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16 Ottobre 2024

 Da Rassegna di Arianna dell’11-10-2024 (N.d.d.)

Mi chiedo a volte se sia giusto prendere posizioni così nette, come spesso mi capita di fare, sulle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente. In fondo, le ragioni e i torti, nelle vicende umane, non si dividono mai con l’accetta. Inoltre, quando un conflitto si strascina per molto tempo, i contendenti tendono sempre più a rassomigliarsi. Al riguardo non dobbiamo farci molte illusioni:  chi ha ragione può commettere, durante una guerra, brutalità simili o anche peggiori a quelle di chi ha torto. E allora, se le cose stanno così, non sarebbe preferibile assumere un atteggiamento più defilato, simile a quello, per esempio, della sinistra pacifista, che non sta né con Putin né con Zelensky, né con Israele né con Hamas?

Mi sono posto più volte una tale domanda e sono giunto alla conclusione che questa posizione salomonica, che in passato è stata anche la mia, serva a salvarsi la coscienza ma  sia politicamente sbagliata. Talvolta finisce persino  col portar acqua al mulino del bellicismo. Purtroppo il momento storico in cui ci è capitato di vivere obbliga tutti a prendere posizione. Non si tratta - su questo voglio essere chiaro - di scegliere i buoni contro i cattivi. I buoni  non esistono: Putin non è un agnellino; la Russia, la Cina e l’Iran non sono un paradiso in terra né modelli a cui ispirarsi, ma dei regimi colmi di difetti. La questione però è un’altra.

L’Occidente sta vivendo una crisi drammatica. Le sue classi dirigenti sono in preda a un delirio nichilistico che le porta ad assumere una postura aggressiva verso tutto e tutti. Stati, religioni, ideologie, comunità, famiglie  vengono ridotti ad involucri senza sostanza. Anche la democrazia politica è ormai diventata un puro nome. L’oligarchia dominante instaura una nuova forma di dispotismo che, diversamente dalle dittature novecentesche, non si rivolge alle grandi masse, ma agli individui isolati. Laddove il vecchio totalitarismo puntava a un’unità artificiale attorno al leader carismatico, il nuovo totalitarismo mira alla parcellizzazione estrema del corpo sociale. Incapace di costruire esso sa solo distruggere e censurare. La cancel culture è ciò che meglio lo rappresenta. Questi gruppi dirigenti sono numericamente esigui (a livello globale si tratta al massimo un milione di persone) ma dispongono di risorse economiche  illimitate. Sono radicati soprattutto nei paesi anglosassoni, ma hanno importanti ramificazioni in ogni angolo del mondo. Non sono in grado di fornire alcuna risposta credibile ai problemi del nostro tempo, ma,  pur di conservare il potere, sono pronti ad aprire in continuazione nuovi fronti di guerra.

Sarebbe stato auspicabile che dal seno stesso dell’Occidente fossero sorte  delle forze capaci di opporsi con efficacia a questa perversa oligarchia, ma purtroppo non è avvenuto. La sorte ha fatto sì che a svolgere questa funzione siano stati la Russia, la Cina e l’Iran. Per ragioni che risalgono alla loro storia, i popoli di questi paesi, diversamente dagli europei e dagli americani, non sembrano disposti a farsi cancellare.  La sconfitta della Russia, della Cina e dell’Iran significherebbe una vittoria per l’oligarchia. Forse quella definitiva. Il mondo verrebbe finalmente unificato azzerando tutte le identità culturali e rendendo gli uomini degli atomi isolati in competizione coi loro simili. Una sconfitta dell’Occidente aprirebbe la strada ad un mondo multipolare pieno di problemi e ingiustizie, ma dove si danno ancora dei margini di manovra per il cambiamento.

Può non piacere, ma le cose stanno così. Bisogna decidere da che parte stare. Per quanto mi riguarda, io ho fatto la mia scelta.

Silvio Dalla Torre

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