Dolore via di salute |
24 Marzo 2019
L’impero della conoscenza
Attraverso l’ascolto possiamo conoscere il mondo che il sapere cognitivo nega. Non lo fa apposta. Secondo gli scienziati la corteccia cerebrale è la sede dei nostri elaborati, dei pensieri e della strutturazione delle idee. Sempre loro, dicono che la corteccia cerebrale non è in grado di prendere in considerazione più oggetti contemporaneamente. Non le resta perciò che fare le cose una alla volta nel rispetto della legge universale chiodo scaccia chiodo. L’ascolto è invece una conoscenza attraverso il corpo tutto. Il suo stato – puro o impuro, sano o malato, pulito o intossicato da forme-pensiero, cibo, ambiente e ambiti – la agevola o la ostacola. La conoscenza attraverso l’ascolto o il corpo – a questo punto sinonimi – tende a traguardare il mondo attraverso le nebbie delle convinzioni personali, le convenzioni culturali, i dogmi storici, le fedi ideologiche. Si costituiscono a densi banchi in modo direttamente proporzionale al nostro gradiente di identificazione con il nostro io storico. Viceversa, nebbie e foschie tendono a diradarsi quanto più ci emancipiamo da quell’io che credevamo di essere.
Conoscenza sottile
I due estremi dello spettro umano sono rappresentabili dal lei non sa chi sono io, ovvero dall’irrinunciabilità del proprio orgoglio, e dalle scelte del mistico, per esempio San Francesco, che senza pena rinuncia agli attaccamenti al prestigio e ai beni. Ovvero alle nebbie in quanto riconosciute come obnubilanti il percorso della via del guerriero come direbbe la tradizione tolteca. Il frate non a caso dialoga con gli altri esseri senzienti fuori dall’ambito della conoscenza scientifica e del linguaggio logico. È la condizione dello stato di grazia. Sebbene sia una formula ultimamente impiegata solo in ambito sportivo e artistico, la sua origine e il suo contenuto sono da riferire alle dimensioni sottili dell’uomo. Conoscere attraverso l’ascolto è una prospettiva che, sebbene torturata a morte dalla concezione materialistica del mondo e perciò dalla conoscenza logico-cognitivo-analitica – quella per esempio che separa il mondo in parti (vedi mente e corpo; materia e spirito) – rimane viva e insopprimibile, per quanto soggetta al gradiente di talento individuale e allenabile secondo motivazione. La madre infatti non ha bisogno di parlare col bambino per conoscere la sua intima condizione. È solo un facile esempio di come tutti noi in tante occasioni conosciamo attraverso il corpo.
Maghi di noi stessi
Prendere coscienza di quelle occasioni, e parimenti di quelle che castriamo in nome di qualche sempre latente e inappellabile buon senso, è un passo utile per evolvere verso un noi stessi che non corrisponde più soltanto all’io storico. Ma contemporaneamente è anche un passo in svariate altre direzioni evolutive, verso la consapevolezza dell’esistenza di dinamiche e forze universali, ben superiori a quelle storiche, sebbene da queste ultime espresse. Chi si avvia a seguire certe piste occultate agli uomini dall’incantesimo della forma e dell’apparenza, giunge a riconoscere il senso e il linguaggio esoterico e simbolico delle conoscenze sapienziali tradizionali. Arriva a ri-creare quanto queste affermano da millenni. Una di queste verità riguarda il ciclo delle rinascite, il senso del dolore, il significato dell’accettazione e dell’amore. Quattro aspetti tra loro simbiotici. Ma in realtà tutto è coniugato. Tutte le forme dei nostri oggetti d’attenzione sono soltanto nostre creazioni, realizzate nel necessario rispetto della nostra biografia. Un bue resterà bue finché non immaginerà di poter addentare una pecora. La sua biografia, come la nostra, crea e ricrea in modo ridondante la propria esistenza. Nel tutto coniugato, chi si addentra verso se stesso, avrà a disposizione una realtà nuova. Avrà a disposizione la possibilità di riconoscere che siamo noi a crearla.
Comprimere l’infinito o spicchio di realtà
Rimanendo nel campo del dialogo logico e perciò costringendo il discorso cosmico – per sua natura non duale ma circolare, non assoggettabile a misure e titoli – alle regole del linguaggio verbale, si può limitare il discorso a un ambito circoscritto, per esempio prendendo in attenzione il dolore. Esso rappresenta la condizione umana raccontata anche dalla leggenda del peccato originale. Da una condizione di perfezione, il morso della mela ci ha fatto precipitare in quella di imperfezione. Il dolore e la malattia ben rappresentano quindi un elemento insopprimibile della condizione umana. La conoscenza analitica a questo proposito si è adoperata per sopprimerlo. Un gesto legittimo a causa della sua concezione dell’uomo, come già detto, esaurita nella sola dimensione storica. Attraverso altre modalità di conoscenza, il dolore non è prioritariamente da sopprimere. Piuttosto è una informazione. Non solo di dove lo sentiamo, ma di dove possiamo cercare aspetti di noi stessi che non conosciamo e che l’hanno creato. Esso indica la via. Che resta segreta finché non ci si mette in discussione l’intera struttura entro la quale – senza neppure vederla – ci muoviamo.
Alambicchi di noi stessi
È solo per la scienza meccanicista che una malattia può colpire chiunque. Mentre è proprio della scienza alchemica riconoscere che ogni nostra condizione è dovuta a noi stessi. La prima pone rimedio attraverso azioni sopprimenti il sintomo ed esogene. La seconda non ha prioritaria ragione di sopprimere il dolore e le sue indicazioni sono di carattere endogeno, affinché ognuno possa trasformare il suo sé, da galenico ad aureo. Riconoscendo il dolore/malattia come forme, espressioni di personali zone oscure a noi stessi, avviamo un processo di rallentamento o riduzione della malattia stessa, a seconda dello stadio e della determinazione del nostro intervento. Malattia e dolore tendono quindi ad essere eluse in funzione della nostra purezza o santità. È una osservazione che ognuno può compiere nel corso della sua personale ricerca.
È qui opportuno ricordare che le nostre esplorazioni speleo-umane non giovano solo a noi stessi. Tanto più queste sono ripulite dalla vanità, tanto più coinvolgono le persone dei nostri ambiti di vita privata e sociale e si riflettono nella dimensione cosmica. Che, a differenza di quanto ci dice l’astronomia, non è uno spazio parzialmente occupato da materia e disponibile a misurazioni, ma piuttosto un ambito a sua volta, una mente intesa come campo di forze. Sentirle e seguirle permette di avvicinarsi all’armonia con se stessi e il mondo. Tornare all’origine. Nella salute e nella bellezza. Per una percentuale crescente e sotto controllo.
Lorenzo Merlo
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