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La battaglia dell'Atlantico PDF Stampa E-mail

23 Aprile 2023

 Da Rassegna di Arianna del 19-4-2023 (N.d.d.)

Il centro gravitazionale della competizione tra grandi potenze si sta allargando dall’Asia-Pacifico all’Emisfero occidentale, ovvero le Americhe, dove l’asse Mosca-Pechino sembra intenzionato a sfidare l’egemonia di Washington. Primakov e Wang contro Monroe. Nella consapevolezza del fatto che la sostenibilità dell’egemonia globale degli Stati Uniti sia legata all’esistenza della dottrina Monroe, e in risposta all’aggravamento della competizione tra grandi potenze in Eurasia, Russia e Repubblica popolare cinese hanno deciso di avviare uno scontro a lungo in fermento: la battaglia dell’Atlantico. La fine della fase della stabilità strategica e della competizione concordata. L’inizio di un ciclo di imprevedibilità avvolgente periferie e linee rosse. La Battaglia dell’Atlantico, per la demolizione della dottrina Monroe e per il superamento del sistema internazionale occidentalocentrico, cioè per la costruzione di un ordine post-americano. È questo il contesto in cui va letto e inquadrato il grand tour latinoamericano di Sergej Lavrov.

Il grand tour latinoamericano di Lavrov, l’architetto della politica estera di Vladimir Putin dal lontano 2004, è iniziato a Brasilia, la capitale della prima potenza del subcontinente, e non avrebbe potuto essere altrimenti. La Russia vuole massimizzare il profitto derivante dal ritorno al potere di un vecchio amico, Luiz Inácio Lula da Silva, al quale deve la nascita del formato BRICS, il fallimento dell’ALCA e, più di recente, lo schieramento velatamente filorusso di gran parte dell’Iberoamerica nella guerra in Ucraina. Accolto col tappeto rosso, letteralmente, Lavrov è stato inviato in Brasile per conferire con l’omologo Mauro Vieira e per incontrare Lula in persona, di ritorno da un viaggio che l’ha portato fra Pechino e Abu Dhabi. Posti centrali nell’agenda verdeoro di Lavrov saranno occupati da guerra in Ucraina, dedollarizzazione negli scambi paese-paese e internazionali, potenziamento dei BRICS, ma i tre hanno in programma di discutere anche di “commercio e investimenti, scienza e tecnologia, ambiente, energia, difesa, cultura ed educazione”. Lavrov è in Brasile perché Lula è un tenace sostenitore della dedollarizzazione, nonché un appartenente alla scuola del sempreverde bolivarismo, ma dietro la puntata verdeoro potrebbe esserci dell’altro. Secondo fonti di InsideOver, sentite alla vigilia del grand tour, la Russia sta cercando di spianare la strada al ritorno del Venezuela nel club latinoamericano e confida nel supporto del Brasile. La fine dell’isolamento diplomatico del regime chavista, destabilizzato dall’amministrazione Trump con l’aiuto variegato della presidenza Bolsonaro, assesterebbe un duro colpo alla strategia della massima pressione degli Stati Uniti nei confronti della cosiddetta “Troika della tirannia”, ovvero il triangolo Caracas-L’Avana-Managua, risultando l’equivalente latinoamericano della normalizzazione tra Siria e Lega Araba. Lula e Nicolas Maduro avrebbero dovuto incontrarsi lo scorso gennaio a Buenos Aires, ai margini dell’ultimo vertice della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, ma le pressioni della presidenza Biden e il peso del tentato putsch bolsonarista al Palácio do Planalto spinsero il presidente brasiliano a fare un passo indietro. Oggi, però, sicuro del sostegno del duo Putin-Xi e indebolito il partito bolsonarista nelle istituzioni, Lula potrebbe essere pronto a benedire il ritorno della Venezuela nella famiglia latinoamericana nel nome dell’integrazione sudamericana.

Il grand tour latinoamericano di Lavrov, il primo dal 2020, avrà altre mete dopo il Brasile, cioè Venezuela, Nicaragua e Cuba, e terminerà il 21 aprile. Venezuela, Nicaragua e Cuba, tre paesi che per gli Stati Uniti rappresentano la Troika della tirannia e che per la Russia sono, invece, il Triangolo della resistenza. I destini della Battaglia dell’Atlantico passano da qui. I tre paesi hanno supportato la narrazione russa degli eventi bellici in Ucraina, insieme al resto del subcontinente hanno rifiutato ogni prospettiva sanzionatoria nei confronti della Russia, e costituiscono il nocciolo duro dell’antiamericanismo della regione. Questo è il ventre molle dell’America nelle Americhe. È all’interno di questo triangolo che si trovano gli assetti paramilitari e di intelligence schierati da Mosca nel subcontinente, dai consiglieri del Gruppo Wagner in Venezuela alla base sigint in Nicaragua, ed è qui che le probabilità di uno o più remake della crisi missilistica cubana sono più elevate che altrove. Qui i porti sono già aperti all’attracco di navi militari russe, la cooperazione militare e securitaria è già estesa – la Russia è la principale rifornitrice di armi di Nicaragua e Venezuela – e circolano voci sull’inaugurazione di basi militari russe dai primi anni 2010.

Se la fermata verdeoro è stata programmata allo scopo di capitalizzare le aspirazioni egemoniche di Lula, il tour nel ventre molle dell’America nelle Americhe serve a ribadire un supporto che, fino alla pandemia di COVID19, sembrava essere in procinto di scemare. Un do nell’attesa che arrivi il momento del des. I tre paesi abbisognano di ossigeno, sotto forma di investimenti, cooperazione allo sviluppo e aiuti umanitari, che Mosca ha ed è disposta a dare. I tre paesi abbondano di risorse naturali, dagli idrocarburi ai metalli preziosi, ma non hanno i mezzi per estrarle e le sanzioni occidentali gli impedirebbero di venderle; la Russia ha dei giganti minerari ed energetici che potrebbero sia scavare sia agire da acquirenti e/o da intermediari. I governi dei tre paesi temono insurrezioni sobillate dall’esterno, la Russia ha gli strumenti per sopprimerle.

Lavrov è in Latinoamerica per catalizzare il processo di dedollarizzazione, propedeutico al rafforzamento del rublo e alla sponsorizzazione di MIR e famiglia, e per stuzzicare le fantasie di rivolta all’egemonia americana che imperversano da Città del Messico a Buenos Aires. Perciò i tentativi di solleticare l’irredentismo messicano, cioè la questione delle terre cedute agli Stati Uniti fra il 1845 e il 1848, che sanno di provocazione dal sapore guglielmino – il telegramma Zimmermann. E perciò la pubblicazione di un lungo articolo sulle relazioni Russia-Latinoamerica, scritto da Lavrov in persona, alla vigilia del primo grand tour della diplomazia russa dalla formulazione del nuovo Concetto di politica estera. L’aspettativa del Cremlino è di accendere un interesse collettivo nella Russia, presentata agli occhi dei politici e delle masse come una forza liberatrice, in maniera tale da avere un ricco mazzo di carte da giocare contro l’America nelle Americhe. Nell’attesa dello showdown.

Emanuel Pietrobon

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