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Garlasco Horror Show PDF Stampa E-mail

30 agosto 2007

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Garlasco, si ripete il clichè inaugurato con il delitto di Cogne: l’omicidio di una ragazza di “buona famiglia” stuzzica l’interesse morboso del Paese. Attori delle scena, volenti e nolenti, sono: il fedele innamorato della vittima, i vicini esterrefatti (e le rituali dichiarazioni a caldo) e le due cugine amorose e zelanti. Queste ultime così zelanti da produrre una foto fasulla e posticcia, che ritrae le due cugine in compagnia della vittima; fu un «gesto di amore», come sostengono loro. In qualche giorno lo spettacolo è pronto. L’attenzione si sposta dalla notizia in sé ai personaggi in cerca di autore del teatrino di una piccola cittadina del pavese.
La morte, che in antichità era vissuta con equilibrato rispetto, ora è motivo di spettacolo e gaudio. E’ ormai vero che da qualche tempo si usa applaudire di fronte al feretro di un defunto, a dispetto di un riservato silenzio e privato dolore, primo sottile segno della spettacolarizzazione della fine. La dipartita di qualcuno, meglio se in maniera tragica e truculenta, è un momento in cui mettersi in mostra, e tanto fanno le ormai note Gemelle K, scheletriche prefiche della vittima in questione, per trasformarsi in nuovo anoressico prodotto mediatico da spolpare e digerire nel minor tempo possibile. Per qualche giorno, grazie alla loro marachella fotografica, ottengono ciò che avidamente cercano: i riflettori dei media. Sono in prima fila ovunque, a dispetto della figura stressata e slavata del protagonista, probabilmente meno felice, della scena: il ragazzo della defunta (attualmente, per onor di cronaca, non ancora scagionato dai sospetti di omicidio). Ma ad affacciarsi a questo “horror show” di paese non può mancare l’irriverente “giornalista” - come lui stesso ora ama definirsi -  Fabrizio Corona, che, appena giunto nella piccola Garlasco, battezza le Gemelle K come sue pari. Il morto è sotto terra e sopra di esso si muove un circo di sciacalli e spettri, in cerca di un catodico afflato vitale. Non ha più importanza sapere chi sia l’assassino, come in un vecchio giallo della Christie: quasi tutte le esigenze dello show biz sono state soddisfatte, dallo sgomento iniziale allo stupore fino a un pò di sano cabaret. Certe notizie, ormai prodotti da consumo, scadono a breve termine e questa già comincia puzzare un pochino. Pochi ricordano i particolari dei precedenti mediatici assimilabili, come Cogne, Erba o peggio l’omicidio del piccolo  Tommy. Questa tipologia di notizie non ha più funzione di stimolare una atto critico, ma sono solo accadimenti che passano e vanno ricacciati nel dimenticatoio prima possibile, senza colpo ferire.
Le mutazioni dei costumi sociali in atto sottolineano come, in una vicenda del genere, passi in secondo piano l'omicidio in sé, per fare posto a personaggi pronti tutto pur di rubare qualche secondo di telecamera. Neanche la popolare indignazione, nei confronti di atteggiamenti “amorali”, ha più una funzione catartica. Si è instaurato una sorta di successo a consumo, per la quale ogni colpo basso è ammesso e qualsiasi nefandezza potrebbe aprire le porte e creare opportunità danarose. In un sistema sociale in cui il lavoro può assicurare solo stenti e difficoltà, tutto diventa lecito, perché in fondo siamo tutti decisamente disperati e qualcuno ha ben compreso come trarne guadagno.

Antonello Molella

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