21 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 16-5-2025 (N.d.d.) La Repubblica Popolare Cinese è l’oggetto misterioso che incuriosisce l’Occidente. Molti la osservano come fosse una galassia lontana, ma la distanza si rivela soprattutto psicologica più che geografica perché in troppi temono questa realtà e provano diffidenza cercando di alzare i famosi muri che a parole tutti dicono di voler abbattere. Fino a molti anni fa gli occidentali fantasticavano sulla Cina prevalentemente attraverso i fumetti americani, tramite un eroe dei comics del 1939. Era il popolare Flash Gordon che sbarcava con un’astronave sul pianeta Mongo dove regnava lo spietato imperatore Ming. Quel pianeta era chiaramente la Cina e Gordon era un moderno Marco Polo. Poi, negli anni Sessanta, dalla Cina pervennero le immagini della rivoluzione culturale, delle guardie rosse e della città proibita, un immaginario che sembrava alimentare la logica di quello precedente. Oggi, però, esistono anche coloro che la guardano come una possibile opportunità perché sono sempre di più quelli che riconoscono al gigante asiatico il grande contributo alla stabilità internazionale, soprattutto in confronto alle convulsioni e agli avventurismi di un Occidente che si percepisce al tramonto. Il dragone asiatico sembra veramente appartenere a un mondo parallelo perché esistono sempre profonde differenze con il nostro modello di civiltà. Taluni, per creare diffidenza, scavare un solco e per colpevolizzare la realtà emergente, ricorrono alla paura del pericolo comunista. Comunismo è diventata una parola che per molti oggi, anche a Sinistra, corrisponde a una scomunica analoga all’accusa di eresia al tempo della Controriforma. Certe “eresie” ideologiche in Occidente fanno il paio con l’accusa di fascismo, termine che ha subito una vera damnatio memoriae. Il fatto è che nella massa, oggi, purtroppo, quasi nessuno sa più cosa sia stato il comunismo e tanto meno sanno cosa sia stato il fascismo come fenomeno storico, ideologico, economico e politico. Anche in altre epoche, per fare un esempio, nessuno sapeva cosa significasse essere una strega anche se tutti ne parlavano e, se capitava, molti si recavano a vedere i roghi di quelle poverette. Anche in altre epoche le fake news erano di casa e questo anche se avevano altre denominazioni. Secondo l’ideologia di Marx, il comunismo non è ancora ben definito filosoficamente. Infatti si parla di “libera associazione di produttori”. In cui si può intendere che se è libera veramente e non obbligatoria, esistono anche produttori che potrebbero perseverare adottando il metodo tradizionale di produzione. Fu Lenin a cercare di mettere un po’ di ordine con lo statalismo e l’economia pianificata ma lasciando per un periodo spazio alla libera impresa con la NEP. Torniamo alla Cina perché siamo incuriositi da un’interessante intervista a un ricco capitalista cinese di nome Eric Xun. Sappiamo che oggi in Cina esiste una notevole parte di economia privata ed esiste il libero mercato con molti capitalisti miliardari. Nell’intervista Xun illustra le principali differenze fra Cina e Stati Uniti. In Cina esiste, esattamente come negli USA, il grande capitale privato ma è controllato dalla politica e non ha la forza di controllare il governo o dettare la linea. Negli USA, al contrario, è il grande capitale che da sempre detta la politica economica. In America, dice Xun, cambiano e si alternano i partiti al governo ma non può cambiare la politica economica. In Cina, al contrario, non può cambiare il partito che governa ma proprio per questo può essere mutata la politica economica a seconda delle esigenze. In Cina esiste una economia di mercato come in Occidente ma, nonostante ciò, non si può definire un paese capitalista perché non sono i capitalisti che governano il Paese. I capitalisti cinesi non influenzano la politica del Politburo che sarebbe l’ufficio politico del Partito Comunista Cinese unico soggetto legittimato a prendere decisioni economiche che basa la sua forza sul partito, cinghia di trasmissione col popolo, e sull’esercito. Negli Stati Uniti, sappiamo invece che è la finanza che obbliga molte scelte politiche ed economiche dello Stato e in Europa il fenomeno è ancora più marcato. È la teoria che nel lontano 1994 era stata avanzata dall’ economista Gianfranco La Grassa, docente all’università di Pisa e Venezia e studioso di marxismo, in polemica col filosofo Costanzo Preve sulla rivista Metropolis. La Grassa asseriva che, nonostante il libero mercato, la Cina non si può chiamare Stato capitalista in quanto esiste il primato dello Stato sull’economia, al contrario che nei sistemi capitalisti in cui il primato riconosciuto è quello dell’economia sulla politica e lo Stato si deve fare sempre più di lato. Potremmo aggiungere che è la differenza fra lo Stato totalitario e l’oligarchia finanziaria. Questo se vogliamo togliere l’odore sulfureo al termine totalitarismo per ridargli il senso che gli era sempre stato dato da Rousseau, dai Socialisti ed anche da molti marxisti. Una frase di Mussolini, demonizzata come ogni parola che ha detto, recitava: “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato”. È una frase che avrebbe apprezzato il sociologo socialista e per un certo periodo soreliano, Robert Michels, il nemico di ogni oligarchia. Francesco Petrone
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20 Maggio 2025 Israele ha iniziato la fase più spaventosa del genocidio: l'invasione di terra dell'intera Striscia. Le voci su Twitter dei pochi giornalisti sopravvissuti alla campagna di eliminazione mirata e della gente comune di Gaza sono unanimi, la ferocia totalitaria di questo massacro finale è senza precedenti. I bombardamenti non si fermano un istante: centinaia di attacchi aerei, artiglieria che spara incessantemente nel mucchio, sulle cosiddette “zone sicure” che sicure non sono mai state, colonne di carri armati che si dirigono verso gli ultimi rifugi di una popolazione stremata da quasi tre mesi senza cibo distruggendo tutto a cannonate. L'obiettivo, pubblicamente dichiarato dal governo Netanyahu, è quello di spazzare via i palestinesi una volta per tutte. Coloro che sopravviveranno ai carri armati che distruggono le case con dentro le famiglie verranno scacciati in un fazzoletto di terra nell'estremo sud, ai confini con l'Egitto, dove Israele sta freneticamente demolendo gli ultimi edifici e infrastrutture rimaste in piedi per rendere la zona totalmente inadatta alla vita. Il piano prevede che i palestinesi non rimarranno lì, ma verranno deportati in massa altrove. Le ultime notizie dagli USA raccontano che Trump sta lavorando a un piano per deportare permanentemente almeno un milione di persone in Libia: uno stato che non è uno stato, diviso tra fazioni perennemente in guerra, dove l'unica legge è quella della forza e dove già adesso decine di migliaia di innocenti desiderosi di migrare sono reclusi in autentici campi di tortura lautamente finanziati dall'Italia e dall'Unione Europea. In questi ultimi giorni vari importanti giornali mainstream in Italia e all'estero hanno finalmente ospitato sporadiche prese di posizione contro il massacro di Gaza, tra essi anche il Corriere della Sera e il Financial Times. Molti hanno accolto queste prese di posizione con speranza, illudendosi che siano l'inizio della fine del genocidio, ma temo che in verità sia esattamente l'opposto. Queste prese di posizione (comunque annegate nel consueto mare di disinformazione che le stesse testate continuano a portare avanti) arrivano proprio adesso per un motivo molto semplice: sono convinti che il genocidio di Gaza è infine giunto alle fasi finali e verrà presto compiuto. Queste tardivissime ammissioni avvengono proprio perché sono tardive: chi le assume è perfettamente consapevole che nessuno interverrà per fermare la strage finale, e quindi può tranquillamente indignarsi e versare lacrime di coccodrillo senza dover poi portare avanti questa posizione nel tempo e infastidire realmente i genocidari. Lo scopo è tanto evidente quanto disumano: cercano di accreditarsi, a futura memoria, come oppositori del più spietato e allucinante crimine che sia mai stato perpetrato alla luce del sole, in modo da proporsi come "i buoni" che hanno cercato di fermare i crimini, quando in realtà sono stati proprio loro, con 19 mesi di continua e deliberata complicità, a renderli possibili. Queste prese di posizione orribilmente ipocrite non indicano quindi un'inversione di tendenza: sono il segno che i genocidari e i loro complici che ora si stracciano le vesti sono ormai certi che la pulizia etnica verrà completata in tempi brevi. Quello che vedremo nei prossimi giorni supererà in ferocia ogni precedente storico, perché grazie al prolungato silenzio di morte della maggioranza della cosiddetta "società civile", i genocidari sanno che ora tutto è permesso. L'ultimo miglio della folle corsa verso la soluzione finale è iniziato, e gli infami sedicenti democratici del civilissimo Occidente hanno un solo pensiero: "speriamo facciano presto". Alessandro Ferretti
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16 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 14-5-2025 (N.d.d.) Dopo un anno e mezzo di Atrocità Genocide, i comitati editoriali di numerose testate giornalistiche britanniche si sono improvvisamente schierati duramente contro l'attacco israeliano a Gaza. Il primo passo lo ha fatto la scorsa settimana il Financial Times, in un articolo del comitato editoriale intitolato: "Il Vergognoso Silenzio dell'Occidente su Gaza", che denuncia gli Stati Uniti e l'Europa per aver "dichiarato a malapena una parola di condanna" per la criminalità del loro alleato, affermando che "dovrebbero vergognarsi del loro silenzio e smettere di permettere a Netanyahu di agire impunemente". Poi è arrivato l'Economist con un articolo intitolato: "La Guerra a Gaza Deve Finire", in cui sosteneva che Trump avrebbe dovuto fare pressione sul Regime di Netanyahu per un cessate il fuoco, affermando che "Gli unici che traggono beneficio dal proseguimento della guerra sono Netanyahu, che mantiene intatta la sua coalizione, e i suoi alleati di estrema destra, che sognano di svuotare Gaza e ricostruirvi insediamenti ebraici". Sabato è uscito un editoriale dell'Independent intitolato: "Fine del Silenzio Assordante su Gaza: È Ora di Parlare", in cui si sosteneva che il Primo Ministro britannico Keir Starmer "dovrebbe vergognarsi di non aver detto nulla, soprattutto perché Netanyahu ha annunciato nuovi Piani per espandere il già devastante bombardamento di Gaza", e si affermava che "è ora che il mondo si svegli su ciò che sta accadendo e chieda la fine delle sofferenze dei palestinesi intrappolati nell'enclave". Domenica la redazione del Guardian ha pubblicato un articolo intitolato: "Il Punto di Vista del Guardian su Israele e Gaza: Trump Può Fermare Questo Orrore. L'alternativa è Impensabile", affermando che "Il Presidente degli Stati Uniti ha la forza per imporre un cessate il fuoco. Se non lo fa, darà implicitamente il via libera a quello che sembra un piano di distruzione totale". "Cos'è questo, se non un Genocidio?", si chiede il Guardian. "Quando agiranno gli Stati Uniti e i loro alleati per fermare l'orrore, se non ora?" Per essere chiari, si tratta di editoriali, non di commenti. Ciò significa che non sono l'espressione dell'opinione di una singola persona, ma la posizione dichiarata di ciascuna testata nel suo complesso. Abbiamo visto occasionalmente editoriali critici nei confronti delle azioni di Israele durante l'Olocausto di Gaza sulla stampa occidentale tradizionale, ma vedere le testate stesse denunciare aggressivamente Israele e i suoi sostenitori occidentali contemporaneamente è una novità assoluta. Alcuni sostenitori di Israele di lunga data hanno inaspettatamente iniziato a cambiare idea anche a livello individuale. Il deputato conservatore Mark Pritchard ha dichiarato la scorsa settimana alla Camera dei Comuni di aver sostenuto Israele "a tutti i costi" per decenni, ma di aver poi aggiunto: "Mi sbagliavo", e di aver ritirato pubblicamente tale sostegno in merito alle azioni di Israele a Gaza. "Per molti anni, sono in questa Camera da vent'anni, ho sostenuto Israele praticamente a tutti i costi, a dire il vero", ha dichiarato Pritchard. "Ma oggi voglio dire che mi sono sbagliato e condanno Israele per ciò che sta facendo al popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, e vorrei ritirare immediatamente il mio sostegno alle azioni di Israele, a ciò che sta facendo in questo momento a Gaza". "Sono davvero preoccupato che questo sia un momento storico in cui le persone guarderanno indietro e scopriranno che abbiamo sbagliato come Paese", ha aggiunto Pritchard. L'opinionista filo-israeliana Shaiel Ben-Ephraim, che aveva denunciato con aggressività i manifestanti universitari e accusato i critici di Israele di "Infamia del Sangue" (antisemitismo) durante l'Olocausto di Gaza, ora ha fatto una dichiarazione pubblica e ha ammesso che Israele sta commettendo un Genocidio a cui bisogna opporsi. "Ci ho messo molto tempo per arrivare a questa considerazione, ma è ora di ammetterlo. Israele sta commettendo un Genocidio a Gaza", ha twittato di recente Ephraim. "Tra i bombardamenti indiscriminati degli ospedali, la fame della popolazione, i piani di Pulizia Etnica, il Massacro degli operatori umanitari e gli insabbiamenti, non c'è scampo. Israele sta cercando di sradicare il popolo palestinese. Non possiamo fermarlo se non lo ammettiamo". È strano che a tutte queste persone sia servito un anno e mezzo per arrivare a questa considerazione. Io stessa ho una tolleranza molto inferiore per il Genocidio e l'Omicidio di Massa di bambini. Se si è appoggiato il Genocidio per diciannove mesi, sembra un po' strano iniziare improvvisamente a urlare di quanto sia terribile e chiedere di frenare all'improvviso. Queste persone non hanno improvvisamente sviluppato una coscienza, stanno solo fiutando cosa c'è nell'aria. Una volta che il consenso supera un certo punto, è naturale che si scateni una corsa folle per evitare di essere tra gli ultimi a opporsi, perché sanno che porteranno quel marchio in pubblico per il resto della vita, dopo che la storia avrà esaminato con chiarezza ciò che hanno fatto. Dopotutto, questo avviene in un momento in cui l'amministrazione Trump sta iniziando a irritare Netanyahu, spingendo di recente il Primo Ministro israeliano a dichiarare: "Penso che dovremo disintossicarci dall'assistenza alla sicurezza degli Stati Uniti", quando Washington ha scavalcato Tel Aviv e ha negoziato direttamente con Hamas per ottenere il rilascio di un ostaggio americano. A quanto pare, gli Stati Uniti stanno escludendo Israele da un numero sempre maggiore di negoziati di affari internazionali in Paesi come Yemen, Arabia Saudita e Iran. Qualcosa sta cambiando. Quindi, se dopo tutto questo tempo qualcuno sta ancora sostenendo Israele, il mio consiglio è di cambiare finché può. C'è ancora tempo per essere i primi tra i mascalzoni in questa folle corsa, ed evitare di essere gli ultimi a iniziare a comportarsi come se si fossero sempre opposti all'Olocausto di Gaza. Caitlin Johnston
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Guerrafondai al servizio di oligarchie |
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14 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 12-5-2025 (N.d.d.) Davanti al fiorire di ipotesi sui gesti goffissimi e maldestri dei tre Paperoga guerrafondai (Starmer, Macron, Merz) che cercavano di nascondere con enorme imbarazzo alcuni oggetti sul tavolo della loro riunione in treno, stiamo perdendo di vista un aspetto: questi non vanno valutati con le normali interpretazioni che si riserverebbero alle personalità politiche normali (e sempre più rare) che abbiano ancora una qualche connessione con il loro popolo. In questo caso stiamo parlando di tre assoluti sociopatici in mano a potenti oligarchie per le quali svolgono un lavoro di pura obbedienza, del tutto privi di un pensiero politico autonomo, sempre più indifferenti al consenso perché portati a sacrificare senza battere ciglio intere popolazioni. Qualcuno ha pronto per loro un copione da recitare, dove la democrazia non conterà più nulla. Starmer, a dispetto dell’intera storia laburista britannica da cui proviene, ha di recente deciso di smantellare entro l’anno con decine di migliaia di licenziamenti il nerbo del sistema sanitario, il tutto mentre stanzia miliardi per un folle riarmo, senza nessun rimorso e nessun occhio rivolto alla colossale impopolarità che gliene deriva. Starmer va come un treno lanciato verso il fianco di una montagna, come se nulla fosse, come se il crescente consenso del partito di Farage dovesse essere travolto da un fatto più grave e inarrestabile. Macron si è ridotto a reggere tutto il suo potere con manovre di Palazzo talmente misere e impacciate che farebbero apparire i “governi balneari” italiani di 50 anni fa capolavori da statisti. Vuole a tutti i costi spendere il capitale nucleare residuo accumulato dal ruolo di mini-superpotenza della Francia per intestarsi il sabotaggio della pace perseguito dalla classe dirigente globalista russofoba (provvisoriamente ridimensionata dalla confusa perestrojka di Donald Trump). Anche Macron ha messo in modalità “a tutto vapore” la corsa verso la catastrofe, pronto a impedire chissà con quali soprese la corsa di Marine Le Pen. Merz – da parte sua - vuole assorbire intorno a Berlino gran parte del riarmo europeo e rendere irreversibile la rottura con la Russia, al punto da promettere perfino la distruzione del Ponte di Kerč che unisce la Crimea al resto della Federazione Russa. Anch’egli è già dentro una rovinosa caduta dei consensi, ma lui pure se ne frega, come se fosse disposto a tutto, con i servizi segreti tedeschi che scalpitano per trovare pretesti per eliminare il principale partito di opposizione. Nessuno stupore quindi che quel che nascondevano in modo grottesco i tre Paperoga guerrafondai possa essere la qualunque. Qualunque cosa nascondessero, non era la più grave praticata delle loro personalità profondamente disturbate al servizio di potentati ancora più impazziti. Anche se non sarà facile ricostruire una partecipazione di massa, saranno i popoli a doversi riprendere la parola e il peso del consenso sovrano. Diventa una questione di autodifesa, perché l’orizzonte di questi maggiordomi di Blackrock è un’Europa armata e armante votata alla guerra. Pino Cabras
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Alchimia per i giorni nostri |
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13 Maggio 2025 Così in basso come in alto è una formula alchemica che allude alla consapevolezza che quanto accade nello stato materiale ha una corrispondenza spirituale e viceversa, cioè che quanto possiamo osservare nella cosiddetta realtà concreta contiene ed esprime ciò che è presente in quella sottile o metafisica. Una dualità che cessa di essere tale, la consapevolezza della quale permette di esorcizzarla, fino a riconoscere in tutte le parti, apparentemente separate, l’intero che le contiene e mostra. La presenza nelle nostre coscienze di quanto non è misurabile, dell’assoluto, dell’infinito, del mistero o di Dio permette di dare verità al motto alchemico, in quanto è dall’informe e uniforme vuoto che anima l’eterno, che avviene il pieno delle forme difformi della storia. Ed è per la medesima prospettiva che per il buddhismo “non conta l’atto in sé ma quello dotato di intenzione”, tanto nel bene quanto nel male. Dunque l’innocenza, qualsiasi effetto comporti, non ha effetti sull’evoluzione umana, ma ne ha invece l’intenzione interessata, egoica, tanto da mantenerci nel ciclo del samsara, cioè legati alla sofferenza. Il cambio di paradigma dalla concezione della realtà oggettivata – univoca e per tutti identica, nonché separata da noi – a quella soggettivata – che si realizza al nostro cospetto e che dipende dal nostro stato, dal corpo organico in cui siamo presenti – scaturisce nel momento in cui possiamo pronunciare la formuletta quale nostra creazione e non come slogan, scimmiottatura, luogo comune o vanto d’erudizione intellettuale. Capire non basta, ricreare è necessario. È un discorso inaccessibile a chi risiede, per ideologia, cioè per carenza di consapevolezza, nel piano razional-positivista e material-meccanicista. Un territorio che, come tutti gli altri , genera le sue verità. Tra queste, la negazione che altro ci sia oltre alla cosiddetta materia. Manca però un’ulteriore considerazione.L’avvento della consapevolezza necessaria per riconoscere in che termini la formula alchemica sia rappresentativa dell’identità umana e contemporaneamente della realtà che gli uomini descrivono, richiede il simbolo e l’archetipo. Più esattamente e rispettivamente, il riconoscimento del potere energetico delle forme e l’identità sostanziale celata dalle forme stesse. Cessare la concentrazione sulle forme permette di vedere le forze, i veri moventi, che giacciono e agiscono sulle e nelle persone, quali l’orgoglio, l’ideologia, il risentimento, il sentimento, l’esigenza, la morale, il senso di colpa, ecc., non quando questi sono evidenti o dichiarati, ma quando celati, anche a noi stessi, sotto il tappeto della cosiddetta buona educazione, dell’ipocrisia, della bugia, dell’orgoglio, della debolezza, del vittimismo. Nella letteratura ermetica, la formuletta è normalmente attribuita a Ermete Trismegisto (tre volte saggio). Ma Ermete, sempre secondo la letteratura, più che un essere storico è figura divina estrapolata dalla cultura greca, a sua volta derivata dal dio Thot della cultura egizia. Entrambi, tra le numerose doti di cui sono ricchi, dispongono della consapevolezza della comunicazione, del logos creatore di realtà, dell’emozione quale madre partoriente del solo mondo che possiamo narrare. Le emozioni, fondamenta di ogni nostro ordinario e straordinario, possono dirsi anche il territorio, da esse ben delimitato, in cui ci muoviamo, tanto nel particolare quanto in generale, ovvero tanto nel credere e pensare concreto quanto nelle consapevolezze o inconsapevolezze che impongono quel fare e quel pensare. Tra le opzioni offerte dall’etimologia del lemma alchimia, quella greca che allude a fusione pare la più funzionale a cogliere la via per la conoscenza – appunto – seguita dagli alchimisti. I suoi segreti – chiamiamoli così – iniziano a svelarsi, cioè a divenire banalità a tutti accessibili quando, a partire dalla sua missione di trasformare il piombo in oro, invece di ridere e deridere, si assume l’intento fino a trovare il contenuto che quella formula – appunto – nasconderebbe. Solo il materialista ride e deride, ma si avvia al processo evolutivo quando riconosce che ogni affermazione allude a una prospettiva che la impone, quando capisce di aver scambiato l’interpretazione per la realtà. Se in quel momento avvia la ricerca, giungerà a vedere in che termini – allegorici – è effettivamente possibile trasformare in oro il piombo. Gli alchimisti lo narrano a loro modo. Secondo il pensiero alchemico, tre sono le emozioni che corrispondono ad altrettante fasi dell’evoluzione esistenziale, il cui culmine implica – appunto – la fusione con il tutto, o la consapevolezza della natura della cosiddetta materia quale espressione del cosiddetto spirito, cioè la conoscenza, da loro simboleggiata dalla quintessenza o pietra filosofale, simbolica fucina della ricetta di tutte le cose del mondo tanto in basso quanto in alto. I tre stadi, che chiamano nigredo, albedo e rubedo, rappresentano ognuno uno stato, un’emozione avviluppante in cui, come nelle palle di vetro dei souvenir, concepiamo il mondo ed effettivamente ci sembra di constatarlo nell’osservazione. Nigredo indica lo stato in cui nella palla di vetro troviamo la cosiddetta realtà oggettiva, in cui la verità è scientificamente dimostrabile e ciò che non lo è non esiste, è una suggestione, o non è verità. È la fase dell’arroganza umana, per eccellenza di stampo illuminista, e della sofferenza. Albedo indica la fase in cui prendiamo coscienza della palla o dell’emozione che ci contiene, quindi anche della riduzione della conoscenza entro la modalità analitica, logica, razionale e materiale, nonché della vita esaurita nella modalità egocentrica e antropocentrica. Un criterio nel quale l’io e l’uomo sono considerati indipendenti dal mistero, tanto che credono di poterlo indagare con gli inadeguati strumenti del materialismo. È la fase della sorpresa e della rivoluzione, tuttavia, in particolare nella prima parte, spesso troppo concentrata sulla ricerca cognitiva e intellettuale, cioè con l’impiego di modalità inadeguate. Con Rubedo il diametro del souvenir tende all’infinito, eppure in ogni istante siamo consapevoli della sua dimensione. Dunque, con rubedo si intende l’avvento della consapevolezza della circolarità del tempo, quindi della ripetitiva necessità di attraversare tutte e tre le fasi al fine della trasmutazione, o della morte dell’ignoranza e della rinascita nella conoscenza. Conoscenza del proprio e altrui stato, dell’assoluta nostra responsabilità di tutto, della dinamica che vincola e muove le relazioni, della percezione delle energie di un luogo, di una persona, della possibilità di cogliere dal particolare l’intero, della chiaroveggenza, dell’attendibilità dell’oracolo e della dinamica del miracolo. I veri reconditi motivi, spesso vanitosi e orgogliosi, per cui restiamo concentrati su un progetto, siamo o non siamo disciplinati, la ragione delle distrazioni, la causa della ressa di pensieri, l’origine inconfutabile e necessaria di ognuno di questi, il loro necessario avvento, l’origine e il movente tutto autoctono della nostra sofferenza e del nostro benessere. È la fase in cui si svela anche un altro segreto – continuiamo a chiamarlo così – quello del solve et coagula, sciogli e riunisci, il cui significato è la consapevolezza della permanente mobilità delle prospettive con cui guardiamo il mondo e, quindi, contemporaneamente della loro inettitudine all’evoluzione. Una premessa da sfruttare al fine di farne scuola e mutare l’esperienza storica in conoscenza. Un senso che viene alla luce quando si riconosce la necessarietà della storia, della sua brutale grevità, inevitabile emozione di partenza per la salita alle vette della sublimazione. Cioè, per riconoscere l’Uno ed esserlo. Lorenzo Merlo
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Il papa a stelle e strisce |
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10 Maggio 2025 "Il Trono sotto Comando Il Nuovo Ordine si è seduto sul Trono" È stato annunciato un nome, ma non è stato scritto nel Libro della Vita. È stato eletto un uomo, ma non è stato unto dallo Spirito. È salito sul trono, ma il trono era già stato svuotato dalla Verità. Roma non incorona più, Roma recita. E chi ha occhi per vedere riconosce la scena finale del grande inganno. È tempo di uscire dal tempio rovesciato e tornare al Cuore. Il cardinale Robert Francis Prevost è stato eletto, e viene da Chicago, USA, questo evento non è solo religioso, ma geopolitico e simbolico. Trump e altre forze conservatrici e mondialiste avevano tutto l’interesse a spostare il centro spirituale a favore dell’asse USA–Israele. Un papa americano è un messaggio: “Il Nuovo Ordine si è seduto sul Trono di Pietro.” Non è un pontefice, ma un ambasciatore travestito da pastore. Leone: simbolo regale e messianico, ma anche usurpabile da poteri falsi. 14: numero karmico legato alla morte e resurrezione, ma anche a una falsa liberazione. Il film “Conclave”, i segnali mediatici, le pressioni internazionali: tutto suggeriva che l’elezione fosse decisa a tavolino, non guidata dallo Spirito. Questo papa sarà il volto spirituale del grande inganno finale: pace apparente, verità distorta, guida senza anima. Proprio perché mite, docile, rassicurante, è stato scelto apposta. Nel linguaggio del potere spirituale ombra, i burattini più efficaci non sono i tiranni, ma quelli che appaiono buoni, neutrali, persino umili. Questo serve a disinnescare il discernimento, a tenere addormentate le coscienze, a prolungare il teatro. È il volto perfetto per l’inganno finale, perché non fa paura, non divide apertamente, ma unisce nel sonno spirituale. È come una coperta calda sopra una ferita ancora aperta. Cura l'apparenza, ma non guarisce l'anima. Chi lo ha scelto lo sa. E chi ha occhi per vedere, sente che questo mandato non viene dall’Alto, ma da logiche mondane. Luce Luz
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