26 maggio 2008
Ognuno può pensarla come vuole, naturalmente, sui fatti che ci vengono sparati addosso dagli altoparlanti di regime. Ma la macchina del consenso si nutre della nostra distrazione, del nostro senso d'indifferenza indotto da un sistema di vita che strozza i margini di tempo, dall'assuefazione a dar per buone le versioni ufficiali degli eventi, dal nostro dare per scontato ciò che ci è propinato dalla propaganda spacciata per informazione. E così anche ciascuno di noi può reputare più o meno condivisibili le analisi e le opinioni dettate dallo speculare bisogno di controinformazione che alcuni giornalisti e pensatori interpretano secondo la propria sensibilità. Non sottovalutando il fatto che tollerare idee dissenzienti rispetto ai dogmi correnti è un modo per disinnerscarne la carica di ribellione, confinandola in nicchie in fin dei conti impotenti e in tal modo innocuizzandole. Tuttavia, è dovere di chi non ci sta quello di far circolare i fatti per intero, con tutte le loro sfaccettature, e non come le armi di disinformazione di massa ci fanno credere che siano. Coltivare il dubbio e cercare l'ombra degli slogan avvolti da troppa luce. Quella luce accecante dei titoloni dei giornali e degli strilli dei tg che è la droga che ci spegne ogni giorno. (a.m.)
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