17 febbraio 2008 Il boicottaggio lanciato contro la Fiera del Libro di Torino, che ha scelto lo Stato di Israele come ospite, ha riproposto per l’ennesima volta una delle più insopportabili menzogne che da decenni circolano nella cultura mondiale, quella dell’identità tra antisemitismo e rifiuto della politica israeliana. Definiamo prima di tutto, tanto per capirci, alcuni elementari concetti di base. 1) L’antisemitismo è (sarebbe) una forma di razzismo. 2) Razzismo significa identificare una "razza" (tralascio ogni argomentazione sull’inconsistenza anche scientifica del concetto di "razza", che da decenni è ormai un fatto acquisito e su cui non vale la pena di tornare) esclusivamente in base a certe caratteristiche fisico-somatiche, e rifiutarla in quanto tale. 3) Ma se proprio io volessi essere così stupido da assumere un atteggiamento razzista, potrei rifiutare i neri (perché li riconosco dal colore della pelle) e gli orientali (perché hanno gli occhi a mandorla), ma non potrei mai essere antisemita. Per la semplice ragione che non esistono assolutamente caratteri visibili in base ai quali identificare un ebreo. Che, tra l'altro, non va confuso con l'israeliano: quest'ultimo è un cittadino di uno Stato che si chiama Israele, ebreo è una persona che professa la religione ebraica. Semplice, banale.. Perché, allora, tanta voluta confusione, quando i termini del problema sono così "elementari"? Perché la confusione è un ingrediente tipico della disinformazione messa a punto dal sionismo internazionale per alzare una cortina fumogena che impedisca di vedere e denunciare i crimini di Israele, a partire dal suo stesso atto di nascita – consistente nell’espropriazione di una patria ad un popolo, quello palestinese, che l’abitava da duemila anni – sino all’attuale e permanente etnocidio, quando non genocidio, del suddetto popolo. Si veda, a questo proposito l’intervista rilasciata pochi giorni fa a Parigi da Moshe Kantor, Presidente del Congresso Ebraico Europeo (riportata dal Corriere della Sera). Kantor allinea alcuni dati sotto gli occhi di tutti. Per esempio, la cosiddetta Black List, quell’elenco di professori di origine ebraica comparso giorni fa su un blog di incerta provenienza (e, guarda caso, un analista israeliano ne avrebbe trovato l’origine in Iran: due piccioni con una fava!). Ché, se le armi di questa fantomatica cospirazione antisemita internazionale fossero tutte qui, gli ebrei avrebbero di che ridere, non di che preoccuparsi. Poi ci aggiunge, appunto, il boicottaggio; e infine la riforma della preghiera tridentina voluta dal Papa (un evento insignificante, di cui nessuno si sarebbe accorto se, appunto, molti intellettuali ebrei non avessero fatto di un topolino una montagna). Per giungere ad un’incredibile dichiarazione, che è un vero e proprio proclama terroristico: “In Italia esiste un vero e proprio asse del male”, per cui egli teme “una seconda Notte dei Cristalli”. Non ci sono parole per commentare una simile affermazione, che ha i toni ad un tempo della propaganda terroristica e dell’ennesima chiamata alle armi contro chiunque osi criticare, anche solo indirettamente, la politica israeliana. Che poi quel sionismo internazionale sia, esso sì, tutt’altro che un fantasma, lo conferma, se ce ne fosse bisogno, l’intervista (sempre sullo stesso Corriere) con Elan Steinberg, direttore del World Jewish Congress, organismo a cui fanno riferimento non solo gli intellettuali Usa di origine ebraica, ma anche e soprattutto quei potentati economici che hanno sempre sostenuto e finanziato la politica Usa nei confronti dello Stato di Israele, effettuando da decenni fortissime pressioni perché le innumerevoli risoluzioni ONU contro di esso venissero sempre trattate come carta straccia. Quanto esso sia potente, lo testimonia il tono inquietante e minaccioso delle parole di Steinberg: “Le azioni dei partiti italiani, del governo e della Chiesa Cattolica da oggi saranno sotto il microscopio. Se si continua su questa strada e gli incidenti aumenteranno, il raffreddore degli ebrei europei si trasformerà in febbre alta per gli ebrei della diaspora, e non possiamo escludere in futuro l’ipotesi di un boicottaggio nei confronti dell’Italia”. Cerchiamo dunque di evitare il meccanismo pavloviano e intellettualmente infame per cui ogni critica ad Israele si trasforma in antisemitismo. Proviamo a ragionare con la nostra testa e sui fatti. Si può essere (e si deve essere) anti-israeliani per ciò che quello Stato fa da sessant'anni al popolo palestinese, e questo non significa affatto essere antisemiti. Giuliano Corà
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