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Una cricca meno potente di quanto si creda PDF Stampa E-mail

16 Giugno 2022

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 Da Comedonchisciotte dell’1-6-2022 (N.d.d.)

Il Forum Economico Mondiale di Davos quest’anno si è concluso il 26 maggio, dopo cinque giorni di finti dibattiti sull’economia e altisonanti panegirici per il Nuovo Ordine Mondiale. Complici i riflettori messigli addosso dalla sempre crescente consapevolezza delle masse dovuta ai plateali abusi dell’Operazione Covid, il Forum ha leggermente mutato la sua fisionomia: perso l’aplomb di affettata segretezza, Davos oggi è una passerella del potere degli squali del Club di Roma, che fanno sfoggio di una capacità decisionale e previsionale maggiore di quella di cui dispongono in effetti. E – triste paradosso di questi anni bui – i primi a crederci sono proprio i circuiti dell’informazione indipendente, che molto spesso con il loro sensazionalismo acchiappa-clic e disfattismo prêt-à-porter riescono a fare da megafono ai padroni del discorso molto meglio dei mainstream media. Sono infatti circolati in lungo e in largo, senza che venisse approfondito alcun aspetto delle effettive discussioni, due spezzoni di video: il primo un posticcio che mostra Albert Bourla affermare che il piano della compagnia di cui è amministratore delegato, Pfizer, è di ridurre del 50% la popolazione mondiale, subito smentito dai pochi che sono andati a guardarsi l’originale conversazione con Klaus Schwab, fondatore e patron del Forum; il secondo uno spezzone del discorso di apertura dello stesso Schwab in cui afferma che loro sono i padroni del futuro, subito rilanciato ovunque da alcuni canali indipendenti come un’ammissione del fatto che ci siano loro dietro a tutto, che controllino e pianifichino ogni singolo evento storico.

Esiste, stando alla narrazione indipendente dei suddetti canali, una élite che comanda il mondo, e questa si riunisce a Davos per gestire e aggiornare i propri piani. Questa narrazione è pericolosa, perché coincide esattamente con ciò che le famiglie che si incontrano nel Club di Roma e nel Comitato dei Trecento vogliono farci credere; e se non si scardina questa narrazione non solo non si può contrastare la politica sostenuta dal Forum Economico Mondiale, ma non se ne possono capire neanche le stesse azioni e discussioni. Diversamente da ciò che i padroni di Schwab vogliono farci credere, non esiste una élite che comanda il mondo: esiste una gruppo di criminali legati da filiazioni familiari, storiche ed economiche che cerca di tessere la trama della storia nel mondo occidentale, e che ha iniziato a farlo sin dal rovesciamento delle monarchie aristocratiche, a cavallo tra il XVIII e XIX secolo, creando gli stati nazionali e le cosiddette democrazie liberali con gli strumenti utilizzati poi per controllarli da dietro, cioè massoneria e lobbismo. Non si tratta quindi di un’élite, perché nessun popolo ha mai riconosciuto a queste famiglie uno status di “migliori, scelti”, né per censo né per valore umano o militare, si tratta bensì di una cricca, un’organizzazione criminale sovrastatale. Non è vero che costoro controllano il mondo, in quanto esistono poteri statali non occidentalizzati – Russia, Cina, paesi arabi e alcuni sudamericani – che sebbene inevitabilmente collusi con loro, tuttavia non hanno alcuna intenzione di permettere l’instaurazione del governo globale del capitale, il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale. Ed esiste un altro fattore che terrorizza costoro, di cui non hanno mai il pieno controllo, e sono i miliardi di esseri umani che popolano questa terra: da qui l’ossessione per il depopolamento.

Stando queste premesse, il lettore capirà perché questo nuovo appuntamento con il Forum Economico Mondiale non è stato tutto rose e fiori, e quest’anno la kermesse globalista è stata più chiara che mai nell’attribuire ai propri think tank la pianificazione della pandemia e la campagna vaccinale. Innanzitutto è parso visibilmente l’affanno degli ospiti d’onore in rappresentanza della Scienzah: insieme a Bourla anche il CEO di Moderna, Stéphane Bancel, che ha magnificato la campagna vaccinale e biasimato i governi che lo hanno costretto a “buttare 30 milioni di dosi nella spazzatura perché nessuno le vuole” perché nel mondo “ci sono un sacco di persone che non vogliono i vaccini”; così anche l’ad di Pfizer ha dovuto difendersi da tutte le illazioni dei suoi nemici anti-vaccinisti. Un altro punto di forza del Nuovo Ordine Mondiale è la rivoluzione tecnologica: “Gli esseri umani verranno sostituiti dalle macchine. L’avvento dell’intelligenza artificiale rende l’essere umano economicamente inutile e politicamente impotente” ha detto pochi giorni fa uno dei pupilli di Schwab, Yuval Noah Harari, e al Forum Pekka Lundmark, ad di Nokia, ha spiegato come nel 2030 gli smartphone saranno obsoleti, perché la tecnologia sarà impiantata direttamente nel corpo umano, e gli hanno fatto eco altri interventi – come quello di Peggy Johnson, ad di Magic Leap, sulla perfetta fusione in un futuro imminente di mondo fisico e digitale – non meno altisonanti quanto in verità praticabili più nella fantasia che nella realtà, considerata la bassa tolleranza del corpo umano all’immissione di nanomateriali metallici che i molteplici effetti avversi della campagna vaccinale stanno dimostrando. Ma Bourla non si è scomposto, pubblicizzando anche le pillole tech, di prossima produzione della sua compagnia, capaci di inviare un segnale alle “autorità competenti” una volta che il principio attivo è stato digerito: una manna per la salute.

Ma il fiore all’occhiello di questo appuntamento con il Forum è stata la parte economica e geopolitica. In apertura della kermesse, un video mostra agli astanti come il mondo si stia riversando sempre più nel caos, tra sconvolgimenti politici e sociali dovuti alla crisi economica sempre più stringente – causata proprio dalle politiche promosse a Davos. In primo piano la crisi alimentare e della catena di approvvigionamenti delle grandi industrie: la cricca globalista ha implicitamente ammesso con interventi e contributi video che nella loro visione l’operazione Covid prima, e la guerra d’Ucraina poi, sono entrambe tappe che hanno proprio questo scopo. Infatti la crisi alimentare è il presupposto necessario per l’instaurazione del caos globale, condizione essenziale della distruzione del vecchio ordine mondiale fondato sull’economia fossile e il mercato globale. “De-globalizzazione”, “insicurezza alimentare”, “ristrutturazione delle catene di approvvigionamento delle grandi multinazionali” sono le previsioni degli economisti – in realtà ideologi – del Forum, che presentate come ipotesi oggettive e conseguenze dei loro piani, sono in realtà gli obiettivi a brevissimo termine posti nella fretta di contrastare l’avanzamento dell’asse russo-cinese. Qui si è dovuta mettere una piccola toppa dopo il battibecco tra George Soros, vecchio squalo dei Rothschild e oltranzista antirusso, e il navigato Henry Kissinger, unico tra gli ospiti a uscire dalle maglie della propaganda NATO e ricordare a tutti che l’unica soluzione sensata al conflitto russo-americano in Ucraina è la rinuncia di quest’ultima ad alcuni territori, e il ritorno a un modello di accordi tipo Minsk 2. Lo stesso Soros, poi, a inizio anno ha speso durissime parole nei confronti di Xi Jinping, definendolo un pericolo per la “società aperta”, eppure al Forum del 2021 era stato proprio il dittatore cinese a fare il discorso di apertura. Cosa si è rotto tra i Rothschild e la leadership cinese? A testimonianza dell’avvedutezza delle autoproclamatesi élite, il cancelliere tedesco Scholz ha fatto un discorso proprio sul multipolarismo, e sulle nuove opportunità che da esso scaturiscono.

Dunque, gli specialisti del caos stanno fabbricando una crisi alimentare su scala globale, e lo ammettono candidamente, sicuri dell’impunità; ma non è tutto: Davos 2022 ha mostrato anche in anteprima quello che sarà l’esito delle politiche draconiane sdoganate dalla crisi sanitaria da loro creata. Ad essere utilizzata sarà la propaganda del cambiamento climatico, citata da John Kerry nel suo intervento nel quale ha anche ammesso candidamente l’esistenza di tecniche di manipolazione climatica. Ma qui si va oltre: il colosso cinese Alibaba ha dichiarato di star lavorando a un’app capace di tracciare l’“impronta di carbonio” di ciascun singolo utente. È il primo passo verso il green pass climatico: fingendo un mondo sempre più sull’orlo della distruzione a causa dell’eccesso di anidride carbonica emessa dai combustibili fossili, con la complicità degli stati costoro assegneranno a ciascun individuo una quantità massima di CO2 emettibile, oltre la quale sarà passibile di perdita dei diritti. Proprio questi ultimi sono stati oggetto di un dibattito fondamentale in quel di Davos: gli squaletti vogliono che sia sancito una volta per tutte il fatto che non esistono diritti naturali e inviolabili, ma la cittadinanza è “a punti”, va meritata ed è messa costantemente in discussione da un sistema di controllo e assegnazione, appunto, di punteggio. Come da vecchia strategia Rothschild, la cricca ha scoperto tutte le sue carte fino al 2030, e se questo è senza dubbio un segnale di certezza dell’impunità, mostra anche chiaramente come il diktat che i padroni globalisti hanno dato ai maggiordomi di Davos e di tutte le loro ramificazioni nei governi occidentali è chiaro: massima rapidità di esecuzione, anche se questo deve costare l’uscire allo scoperto. Perché ogni attimo trascorso è un passo in più verso la consapevolezza popolare sulla rete criminale globalista, e spingere la Russia via dall’Europa e tra le braccia della Cina, partner inaffidabile della cricca, non è più una strategia appetibile come si poteva credere. Anche la campagna vaccinale, che aveva lo scopo di distruggere il sistema immunitario innato per abbattere o rendere dipendente a vita dai farmaci i tre quarti della popolazione mondiale, è fallita proprio nei paesi cui era principalmente diretta: USA, Canada, Australia e gran parte dell’Europa. L’instaurazione del transumanesimo, del capitalismo della sorveglianza e del governo mondiale del capitale incontra sempre più ostacoli, e quella di Davos per molti versi più che una passerella è sembrata un precipizio.

Marco Di Mauro

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