29 dicembre 2007 Stati canaglia non si nasce, si diventa. Come si diventa stati canaglia? Beh, assolutamente fondamentale, una proficua amicizia con lo zio Sam finita male: ne abbiamo conosciuti molti, a varie latitudini, piccoli tiranni di varia etnia e religione, in Africa, Asia, America Latina. Come non ricordare, banalmente, casi eclatanti di storie d’amore finite tragicamente, come quella tra i nostri cari USA e Saddam Hussein, sostenuto durante la guerra Iran-Irak? Ma il tempo passa, inesorabilmente: nascono nuove amicizie, che poi iniziano a scricchiolare. Come ad esempio quella con il Pakistan. Mentre altre sono impunemente improponibili, eppure solide, come quella con l’Arabia Saudita. L’amicizia Pakistan-Usa Un’amicizia consolidata da anni, ripagata da abbondanti donazioni pecuniarie. Malgrado il fatto che, per anni, si siano succedute sostanzialmente dittature militari. Malgrado il fatto che forze integraliste controllino ampie zone del paese. Malgrado il fatto che Bin Laden (chi scrive sostiene sia un’ologramma) risieda stabilmente entro i suoi confini, presumibilmente protetto e sovvenzionato dal regime pakistano e, quindi, per proprietà transitiva, dagli Usa. Malgrado il fatto che vi siano, al suo interno, palestre di islamismo e che questo paese sia un’autentica fucina di talenti kamikaze esportati in Europa. Malgrado il fatto che anche il Pakistan possa vantare il suo bel genocidio, quello ai danni del Bangladesh, perpetrato nel 1971 con il beneplacito dell'allora segretario di Stato americano Henry Kissinger (toh, guarda un po’), una pulizia etnica che costò la vita a 3 milioni di persone. Malgrado il fatto che sia considerato una patria del narco-terrorismo globale. Malgrado il fatto che sia un paese dove si applica la sharia in maniera integrale (a Karachi, ad esempio, ogni giorno vengono uccisi bimbi nati da relazioni illegittime). Malgrado il fatto che un paese che raggruppa una serie cosi’ impressionante di caratteristiche “sinistre”, ovviamente nell’ottica Euro/Usa-centrica, abbia armamenti nucleari. Malgrado il fatto, infine, che il suo diretto confinante, il gigante India, con il quale è impegnato da anni in una guerra di confine, sia dotato di altrettanti armamenti nucleari. Ora, quanto sopra descritto non ha costituito problema: il Pakistan resta o restava fino a poco tempo fa amico e alleato. Ma recentemente l’idillio si è spezzato. Gli Usa sembrano non aver gradito l’accordo di pace firmato tra il governo pakistano e i talebani del Waziristan , datato settembre 2006. Da allora, in una ripetizione rituale, gli Usa hanno cominciato a guardarsi altrove, con conseguente stigmatizzazione amplificata a dovere nei confronti delle azioni “anticostituzionali” di Musharraf. Perciò si è deciso di giocare la “carta” Benhazir Butto, una fedele servitrice degli interessi Usa nell’area, piu’ affidabile dello sfuggente Musharraf. Risultato: una martire in piu’ e un nuovo stato canaglia “in pectore”. Incredibilmente, si riflette,oggi, sui quotidiani sempre sul pezzo (post mortem) sul fatto che, magari, le armi nucleari vere pakistane facciano piu’ paura di quelle chimiche, inventate, di Saddam Hussein, o della” liquirizia arricchita “dell’iraniano Ahmadinejad. L’amicizia Arabia Saudita-Usa Sul fedele alleato Arabia Saudita bastano pochi, impietosi “tratti caratteristici”. Non esistono partiti politici e sindacati. La legislazione è legata alla Sharia in maniera pressochè integrale. In Arabia Saudita si condanna a decapitazione, amputazione, lapidazione, addirittura crocifissione. Nessuna libertà religiosa o libertà di stampa. Limitazioni fortissime all’uso di internet, divieto di manifestazioni pubbliche. La condizione femminile è rigidissima, molto di più che in qualsiasi altro paese dell’area. In Arabia Saudita, di fatto, lo schiavismo è ancora vigente: gli schiavi provengono dalle Filippine, dall’Indonesia, dallo Sri Lanka, dall’Etiopia, dall’Eritrea, dalla Somalia. Fucina di terroristi, culla dell'integralismo - basta guardare la cittadinanza dei terroristi (ologramma permettendo) del famigerato 9/11. Preso atto di quanto sopra esposto, restiamo in attesa di un disegno di export dittatoriale standard, se non proprio democratico... Mauro Maggiora
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