) Viviamo nell'era della menzogna, in cui i più pervicaci mentitori si arrogano il diritto di giudicare ciò che è vero o falso, pretendendo di imporre la propria verità, quale che sia, anche quando palesemente falsa e/o contraddittoria. E proprio in virtù di ciò, diventa assolutamente necessario che chi si assume l'onere di fare informazione avendo a cuore la verità si attenga invece ad una deontologia rigorosa. Può, ovviamente, capitare a tutti di diffondere una notizia inesatta, soprattutto quando sembra esserci una qualche urgenza. Ma è fondamentale mantenere dritta la barra, sia per un'etica dell'informazione (ciò che viene scritto/detto verrà creduto da altri che confidano in quella fonte), sia per mantenere l'affidabilità, che è - nella totale disparità di mezzi - unica garanzia di autorevolezza. In particolare, bisogna evitare di cadere nelle medesime 'trappole mentali' di certo pseudo giornalismo; non si può 'stiracchiare' un fatto, neanche per una buona causa. Purtroppo, si deve constatare che ultimamente ciò è accaduto in almeno due occasioni. Probabilmente animati dal desiderio di denunciare i 'misfatti' del 'nemico', e magari anche per una lettura superficiale delle notizie, non pochi canali d'informazione (il termine controinformazione non mi piace) sono caduti in questa trappola. Nel primo caso, con riferimento all'accordo di sicurezza stipulato nei giorni scorsi tra Polonia e Ucraina. Molti canali hanno fornito ai propri lettori l'idea che in tale accordo sia contenuta una clausola che autorizzerebbe la Polonia ad abbattere i missili russi sullo spazio aereo ucraino. Presentata in questo modo la notizia è omissiva e fuorviante, poiché dà appunto l'idea di un imminente intervento diretto dei polacchi a difesa dell'Ucraina, ma non è così. L'accordo, infatti, prevede sì questa possibilità, ma solo nel caso che i missili siano lanciati dallo spazio aereo ucraino (quindi da aerei russi che lo sorvolano) e soprattutto che siano lanciati in direzione della Polonia! Per quanto la formulazione possa suonare ambigua, è evidente che si tratta di una cosa completamente differente. Altro caso è quello del bodycount a Gaza. In un breve articolo pubblicato dalla rivista scientifica britannica The Lancet; è stato esaminata la questione del conteggio dei morti a seguito dell'operazione militare israeliana. L'articolo è stato ripreso e citato, ma dando per acclarato ciò che nell'articolo viene ipotizzato - o stimato, se si preferisce. La cifra di 186.000 morti, al posto dei 34.000 circa ufficiali, è stata diffusa da alcuni canali come un dato certo, mentre l'articolo - molto più articolato - dice che "non è implausibile stimare che fino a 186.000 o anche più morti potrebbero essere attribuibili all’attuale conflitto a Gaza". In questa semplice frase sono presenti ben tre espressioni di incertezza: "non è implausibile", "fino a" e "potrebbero". Perché ovviamente, come si spiega nell'articolo, i fattori che - appunto - potrebbero far salire fino a tanto il totale dei morti, sono numerosi (numero di corpi ancora sepolti tra le macerie, infrastrutture sanitarie distrutte, grave carenza di cibo e acqua), ma - come dice esplicitamente l'articolo citato - "nei prossimi mesi e anni continueranno a verificarsi molti decessi indiretti dovuti a malattie riproduttive, trasmissibili e non trasmissibili. Si prevede che il bilancio totale delle vittime sarà elevato". Quindi nessuno, tantomeno The Lancet, sostiene che le vittime del conflitto a Gaza siano centottantaseimila: l'articolo ipotizza che il bilancio finale, a distanza di tempo, potrebbe arrivare a tanto. E, ovviamente, per quel che ne sappiamo potrebbe anche superare questa cifra, dato che la guerra è ancora in corso. Evitare di cedere alla tentazione della notizia-effetto, sia pure a fin di bene, dovrebbe essere la regola aurea. Soprattutto nell'era della menzogna. Enrico Tomaselli
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