9 luglio 2007 
E venne il turno di Walter “Nutella” Veltroni. Ha intenzioni serie, il pacioso messia dell’oligarchia di centrosinistra: vuole spalmarcela là dove non batte il sole, come si fa con la vasella. Le nomenclature bianche e rosse di Margherita e Ds hanno scelto bene, non c’è dubbio: col suo frullato di Kennedy, Tienanmen, bambinelli africani (ah, la sua Africa piena di pozzi e ospedali da inaugurare!), Papa Woityla e don Milani, colline toscane e cartoline anni ’50, più una spruzzata del povero Berlinguer e di cinema hollywoodiano, il Walter è l’incarnazione perfetta del nascente Partito Democratico. Uno spot pubblicitario che nasconde la solita fregatura. Per noi, il Pd resterà più o meno equivalente alla targa di Padova (da cui partirà per il suo tour il sindaco di Roma). Non ci interessa da quanto fa politica, il Veltro di sinistra. Berlusconi fa girare questo ritornello a vuoto, lui, il craxiano d'oro che con il nuovismo fasullo ci fracassa i timpani (e qualcos’altro) da 13 anni. A noi importa far sapere solo questo: che questo partito unico di detriti post-democristiani e post-comunisti, senza idee e senza programmi, che per avere uno straccio d’identità aspetta l’ecumenico salvatore romano, è l’ennesima operazione di potere. I suoi sostenitori, convinti di vedere in Veltroni e nel Pd “un nuovo modo di fare politica”, sono buoi che vanno al macello. Come tutti gli autolesionisti che sperano ancora nel rivolgimento dall’interno del meccanismo marcio della rappresentanza. Veltroni, alla stregua di tutti i nostri “rappresentanti”, ne è solo un servo (consapevole o no, non fa poi molta differenza). I due "oni", come li ha chiamati Gramellini della Stampa, si rafforzano a vicenda, perchè la rincorsa dell'uno dà slancio all'altro. Attenti: non stiamo dicendo “sono tutti uguali”. Non siamo facili qualunquisti. Noi diciamo di più e di peggio: è il diabolico marchingegno del voto espropriato dai partiti a renderceli tutti irricevibili e ugualmente colpevoli. Non basta buttarli a mare. E’ la nave su cui viaggiano che va affondata. Alessio Mannino
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