La via africana al socialismo

6 Maggio 2022

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 " Vi è un' ora indefinita e vaga del mattino in cui ancora non è luce e le tenebre della notte non sono interamente dissipate  in cui contorni e colori iniziano a prender forma,che splende per la sua virginale bellezza..."

Con queste poetiche parole Giuseppe Montanelli,nel 1849,descrisse il periodo di preparazione spirituale e delle riforme avvenuto nei principali Stati italiani tra il 1846 e il 1847,nella temperie d' animi precedente alla prima guerra d' indipendenza. Anche il Continente Africano ebbe la sua ora vaga e indefinita del mattino brillante per virginale bellezza,una stagione di grandi speranze ed entusiasmi,di esperimenti e di vigore intellettuale e di pensiero che possiamo,grossomodo,collocare tra i primi anni Sessanta e la metà degli anni Settanta del XX secolo,l' epoca dell' emancipazione e della costruzione complessa ,non scevra di problemi e pericoli,delle nuove identità dei neo-indipendenti Stati africani dopo la fine della colonizzazione. Fu un lasso di tempo intenso in cui emersero grandi personaggi,grandi figure e si delinearono i concetti base del movimento pan-africano e della "via africana al socialismo",i cui esponenti principali vanno individuati nel senegalese Leopold Senghor,nel tanzaniano Julius Nyerere,nel keniota Jomo Kenyatta; più ai margini vi furono le personalità troppo radicali ed estremiste del ghanese Nkrumah e del guineano Ahmed Sekou Tourè,personaggi controversi per stile di governo ed autoritarismo,specialmente il guineano,la cui politica repressiva in patria fu largamente documentata e denunciata dai gruppi di opposizione.

Gettare uno sguardo e uno studio approfondito sulla via africana al socialismo non è puro esercizio retorico da storici,non è per nulla una cosa accademica priva di agganci con il presente: il socialismo africano visto a posteriori fu anzitutto un vero e proprio tentativo di costruire una identità sovrana dei nuovi Stati applicando la dottrina al contesto e alla tradizione locale,cercando di coniugare in armonia il pensiero occidentale contestualizzandolo nella realtà socio-politico-economico del Continente  senza sminuire l' identità delle popolazioni ,cercando al contempo benessere,stabilità e sviluppo .

La via africana al socialismo ebbe storie diverse a seconda degli ambienti e dei personaggi carismatici che provarono ad applicarla,tuttavia noi possiamo individuare in questo pensiero diversi elementi comuni-perché,a parte un "documento programmatico" del governo kenyota del 1975 e di alcuni discorsi di Nyerere quali la "Dichiarazione di Arusha" del 1967 mancano veri trattati politici,veri scritti,dei "classici del pensiero" detto per riassumere in cui possiamo attingere postulati ,aforismi,formule teoriche e critiche-e tali elementi sono i seguenti: 1) il pan-africanismo,da applicarsi con l' unità nella diversità per una comunità di intenti,di indipendenza e di sviluppo organico dell' Africa; 2) Il rifiuto del concetto marxiano  di "lotta di classe" e del materialismo storico,vale a dire i concetti di struttura e sovrastruttura che per il socialismo scientifico di Marx sono alla base della comunità umane in cui l' ordine sociale viene a mutare in base a fortissimi cambiamenti  tecnologici ed economici. La "via africana al socialismo" rigettò il concetto,ritenendolo del tutto alieno e non paragonabile alla strutturazione sociale delle varie realtà africane,basate principalmente su strutture claniche ,sulla cooperazione a livello rurale e di villaggio ,sulla mancanza di una esperienza latifondista e feudale: persino per vecchi Stati e società stratificate come quelle dei regni WaTutsi negli attuali Ruanda e Burundi,in cui un tempo l' etnia BaHutu occupava una posizione subalterna di agricoltori privi di potere politico non si può effettivamente parlare di "regime feudale",al massimo di aristocrazia detenente le leve della politica e delle alte cariche. 3) Comunitarismo e cooperativismo: i due elementi cardine delle popolazioni rurali africane,basati su famiglie claniche allargate ,sublimate nell' insediamento del villaggio e nell' assenza di  enormi ambienti urbani come l' Europa( l' urbanizzazione in Africa,tumultuosa e disordinata,è fenomeno dell' ultimo quarantennio). 4) Intervento dello Stato nell' economia per evitare l' accumulo eccessivo delle ricchezze o la formazione di squilibri sociali,rispettando però la piccola proprietà privata individuale,vista come diritto dell' individuo(si rimanda alla figura di Sankara nel precedente articolo).

Questo socialismo trovò una applicazione pratica ad esempio nella Tanzania di Nyerere dal 1964 al 1985 con la istituzione della "comunità allargata" o "Ujamaa" in lingua swahili,vere e proprie comunità agricole nelle campagne strutturate sul sistema cooperativo tra terreni gestiti in comune dagli abitanti ,con l' obiettivo di raggiungere l' autosufficienza produttiva e alimentare e sviluppare l' istruzione,fornita gratuitamente a tutti dallo Stato.La comunità doveva collaborare come una "famiglia estesa",in cui ciascuno aveva il suo ruolo ,in un ingranaggio armonico e ben definito,in cui giustizia sociale e assenza di discriminazione dovevano essere i due pilastri fondamentali assieme ad un partito unico a livello centrale,col ruolo di dirigere e coordinare tutta la vita statale. L' " Ujamaa" fu conclusa verso il 1980-85 fallita per cause endogene ed esogene,quali ad esempio gli shock petroliferi del 1973 e del 1979 e la caduta del prezzo sui mercati internazionali di alcune materie prime del settore primario,quali caffè e canapa,la mancanza di investimenti esteri e il breve ma violento conflitto tanzianiano-ugandese che si svolse da novembre del 1978 ad aprile 1979.

Altro esempio di via africana al socialismo ce la porge il poeta-politico senegalese Leopold Senghor,accademico di Francia ,presidente del Senegal dal 1960 al 1980,definito da Chirac stesso nella sua orazione funebre a Dakar "una immensa perdita per l' Africa,per il mondo,per la Francia": una delle figure principali degli intellettuali del secondo dopoguerra,insignito di ben 18 lauree "honoris causa" in Europa e Nord-America e di grandi onorificenze francesi, spagnole,tunisine,marocchine e la "Gran Croce dell' Ordine al Merito" della Repubblica Italiana nell' autunno del 1962. Grande uomo di cultura,amante del Bello e delle espressioni artistiche che cercò di valorizzare e finalizzare in tutte le sue forme autentiche di tradizione africana  (nella musica,nell' artigianato,nella poesia,nella letteratura,nelle belle arti). Per Senghor lo sviluppo dell' Africa era intimamente legato al rispetto della sua anima vera,autentica,che trova nelle arti la forma di espressione più elevata. Senghor andò oltre: nel suo pensiero l' Africa,come si è detto,non solo doveva preservare la sua anima autentica ma contemporaneamente aprirsi spiritualmente all' Europa,studiandone ad esempio la Storia e la cultura,in un transfert continuo e bivalente, bidirezionale nella dicotomia emancipazione/assimilazione. Nel pensiero del grande politico senegalese Europa e Africa,come noi andiamo dicendo da ben due articoli erano e sono intimamente collegate in unione spirituale e "scoprendosi a vicenda" vi è arricchimento umano e culturale da ambo le parti,senza che ciascuna ne abbia a perdere o soffrire intimamente, preservandone l' integrità. Un esempio della "forma mentis" di Senghor la si ha nel suo approccio al socialismo,in cui accettò i concetti di materialismo dialettico,giustizia sociale e umanesimo e respinse fermamente la lotta di classe e l' attacco alla religione quale "oppio dei popoli",ritenute aliene alla civiltà e Storia africane; Senghor quindi giunse a considerare falsa l' antinomia tra fisica e metafisica nel socialismo tanto che il filosofo francese Pierre Teilhard de Chardin gli diede il merito di aver " risolto i problemi spirituali del marxismo(...) dando una via d' uscita dall' alienazione materiale e spirituale " in esso implicita.

Anche per lo zambiano Kenneth Kaunda l' individualismo estremo,fonte dei mali,doveva essere rimosso a tutto vantaggio del comunitarismo in ambito sociale e nella cooperazione e collaborazione tra individui,promuovendo un movimento chiamato "umanismo socialista dello Zambia" avente il torto,però,d' essere troppo astratto e generico, trovando molte difficoltà sin quando piano piano finì con l' evaporare nel nulla.

Altri esponenti socialisti vi furono nel Burundi,nel Madagascar,in Mali,nel Benin di M.Kerekou; i regimi dell' Angola,del Mozambico,della Somalia e dell' Etiopia post-imperiale non vanno assolutamente considerati "vie africane al socialismo" quanto esempi di una forma di comunismo africano,spesse volte,come nel caso etiope dagli eventi tragici e fallimentari (carestia del 1984-85,guerriglia contro gli indipendentisti eritrei; violazione dei diritti umani in Somalia negli ultimi anni del regime di Siad Barre,eccetera). Seguiamo l' esempio di Senghor e cerchiamo di realizzare questo transfert benefico di unione spirituale euro-africana,guardiamo all' Africa senza paura o timore.

Simone Torresani

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