Le condizioni per la sovranità

2 Febbraio 2023

 Da Rassegna di Arianna del 30-1-2023 (N.d.d.)

Il recente dibattito sull'invio dei carri armati Leopard all'esercito ucraino ha messo nuovamente in luce la straordinaria debolezza della (ex?) locomotiva d'Europa: la Germania. Quella che fino a pochi mesi fa era considerata una potenza egemone nel Vecchio Continente si è ritrovata letteralmente messa a nudo in pochi mesi in diverse sfere: quella politica (instabilità continua nel post-Merkel), quella economica (dipendenza energetica, crisi industriale causa sanzioni) e quella militare (esercito di livello zero). Chiusa in questa tenaglia, la Germania è stata costretta a prendere decisioni contrarie al suo interesse nazionale smantellando in pochissimo tempo anni di progettazione politica. L'occasione è ghiotta per utilizzare l'esempio tedesco come caso di studio per capire in cosa consista davvero la "sovranità" di un Paese. Le macroaree che conferiscono ad una nazione la possibilità di essere padrona del proprio destino (nel bene e nel male) sono tre: - la stabilità politica; - la potenza militare; - la stabilità finanziaria.

Dal punto di vista politico, quale che sia la forma di governo nei singoli paesi, una leadership forte nei casi delle autocrazie, una fiducia massiva nel partito/leader nelle democrazie illiberali o un consenso elettorale esteso nelle democrazie liberali (o un sistema bipolare dietro cui si muove un coeso deep state che rende su molti temi ininfluente il voto) è indispensabile per consentire ad un governo di prendere decisioni di carattere politico, economico (approvvigionamento energetico, stato sociale, fisco etc.) e militare. Quest'ultimo, in barba ai decenni in cui in molti Paesi europei (in primis quelli usciti sconfitti dalla guerra mondiale come il nostro o, giustappunto, la Germania) si è diffuso l'assioma secondo cui sarebbe stato più saggio appaltare all'esterno la propria difesa e ridurre al minimo la spesa militare perché "con quei soldi si possono costruire asili", è uno strumento indispensabile per poter affermare la propria sovranità. E lo stiamo vedendo con la guerra in corso: chi ha un esercito potente (Turchia, Israele, Cina, Francia, oltre ai grandi player coinvolti direttamente nel conflitto) prende decisioni, gli altri si accodano. Per esercito "potente" si intende ovviamente dal punto di vista numerico, ma anche in termini di preparazione, di versatilità (es. avere un'aviazione forte e una marina debole rende un esercito potente solo in alcuni scenari) e soprattutto di primato industriale e tecnologico. Questo punto è fondamentale: se i propri armamenti si comprano, o si realizzano in quella che ufficialmente si chiama "partnership" ma praticamente è un subappalto, non si è sovrani, perché non si avrebbe la possibilità di disporre liberamente delle proprie armi nel momento del bisogno. Il programma F-35 è un ottimo esempio. Il progetto è sviluppato da Lockheed Martin, BAE e Leonardo, con buona ricaduta occupazionale (in proporzione) per tutti. Ma le tecnologie, il supporto, il controllo sul loro utilizzo è appannaggio di una potenza sola (con rarissime eccezioni). Di pari passo procede il potenziale industriale. Se si hanno tecnologie proprie, siano esse obsolete o di straordinaria avanguardia, bisogna avere anche la capacità pratica di tradurle in armamenti (quindi potenziale industriale, materie prime, personale etc.) oppure di appaltarla all'estero con forme di partnership "vere".

La stabilità finanziaria è in qualche modo ciò che tiene tutto insieme visto che nel mondo globalizzato è a tutti gli effetti un'arma. Troppo debito pubblico in mano straniera rende vulnerabili. Troppo deficit lega le mani ai governi e non consente di fare Pil. Troppo poco Pil crea malcontento e instabilità. Troppa instabilità rende le economie preda di attacchi finanziari e fa cadere i governi.

Nessuna di queste sfere è prioritaria sull'altra, ma tutte si autoalimentano e il loro sostanziale equilibrio si traduce nella massima espressione possibile della sovranità. Tuttavia, anche in casi di squilibrio, avere un forte accento su due di loro capaci di minimizzare gli impatti dell'altra (emblematico l'esempio della Turchia, in perenne crisi economica) potrebbe essere accettabile a patto che si lavori per rientrare nell'equilibrio. Uno squilibrio di due di queste sfere o addirittura di tutte e tre non può rendere in alcun modo un Paese realmente sovrano ma solo trasmettere la sensazione. È ciò che è accaduto alla Germania: in tempi di pace sembrava indistruttibile, col cambio di scenario si è scoperta manchevole.

Utilizzando questo semplice specchietto è possibile tracciare una sorta di "pagella" per ogni singolo caso di studio. Dal mio punto di vista, in base a questi concetti emerge che in Europa (Regno Unito compreso) non ci sia alcun Paese che possa dirsi realmente sovrano, a eccezione della Francia. La quale, però, è in progressiva remissione negli ultimi decenni sia sul campo politico (è sempre più instabile nonostante una legge elettorale che la mette più possibile al riparo da ribaltoni anti-sistema) che su quello finanziario. Il suo equilibrio è insomma precario. Ma almeno c'è. Da qui il motivo per cui, ad oggi, i destini dell'Europa non si decidono in Europa.

Daniele Dell’Orco

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