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Una propaganda senza precedenti nella storia PDF Stampa E-mail

21 Agosto 2023

 Da Comedonchisciotte del 18-8-2023 (N.d.d.)

Ieri dalle mie parti, senza che fosse neppure annunciato da un’allerta di un qualche colore, neppure verdolina, della protezione incivile, è venuto quello che solo pochi anni fa si sarebbe chiamato un classico temporale di ferragosto. Ma oggi i temporali non esistono più e, per una persona con una matura coscienza ambientalistica, è più conveniente parlare di bomba d’acqua (neolingua burina) o evento meteorologico estremo conseguente al riscaldamento del pianeta di origine antropica ed al dissesto idrogeologico dovuto all’incuria verso il territorio (neolingua elegante). Ma sempre di temporale alla fine si tratta, solo che ora, anche se non fa danni o perlomeno non molti, suscita paura ed è esattamente questo il risultato voluto dai nostri cari leader.

La paura come metodo di governo è antica quanto l’uomo, soprattutto quella diretta che induce all’obbedienza per evitare un pugno sul naso, modalità che abbiamo sperimentato un po’ tutti nei cortili da ragazzi, ma nella nostra epoca di spin doctor e di raffinatezze psicologiche perlopiù ideate al nobile scopo di spingerci a comprare un dentifricio piuttosto che un altro (sempiterne leggi del mercato), si usa soprattutto un altro tipo di paura, seppure strettamente connesso. La trovata consiste nel produrre artificialmente un pericolo per poi proporsi come salvatori dal pericolo prodotto. Oppure ingrandire fino al grottesco un piccolo pericolo realmente esistente per poi combatterlo con mezzi faraonici del tutto fuori scala rispetto alla minaccia: si potrebbe dire uccidere le mosche col cannone. Nell’ultima ventina d’anni, questo tipo di paura indotta è stata usata con larghezza a fini politici in tutti i paesi occidentali che, con la globalizzazione imperante, sempre meno si distinguono l’uno dall’altro e sempre più assomigliano e devono assomigliare al paese egemone: i meravigliosi Stati Uniti d’America, terra promessa dell’umanità. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, l’occidente si è trovato in una situazione di grave mancanza di nemici credibili che giustificassero l’esistenza del più grande esercito della galassia con tutte le sue istituzioni annesse, la Nato per dirne una, perciò si decise che occorreva creare dei nemici molto cattivi e nuovi fiammanti. Si individuarono alcuni paesi poveri e arretrati che potevano  servire alla bisogna, ma siccome erano deboli, lontani e sostanzialmente privi di mezzi offensivi, incontravano serie difficoltà a suscitare paura al cittadino americano medio che non era manco in grado di trovarli sulla carta geografica: occorreva una spintarella in più. Venne decisa allora la realizzazione di un terrorismo islamico che avrebbe agito su larga scala a livello mondiale, a tale scopo venne creata quasi dal nulla una organizzazione terroristica internazionale con filiali in tutto il mondo come una grande banca d’affari, che si volle chiamare Al Qaeda (qualcuno aveva proposto il nome di Spectre, in effetti era bello, ma ci si accorse che era già stato sfruttato nei film di James Bond degli anni ‘60), che fu dotata di un capo con il fisic du rôle di nome Osama bin Laden, anche se in seguito il nome risultò troppo simile al cognome di un presidente dei giusti e dei coraggiosi, ma ormai era stato scelto. L’organizzazione dotata di moderni mezzi tecnologici e di cospicui finanziamenti, cominciò a fare qualche lavoretto, qualche assalto di ambasciata, qualche bomba qua e là, lasciando bigliettini di rivendicazione come in certi romanzi gialli, ma la paura che riusciva a suscitare non era molta: diciamoci la verità, non si riusciva a liberarsi dalla sensazione un po’ razzista che fossimo di fronte a quattro beduini impazziti con al seguito un certo numero di straccioni reclutati in giro per il mondo. Ma le agenzie americane avevano in mente qualcosa di davvero grandioso (sapete che qua in Texas le cose piccole non ci piacciono), in grado di far saltare sulla sedia quel pecorone dell’americano medio e convincerlo di doversi mobilitare contro la minaccia all’american way of life affidandosi anima e corpo ai suoi capi liberamente eletti e rinunciando, se necessario, agli esagerati diritti costituzionali di cui inopinatamente godeva. Lo spettacolo che ne risultò fu realmente grandioso e trasmesso in diretta televisiva in tutto il mondo: c’è poco da fare, su certe cose a Hollywood sono insuperabili. Mentre i grattacieli di New York crollavano, diventammo tutti americani e fu chiaro che era indispensabile dichiarare guerra eterna al terrorismo islamico, ma siccome non si sapeva bene dove fosse la sua sede sociale, furono scelti quasi a caso un paio di polverosi stati mediorientali che non fossero in grado di difendersi e dove si potesse organizzare qualche bella strage di popolazione ignara: che si accorgessero tutti cosa significava attaccare l’America! La rappresentazione “guerra al terrore” ha avuto grande successo di pubblico e di critica ed è andata avanti per molti anni: in Afghanistan ci sono stati quasi vent’anni di repliche con grandi carneficine. Poi furono fatti diversi richiami con qualche bombetta qua e là, qualche accoltellatore o investitore islamico e addirittura un tardo sequel con assassinio del leader nemico probabilmente già morto da tempo, ma alla fine, visto che un secondo undici settembre per quanto evocato non arrivava mai, la paura e l’attenzione del pubblico pagante cominciarono inevitabilmente a scemare: del resto bastava farsi due conti, c’erano più probabilità di essere colpiti da una meteorite che di cadere vittima di un attentato islamico: cosa minchia c’era da aver paura? I media cessarono di prestargli attenzione e, poiché si trattava di un fenomeno sostanzialmente mediatico, il terrorismo islamico cessò immantinente.

Ma il pubblico smemorato non ci fece troppo caso e poi gli spin doctor erano già al lavoro per una seconda puntata. Questa volta il terrore era economico: stavamo andando tutti a ramengo a colpi di spread e punti base, l’economia stava crollando per via del fatto che vivevamo tutti “al di sopra delle nostre possibilità”. Da molti anni, per giunta. Noi, il popolo, eravamo colpevoli di dissipare la ricchezza nazionale in vacanze, crapule e baldorie! Questa la diagnosi degli economisti dopo decenni in cui avevano fatto di tutto per indurci a comprare il più inutile ciarpame. Adesso si scopriva che non eravamo abbastanza “produttivi” nei confronti dei cinesi (e vorrei anche vedere), per reggere i nostri consumi. La trovata di aggiungere la colpa alla paura è di per sé geniale, anche se non nuova: la chiesa la utilizza con successo da migliaia di anni. Ma le cifre che scorrevano ogni giorno nei telegiornali parlavano chiaro: era necessario che ci dessimo una bella regolata e tornassimo a vivere come si conviene alle classi subalterne. Così come in occasione del terrorismo godevamo di troppa libertà e potevamo dire “governo puzzone” senza finire in galera e addirittura portare liberamente pericolosissime bottigliette d’acqua negli aerei, ora vivevamo troppo bene, andavamo in ferie all’estero e prendevamo aperitivi arancioni con le patatine fritte nelle happy hours scimmiottando i padroni.

Anche questa campagna di paura ebbe i suoi successi e i suoi alti e bassi, ma il vero capolavoro, di quelli che fanno fare un bel salto di qualità, arrivò dopo con l’invenzione della Grande Pandemia che ebbe un successo straordinario, anche perché stavolta si faceva leva sulla paura più paurosa di tutte le paure: quella della morte imminente. Per la verità l’operazione era già stata tentata diverse volte senza successo: erano state selezionate alcune malattie contagiose che adeguatamente pompate dai media avrebbero potuto funzionare, erano state preparate e acquistate milioni di dosi di rimedi rigorosamente scientifici che sarebbero poi state distribuite al pubblico terrorizzato per impersonare il ruolo di salvatori, ma sempre, per una ragione o per l’altra, qualcosa era andato storto. O non si era riusciti a trovare un numero sufficiente di morti o qualche funzionario onesto (ce n’è qualcuno) aveva fatto il proprio dovere o la campagna di propaganda non aveva trovato le espressioni giuste o il sistema sanitario funzionava ancora troppo bene. Poi grazie al consolidamento delle élite particolarmente fanatiche che avevano preso il potere negli Stati Uniti e ad una congiuntura internazionale favorevole, finalmente, nella primavera del 2020 tutto girò come doveva: si riuscì a trovare la malattia giusta, una sindrome parainfluenzale un poco più grave del solito, forse naturale, forse ingegnerizzata, che riuscì a rappresentare credibilmente la parte della Grande Peste Nera grazie anche ad una campagna di propaganda mediatica ben calibrata e senza precedenti nella storia umana. Finalmente il terrore prese piede tra le popolazioni di tutto l’occidente e gli stati e le organizzazioni internazionali (tutte nella pratica comandate dalle élite americane), poterono impersonare la loro parte di difensori e salvatori dell’umanità. Bill gongolava. “La situazione è gravissima”, gridava la televisione facendo la quotidiana conta dei morti, ma il governo e la Pfizer ci salveranno: chi crede in loro non morirà mai. In loro e nella scienza, naturalmente. I talk show (dibattiti spettacolo, il nome la dice lunga, furono presto colonizzati da torme di urlanti cialtroni che si definivano esperti e con cipiglio severo dettavano regole grottesche. Qualunque dubbio, qualunque dissenso, anche sui dettagli, era un vero e proprio atto criminale, era una apostasia, una eresia, tanto per rimanere in ambito scientifico. A chiunque non possedesse i necessari titoli accademici era impedito di parlare a viva forza, tranne che assentisse ad ogni punto del credo ufficiale e a chi quei titoli li possedeva… beh, anche lui poteva parlare solo a patto che fosse completamente d’accordo. Il dissenso era patologico o criminale, tertium non datur. D’altronde, parlava la scienza. Inutile far presente che tutto questo zelo non ha nulla a che vedere con la scienza: la scienza non ha certezze assolute e, se si dovesse davvero seguirla, prima di mettere in uso un qualsiasi medicinale o un qualsiasi dispositivo medico occorrerebbe provare con test inoppugnabili che quel medicinale o quel dispositivo nelle date condizioni d’uso è efficace e non è dannoso, che qualunque provvedimento preso per contrastare un male ha più effetti positivi che negativi e i controlli dovrebbero essere effettuati da terzi, ovviamente non da chi produce e vende i medicinali o i dispositivi. Nel caso di specie nulla di tutto ciò è mai stato fatto, circostanza provabile al di là di ogni ragionevole dubbio anche perché non c’è stato proprio il tempo materiale per farlo. Naturalmente, ciò a cui si faceva appello, in realtà non era la scienza, ma il buon vecchio pensiero magico religioso e il principio di autorità: è vero perché l’ha detto Lui. D’altra parte se il Prete, il Vescovo, il Signore dicono che Cristo aveva natura umana e divina assieme e non soltanto una delle due da sola, chi sono io, contadino ignorante, che non so neanche leggere, per dubitarne? Analogamente, se il professore, il giornalista della televisione (sempre tanto elegante), il cantante alla moda (sempre tanto ribelle), il campione sportivo, il presidente del consiglio dicono che se non ti vaccini muori e fai morire il nonno, chi sono io per dubitarne? Da notare il raffinato uso del senso di colpa: se esci di casa per andare a lavorare, puoi essere perdonato sempre che ti vaccini e ti mascheri come da pio rituale, ma se esci di casa per fare una inutile passeggiata o, peggio ancora, per andare a divertirti (a divertirti!), allora mai e poi mai potrai essere perdonato!

C’è un tempo per la pandemia e un tempo per il terrorismo, un tempo per il disavanzo statale e un tempo per il cambiamento climatico: ed eccoci giunti alla quarta emergenza in sequenza in cui dobbiamo sentirci allo stesso tempo vittime terrorizzate e colpevoli autori. Ma anche in questo caso, per sopravvivere, non dobbiamo far altro che stringerci attorno alle istituzioni che, nonostante che non ce lo meritiamo, ci salveranno benigne. Nella pièce “cambiamento climatico”, si parte da problemi reali per piegarli alle esigenze del potere ed ingigantirli oltre misura al fine di creare la sensazione di pericolo immediato: i mari si stanno alzando, attento, stai per affogare! Non lo vedi che piove anche dal soffitto, è certo il cambiamento climatico! No? È la lavatrice della signora di sopra? Fa nulla, sarà per colpa di Putin che ha fatto rubare il chip dalle lavatrici per gli aerei da guerra. Ovviamente l’esistenza stessa dell’umanità lascia inevitabilmente tracce sul pianeta: d’altra parte anche l’avvento delle modeste alghe verdi lo ha cambiato di molto e qualsiasi specie per definizione ha un’impronta ecologica. Ciò nonostante le nuove generazioni vengono allevate sotto il costante rimprovero di essere un peso per la terra e un parassita che la sta distruggendo: il messaggio neanche tanto nascosto, è che l’umanità, lungi da essere il compimento più perfetto della natura, come predicava la vecchia religione, sarebbe meglio che non esistesse, ma se proprio deve esistere, deve farlo in piccolo numero e facendosi vedere in giro il meno possibile. Freud direbbe che è il trionfo della pulsione di morte, ma il fatto è che l’élite proprio non lo sopporta questo brulichio di straccioni che oramai sono dappertutto e non gli permettono di godersi il mondo in pace! […] Il meccanismo non cambia mai: dopo aver creato la percezione del pericolo attraverso un’immensa campagna di propaganda che arriva persino a creare una neolingua, si offrono generosamente di difenderci, ma per farlo è ovviamente necessaria la stretta obbedienza popolare ed una grande disponibilità a fare sacrifici perché la salvezza, si sa, passa attraverso la sofferenza. Tempi magnifici per i sadomaso che, oltre a sacrificarsi, possono costringere anche gli altri a farlo, passando pure per benefattori dell’umanità. O, ancora più meritevole, benefattori del pianeta.

Stringiamoci pertanto attorno ai nostri cari leader, al Grande Fratello Joe che, se non gli passa di mente, impedirà al demone Putin di convertirci all’omofobia; alla Grande Sorella Ursula che generosamente continua a prestarci a strozzo i nostri stessi soldi per fare la spesa; allo Zio Bill che studia le nuove prove cui sottoporci per forgiare la nostra fede e resilienza, al Nostro Padre Francesco che già alle sue prime parole da Papa mostrò la profondità spirituale che avrebbe caratterizzato il suo pontificato: fratelli e sorelle buonasera! E, perché no, anche alla Sorellina Giorgia che aveva promesso che se fosse stata eletta avrebbe posto fine all’immigrazione clandestina, per poi scoprire che l’immigrazione clandestina è raddoppiata.

Nestor Halak

 
Lo sviluppo tecnologico non salva l'ambiente PDF Stampa E-mail

19 Agosto 2023

 Da Rassegna di Arianna del 14-8-2023 (N.d.d.)

Viviamo un’epoca di continue “emergenze” descritte con parole apocalittiche che hanno l’effetto di impaurire e paralizzare il pensiero e l’azione personale della gente, deprimendola: la sindemia da Covid-19, la guerra in Ucraina con annunciato pericolo nucleare, il fenomeno delle migrazioni e il collasso climatico. Per il profondo malessere che sto provando di fronte all’incredibile escalation degenerativa del dibattito sulla crisi climatica ed ecologica, traccerò dunque una riflessione poiché è giusto chiamare le cose con il proprio nome, in un periodo storico dove la confusione regna sovrana.

Nell’attuale dibattito sul clima ci sono due posizioni che stanno generando l’ennesima polarizzazione del dibattito: quella del negazionismo climatico, che si presenta come volgare e che offende l’intelligenza di molti; e quella dell’emergenza climatica, che sempre più si sta consolidando come mediatica ricca di inesattezze, di narrazioni tossiche e di notizie fuorvianti, che se da un lato focalizzano il tema sull’ambiente, dall’altro mandano evidentemente messaggi eterodiretti affinché qualcuno, sulla crisi climatica, possa marciarci. La questione del cambiamento climatico oggi viene cavalcata come “emergenza” dai media. Il capitalismo da sempre chiama “emergenza” ciò che gli serve per giustificare politiche repressive. Anche in questo caso, spacciare la crisi ecologica come un fattore emergenziale serve per indurre alla paura, alla paranoia, ma soprattutto per fare subdolamente della “rassicurazione sociale”: è un’emergenza, prima o poi finisce… Quando in realtà non è vero. Un fattore strutturale rimane e poi può sfociare nei suoi punti di non ritorno, nelle sue contraddizioni. Perché oggi viene veicolata questa narrazione?

Il collasso climatico è alle porte e lo si vede da molti fattori (degradazione del territorio, inaridimento dei terreni fertili, monocolture intensive, allevamenti intensivi e sviluppo tecnologico con la sue abnorme impronta ecologica). Forse qualcuno non si ricorda, ma in questi ultimi vent’anni, sistematicamente nei Paesi occidentali, coloro che si occupavano e che sensibilizzavano sul tema dell’inquinamento, dell’importanza di cambiare modello di sviluppo, venivano definiti “pauperisti”, “contro il progresso”, e ridicolizzati come dei nostalgici del primitivismo. Ricordo benissimo quando le parole “ambientalista” ed “ecologista” sembravano insulti all’udito della gente. É solo dal 2015, con la Cop21 di Parigi, che qualcosa è iniziato a muoversi a livello di sensibilità collettiva fino ad arrivare al movimento dei Fridays for Future. Eppure la narrativa sull’ambiente è molto cambiata negli ultimi cinque anni, e ha preso sempre più un’impronta neoliberale, spacciando per “ambientalista” ciò che “ambientalista” non è.

Oggi vi è una reale operazione di greenwashing di massa, dove i grandi capitalisti stanno proponendo una narrazione tossica per la quale, con la scusa di salvare l’ambiente (che hanno deturpato e stuprato fino ad oggi), ci stanno dicendo che è con lo sviluppo tecnologico che si salva l’ambiente. Questo permette ai grandi capitalisti di rigenerare i loro brand, di aprire nuovi mercati e di rigenerare anche la loro immagine esemplarizzata di fronte al mondo. Ecco dunque che queste narrazioni tossiche servono a consolidare il “green capitalism”, come ha spiegato molto bene il presidente socialista della Bolivia Luis Arce; la “green economy” fatta con gli schiavi adulti e minorenni in Congo e con il modello estrattivista e distruttore dell’ambiente; il “net-zero washing”, ovvero quello che la biologa Silvia Ribeiro ha chiamato “colonialismo climatico”. Il capitalismo finanziario ha inventato, insieme ai colossi dell’energia fossile, il mercato mondiale per lo scambio dei permessi di inquinamento. […] Inoltre, oggi il green capitalism e la green economy vogliono far coincidere le espressioni “transizione ecologica” con “transizione digitale”, due cose che gli ecologisti di vecchia data sanno bene essere completamente distinte. Il fine è quello di aprire al soluzionismo tecnocratico sul clima e all’implementazione della tecnologia, fino a riproporre l’energia nucleare come una fonte “sostenibile” . Ma sappiamo che lo sviluppo indefinito, il mito del “progresso”, la mentalità riduzionista-dualista-estrattiva, il mantra della “crescita economica” e la distopica tecnofilia dei miliardari californiani (Gates, Bezos, Musk, ecc. ) compresa la colonizzazione dello spazio (definita da Musk come la più grande impresa commerciale dalla scoperta dell’America) sono la radice della crisi ecologica.

Alcuni dati: Sono necessarie 13 tonnellate d’acqua per produrre 1 smartphone. Sono necessarie 15 tonnellate d’acqua per la produzione di 1kg di carne di manzo. Silicon Valley ha un’impronta ecologica 6, ovvero se il mondo fosse come la Silicon Valley sarebbero necessari 6 Pianeti. Il 40% delle emissioni climalteranti è prodotto dall’agro-industria. La colonizzazione dello spazio si concretizzerà come modo per estrarre minerali, gas e litio dai pianeti colonizzati.

Silicon Valley e Big Food sono facce della stessa medaglia e la tecnofilia, come le soluzioni tecnocratiche alla crisi climatica proposte dai capitalisti, sono la continuazione della crisi ecologica. Il cambiare tutto per non cambiare nulla, se non per peggiorare le cose. Vandana Shiva questa cosa la denuncia molto bene: contro gli OGM, contro l’ingegnerizzazione della Natura (editing genetico, ingegneria genetica, geoingegneria), contro la chimicizzazione della vita, la promozione di cibi ultratrattati coltivati in laboratorio (clean meat e plantbased meat).

Come militanti ed attivisti abbiamo il dovere politico e linguistico di dire che la TRANSIZIONE ECOLOGICA non ha nulla a che spartire con la TRANSIZIONE DIGITALE dell’Agenda ONU 2030 (vedasi riflessioni dell’ecogiornalista Nicoletta Dentico a riguardo). La transizione ecologica, come sostiene l’ecofilosofa Gloria Germani, avverrà quando cambieremo stile di vita, metteremo in discussione il modello di sviluppo, di produzione, la stessa società industriale e le basi conoscitive su cui si fonda tutta la scienza cartesiana-newtoniana occidentale e il suo antropocentrismo. Oggi più che mai è un dovere semiotico e politico partire da questa distinzione, per creare nuovi immaginari politici e liberarci dalla colonizzazione dell’immaginario operata sia dalla società industriale sia dai mass media.

Lorenzo Poli

 
Allineata al soggettivismo dominante PDF Stampa E-mail

16 Agosto 2023

 Da Rassegna di Arianna del 12-8-2023 (N.d.d.)

Di quali “diritti” era paladina Michela Murgia? Cosa sono le “famiglie queer”? E perché la notizia della sua morte prematura è stata celebrata dai media con l’enfasi che si dedica a un profeta inascoltato, al difensore di aspirazioni calpestate, quasi ci avesse lasciati un Gandhi scrittore?

Sia chiaro che qui non discutiamo la caratura letteraria e lo spessore intellettuale della scrittrice sarda, ma una volta ancora colpisce molto come la comunicazione sembri sganciare la persona dal personaggio, la donna e l’autrice di romanzi e saggi da ciò che ha finito per rappresentare sulla scena pubblica, specie dopo l’intervista concessa in maggio al Corriere, nella quale oltre a raccontare della sua malattia ormai giunta all’ultima tappa aveva anche parlato della sua “famiglia queer”, definizione ignota ai più ma sufficiente a crearle attorno un alone di avvocata delle cause “scomode”. Una fama che negli anni si era andata consolidando con scritti, interviste e discorsi in cui si era resa protagonista di battaglie per la schwa – la “e” capovolta che al termine di una parola indica l’indifferenza di genere –, sostenendo da tempo con la sua energia argomentativa le campagne sull’eutanasia, il diritto all’aborto e l’omogenitorialità. Tutto questo ha fatto della Murgia l’icona di un’antropologia centrata sulla volontà personale, ispirata a una libertà di scelta insindacabile e a un’autodeterminazione assoluta, che vede nel soggetto il solo arbitro di sé stesso, senza riferimenti ad alcuna istanza oggettiva che lo precede e che condivide con tutti gli esseri umani. Su di me decido io, ognuno decida per sé. Molto in linea con l’idea oggi dominante sulla pubblica piazza, con la “ribellione” come cifra assai reclamizzata e però smentita da un effettivo allineamento al pensiero corrente. Cosa c’è in fondo di più organico alla mentalità diffusa del sentirci padroni di tutto ciò che ci riguarda, e del far pensare che ogni sistema di pensiero, ogni istituzione e legge che vi si oppone sia espressione di una cultura retrograda che crea infelicità?

Il messaggio che ora prevale nei mezzi di comunicazione è della «scrittrice dei diritti», «libera fino alla fine», «attivista a testa alta», con la sua figura eletta a simbolo della contestazione di un ordine che in realtà appare già sgretolato dal soggettivismo dominante. Un pensiero provocatorio come il suo, e ancor di più l’uso che se ne sta facendo come di una bandiera issata su campagne di opinione attorno ad aspetti nevralgici della famiglia e della vita, ci obbliga a un confronto onesto, come sarebbe piaciuto a lei. E tra i diversi punti che si rinvengono nelle sue parole dette e scritte, specie nell’ultimo periodo, forse quello che più sta incidendo sull’immaginario è proprio quello di “famiglia queer” – la prova è che la mattina successiva alla sua morte era tra le domande più frequenti rivolte ai motori di ricerca – intesa da Michela Murgia come «una famiglia ibrida, fondata sullo ius voluntatis: perché la volontà deve contare meno del sangue?». Non più famiglia, dunque, ma contenitore a geometria variabile di affetti variamente assemblati. Se sulla fede della scrittrice sarda nessuno può pronunciarsi, la sua visione della persona va in una direzione opposta a quella personalista e relazionale della dottrina cristiana, che non esenta la volontà da una valutazione etica. Questo sì che oggi è un pensiero “scomodo”.

Francesco Ognibene
 
Il principale motore della storia PDF Stampa E-mail

13 Agosto 2023

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Da Rassegna di Arianna dell’8-8-2023 (N.d.d.)

Parleremo di un fattore strategico che spiega in profondità le crisi e le risposte alle crisi che stiamo vivendo da qualche decennio, e che fa capire quali altri crisi e risposte ci aspettino, e in che senso venga guidato il flusso storico.

Un principio strategico ha visibilmente ispirato, negli ultimi anni, strette creditizie, crisi di borsa, manovre inflative e progetti pandemici dell’élite finanziaria globale, nello sforzo di salvaguardare il privilegio dei privilegi: arricchirsi creando moneta a costo zero e conservare il valore degli assets così acquisiti, senza al contempo scatenare un’iperinflazione o una recessione tali da scuotere le basi sociali dell’ordinamento che hanno costruito e governano. Il privilegio dei grandi banchieri: creare moneta mediante mere registrazioni contabili, ed emetterla usandola per fare acquisti o prestiti a interesse, o manipolazione delle scelte politiche dei governi. Il tutto senza nemmeno dichiarare il profitto così realizzato, e senza pagare quindi le tasse su di esso. E senza che ciò venga a conoscenza dell’opinione pubblica. Ovviamente, ciò che essi tutelano è la stabilità della loro posizione di potere e privilegio, non il progresso, la stabilità, lo sviluppo economico generale. Per arricchirsi non basta ovviamente creare moneta: bisogna che vi sia una domanda di questa moneta da parte del mercato – bisogna, cioè, che vi siano soggetti disposti a darti qualcosa in cambio di essa. E bisogna che la domanda assorba tutta la moneta che vuoi creare ed emettere, altrimenti la sua offerta supera la domanda ed essa si svaluta. La continuità della domanda di moneta è assicurata, in primo luogo, dal fatto stesso che la moneta viene emessa come prestito ad interesse composto, sicché tutta la massa monetaria genera interessi passivi, che si capitalizzano, e vanno pagati con moneta ulteriore a quella già emessa, sicché la società continuerà a domandare nuovi prestiti per pagare gli interessi in scadenza. In secondo luogo, la domanda è alimentata dalla crescita dell’economia, che comporta la domanda di moneta aggiuntiva per gli investimenti e per il pagamento delle crescenti transazioni e dei tributi. I pagamenti internazionali, nel dopoguerra, si sono fatti prevalentemente in dollari, soprattutto quelli per il petrolio e la droga, e questo ha consentito agli USA di comperare gratis, stampando carta. Washington ha condotto pertanto alquante guerre, dirette o per procura, finalizzate a impedire che il petrolio venisse venduto contro altra valuta o contro oro (Iraq, Libia), e a sostenere il narcotraffico (Afghanistan). Ora questo loro privilegio si sta rapidamente riducendo, anche in conseguenza dello scontro sull’Ucraina. Ma la difesa di questo potere del dollaro, del signoraggio monetario internazionale della Fed, è il principale motore della storia del dopoguerra. Senza averlo presente, si capisce poco di ciò che è avvenuto e sta avvenendo; proprio per questo se ne parla il meno possibile. È una specie di conoscenza riservata.

A crescere fino a farsi circa quindici volte più grande dell’economia reale, è stata, però, negli ultimi decenni, soprattutto l’economia finanziaria, improduttiva, assieme al debito pubblico e privato, i cui pagamenti in conto capitale e interesse sono sempre più gravosi e incerti, e una crisi di insolvenza generalizzata travolgerebbe la ricchezza finanziaria accumulata dall’élite, e probabilmente anche le strutture sociopolitiche attraverso cui essa comanda. Pertanto, al fine di prevenire una crisi di solvibilità, essa ha provveduto ad aumentare la massa monetaria con prestiti a tassi quasi nulli attraverso il Quantitative Easing, e ancora prima mediante emissioni occulte di trilioni e trilioni da parte delle banche centrali, come quella scoperta dall’unico, parziale auditing della Fed condotto nel 2016 dal senatore Bernard Sanders. Nel 2019 il sistema monetario finanziario mondiale era arrivato al limite, come spiega Andrea Cecchi nel suo capitolo Tutto è collegato: il virus giusto al momento giusto nel nostro saggio Operazione Corona (Aurora Boreale Editrice, 2020). Dal 2008 in poi, i monopolisti della produzione di denaro, in primis la Banca dei Regolamenti Internazionali e la Fed, avevano trattato e risolto, beninteso provvisoriamente e indebitando le generazioni future, ogni nuova crisi mediante la massiccia creazione e immissione di moneta. Nel 2008-2009 avevano emesso moneta pubblica per risolvere la crisi di liquidità, mantenendo però la struttura incoerente del sistema bancario a beneficio degli speculatori, in modo che potessero bissare abusi e profitti. Successivamente, avevano calmierato i tassi di interesse con nuova immissione di liquidità. Poi, con altre emissioni di liquidità, avevano sostenuto i debiti pubblici, comperando direttamente o indirettamente enormi masse di titoli di stato. In analogo modo avevano anche risolto la crisi dei mutui traballanti. Così il debito aggregato mondiale aveva raggiunto il milione e duecentomila miliardi di dollari. Ma tutta questa massa monetaria aggiuntiva, generata con pari contrazione ossia appioppamento di debito, era andata quasi interamente nei mercati speculativi e anche la parte finita all'economia reale andava producendo sempre meno output positivo, cioè si arenava in una saturazione del mercato. Inoltre il cavallo non beveva quasi più, nel senso che le imprese idonee a ricevere credito non lo richiedevano perché non vedevano dove investire fruttuosamente; mentre quelle senza merito di credito potevano essere finanziate solamente accettando che fosse a fondo perduto. Le banche resesi insolventi in operazioni di alto azzardo erano state risanate col bail out, ossia con i soldi del contribuente, ma non riformate con la reintroduzione del Glass Steagall Act per tenere separate le banche di credito da quelle di azzardo finanziario.

La titanica immissione di nuova moneta, oltre a produrre un gigantesco debito aggregato e gravante sulle generazioni future, aveva favorito la crescita della popolazione e lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e limitate del pianeta. La curva della crescita della popolazione è storicamente parallela a quella della crescita del debito e del consumo dell'ambiente. Però se il credito, ossia la massa monetaria e debitoria, può crescere all'infinito, le risorse del pianeta sono limitate, cosicché inevitabilmente si arriva allo scontro, e in mezzo sta l'eccesso di popolazione. Simultaneamente, procedeva e accelerava la concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di poche persone con ampia diffusione della povertà o precarietà, anche grazie al fatto che alle agenzie di rating, opportunamente pagate, certificavano falsamente la tripla A a titoli spazzatura. Si era creata una situazione esplosiva per effetto della bolla azionaria, del sotto prezzo delle commodities, dei tassi innaturalmente azzerati o negativi, della crisi valutaria dei paesi emergenti, della bolla demografica, della crisi ecologica e climatica, della tensioni belliche, dell’aumento del costo dei beni della vita con calo del potere d'acquisto dei redditi e dei risparmi, dell’aumento della disoccupazione e del disagio sociale, della bolla dei derivati speculativi ascesa a valori incalcolabili anche e soprattutto perché non visibili. Era atteso a breve un aumento dei tassi di interesse sul debito pubblico che avrebbe svalutato i relativi titoli e prodotto quindi un margin call nel settore dei Repo soprattutto interbancari, il quale a sua volta avrebbe innescato il pan e panic selling, cioè una corsa alla svendita di tutti gli assets, con un automatico crollo dei mercati mobiliare e immobiliare dalle conseguenze incalcolabili ma apocalittiche.

Nel giugno del 2019 il mercato dei Repo, quindi la creazione della liquidità interbancaria, stava già entrando in crisi. Nel settembre del 2019 la Banca dei Regolamenti Internazionali, cioè la banca centrale delle banche centrali, lanciò l'allarme di imminente esplosione del sistema. Il 18 ottobre del 2019 a New York si tenne l'Event 201 in cui i potenti della Terra studiarono una simulazione della crisi in questione e misero a punto, come prevenzione, un piano per salvare capra e cavoli, ossia per continuare e ampliare l'immissione di nuova moneta onde evitare l'imminente crisi di insolvenza generale, e insieme per congelare l'economia, ossia gli investimenti, i commerci, la circolazione monetaria, così da evitare pure di accendere una forte inflazione. Questa operazione iniziava col lancio della pandemia poi nota come Covid-19, che avrebbe appunto da un lato consentito l'iniezione attraverso le banche centrali delle nuove ondate monetarie, e dall'altro lato consentito di bloccare le persone e le merci con il lockdown e le quarantene, scongiurando così l’inflazione, e al contempo tenendo la gente a bada e persuadendola che tutto era dovuto a cause naturali, incolpevoli.

Il 20 gennaio 2020 i medesimi partecipanti si riunirono a New York e ricevettero il palinsesto su come procedere anche in campo sanitario e di public relation. I successivi fatti ci sono abbastanza noti. In Italia si fece molto per amplificare il contagio, aumentare i morti, travisarne le cause. Ad ogni modo, il sistema bancario ombra, il settore Repo, è stato salvato e con esso i fondi di investimento che sostengono le pensioni. La gente è stata tenuta in casa. L'economia ha avuto una contrazione, poi ha iniziato a riprendersi, ma già nel 2022 è stata colpita da un rincaro dell'energia, delle materie prime e dei trasporti, che la farà flettere.

Se l’Impero del Dollaro avesse potuto continuare ad espandersi, allora la sua espansione avrebbe risolto il problema, prendendo risorse dai popoli e dalle terre conquistate, come ha fatto finora e come faceva l’Impero Romano – l’ultimo tentativo, in corso, è sull’Ucraina; ma alcuni paesi colonizzati già si ribellano  e, soprattutto, oramai l’espansione dollariana si scontra col blocco commerciale dei Brics, che si evolve in blocco monetario. E con la loro forza militare. Perciò, come a suo tempo il basso Impero Romano, il basso Impero del Dollaro deve prendere risorse da coloro che già sono suoi sudditi, togliendole alla popolazione generale, e iniziando dai paesi periferici, come l’Italia. Lo fa mediante un mix (diversamente modulato da paese a paese) di pressione fiscale, stretta creditizia, restrizione del commercio, degli spostamenti, dei trasporti, innalzamento dei dazi e delle sanzioni, forti rialzi del tasso di interesse, aumento della mortalità (malattie e vaccini) e calo delle nascite. Washington, creando un vantaggio in termini di minore tassazione e minori costi dell’energia, attrae investimenti e imprese dall’Europa.

Come dicevamo, hanno incominciato  col Covid e con le conseguenti restrizioni agli scambi commerciali, ai trasporti di merci e persone, con le quarantene e chiusure di frontiere, col lockdown, col greenpass etc. Questo insieme di cose ha causato una strozzatura delle forniture, quindi un rialzo dei prezzi non inflativo (cioè non derivato da eccesso di liquidità e di domanda sull’offerta), ma che è stato presentato all’opinione pubblica come inflativo per giustificare una serie di aumenti dei tassi di interesse finalizzata a ri-congelare l’economia, come nel 2020 – infatti gli indici preannunciano un forte calo per l’autunno prossimo. Inoltre, Washington, che gode di autosufficienza - anzi di surplus energetico - ha imposto all’Europa occidentale tagli alle importazioni di prodotti energetici russi a buon mercato, e la loro sostituzione col molto più costoso gas americano, così da aumentare la domanda di dollari per pagarlo, oltre a realizzare un profitto, a rendere l’industria europea meno competitiva, e ad incentivarla a trasferire la sua produzione in America.

La produzione di nuova moneta, oltre che a sostenere il debito pubblico e privato nonché i livelli di borsa, viene canalizzata in impieghi inutili ai fini della crescita reale e della produzione di beni e servizi utili e prezzi migliori - impieghi come la falsa green transition e l’eguagliamento di gender (14 miliardi nel nostro PNRR). Nella strategia rientrano anche le imposizioni della green transition, peraltro inutile perché non tocca i principali inquinatori, ossia Cina e India. Rientra la sostituzione dei bianchi autoctoni, che costano molto, con immigrati semischiavi: i latinos negli USA, gli africani in Europa. Morale: alla luce del presente conflitto militare, commerciale e finanziario con i paesi Brics, e delle loro iniziative in fatto di una nuova valuta internazionale, non resta che sperare che il sistema monetario sopra descritto, basato sulla moneta debito e sull’illimitato indebitamento del mondo, crolli, travolgendo i suoi manovratori e beneficiari, che sono poche grandi famiglie dinastiche ai vertici delle banche centrali e della BIS. E che sia sostituito da un sistema monetario diverso, basato su una moneta generata senza indebitamento e in modo contabilmente trasparente. Altrimenti, per una via o per l’altra, si tornerà sempre daccapo. Ma anche qualora questa sostituzione avvenga, e si realizzi nel modo più efficace e benigno, resterà l’esigenza oggettiva di trovare una soluzione al sovraccarico demografico e all’esaurimento delle risorse planetarie. E resterà il fatto che, per effetto della finanziarizzazione dell’economia, della centralizzazione del potere reale, e dell’avvento dell’intelligenza artificiale, le masse sono divenute superflue, oltre che ecologicamente insostenibili. Quindi, se non interverrà un fattore qualitativamente innovativo, in un modo o nell’altro il tristo percorso riprenderà.

In sociologia, tradizionalmente si disputa se tutti i fatti sociali possano essere spiegati col fattore economico, come sostiene il marxismo. Operano invero anche altri fattori, come la religione, la sete di potere, il sesso, la filantropia eccetera. Ma su tutti quello economico è prevalente perché solo la ricerca di guadagno mette d'accordo praticamente tutti ed è in grado di coordinare molte persone in modo stabile e complesso; e solo il denaro è frazionabile, trasferibile, conservabile, numerabile. Solo per esso quasi tutti sono pronti a fare o a dare qualsiasi cosa. Una grande organizzazione, come una multinazionale o uno stato, mossa dalla avidità, passa sopra tutti gli altri fattori socialmente rilevanti, arriva a sacrificare milioni di vite. Quindi, quand'anche l'avidità fosse derivabile dalla pulsione sessuale come vorrebbe Freud, il fattore economico conserverebbe la sua specificità funzionale e resterebbe predominante su tutti. La fame di denaro non solo aggrega in organizzazioni stabili ed enormi i soggetti sociali, ma, essendo queste grandi organizzazioni impersonali, le anestetizza contro l'empatia umana e ogni valore alternativo e contrastante con quello del profitto, compresi quelli ecologici. Cioè le astrae dagli altri fattori socialmente attivi, che eserciterebbero un effetto moderatore.

Le altre passioni umane non possono fare altrettanto in fatto di aggregazione e di anestesia. La passione erotica può dar luogo all'aggregazione di un gruppo di stupro o di orgia, che è piccolo e dura pochissimo. La passione filantropica dà luogo a un volontariato che diventa forte e potente solo quando si trasforma in azienda sostanzialmente mirante al profitto o finanziata da imprese migranti al profitto. La passione religiosa può aggregare molte persone anche in una guerra come quelle di conquista islamica nel medioevo, ma nella storia i casi di questo tipo sono rari e in ogni caso anche le guerre religiose dipendono dal fattore denaro sia per i loro costi che per i loro scopi e rendimenti, mentre la ricerca del profitto non dipende da fattori diversi da se stessa e dal denaro.

Per completare il tema: nel secondo dopoguerra, la prevalenza del denaro sugli altri fattori sociali si è moltiplicata a dismisura per effetto della centralizzazione del controllo finanziario attraverso l'instaurazione di un controllo centralizzato della creazione monetaria, della allocazione del credito e del rating. Il potere finanziario centralizzato oggi condiziona o prende direttamente le scelte politiche, e dispone di una sua industria culturale che produce mode, morali, desideri, la percezione condivisa della realtà, le nuove ideologie cerca diritti dell'uomo e religione, nonché le "verità" scientifiche che le sono funzionali. Praticamente ha un ampio controllo di quasi tutti gli altri fattori sociali, ridotti alla quasi impotenza e in ogni caso alla incapacità di esercitare una funzione moderatrice e riequilibratrice sistemica. Hanno parimenti perso prestigio e influenza su tutti i piani. Lo squilibrio unilaterale del sistema che ne risulta è vistoso e irrimediabile dall'interno del sistema stesso.

Marco Della Luna

 

 

 

 

 

 

                 

 
La nuova frontiera del capitalismo della sorveglianza PDF Stampa E-mail

10 Agosto 2023 

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 Da Rassegna di Arianna del 6-8-2023 (N.d.d.)

C’è ancora chi crede che il Politicamente Corretto sia qualcosa che riguarda solo il linguaggio verbale? È nato così, negli Usa, sul finire degli anni Ottanta, in quegli ambienti “colti” e liberal che infestavano le università dove cominciarono a comparire regolamenti di condotta verbale (gli “speech codes”) per scoraggiare l’uso di parole ed espressioni ritenute discriminanti. E così si modificava il vocabolario di molte denominazioni per generare forme neutre, spesso edulcorate se non addirittura ridicole. Il paziente diventava assistito, il cieco non vedente, i becchini operatori cimiteriali, i contadini operatori agricoli, la mattanza raccolta di tonni. E siccome la cosa funzionava, nel senso di distorcere la realtà in modo che si perdesse la sua percezione, si cominciò a parlare di “bombardamenti umanitari” che esportavano la democrazia, che i liberal progressisti che si andavano replicando nel nostro mondo ben si guardavano dal definire una vera e propria aggressione oltre che alla dignità dei popoli sottoposti a tali trattamenti pedagogici (iracheni, afghani…) al semplice buon senso. Ma poi abbiamo cominciato a capire che il campo di applicazione non era solo quello linguistico, con l’imposizione nelle varie articolazioni del potere della neo lingua imperiale, ma direttamente quello sociale, con la “premiazione” di comportamenti sempre più “suggeriti” come corretti. Le varie “emergenze” hanno di volta in volta così imposto il giusto linguaggio e la giusta postura da assumere. L’emergenza “spread” a botta di “lo vogliono il mercati” faceva passare l’austerità neoliberista (da noi con Monti), l’emergenza covid faceva passare la fine della medicina di prossimità e tutte le porcherie imposte da un sistema asservito alle multinazionali del siero magico, ora l’emergenza climatica copre la necessità del capitalismo occidentale di ristrutturarsi lavorando sul senso di colpa dell’individuo responsabile del “surriscaldamento” globale per non trovarsi di fronte a una resistenza (come succedeva nel passato) rispetto a licenziamenti e peggioramento delle condizioni di vita. Per non parlare dell’emergenza anti-russa per consegnarci completamente nelle braccia amorevoli della “democrazia” Nato.

Ora scopriamo che l’ideologia del Politicamente Corretto, che, ripeto, corrisponde a una pratica concreta, serve a bloccare i conti correnti dei clienti non «compatibili con l’azienda bancaria», come scrive nero su bianco la britannica banca Coutts, «in contrasto con la nostra organizzazione inclusiva». Non riguarda solo il caso del cattivo Farage ma ben 350mila depositi a privati e associazioni, che in un anno si son visti cancellati i propri depositi da banche ossequiose alle direttive sui “giusti” comportamenti.

Lo aveva già fatto meno di due anni fa Justine Trudeau in Canada bloccando i conti correnti di quei camionisti che protestavano contro le misure liberticide con la scusa della pandemia. Le banche stanno facendo quello che nella scuola accade già da un po’ di tempo: dare un punteggio più alto allo studente che mostra di aver fatto percorsi ritenuti “giusti” dal punto di vista della “inclusività”. Così in Gran Bretagna – lo dichiara il “Daily Mail” – i conti chiusi sono aumentati da meno di 50mila nel 2016 a quasi 350mila l’anno scorso. La nuova frontiera del capitalismo della sorveglianza agisce quindi non più sul “solo” piano della messa all’indice dei comportamenti disallineati, sulla loro criminalizzazione e discriminazione reale, ma sul piano del sequestro della fonte del proprio sostentamento materiale.

Antonio Catalano

 
Cosa resta dell'emergenza Covid PDF Stampa E-mail

8 Agosto 2023

 Da Rassegna di Arianna del 6-8-2023 (N.d.d.)

Con enorme ritardo e nell'indifferenza generale pare stia per essere tolto l'obbligo di isolamento per chi è positivo al COVID. Eppure i decessi per COVID, pur poco numerosi e di persone che erano quasi sempre afflitte da altre gravi patologie, sono stati, nell'estate 2023, più o meno gli stessi di quelli che si sono registrati nelle estati 2020, 2021 e 2022. Che cosa è cambiato nel frattempo? È cambiata l'attenzione mediatica. I mezzi di comunicazione, che per due anni hanno diffuso terrore presso il pubblico degli sprovveduti, si sono indirizzati ad altre emergenze, quella bellica e quella climatica. Ora che la positività non servirà più a farsi dare una settimana di malattia dal medico di base è facile prevedere che anche il numero dei tamponi tenderà ad azzerarsi. I morti col COVID torneranno ad essere registrati come morti di cancro, di infarto, di polmonite, di ictus o, più semplicemente, di vecchiaia. Il coronavirus ridiventerà quello che probabilmente è sempre stato, una semplice influenza (forse un po' più grave, ma non è possibile dirlo perché, essendo state fin dall'inizio boicottate le medicine efficaci, ogni paragone con le epidemie influenzali del passato risulta improponibile).

Che cosa resterà, allora, di questa vicenda incredibile? Oltre ai terribili danni  provocati a milioni di persone ( soprattutto giovani ed anziani) che sono rimaste colpite nel corpo e nella psiche da mesi di isolamento, costrizioni e  ricatti, resterà l'abitudine a far strame dello stato di diritto e della verità, imponendo la volontà di pochi attraverso la creazione di  emergenze più o meno fittizie. Con questa pratica di governo, purtroppo, dovremo confrontarci ancora a lungo.

Silvio dalla Torre

 
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