Potere oligarchico |
5 Ottobre 2024 Da Comedonchisciotte del 3-10-2024 (N.d.d.) In qualità di “Imperatore” spodestato, Biden ha fatto la sua “ultima passeggiata” dai banchi dell’ONU; non era più l’Imperatore di un tempo, traboccante di spavalderia per il fatto che gli Stati Uniti sono nuovamente alla ribalta e “sono io a governare il mondo”. Infatti, mentre il Medio Oriente esplode e la bolla ucraina si sgonfia, la Casa Bianca continua ad esortare tutte le parti alla moderazione per ridurre la violenza. Ma nessuno ascolta. Mentre la sua era si avvia ad una conclusione ingloriosa, Biden può aver amato l’idea di tirare le leve dell’influenza coercitiva del soft-power, salvo poi scoprire che i fili che collegavano quelle leve agli “scambi” ferroviari del mondo reale non c’erano più. L’influenza è volata via; la coercizione imperiale viene sempre più spesso accolta con disprezzo. La diplomazia ha fallito su tutta la linea. Quindi, cosa segnala per il futuro l’ondata di disordini di oggi, la guerra in Medio Oriente e il crollo dell’Ucraina, visti dal lungo arco della storia (e seguendo l’analogia con il mondo antico di Mike Vlahos e John Batchelor)? Un “Imperatore” in difficoltà è stato rovesciato. Non c’è un vero principe ereditario, ma solo una “figlia adottiva”. È una scelta deliberata. L’oligarchia del potere (il “Senato”, se seguiamo l’analogia antica) sembra indifferente al vuoto di potere. È intenzionata a governare, come riporta il Washington Post svelando il pensiero oligarchico, attraverso un consenso di istituzioni “a sostegno della democrazia” come fosse una sorta di “segretariato permanente” (una nozione che circola dalla “perdita” delle elezioni del 2016). Ciononostante, esiste un problema di successione imperiale. Ogni Impero ha bisogno di un Imperatore, oltre che di un’Aristocrazia/Senato, perché le fazioni più potenti della società devono avere un pilastro su cui far leva per risolvere le loro faide interne. Ogni “Impero” ha bisogno anche di una sostanziale cultura comune per prendere decisioni forti di interesse generale. Nel passato europeo di culture comuni ce ne sono state due: Il Cattolicesimo e l’Illuminismo. Avevano finito per scontrarsi. Ed entrambe sono state emarginate a vantaggio dell’arbitrio libertario, volto a liberare l’individuo da tutti i vincoli delle norme comunitarie. La cultura postmoderna rende le persone “pazze perché la libertà individuale non accetta più la verità oggettiva“. Il mondo virtuale uccide il senso del reale per sostituirlo con la realtà immaginata. L’arte di governare diventa quella di amministrare una finzione imposta; una finzione che le persone riconoscono chiaramente come non reale, eppure sono obbligate a fingere che la “narrazione” sia la realtà oggettiva. Questa tensione porta all’insicurezza esistenziale e all’esplosione di segnalazioni di persone in precario stato mentale. Al contrario, nella maggior parte dei luoghi, scrive David Brooks, “le persone si formano all’interno di comunità moralmente coese. Traggono un senso di appartenenza e di solidarietà da valori morali condivisi. Le loro vite hanno un senso e uno scopo perché si vedono vivere in un ordine morale universale con standard permanenti di giusto e sbagliato, all’interno di strutture familiari che hanno superato la prova del tempo, con concezioni condivise, ad esempio, di maschio e femmina“. Fiona Hill, già membro del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, fa una controproposta: poiché gli interessi degli Stati Uniti, descritti soprattutto come “minacce”, sono a lungo termine, “anche le strutture per affrontare tali minacce devono essere a lungo termine“. (Illustra il punto citando “la minaccia a lungo termine della Russia”). La Hill sta dicendo che “l’aristocrazia” governerà a lungo termine, attraverso la prescrizione di un ordine mondiale istituzionalizzato e “inter-agenzia”. Questa è la soluzione dell’aristocrazia alla mancanza di successione imperiale: il Leviatano. “Il Leviatano – la cui promessa e il cui progetto sono proiettati in avanti – annulla tutti i poteri tranne uno, che sarà universale e assoluto”. L’obiettivo implicito è quello di rendere le ricette politiche “a prova di Trump“. Questo obiettivo implicito, tuttavia, ne sottolinea il difetto. Non ci sarà partecipazione. Le persone non parteciperanno, né si sentiranno di partecipare, perché non lo faranno. L’opinione degli strateghi dell’Ordine Mondiale è che la selezione dei candidati politici attraverso il voto è diventata un “difetto”, non è più una caratteristica. Gli elettori non conoscono, e tanto meno colgono, l’importanza delle strutture politiche profonde su cui si fonda l’egemonia statunitense. La partecipazione è un problema. È a questo punto della storia che spesso entra nell’arena un “Grande Uomo” che sfida l’imperatore. Il “Grande Uomo” è percepito come il portavoce del popolo, la cui partecipazione alla vita politica è stata interrotta e che è arrabbiato per questo. Il “Grande Uomo” racconta sempre bene questa storia di tradimento. Il fenomeno del “Grande Uomo” si sta verificando oggi, principalmente perché la pratica tradizionale di scambiare un’entità al governo (partito) con l’altra, per produrre un leader sosia (il partito unico), si è rotta. È stata architettata come un gioco di carte, con lo spettatore (l’elettore) che sceglie sempre la “carta giusta” – proprio quella che il mago aveva previsto sarebbe stata scelta. Magia! E tutte le carte selezionate appartengono inevitabilmente alla stessa serie! Questo trucco con le carte è diventato evidente negli ultimi mesi. Tutti ne hanno capito la meccanica. Trump non è la “carta giusta”, secondo le élite di potere statunitensi; il Jolly avrebbe dovuto essere estratto dal mazzo. Ciò che è insolito nell’odierno emergere del “Grande Uomo”, tuttavia, è che, a differenza del mondo classico, Trump non sembra avere un’aristocrazia che lo segue e asseconda le sue decisioni. Funzionerà? Nei prossimi mesi, l’Impero dovrà affrontare molte crisi, oltre a quella di un Impero in dissolvenza e incapace di adattarsi. Simplicius scrive che: “l’ultimo pezzo del WaPo descrive uno stato di disordine nella classe politica occidentale quando si tratta di decidere la strada da seguire contro una Russia chiaramente spavalda e inflessibile. Vedete, tutte le provocazioni, i giochi e i “trucchi” di pace avevano lo scopo di piegare la Russia all’influenza dell’Occidente, ma l’Impero sta scoprendo che, dopo aver trattato per decenni con vassalli superficiali, confrontarsi con una delle ultime nazioni veramente sovrane rimaste al mondo è una cosa decisamente diversa”. Non si tratta solo della Russia. Il proconsole di un lontano territorio imperiale in rovina si è recato a “Roma” per chiedere la costituzione di un nuovo esercito romano e la fornitura di “oro” romano per sostenerlo. Ma i tempi sono duri in tutto l’Impero e il proconsole probabilmente fallirà la missione, poiché questo sarebbe il suo terzo esercito, dopo che gli altri due sono stati distrutti. L’imminente implosione infliggerà un duro colpo al prestigio e all’autorità dell’Impero. La sua classe guerriera potrebbe rivoltarsi con rabbia contro il Campidoglio, irritata dalla riluttanza dei suoi leader a stringere il pugno di ferro (è già successo in passato). Un altro proconsole imperiale ribelle fa presagire una situazione ancor più grave e distinta. Questo console vuole la propria egemonia ebraica ed è inflessibile e assolutamente spietato nel perseguirla. L’Impero non può fare nulla, anche se fa finta di credere che sarà il Console a provocare la sua stessa caduta. Ma, se questa impresa dovesse fallire, come potrebbe, causerebbe scompiglio in quei centri americani di potere esenti da punizione su cui la struttura più ampia ha poggiato per tutti questi decenni. Se la guerra dovesse fallire la leadership istituzionale americana legata a questo particolare Console perderebbe la sua ragion d’essere. Un intero gruppo dirigente verrebbe svuotato, privato di uno scopo. La classe dirigente istituzionale nel suo complesso ne risulterebbe indebolita. Qual è allora la via d’uscita, mentre la patria implode lentamente? Beh, l’articolo del Washington Post conclude invocando un nuovo ordine di governance globale sovranazionale; probabilmente una governance digitale-autoritaria in stile Davos, progettata per preservare una politica e un allineamento coerenti, prima che il collegamento russo-cinese-iraniano-BRICS li batta sul tempo. Se gli Stati occidentali non vogliono rischiare per la libertà, allora corrono il rischio del Leviatano. Questo è possibile. Tuttavia, si tratterebbe di un regime profondamente instabile, estremamente oligarchico, concentrato, dittatoriale, come afferma il professor Henri Hude. Più l’Occidente postmoderno perde il controllo del mondo con il suo modo di ragionare nichilista e più l’Asia rimane diversificata, meno possibilità ci sono che il Leviatano abbia successo. “Ciò che gli strati dirigenti non hanno capito è che la deregolamentazione libertaria postmoderna non può essere definita solo dall’economia e dal sesso“. “Lo straordinario potere tecnico su cui si basa il Leviatano è inseparabile dalla realtà economica. È quindi una realtà tecno-mercantile, un potere della tecnica e del denaro che esercita una forma di tirannia. In questo contesto, ciò che probabilmente impedirà il trionfo del Leviatano è il crollo della civiltà tecnica” – in quanto tale. Alastair Crooke (tradotto da Markus) |