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Il Vertice delle Americhe PDF Stampa E-mail

18 Giugno 2022

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 Da Comedonchisciotte del 15-6-2022 (N.d.d.)

Il IX Vertice delle Americhe è terminato pochi giorni fa a Los Angeles (USA) con una coda infinita di polemiche. Polemiche, a dire il vero, iniziate ben prima dell’apertura ufficiale dell’incontro e dovute alla scelta unilaterale di Biden di escludere dagli invitati tre Paesi: Cuba, Nicaragua e Venezuela. I tre “Paesi del Male” secondo Washington, antidemocratici e pericolosi anche per la stessa sicurezza nazionale statunitense. Tre Paesi che minano ormai da molti anni la leadership statunitense nel Continente, in quanto intrattengono stretti legami con i “nemici globali” degli USA nel mondo: Russia e Cina.

A tal proposito, alcuni fatti che mostrano proprio questo legame che allarma Washington e il suo mondo unipolare, avvantaggiando invece la creazione di un mondo multipolare ricercato alacremente da Mosca e Pechino: poco prima dell’intervento russo in Ucraina e in mezzo alle tensioni geopolitiche già partite da mesi, il Vice Primo Ministro Russo Yuri Borisov ha intrapreso un viaggio in America Latina e nei Caraibi per ribadire e rafforzare (mostrandolo anche all’intera comunità internazionale) le relazioni fra il suo Paese e i tre più stretti alleati del Continente. Visita che ha fatto seguito a due viaggi di poco tempo prima dei Presidenti di Argentina e Brasile a Mosca, mostrando l’attivismo russo nel Continente e la sua attrattività per molti Paesi della regione. “[…] I- rapporti tra Mosca e Caracas iniziano con Hugo Chavez, che ridisegna il profilo strategico del Paese sul piano sia politico che militare: la Repubblica bolivariana diventa una potenza regionale. La cooperazione tecnico-militare ha riguardato soprattutto la modernizzazione dell’aeronautica con il programma Sukhoi […]”.2- Rapporti e relazioni che hanno portato, ad esempio, all’arrivo in Venezuela a fine 2018 di bombardieri strategici russi TU-160.  Il Decreto 10 – 2022 approvato in Nicaragua rafforza la cooperazione militare fra Managua e Mosca, permettendo a quest’ultima di schierare grandi quantità di forze armate ed equipaggiamenti militari nel Paese guidato da Ortega. Come enfatizzato dalla TASS e da SPUTNIK: “È tempo che la Russia mostri i muscoli vicino ad alcune città degli Stati Uniti”. “Nicaragua: la cooperazione militare con la Russia rafforzerà la sicurezza nazionale”.  La Russia ha cancellato il 90% del credito che aveva con Cuba nel 2014, circa 30 miliardi di dollari, mantenendo il resto ma con la promessa di reinvestirlo tutto nell’isola. Cuba, da parte sua, ha da sempre condannato l’espansione della NATO verso EST e si sta schierando con Mosca anche in questo turbolento periodo, ad esempio senza partecipare alle sanzioni decise dall’occidente. Pechino ha firmato una serie di accordi fondamentali nel 2014 con Cuba e sta rafforzando la relazione con L’Avana di anno in anno, soprattutto tramite investimenti cospicui. Il Venezuela è uno dei partner strategici per la Nuova Via della Seta fortemente voluta da Xi Jinping con ramificazioni anche nelle Americhe. Investimenti miliardari nel Paese che garantiscono un legame profondo fra Caracas e Pechino. Nel 2021 il Nicaragua ha aderito al principio di “una sola Cina”, garantendosi la possibilità di rafforzamento dei legami con Pechino. In precedenza, Managua era uno dei pochi Paesi al mondo a mantenere relazioni diplomatiche di “rango statale” con Taipei.

Tre Paesi diversi per storia e posizione geografica (Venezuela, Cuba e Nicaragua) ma accomunati da un profondo legame e decisi a rompere l’egemonia USA nel continente, certamente sostenuti in questa battaglia da Mosca e Pechino. Oltre che da vari altri Paesi dell’area che, nonostante non vogliano incrinare oltre la soglia critica le loro relazioni con Washington, non disdegnano assolutamente di intrattenere relazioni amichevoli con i loro vicini “ribelli”. Un’egemonia di Washington che dunque mostra crepe molto significative rispetto al ‘900, quando gli USA non si facevano particolari problemi ad intervenire con la forza ogniqualvolta i loro interessi nel continente venivano in qualche modo messi in discussione. Un mondo allora diviso in due, con sfere d’influenza delineate e che non lasciavano spazio a interferenze troppo marcate da un’area all’altra, a parte per quell’isoletta incredibilmente ribelle chiamata Cuba, a 90 miglia dalle coste USA e non più doma dal 1959.

Un mondo cambiato nel profondo dal 1991, anno della dissoluzione dell’URSS e inizio di quell’unipolarismo caratterizzato dalla fase di “Washington gendarme del mondo”. Unipolarismo che, come ho accennato sopra, inizia a mostrare importanti crepe in tutto il globo e anche nelle Americhe, con il “pensiero e l’azione multipolare” che sta cercando di farsi largo fin “nelle viscere” dell’Occidente. Il Vertice delle Americhe di Los Angeles è stato la dimostrazione plastica di tale “momento di lotta” e dalle dichiarazioni e notizie sottostanti si capisce molto bene che anche il continente americano è diviso al proprio interno ed è capace di giocare un ruolo fondamentale in questa possibile transizione.

Joe Biden prima del Vertice: “I dittatori non devono essere invitati e non devono partecipare”.  Dei 35 Paesi del Continente, hanno partecipato a livello di Capi di Stato e di Governo in meno di 30. La scelta dell’Amministrazione USA di non invitare i “dittatori”, infatti, ha comportato la protesta di altri Paesi che non vogliono sottostare a “patenti di legittimità” imposte dall’esterno: Messico, Guatemala, Honduras, El Salvador.

Il Presidente del Messico Obrador ha parlato così poco tempo prima del Vertice: “è tempo di un nuovo rapporto tra i paesi delle Americhe. Una relazione senza discriminazioni; uno che metta al primo posto la comprensione e il dialogo, dove nessun Paese vuole imporsi sull’altro”.  L’Argentina ha partecipato al massimo livello ma ha fortemente criticato la scelta di Washington a livello pubblico e con parole decise. Il Presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, si è “permesso” di garantire la sua partecipazione solamente con la certezza di avere un bilaterale con Biden condito da elogi di quest’ultimo al governo di Brasilia e senza toccare argomenti troppo spinosi. Richiesta accettata da Washington pur di vedere la partecipazione al Vertice del Presidente del Brasile. Nella sostanza un diktat dal sud del Continente al nord: una cosa impensabile solamente qualche decennio fa e che mostra chiaramente il momento di transizione che stiamo vivendo.

Dalle parole su Granma è possibile leggere una certa soddisfazione di Cuba per come i vari Paesi dell’area si siano ribellati alla decisione USA. Parole e dichiarazioni che mostrano una certa vicinanza alla causa de L’Avana anche di vari Paesi dell’area, rispetto alla “solitudine” sofferta da Cuba per quasi tutta la seconda metà del ‘900: “Vari leader della regione si sono annunciati, come nel caso del presidente dell’Argentina, Alberto Fernández, il cui intervento avrà un forte protagonismo politico di fronte alla decisione di Biden d’escludere Cuba, Nicaragua e Venezuela. Parlando alla radio argentina LED.FM., Fernández ha assicurato: «La mia intenzione è portare la voce dell’America Latina e dei Caraibi al Vertice ed ha aggiunto: «Io vengo a reclamare una vera integrazione senza esclusioni». Ugualmente, il presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, ha sfidato i legislatori statunitensi Ted Cruz e Marco Rubio a presentare prove delle accuse con cui cercano di screditare AMLO per la sua condanna dell’esclusione di Cuba, Nicaragua e Venezuela da Vertice. Il cancelliere della nazione azteca, Marcelo Ebrard, da Los Angeles ha affermato che «È un errore strategico escludere da questo Vertice paesi membri del nostro continente. Consideriamo che nessuno ha il diritto d’escludere altri. Non accettiamo il principio d’intervento per definire unilateralmente chi viene e chi no», ha sostenuto. Poi ha assicurato che richiama l’attenzione che a queste altezze si continuino a vedere sanzioni, blocchi ed embarghi contraddicendo il diritto internazionale. Parlando dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), ha detto che per la sua forma d’operare è evidente che è esaurita ed ha posto come esempio il vergognoso ruolo che ha svolto l’organizzazione durante il colpo di Stato in Bolivia. L’ex presidente della Bolivia, Evo Morales Ayma, ha scritto nel suo account in Twitter: «Per far sì che il Vertice delle Americhe abbia qualche utilità nel suo obiettivo di rinforzare la democrazia sarebbe positivo che i pochi presidenti presenti esigano dagli USA di firmare i trattati dei diritti umani, smettendo d’invadere popoli sovrani, finanziare guerre e colpi di Stato». In conclusione, dunque, è possibile affermare che anche il Vertice delle Americhe appena conclusosi ha mostrato la fase transitoria che stiamo vivendo: quella da un mondo unipolare ad uno multipolare. Una fase che non ha un finale scontato, in quanto le forze in campo sono poderose da entrambe le parti e nessuna delle due ha idea di abdicare dal proprio ideale. Una lotta per mondi opposti sotto tutti i punti di vista.

Alessandro Fanetti 

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