Una batosta epocale

16 Marzo 2023

 Da Comedonchisciotte del 12-3-2023 (N.d.d.)

Arabia Saudita e Iran hanno improvvisamente annunciato in data 10 marzo 2023 la riapertura delle relazioni diplomatiche, a felice esito di un negoziato segreto mediato dalla Cina. Secondo il comunicato diramato in tutti e tre i Paesi, Arabia Saudita e Iran riapriranno le Ambasciate entro due mesi, ribadendo il rispetto del principio di non interferenza negli affari interni di ogni Paese. Il riferimento non è casuale, dato che le relazioni diplomatiche erano state chiuse nel 2016, a seguito della condanna a morte da parte dei Sauditi dell’esponente religioso sciita Nemer al Nemer, condannato nel 2014 ma giustiziato nel 2016, insieme ad 46 altre persone, perlopiù esponenti ritenuti responsabili dei disordini fomentati da Al Qaeda in Arabia Saudita nel 2003-2006. I Ministri degli Esteri dei due Paesi si sono impegnati a tenere un summit a breve per esporre i dettagli dell’accordo.

I due Paesi non diventano ipso facto alleati. Congelato con la tregua di un anno fa il conflitto in Yemen, i Sauditi continuano a non condividere l’attivismo delle milizie pro iraniane in Libano, Siria e nello stesso Yemen, e sono attualmente impegnati in un negoziato mediato dagli USA per un possibile accordo di pace con Israele – prospettiva notoriamente impensabile per l’Iran. Ciò nonostante, non c’è modo di sottovalutare l’importanza dell’annuncio. Innanzitutto, il profondo solco che ha per decenni separato i due Paesi riflette in gran parte la secolare frattura religiosa tra musulmani sunniti e musulmani sciiti, concretatasi in una serie continua di crisi e confronti, dalla Siria allo Yemen; fino al rischio di guerra nel 2019, dopo lancio di alcuni missili, apparentemente da parte di milizie pro iraniane, sui campi petroliferi sauditi. La frattura tra sunniti e sciiti continua ad avere un grosso impatto anche in Iraq, ove obtorto collo tuttora stazionano truppe statunitensi e Nato. Un abbassamento della tensione tra sunniti e sciiti non può che giovare alla stabilità dell’intero Medio Oriente. Ma soprattutto, l’annuncio segna non una mera sconfitta, ma una autentica batosta geopolitica epocale per gli Stati Uniti. I profili della batosta sono tanti e tali da richiedere pagine e pagine di analisi. Sinteticamente, in questa sede: la mediazione e il patrocinio dell’accordo da parte della Cina segnano una sonora sconfitta geopolitica per gli USA, ed una eloquente conferma del crescente ruolo planetario della diplomazia cinese, anche in Medio Oriente. Il ruolo di crescente autonomia dell’ Arabia Saudita appare una realtà ormai acquisita: la leva dell’inimicizia mortale con l’Iran si è ridimensionata, e con essa svanisce definitivamente il sogno USA di una alleanza – o NATO mediorientale – anti Iran. Oltre la sfera propriamente politica, c’è la dimensione economica ed energetica: l’Arabia Saudita in ambito OPEC (di cui fa parte anche la Russia) ha da tempo adottato orientamenti autonomi, rifiutandosi ripetutamente di agire su offerta e prezzi del petrolio in conformità agli auspici USA, nonostante le rinnovate pressioni a seguito della guerra russo-ucraina. Ed infine, il fantasma che più angoscia Washington: per quanto tempo ancora l’ Arabia Saudita continuerà a prezzare il petrolio esclusivamente in dollari? Il regno del dollaro, pur sostenuto dall’indegno vassallaggio dell’euro a gestione Lagarde, dipende comunque in buona parte dal mercato dei petrodollari.

Dulcis in fundo, anche sul piano dell’immagine, c’è ben poco da stare allegri, per gli USA. Dopo gli attacchi ai Sauditi da parte di USA e Paesi europei per il notorio assassinio del giornalista Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istambul nel 2018, il Presidente statunitense Biden aveva visitato Gedda il 16 luglio 2022. La visita era apparsa subito come una sorta di imbarazzante Canossa, ed oltre che per la consueta serie di impagabili gaffes di Biden, finì attaccata da quasi tutti gli osservatori e media statunitensi per l’assoluta irrilevanza dei risultati: il Principe ereditario saudita, Mohammed Bin Salman, di soli 38 anni, non aveva mollato di un solo centimetro alle richieste USA. Oggi è più che mai evidente: nonostante le assicurazioni di Biden, nessun seme è mai germogliato da quella visita.

Il quadro è sempre più chiaro: fuori dalla NATO, gli USA di Biden continuano a ricevere ceffoni in stile Bud Spencer: Xi, Bin Salman, Erdogan, etc. I prossimi ceffoni dovrebbero arrivare da Modi, il Primo Ministro indiano. Pian pianino, forse se ne accorgeranno perfino in Europa!

Belisario

Commenti
NuovoCerca
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!