19 febbraio 2008 Kosovo indipendente: giusto o sbagliato? Qui sotto potete leggere due opinioni di militanti di Movimento Zero. Ad esse, per un libero confronto di idee, ci sentiamo di aggiungere quella nostra, molto semplice. In base alla riscoperta e alla valorizzazione delle identità locali (piccole patrie) - un augurio per il futuro ma anche un processo in atto per reazione alla pseudo-identità globalizzata i cui modi possono essere vari, non necessariamente violenti o comunque "illegali" - in forza dell'autodeterminazione dei popoli e del diritto di non riconoscersi più nel proprio Stato quando questo faccia strame del principio di sovranità, è sacrosanto difendere la possibilità per un gruppo etnico, culturale, linguistico e sociopolitico di ribellarsi. Ora, il caso kosovaro è figlio di interessi geopolitici di Nato, Usa e Unione Europea. La nuova enclave sorta dai roghi delle guerre balcaniche di fine Novecento è certamente una propaggine occidentale in funzione anti-serba e anti-russa. Un avamposto atlantico nel cuore dei Balcani. Ma non confondiamo i fantocci occidentali - e dentro ci siamo anche noi Italiani, che abbiamo nostre guarnigioni in loco - col diritto delle minoranze (basche, irlandesi, còrse, curde, etc) a far valere la propria identità. La stabilità, se monta la guardia a Stati nazionali servi della globalizzazione, è un disvalore da combattere. (a.m.) Uno Stato-fantoccio Ci siamo. Il governo-fantoccio di Pristina, capitale del peggior Stato-mafia in Europa (il Kosovo post-1999) ha dichiaratol’indipendenza. Ora si teme un effetto domino su vasta scala. Gli Americani, prudenti, avevano già provveduto a chiamare l’ambasciatore sloveno a Washington per dirgli, senza tanti complimenti, come doveva comportarsi il suo Paese durante il proprio semestre di presidenza europeo riguardo la concitata indipendenza kosovara. D’altronde, quello che volevano lo hanno già. In Kosovo, vicino Pristina, sorge quella che deve diventare, se non lo è già, la più grande base militare americana nel vecchio continente. Conficcata lì, nei Balcani, in posizione più che strategica. Altro che pulizia etnica serba ai danni dei kosovari albanesi. Il nervosismo del presidente russo Putin, e i suoi argomenti, sono più che comprensibili. Di certo si sa che la Russia farà di tutto per evitare l’indipendenza, e se questa effettivamente sarà, sarà al di fuori dell’Onu e del diritto internazionale. Gli europei, frattanto, cercano di comprare la sudditanza serba promettendo in cambio un posto nell’Ue. Le elezioni presidenziali in Serbia vengono vinte da Tadic, appoggiato e finanziato dall’Occidente, ma di un soffio, sul suo avversario ultranazionalista. E non può quindi che affermare che farà ogni sforzo per mantenere la sacrosanta integrità territoriale dello Stato serbo, e conservare il Kosovo, luogo della memoria fondativa del suo popolo. Ma possiamo star certi che, quando i serbi di Bosnia vorranno, a questo punto giustamente, staccarsi e far parte della Serbia, verranno addidati come facinorosi terroristi. Come lo sono i curdi in Turchia, d’altronde... E noi siamo anche con quegli indiani Sioux che, qualche tempo fa, hanno iniziato la loro campagna per la secessione dagli Stati Uniti d’America. E’ sempre esistito, piaccia o meno, un solo diritto internazionale: quello del più forte. Ciò che è francamente insopportabile, oggi, è l’ipocrisia di volerlo mascherare come il trionfo della Ragione e della Giustizia sull’oscurantismo. Antonio Gentilucci Effetto domino Il Kosovo è ufficialmente uno stato indipendente. Con un solenne atto unilaterale del suo parlamento e il sostegno dell'Occidente (in primis degli Usa), questa terra non sarà più provincia serba, ma uno stato sovrano. Un'indipendenza che per Belgrado e per i serbi superstiti di questa regione rappresenta un'offesa, prima ancora che uno strappo al diritto. E che per la gente albanese invece è una rivincita contro tutte le frustrazioni del passato, dopo gli otto anni di protettorato Onu seguito ai bombardamenti della Nato del 1999 e alla repressione anti-separatista operata dall'ex presidente serbo Milosevic. Sta di fatto che questa proclamazione unilaterale di indipendenza, oltre a violare il principio di integrità territoriale degli Stati, si basa sull'assurda pretesa che ogni nazionalità, ogni gruppo etnico ha il diritto di proclamarsi indipendente nei confronti dello stato nel quale fino a quel momento era inserito. L'errore madornale è proprio quello di confondere e di equiparare due principi e realtà assolutamente distinte e diverse tra loro, la Nazione e lo Stato. E' vero, in alcuni casi possono coincidere, come in Francia, o non essere sovrapponibili come in Svizzera. Ma dove sta scritto, quale principio del diritto internazionale stabilisce che cittadinanza e nazionalità debbano per forza coincidere? Un esempio su tutti: gli Stati Uniti d'America. Questo immenso stato federale rappresenta un variegato mosaico di culture, stirpi ed etnie diverse, che riescono tutto sommato a convivere senza attriti e in maniera pacifica. Un calderone enorme che comprende le minoranze più disparate. Sarebbe impossibile tracciare dei confini definiti e definitivi che separino un gruppo etnico da un altro. La cosa fondamentale per ogni Stato, non è quella di rendere indipendente dal punto di vista statuale e amministrativo ogni sua minoranza etnica, religiosa e culturale al suo interno, ma semplicemente di tutelarla, garantire la sua libertà di espressione e il suo sviluppo secondo regole e tradizioni proprie. Ecco perchè l'indipendenza del Kosovo rischia di avere un effetto domino in tutta Europa, per cui i vari movimenti separatisti e indipendentisti si sentirebbero a loro volta in diritto di staccarsi dagli stati di cui fanno parte. Vedi i baschi, l'Ossezia, Abkhazia, fiamminghi e/o valloni, irlandesi del nord, bretoni e via di seguito. Inoltre nei potenziali nuovi micro-stati, le minoranze, inevitabilmente esistenti al loro interno, sarebbero esposte a loro volta a pesanti oppressioni; per esempio in uno stato basco i numerosi spagnoli viventi nel suo territorio sarebbero assai meno tutelati di quanto lo siano oggi i baschi in Spagna. Se si inizia a scindere ogni comunità nelle sue componenti — etniche, religiose, di qualsiasi genere—non si finisce più. Perchè, come dice Claudio Magris: "La nazionalità è un valore caldo: lingua, consuetudini, canzoni, paesaggi, cibi. Lo Stato è un valore freddo: leggi, regole, sicurezza e assistenza sociale. Si amano i valori caldi, ci si commuove per una canzone natia, non per un articolo di un codice. Ma è quest’ultimo che permette a ognuno di cantare, commuovendosi, le sue canzoni" Dunque una tendenza preoccupante, quella inaugurata dal Kosovo, che rischia di diventare alla lunga al quanto pericolosa per la stabilità geopolitica dell'Europa. Marco Ghisolfi
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