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Rinuncia a qualunque sovranità monetaria PDF Stampa E-mail

21 Febbraio 2023

 Da Comedonchisciotte del 18-2-2023 (N.d.d.)

“Altrimenti avremmo creato una moneta, che invece non è stata creata” – furono le parole di Giancarlo Giorgetti appena nominato ministro del Mef in riferimento alla trasferibilità dei crediti fiscali – “E’ passata l’idea che il credito d’imposta sia sostanzialmente moneta ma non è così” – tenne ancora a precisare l’uomo di Draghi. Del resto Giorgetti non fece altro che portare avanti quella che era la priorità di Mario Draghi sul tema. Se, come si evince dalle sue parole e dottrina comanda, la possibilità di trasferire liberamente un credito fiscale, trasforma lo stesso in moneta sonante in mano alla gente, potete ben capire quanto tutto questo contribuisca a mettere a rischio il progetto predatorio dell’élite, che di tutto punto si fonda proprio sul rendere perennemente scarsa la moneta stessa. Insomma, emettere un credito fiscale in euro da parte dello Stato con il quale è concesso ristrutturare la propria abitazione, per non dire integrare il proprio stipendio e concederti la libertà di trasferirlo ad altri, equivale esattamente a metterti euro sul conto. Ovvero fare quel tanto desiderato deficit che i nostri governi si rifiutano di attuare da almeno tre decadi, la cui mancanza è stata la causa principale della completa devastazione della nostra economia. Parliamoci chiaro amici: indipendentemente dalla bontà o meno del tipo di spesa pubblica che viene finanziata attraverso i crediti fiscali, lo strumento è certamente un modo per consentire ai nostri governi di recuperare quella sovranità monetaria, alla quale in modo del tutto folle abbiamo deciso di rinunciare con l’entrata nell’euro. Ma, come ben sappiamo, un conto sono le promesse che i nostri politici ci professano quando sono all’opposizione, altro invece è quello che mettono in pratica dopo che hanno raggiunto la poltrona di governo. In questo, non si distingue certamente nemmeno Giorgia Meloni – benché negli anni di opposizione la “pasionaria della Garbatella” si nutrisse di ogni specie di Sovranità a colazione, pranzo e cena – oggi che ha preso dimora a Palazzo Chigi, l’ha tolta completamente dal suo menù preferito. È il caso della ferma decisione che il suo governo ha preso  in Consiglio dei ministri, imponendo uno stop totale alla cessione del credito e allo sconto in fattura per i nuovi interventi di ristrutturazione edilizia e adeguamento energetico.

L’introduzione della norma nel decreto legge n. 11 del 16 febbraio 2023, approvato dal Consiglio dei ministri, per molti che hanno creduto in questo governo è stata una sorpresa. Non per il sottoscritto e per tutti coloro che non credendo più alle favole, hanno già da tempo identificato l’attuale governo come un vero e proprio Draghi-bis. “Dovevamo intervenire, si rischiava un buco enorme”, ha sottolineato la premier Giorgia Meloni collegata da casa causa influenza, senza nascondere il proprio rammarico per la decisione. Ballano 110 miliardi, si tratta di tre manovre finanziarie, occorre imporre uno stop, il ragionamento. “C’è qualcuno – ha osservato la premier secondo quanto apprende l’AGI – che è andato in giro dicendo che si potevano ristrutturare gratis i condomini, ma è stata una follia”. Il riferimento era all’ex presidente del Consiglio e ora presidente M5s, Giuseppe Conte. “Dobbiamo spiegarlo agli italiani, la colpa non è certo nostra”, ha rimarcato Meloni ricordando anche gli interventi in merito dell’ex premier Draghi.

Come vedete, pur avendo oggi responsabilità di governo, Giorgia Meloni continua a far campagna politica sulla pelle degli italiani. Si tenta di giustificare una deliberata scelta di rinuncia alla sovranità monetaria, attribuendo colpe all’avversario politico di turno, facendo credere alla gente che il provvedimento preso sia estremamente necessario, mentre al contrario ben sappiamo che in tema di materia economico-monetaria non trova alcuna ragione di esistere. Ancora più dure sono state le parole del ministro della Difesa Crosetto: “Se non interveniamo – la sua tesi in Cdm – si rischiano conseguenze sui mercati finanziari”. Perché – il ‘refrain’ del ministro dell’Economia Giorgetti in Consiglio dei ministri – “si rischia di far morire lo Stato”. Le solite balle, quella dei mercati che comandano e la morte dello Stato. Certo, i nostri politici hanno fatto morire da anni il nostro sistema economico e, su questo, i numeri della devastazione in corso non lasciano spazio a dubbi. Ma se vogliamo ribadire il concetto, è proprio la rinuncia alla sovranità monetaria stessa che ci porta alla morte e come un cieco che guida alle sette di sera sul raccordo anulare romano, anche Giorgia Meloni ha voluto mettere la parola fine a questa possibilità di  recuperare almeno in parte. E se ancora non bastasse a chiarire chi c’è dietro a questo provvedimento, ecco la confessione finale di Giorgetti, che nel difenderne la bontà, ha citato le parole dell’ex presidente del Consiglio Mario Draghi: “Comprendo la posizione delle imprese ma mi permetto di citare una persona di cui ho molta stima e con cui ho fatto il ministro, che disse che il problema non è il superbonus ma sono i meccanismi di cessione disegnati senza discrimine e discernimento. Vorrei puntualizzare che non tocchiamo il Superbonus, interveniamo sulla cessione dei crediti d’imposta che ammontano direi a 110 miliardi, questo è l’ordine di grandezza che deve essere gestito, l’obiettivo è dare la possibilità di gestirlo”.  Più chiaro di così!

Quindi il problema non è il Superbonus – e lo dico soprattutto per i molti che ci seguono ed hanno spesso tuonato contro questa misura – ma la trasferibilità dei crediti fiscali, ovvero la possibilità di farli diventare moneta a tutti gli effetti. Quindi conclusione, chi avvantaggerà questa misura fiscale così come l’ha riprogrammata Giorgia Meloni? Semplice, avvantaggerà i grandi gruppi immobiliari, i quali disponendo di ingenti capacità di reddito possono facilmente abbattere i crediti fiscali maturati dalle loro tasse e continuare indisturbati a rinnovare i loro immobili a spese nostre, stante il fatto che tutta la manovra viene effettuata sempre all’interno delle famigerate regole europee. Ne trarranno beneficio anche i grossi rivenditori di materiale edile che hanno la capacità finanziaria di poter servire i grandi gruppi appena citati. Insomma, il format è sempre lo stesso, affamare la maggioranza e concentrare sempre più ricchezza in poche mani, non si sbaglia!

A dare fiato a coloro che avevano introdotto il Superbonus c.d. 110%, ci ha pensato il direttore del dipartimento statistiche sulla finanza pubblica di Eurostat, Luca Ascoli, nel corso del suo intervento di ieri in commissione finanze del Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti d’imposta: “per Eurostat il Superbonus c.d. 110% non è debito pubblico. L’impatto è invece sul deficit e prescinde dalla classificazione del credito come pagabile o non pagabile, da cui deriva solo il collocamento temporale della spesa”  L’intervento di Luca Ascoli, direttore del dipartimento statistiche sulla finanza pubblica dell’ente statistico comunitario cita la pubblicazione dell’aggiornamento del manuale Eurostat sul disavanzo e sul debito pubblico. Affermare che la spesa pubblica effettuata tramite l’emissione di certificati di credito fiscale incide sul deficit ma non sul debito pubblico, quando ben sappiamo che il debito pubblico rappresenta la somma dei deficit annuali, ci lascia interdetti e ci rende pienamente coscienti di quanta confusione regni nelle stanze di chi si arroga il diritto di dirigerci. Detto questo, l’avventata affermazione di Ascoli, a livello dottrinale una cosa però ce la certifica, ovvero che lo Stato può tranquillamente finanziarsi senza emettere titoli del debito pubblico, semplicemente emettendo certificati di credito fiscale che di fatto rappresentano una pura e semplice emissione monetaria.

Infine, concedetemi di riportarvi l’amarezza personale di constatare che, ironia della sorte, è proprio con il partito di Fratelli d’Italia al governo – ovvero il partito a cui appartiene il Senatore Andrea de Bertoldi, che tanto si è speso con il “gruppo della moneta fiscale” per sviluppare lo strumento dei tax-credit – a mettere la parola fine alla trasferibilità dei crediti fiscali stessi. Questa ultima considerazione, oltre all’amarezza personale, è l’ennesima prova che il nostro paese e le nostre vite sono gestite attraverso il pilota automatico in mano al “Potere”, al quale i nostri rappresentanti politici, nessuno escluso, si allineano per puro interesse personale.

Fabio Bonciani

 
Sistemi troppo complessi PDF Stampa E-mail

20 Febbraio 2023

All' incirca tra la fine di gennaio e i primi giorni del presente mese di febbraio è successo un evento di portata non indifferente ,evento di cui tuttavia si è fatto poco rumore e poco parlare nell' informazione dei media: il "down" dei due portali di posta elettronica maggiormente diffusi in Italia,con una utenza superiore ai 10 milioni di fruitori e che ha lasciato "a secco" di email più o meno importanti non solo privati cittadini ma professionisti ,imprenditore e un gran numero di aziende provocando guai e difficoltà di non poco conto,tanto che un assicuratore di mia conoscenza mi ha confessato di aver sfiorato l' esaurimento nervoso,essendo il suo lavoro impossibile senza l' uso delle comunicazioni via Internet e via email. Analoghi problemi su siti di varia natura(anche istituzionale,vedi l' attacco hacker alla Regione Lazio dell' estate 2021) sia dovuti a fattori esterni(hackeraggio per vari scopi,tra cui quello estorsivo) sia strutturali interni ad esempio per "bug" sistemici non sono una novità nell' ultimo periodo,tuttavia il "baco di sistema" che ha colpito i due portali di posta elettronica ha una particolarità nuova: a differenza di altri casi analoghi non si è risolto in una manciata di ore o al massimo in un paio di giorni ma ha lasciato "a terra" l' utenza, è durato oltre una settimana: gli ultimi a vedersi ripristinata la casella hanno dovuto aspettare almeno otto se non nove giorni.

Episodi simili dovrebbero portarci a riflettere sulla vulnerabilità dei sistemi che sono venuti a crearsi nella società postindustriale e postmoderna,trasformandola in una geometria frattale ipercomplessa di cui l' infrastruttura informatica e digitale non è nient' altro che una singola parte di un tutto il quale tende a ripetersi attraverso altre e numerose scale: vien da chiedersi,non scevri da una certa angoscia,che sarebbe potuto succedere se altri e ben più severi "bachi sistemici" avessero colpito infrastrutture ben più importanti rispetto ad un portale di messaggistica e se il bug stesso avesse ad esempio provocato un effetto domino a cascata su macroscala: in un mondo e in una società totalmente dipendenti e dall' energia elettrica e dall' intelligenza artificiale e dall' informatica-tra loro connesse ed interconnesse come una trinità laica-gli effetti sarebbero stati catastrofici. Un conto è un blocco di social network limitato nel tempo e nello spazio a poche ore e ad un' area geografica periferica,altra musica sarebbe un blocco esteso a sistemi informatici ben più importanti e ben più estesi sulla superficie terrestre: la nostra quotidianità ormai si basa tutta su uno smartphone ,sulle app,sul cloud,su un apparentemente magico tocco di un dito su uno schermo il quale ci permette di usare il bancomat,la carta di credito,in certi casi estremi financo di aprire porte e finestre da remoto a cento chilometri di distanza:e se tutto questo per una fesseria qualsiasi o una forza esterna un giorno andasse in tilt per più di qualche ora,per giorni interi e non solo su scala italiana?.

Già immagino le obiezioni: ecco,il solito pippone neoluddista da strapazzo,da terrapiattista antisviluppista ,la solita retorica d' accatto da falso ambientalista radicale o radical-chic.

Nulla di tutto ciò! Tanto per iniziare porsi questi quesiti e ragionare sui limiti della tecnologia e dei suoi rapporti con l' uomo non è per nulla da neoluddista o da falso ambientalista d' accatto: più che lecito ragionare sui limiti(dal latino "limes",confine) e sul "metron" ,cioè sul senso della misura che nella filosofia greca delle origini significava la consapevolezza di poter governare se stessi conoscendo una linea precisa di confine da non superare e tutto ciò potremmo applicarlo benissimo al nostro rapporto con lo sviluppo tecnico chiedendoci dove sia situata la linea di confine tra il governare i processi della tecnica ed essere governati dalla tecnica. La tecnica va benissimo quando io ne ho il controllo,non quando mi faccio controllare.

La seconda questione ci fa ritornare ancora una volta sui sistemi complessi bene analizzati dallo statunitense Joseph Tainter nel suo saggio " Collasso delle società complesse",scritto 25 anni fa ma attualissimo: Tainter spiega come ad ogni aumento della complessità sistemica corrisponda la parcellizzazione del lavoro,suddividendo il sistema in una pletora di specialisti che si focalizzano su un singolo elemento anziché sulla visione totale. Ne consegue,aggiungiamo noi,il trionfo della visione meccanicistica quando invece il tutto è inserito in una dimensione ontologicamente olistica. E infatti lo stesso Tainter ci dice come in molti disastri d' origine strutturale l' origine sia dovuta al cedimento "imprevisto" di singoli pezzi la cui importanza era addirittura "ignorata" dagli ingegneri stessi,forse troppo concentrati sulla singola "parte" gestita da specialisti anziché sulla somma totale delle componenti. Infine un altro studioso non proprio neoluddista,il matematico John Casti,nel suo saggio "Evento X"(2012) ha paragonato il sistema complesso postmoderno al "più grande castello di carte della Storia" tale da essere scompaginato da un singolo "starnuto".

Alle solite: che fare? Anzitutto non considerare un tabù l' argomento e discuterne apertamente, perché i dubbi elencati sono ragionevoli ,legittimi e chi li pone non deve cadere nelle accuse di essere "antiprogressista","antisviluppista" o etichettato con simili espressioni.Quindi pensare,elaborare alcune eventuali soluzioni che secondo Casti e altri studiosi potrebbero essere due: -Rendere il sistema ancora più complesso con programmi di I.A. in grado di "anticipare" eventuali collassi sistemici ; -Rendere il sistema meno complesso e di conseguenza maggiormente gestibile. Ritengo che l' opzione 1 sia un modo elegante di dare maggior metri di corda a chi vuole impiccarsi,in quanto un sistema ancora più complesso non solo ne aumenta la vulnerabilità e la parcellizzazione meccanicista coi rischi annessi e connessi ma nemmeno risolve il problema in sé avendo visto come i maggiori crolli strutturali avvengono per ragioni e motivi sconosciute ai progettisti stessi: come farebbe un progettista a programmare un qualcosa che neppure conosce? L'opzione 2 è invece largamente fattibile seppur scomoda,perchè significherebbe mettere in discussione il sistema stesso e porsi molte domande e quesiti nonchè raggiungere una consapevolezza ancora ben lontana e interrogarsi,come già scritto,sul nostro rapporto con la tecnica e sul senso del "metron" e del limite.

Significherebbe mettere in discussione molti degli elementi di imponta illuministica e razionale che ci accompagnano da almeno poco più di due secoli,da quando cioè è in auge l' attuale modello di sviluppo. C'è solo da augurarsi che la complessità intrinseca del sistema prima o poi faccia aumentare la consapevolezza verso una richiesta di semplificazione volontaria del sistema stesso basato sul limite e sulla misura.

Simone Torresani

 
Gender di Dio PDF Stampa E-mail

18 Febbraio 2023

  Da Comedonchisciotte del 15-2-2023 (N.d.d.)

Una volta di più, ci torna alla mente una strepitosa vignetta di un giornale satirico: un omino si affaccia al cancello di un edificio con la scritta manicomio e chiede a un passante della strada accanto: come si sta là dentro? Male, grazie, è la nostra risposta. Nel tempo maledetto in cui i pazzi guidano i ciechi, chi è ancora padrone della propria mente non dovrebbe stupirsi più di nulla. Invece, c’è sempre qualcosa che riesce a farci chiedere se la contemporaneità non sia tutta un incubo da cui prima o poi ci risveglieremo sudati e con il cuore in gola, felici di essere tornati alla realtà. L’uomo del manicomio aveva ragione a ribaltare il giudizio e considerare malata psichiatrica la nostra società, l’Occidente politicamente, follemente corretto in cui ci è toccato di vivere, cimitero della verità, della civiltà, della realtà. Vi preghiamo di crederci, giacché la fonte è un serissimo organo dell’impero terminale, il londinese Daily Telegraph: la chiesa anglicana, religione ufficiale della Gran Bretagna, di cui è capo il sovrano regnante che ha tra i suoi predicati quello di “difensore della fede”, sta dibattendo l’abolizione dei riferimenti a Dio come padre, valutando di usare un “linguaggio più inclusivo”, senza il genere maschile, fomite di ogni iniquità sin dall’invenzione della ruota.

Qualche lettore - ospite dell’ospedale psichiatrico in cui sono ricoverati i sani di mente- potrebbe chiedersi se il cristianesimo occidentale, colpito da una spaventosa crisi di fede, non abbia preoccupazioni più concrete, questioni più serie di cui occuparsi. Sbagliato: quando gli ottomani presero Bisanzio, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, non trovarono che pochi difensori in armi, mentre a corte esangui intellettuali da obitorio erano occupati a discettare sul sesso degli angeli. L’analogia fa tremare, o al contrario, consola chi- come il vostro ribelle - si augura con tutta l’anima il crollo finale di una civilizzazione sterile, impazzita, avvitata nelle proprie paturnie a cui attribuisce un’importanza capitale. Il Telegraph spiega che gli anglicani sono intenzionati a cancellare i riferimenti a Dio “padre”, e ad abolire i pronomi maschili che lo riguardano nelle scritture e nella liturgia. Per i settori ecclesiali definiti “liberali progressisti” (termini estranei all’ universo religioso, che riflette sull’Eterno e l’Immutabile) ritengono che l’uso del termine “padre” e il genere maschile siano “una cattiva interpretazione teologica” che ha portato al “sessismo attuale”. La reverenda Joanna Stobart, portavoce del religiosamente corretto anglicano, esige di “sviluppare un linguaggio più inclusivo nella liturgia ufficiale “, chiedendo modalità alternative per rivolgersi a Dio senza utilizzare pronomi maschili. L’alta prelata (si dirà così?) è convinta che i fedeli debbano avere l’opportunità di “parlare di Dio in una maniera non legata al genere”. La modesta proposta dello scrivano - credente cattolico che non si è mai posto, lo confessa con un certo imbarazzo, il quesito sul sesso, o il genere di Dio – è di modificare il tramontato Padre Nostro eteropatriarcale, iniziando così la preghiera: genitor* 1 nostr* che sei nei cieli. In quanto creatore, non c’è dubbio che sia il genitore uno; per espungere dal testo il malsano retrogusto macho, l’asterisco assolve egregiamente allo scopo. Va bene anche la schwa, il segno simile a una e rovesciata (tutto è invertito, nell’intrepido mondo nuovo) usato sino a ieri solo in fonetica, simbolo della parrocchia gender neutral.

Saremmo lieti che la nostra idea fosse discussa presso la Commissione Liturgica anglicana che “avvierà questa primavera un progetto congiunto sul linguaggio di genere”. Tema teologicamente rilevante quanto il sesso degli angeli. Si tranquillizzino i fedeli più conservatori: le chiese anglicane sono deserte. La recita della preghiera rinnovata e la liturgia di genere neutro riguarderanno pochissimi sfaccendati. Tempo fa, leggemmo una notizia secondo cui in seno alla confessione anglicana esisterebbe un’associazione di chierici atei. Nessuna meraviglia se fosse vero: dai fatti occorre trarre significazione, diceva Machiavelli. Noi stessi fonderemo volentieri, per amore di inclusività, un partito di comunisti fascisti e un circolo sportivo di sampdoriani tifosi del Genoa. A dire il vero, a Canterbury non sono tutti impazziti; il reverendo Ian Paul, membro del Sinodo generale e del Consiglio degli Arcivescovi, avverte che l’uso del maschile non significa che Dio sia maschio “il che è un’eresia.” Riconosce che “le immagini maschili e femminili non sono intercambiabili”, talché “il Padre non potrà essere chiamato madre senza una perdita di significato.” Sospiro di sollievo, soprattutto perché si è accorto che l’operazione “allontana la dottrina della Chiesa dal suo fondamento, le Scritture”. Chissà se a Westminster credono ancora che “Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò. Dio li benedisse e disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”» (Genesi 1,26-28). Parole indigeribili, politicamente scorrettissime per i devoti del gender, del green, dell’animalismo e di Gaia. Ma si sa: quelli della Bibbia erano tempi cupi, mancavano telecamere e microfoni, Dio potrebbe essere stato male interpretato. Per fortuna, siamo giunti “nella pienezza del tempo” e lo possiamo correggere. Il Padre Nostro è stato dettato da Gesù, nella forma riportata da due vangeli (Matteo e Luca). Ogni intervento sul testo è dunque una manipolazione delle Scritture, che per i credenti sono “parola del Signore” (o Signor*?). Ma che importano le scritture a una chiesa fondata da un re, Enrico VIII, non per divergenze teologiche ma per divorziare da Caterina d’Aragona e sposare la povera Anna Bolena, che finì decapitata per stregoneria e poi altre quattro mogli?  Di passaggio, il vivace Enrico ebbe il tempo di saccheggiare i beni ecclesiastici “papisti” e derubare le famiglie legate alla vecchia fede. Thomas Stearns Eliot, il grande poeta che si definiva “anglocattolico”, scolpì quasi un secolo fa versi terribili nei Cori della Rocca. “È la Chiesa che ha abbandonato l’umanità o è l’umanità che ha abbandonato la Chiesa?” Forse entrambe le cose, ma Eliot si spinge oltre: “gli uomini hanno abbandonato Dio non per altri dèi, dicono, ma per nessun dio; e questo non era mai accaduto prima. Quando la Chiesa non è più considerata, e neanche contrastata, e gli uomini hanno dimenticato tutti gli dèi, salvo l’Usura, la Lussuria e il Potere.” È la fotografia del nostro presente e non sarà il linguaggio inclusivo, la ritrattazione generale, la penosa neutralizzazione del nome di Dio a riportare le pecorelle all’ovile. Esiste ancora un ovile?  C’è da dubitarne, se i giovani cattolici tedeschi propongono di scrivere Dio con l’asterisco: Gott*. Anche loro aborrono il maschilismo, l’eteropatriarcato, e ne sanno più delle scritture. Peccato che nessun figliuol prodigo torni alla casa del Genitor*1, e che se ne vadano straziati quelli che credono, pregano, si affidano a Dio chiamandolo come i padri e gli avi. Se l’invidia non fosse un peccato capitale (qualche stralunato li ricorda tutti e sette) verrebbe voglia di guardare ai musulmani, per il quale il nome di Allah è sacro e vietano l’iconografia per l’incommensurabilità del Creatore. Gli ebrei proibiscono addirittura la pronuncia del suo nome. Basterebbe ricordare i comandamenti, il secondo dei quali prescrive di non nominare il nome di Dio invano, dunque di non stravolgerlo per compiacere la moda del potere nel disgraziato occidente.

E qui viene il punto: il neo- anglicanesimo, come gran parte del cattolicesimo moderno, sta dando ragione alla vecchia accusa di essere al servizio del potere, instrumentum regni. Dalle parti di Londra è un’ovvietà, giacché la religione di Enrico nacque come strumento della corona. Dunque fanno benissimo i preti di Sua Maestà a porsi al servizio del mondo: è il loro ruolo da cinquecento anni e non risulta che si siano scandalizzati per il ruolo della Compagnia delle Indie, il colonialismo di rapina, lo schiavismo e l’imperialismo. Oggi i padroni dell’Occidente vogliono un’umanità unisex e transex, promuovono l’equivalenza eccetto nel denaro, che tengono tutto per sé. Dividono e imperano, come sempre. Cambiano le modalità: oggi alimentano la guerra tra uomini e donne, etero e omo, bianchi e neri, nativi e immigrati. Con moto accelerato, i superstiti delle chiese si allineano al potere. In Inghilterra, junior partner suo malgrado del dominus a stelle e strisce, le università - legate al potere, fucina culturale delle classi dirigenti - invitano a non augurare il buon Natale, ufficialmente “per non offendere”, in realtà per modificare il senso della vita dei sudditi. Forse cambieranno non il genere, ma il nome di Dio. Meglio energia cosmica, o qualcosa di simile, più adatto alla pseudo religione scientista, meno impegnativo, più New Age: siamo nell’era dell’Acquario, uno dei dodici periodi, o eoni, in cui alcune credenze esoteriche suddividono la storia umana. Spaventa che le chiese cristiane, agenzie di senso, bussole morali, ultimo baluardo contro il dominio di un totalitarismo materialista, nemico dell’uomo sino alla volontà di fonderlo con la macchina artificiale e superarlo nel transumanesimo, si arrendano al nemico senza lottare. La domanda è decisiva: è il nemico, per loro, o la speranza di mantenere uno spicchio di influenza, un posticino di rincalzo nel gran ballo globalista? Non si rendono conto che i loro padroni (quelli di sempre cambiati d’abito) non fanno prigionieri. Non hanno bisogno di cappellani o assistenti spirituali: hanno la tecnologia, il metaverso virtuale, il consumo compulsivo, il dominio sull’Io e sull’Es. Il Super Io morale, di cui la spiritualità era una componente, tace, o se ancora parla in interiore homine, è sopraffatto dal baccano dello spettacolo, il trionfo delle pulsioni scatenate dall’alto per renderci animali senza innocenza.

Negli ambulacri del potere si fregano le mani soddisfatti per le sciocchezze che sono riusciti a farci credere, gioiscono per la resa incondizionata di un occidente agonizzante come il suo Dio diventato genitor*1.  Le chiese officiano il funerale con la stessa serietà con cui dichiaravano scomuniche. Pur di avere ancora una particina nella commedia umana, sfidano il ridicolo negando ciò che proclamavano fino a ieri. In fondo sono abituate a girare la frittata: dottori ha la chiesa, recita un proverbio spagnolo. Emil Cioran, l’autore che ha analizzato più di tutti la decadenza (“decadenza è non avere più anima, l’incapacità di creare ancora”) e la fine della civilizzazione estenuata (“in quale parte del mondo potrei trovare un abisso così visibile, così generoso, una tristezza così liberale e un tale sperpero del nulla?”), scrisse che l’agonia sarebbe durata generazioni. Eccoci alla fase terminale, nell’indifferenza generale. Non è nuovo il tradimento dei chierici: discutevano del sesso degli angeli ed arrivò Maometto II il Conquistatore. Dibattono sul genere di Dio, e vince il potere. Il figlio del genitor*1 li aveva avvertiti: non si può servire Dio e Mammona. Hanno scelto, e non è Dio.

Roberto Pecchioli

 
Blocco cognitivo PDF Stampa E-mail

16 Febbraio 2023

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 Da Rassegna di Arianna del 10-2-2023 (N.d.d.)

Una delle cose che più mi allontana dalla ”sinistra”, e non solo dai vertici ma anche da quasi tutti gli amici su FB, è il fatto che si continua a combattere il fascismo, il nazismo, i reazionari fedeli al re e all’aristocrazia e ai privilegi aristocratici. Non che abbia simpatia alcuna verso queste forme. Anzi. Solo ho un sospetto verso queste posizioni che continuano a combattere un nemico fantasmatico. Mi chiedo: perché continuano a farlo? A qualcuno di voi sembra che nei centri del potere, a Davos, nei gangli del potere finanziario ed economico, nei board delle grandi banche, vi siano franchisti, gente con la camicia nera, fanatici dell’autorità del re e dei privilegi dell’aristocrazia? Se guardate i grandi nomi del potere oggi trovate fascisti? A me sembrano tutti democratici, promotori dei diritti umani e civili, del progresso. Amanti dell’ambiente. Insomma, la pensano come voi. Potete fare un’internazionale con loro. Non vi viene il sospetto che i potenti della terra, quelli che hanno il potere reale, sostengono la vostra narrazione, la sottoscrivono?

Niente, a sinistra è come se avessero gettato il sale. Un terreno da cui non può più nascere niente, solo la ripetizione indefinita del solito salame, delle solite frasette che al potere reale non danno alcun fastidio. Ma soprattutto che non dicono niente alla vita. Credete davvero che il problema di un giovane oggi sia il fascismo, la reazione? Certo, per qualcuno lo è: per i bimbetti di buona famiglia. Gli altri hanno altre rogne. È come se a sinistra si fosse bloccato il tempo, come un blocco cognitivo. E la realtà si muove. Eccome se si muove. Sono solo le reti che buttiamo ad essere fatte con maglie che non catturano i pesci. Qualcosa nascerà. Ma non verrà da questa sinistra. Si impara di più in un bar che da infiniti discorsi con la cultura di sinistra ormai. Un par de balle per giovani in carriera, niente di più ormai.

Ps. Non risponderò agli insulti. Se non vi piace fa niente. Nu ne famo ‘na tragedia. Continuate la vostra battaglia di civiltà

Vincenzo Costa

 
La religione del Nulla PDF Stampa E-mail

15 Febbraio 2023

 Da Rassegna di Arianna del 13-2-2023 (N.d.d.)

“La guerra in Ucraina è stata la giusta difesa di un Paese membro della Nazioni Unite dall’attacco alla sua sovranità da parte della Russia, suo confinante che l’ha invasa il 24 febbraio 2022. Questa è la patente di giustizia e legittimità esibita dall’Ucraina al Mondo all’atto dell’invasione. Una patente incontestabile se non fosse stata rilasciata dall’Occidente molto tempo prima dell’invasione, senza esami, quasi a volerla provocare. Una patente con validità retroattiva per tutte le infrazioni passate e a priori per quelle future. Una patente usata non per evitare il conflitto, ma per inasprirlo, allargarlo e prolungarlo. Una patente a prescindere da ciò che era accaduto pochi giorni prima, pochi mesi prima, pochi anni prima e diversi decenni prima. La guerra poteva essere evitata, ma non l’ha voluto nessuno. Ed è una guerra strana proprio per questa esistenza di un dopo senza che sia mai stato considerato un prima qualsiasi. La legittimità ‘a priori e a prescindere’ è un dogma dell’Occidente. Ma chi è l’Occidente e su quali princìpi si basa la sua visione del mondo? È quella parte del mondo che rappresenta appena un quarto delle terre emerse e un settimo della popolazione mondiale. Quella che produce il cinquanta per cento del prodotto nazionale lordo (PIL) globale (circa novantaquattro trilioni di dollari) e consuma gran parte di quello del resto del mondo. L’Occidente culturale si basa sui princìpi della civiltà classica ed europea, ma soprattutto sulla ricchezza materiale; sull’idea che esista una supremazia del denaro sullo spirito e che lo spirito stesso giudaico-cristiano sia superiore a qualsiasi altro: a priori e a prescindere. L’Occidente geopolitico comprende Stati Uniti, Canada, Unione Europea, altri stati europei, Gran Bretagna, Israele, Giappone, Sud Corea e Australia. L’Occidente che aderisce alle regole dettate dagli Stati Uniti e che dovrebbe salvare il cosiddetto ‘Ordine mondiale liberale’ non si trova a suo agio nei fori internazionali come le Nazioni Unite, dove un filo di voce spetta a tutti gli Stati e non Stati esistenti”.

Queste lucide, limpide, irreprensibili e implacabili parole costituiscono l’incipit, la prima pagina di un libro tanto esemplare quanto sconvolgente: L’Europa in guerra, di Fabio Mini, or ora edito dalla edizioni “PaperFirst” de “Il Fatto Quotidiano”. Costa 16 euro e ne vale millanta volte tanto. Il testo che abbiamo citato, corrispondente alle pp. 12-13, andrebbe pubblicamente letto, fatto copiare e mandar a memoria a tutti gli studenti del mondo fra i 12 e i 18 anni. Ma le sue 203 pagine dicono e dimostrano ancora di più. Sono la serena incontestabile dimostrazione di come questa guerra, a lungo prevista e preparata da chi attualmente governa gli Stati Uniti d’America e manovra lo strumento politico-industriale-militare della NATO nonché dalle numerose e potenti lobbies che formalmente lo fiancheggiano e sostanzialmente lo gestiscono a livello statunitense (il “complesso militar-industriale” di cui parlava già il generale-presidente Eisenhower) e mondiale, non è diretta tanto contro la Russia quanto – e principalmente – contro l’Europa, la quale ne sopporta il peso, i costi, i disagi e le conseguenze. E tutto ciò viene da lontano. Contrariamente a quanto hanno cercato di far credere (purtroppo riuscendovi, almeno a livello di vaste aree dell’opinione pubblica), gli USA hanno sempre temuto e ostacolato come una temibile concorrente e in prospettiva una pericolosa avversaria nella corsa all’egemonia mondiale quell’Europa politicamente unita ch’era nei voti di molti (a cominciare da Konrad Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi) e della quale l’Unione Europea dei Borrell e delle von der Leyen è solo uno squallido succedaneo. Fine costante delle classi dirigenti statunitensi è stato la limitazione economica dell’Occidente europeo, il suo condizionamento tecnologico e intellettuale e la negazione di qualunque strumento militare indipendente nelle sue mani: quindi, e in conseguenza di ciò, il divieto sostanziale di esercitare una politica estera veramente libera e responsabile.

Ha dunque perfettamente ragione Mini. La guerra statunitense contro la Russia è in realtà una guerra contro l’Europa; in quanto tale, è parte di un disegno nato negli Anni Novanta del secolo scorso obiettivo del quale è non tanto e non solo la Russia, quanto soprattutto e in ultima analisi la Cina; lo scenario auspicato è una costellazione di paesi militarmente deboli e subordinati agli USA nonché collegati al loro mercato neoliberistico e consumistico che dalle coste orientali dell’Atlantico giunga ai confini del nuovo “Impero di Mezzo”; strumenti principali di ciò sono e saranno l’omologazione (e l’appiattimento) culturale e il “pensiero unico”, nerbo sostanziale del western way of life and thinking. Le celebrazioni di ludi come quello annuale sanremistico sono la novena di Natale, la Settimana Santa e le feste di Carnevale di questa Religione del Nulla ch’è il vero Anticristo al quale tutti gli esseri umani che intendano mantenere dignità e libertà hanno il dovere di opporsi con ogni possibile mezzo.

Intanto, il filobellicismo convinto di non rischiar nulla di personale impazza: e tutto il mondo sembra tornar a infiammarsi. Guardate alla Siria e allo Yemen, guardate al Congo, guardate al Perù e al Brasile, alla Bolivia e all’Argentina. La storia si è rimessa in cammino, anzi ha ricominciato a correre. Volevate dare una lezione a Putin? Ve ne accorgerete…

Franco Cardini

 
L'Io è appartenenza PDF Stampa E-mail

14 Febbraio 2023

 Da Appelloalpopolo dell’11-2-2023 (N.d.d.)

Io è (sono?) svariati NOI e niente altro.

Io appartengo alla categoria dei figli. Io appartengo alla categoria dei fratelli. Io appartengo alla categoria degli amici. Io appartengo alla categoria dei mariti. Io appartengo alla categoria dei docenti. Io appartengo alla categoria degli studiosi. Io appartengo alla categoria dei militanti. Io appartengo alla categoria dei cittadini.

Per il resto io non sono nulla. Io al di fuori dei noi è nulla. Io non esiste. Io è appartenenza.

Stefano D’Andrea

 
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