27 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 25-5-2025 (N.d.d.) I fondamenti della fisica quantistica rappresentano un grande cambiamento nella visione del mondo attuale dell’Occidente. Tale cambiamento profondo avverrà anche nel pensiero corrente, ma richiederà tempi lunghi, come già accaduto per altre modifiche di paradigma del passato. L’affermazione che “la fisica non c’entra niente con la religione” è un’assurdità di un modo di pensare dove tutto sarebbe “divisibile in parti separabili”. Come primo esempio, l’entanglement determina il carattere non locale della realtà fisica. La distanza spaziale viene annullata, dato che un fenomeno può avere conseguenze istantanee anche a distanza infinita, cioè può agire indipendentemente dalla distanza. Inoltre l’usuale concetto di materia è naufragato nel vuoto quantistico ed è scomparsa la distinzione tra materia e mente, o materia e coscienza. In sintesi, la visione della realtà che la fisica quantistica contemporanea propone è olistica, ovvero comprende tutto e soprattutto è non-dualistica: Tutto è Uno. Queste teorie fisiche contemporanee cominciano ad essere semi-accettate anche da alcuni teologi per operare una specie di aggiornamento delle religioni tradizionali giudaico-cristiana e islamica. In realtà si tratterebbe di una rivoluzione: l’immagine del Dio dell’Antico Testamento, che crea il mondo, interviene nel tempo e nello spazio secondo il suo volere, giudica ed assolve o condanna, viene sostituita con quella di un’Energia immanente nel mondo, che invade (anzi, è) tutto il cosmo da sempre, perché tutto è uno, anche se si manifesta in modi molteplici. Non c’è niente di definitivo o sicuro, neppure la fisica quantistica, e questo è vero (vedi anche La fine delle certezze di Ilya Prigogine), ma ciò non toglie che, nella fase attuale, la fisica quantistica avrà notevoli effetti sulla visione del mondo, e quindi anche sul pensiero religioso. Per quanto riguarda la relatività, che ha preceduto di alcuni anni la fisica quantistica nella sua formulazione quasi-attuale, riporto la risposta di Einstein al rabbino di New York: “Credo nel Dio di Spinoza, che si manifesta nell’armonia di tutte le cose, NON in un Dio che si interessa delle azioni e del destino degli uomini”. La visione del mondo di Einstein, che, malgrado le evidenze, non ha mai accettato fino in fondo la fisica di Heisenberg e Bohr, era abbastanza chiara, e coinvolgeva pienamente il suo pensiero religioso, come si evince anche da questa sua affermazione: “La religione del futuro sarà una religione cosmica. Dovrebbe trascendere un Dio personale ed evitare dogmi e teologia. Incorporando sia il mondo naturale che il mondo spirituale dovrebbe fondarsi su un senso religioso che scaturisce dall’esperienza di ogni cosa, naturale e spirituale, come di un’unità piena di significato” (da Come io vedo il mondo). Per quanto riguarda più propriamente la fisica quantistica, il suo aspetto filosofico consiste in sostanza nell’abolizione dei dualismi e delle contrapposizioni: in particolare del dualismo Dio-mondo, fondamento del pensiero religioso giudaico-cristiano-islamico. Mente e materia non sono separabili, la Mente è ovunque. La conseguenza sul pensiero religioso, o sulla visione del mondo, è evidente: qui si tratta di un Dio Immanente, e l’Occidente moderno teme moltissimo l’immanenza del divino nel mondo, perché causerebbe, se diffusa e sentita nel pensiero generale, la fine di questa civiltà. Sul dualismo “tradizionale”, quello fra scienza e fede, è utile rilevare che non ha alcun significato al di fuori della visione del mondo dell’Occidente, e lo sta perdendo anche qui. C’è poi una conseguenza che viene evitata quasi sempre: con la nuova visione non c’è più bisogno di istituzioni intermediarie fra Dio e il mondo, visto che non sono separabili. Tutt’alpiù, per un maggior contatto con l’Assoluto (se preferite, con la Natura), è più che sufficiente lo sciamano, spesso presente nelle culture native, quelle che l’Occidente ha etichettato come primitive, cioè che, se va bene, arriveranno un giorno a uguagliare il prestigioso uomo bianco (!), ovvero scompariranno. Può venire il sospetto che il timore semi-cosciente che accompagna il pensiero di chi non riesce ad andare fino in fondo nelle conseguenze filosofiche e religiose della fisica quantistica sia proprio la fine di questo tipo di istituzioni, almeno nella loro forma attuale. Guido Dalla Casa
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26 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 17-5-2025 (N.d.d.) Non mi sembra che sia stato dato il giusto e necessario risalto mediatico alla sentenza della Corte di giustizia europea che ha condannato la Commissione Ue, e quindi la von der Leyen, per aver negato l’accesso ai messaggi telefonici scambiati tra la presidente Ue e l’amministrazione delegato di Pfizer sulla stipula del contratto europeo da 35 miliardi di euro (1,8 mld di sieri anti-Covid). Accordo (2021) fatto in tutta segretezza grazie al quale è stato firmato «il più grande contratto mai siglato dall’Ue con le case farmaceutiche». Per questo andava persuasa la popolazione a considerare salvifico il magico fluido. Per questo si è perseguitato chi provava a sottrarsi all’inoculazione. Per questo si è mobilitata la “Scienza”, con il disgustoso strascico di prezzolati intrattenitori dello spettacolo (giornalisti, cantanti, attori, intellettuali…) sguinzagliati in tv. Per questo si sono perseguitati i medici (fino al “suicidio” del povero e generoso dottore Giuseppe Di Donno) che coraggiosamente ritenevano necessaria la cura con farmaci tradizionali. Per questo il governo Conte, tramite l’ineffabile ministro Speranza, ingiungeva il criminale protocollo “tachipirina e vigile attesa". Per questo il governo Draghi reprimeva ogni forma di resistenza (fino alla vile repressione dei lavoratori portuali di Genova, sindacato dov’eri?)… altrimenti come avrebbe potuto la Pfizer incassare profitti miliardari? Una von der Leyen espressione non di se stessa, ma di quella rabbiosa oligarchia eu-ropea che oggi mette nel conto 800 miliardi per il riarmo anti-russo. Riflettete gente, riflettete! Antonio Catalano
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22 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 19-5-2025 (N.d.d.) Ci sono 320 chilometri da dove mi trovo al Cairo al valico di frontiera di Rafah per Gaza. Parcheggiati nelle aride sabbie del Sinai settentrionale, in Egitto, ci sono 2.000 camion carichi di sacchi di farina, cisterne d’acqua, cibo in scatola, forniture mediche, teloni e carburante. I camion sono fermi sotto il sole cocente, con temperature che raggiungono i 36 gradi. A pochi chilometri di distanza, a Gaza, decine di uomini, donne e bambini, che vivono in tende rudimentali o in edifici danneggiati tra le macerie, vengono massacrati quotidianamente da proiettili, bombe, attacchi missilistici, proiettili di carri armati, malattie infettive e dalla più antica arma di guerra d’assedio: la fame. Una persona su cinque rischia la fame dopo quasi tre mesi di blocco israeliano di cibo e aiuti umanitari. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha lanciato una nuova offensiva che sta uccidendo più di 100 persone al giorno, ha dichiarato che nulla impedirà questo assalto finale, denominato Operazione Carri di Gedeone. Non ci sarà “alcun modo” per Israele di fermare la guerra, ha annunciato, anche se i restanti ostaggi israeliani venissero restituiti. Israele sta “distruggendo sempre più case” a Gaza. I palestinesi “non hanno un posto dove tornare”. “L’unico risultato inevitabile sarà la volontà dei cittadini di Gaza di emigrare fuori dalla Striscia di Gaza”, ha detto ai deputati durante una riunione a porte chiuse trapelata. “Ma il nostro problema principale è trovare paesi che li accolgano”. Il confine di quindici chilometri tra Egitto e Gaza è diventato la linea di demarcazione tra il Sud e il Nord del mondo, la demarcazione tra un mondo di feroce violenza industriale e la lotta disperata di coloro che sono stati emarginati dalle nazioni più ricche. Segna la fine di un mondo in cui il diritto umanitario, le convenzioni che proteggono i civili o i diritti più basilari e fondamentali contano. Inaugura un incubo hobbesiano in cui i forti crocifiggono i deboli, dove nessuna atrocità, incluso il genocidio, è preclusa, dove la razza bianca nel Nord del mondo torna alla ferocia e al dominio sfrenati e atavici che definiscono il colonialismo e la nostra secolare storia di saccheggio e sfruttamento. Stiamo tornando indietro nel tempo alle nostre origini, origini che non ci hanno mai abbandonato, ma origini mascherate da vuote promesse di democrazia, giustizia e diritti umani. I nazisti sono i comodi capri espiatori della nostra comune eredità europea e americana di massacri, come se i genocidi che abbiamo compiuto nelle Americhe, in Africa e in India non fossero mai avvenuti, note a piè di pagina insignificanti nella nostra storia collettiva. Di fatto, il genocidio è la moneta di scambio del dominio occidentale. Tra il 1490 e il 1890, la colonizzazione europea, compresi gli atti di genocidio, fu responsabile della morte di ben 100 milioni di indigeni, secondo lo storico David E. Stannard. Dal 1950 si sono verificati quasi due dozzine di genocidi, tra cui quelli in Bangladesh, Cambogia e Ruanda. Il genocidio a Gaza fa parte di un modello. È il presagio di genocidi a venire, soprattutto ora che il clima si deteriora e centinaia di milioni di persone sono costrette a fuggire per sfuggire a siccità, incendi, inondazioni, calo dei raccolti, stati falliti e morti di massa. È un messaggio intriso di sangue da parte nostra al resto del mondo: abbiamo tutto e se provate a portarcelo via, vi uccideremo. Gaza smentisce la menzogna del progresso umano, il mito che ci stiamo evolvendo moralmente. Cambiano solo gli strumenti. Laddove un tempo massacravamo le vittime a colpi di mazza o le facevamo a pezzi con le spade, oggi sganciamo bombe da 900 chili sui campi profughi, sferriamo proiettili da droni militarizzati alle famiglie o le polverizziamo con proiettili di carri armati, artiglieria pesante e missili. Il socialista del XIX secolo Louis-Auguste Blanqui, a differenza di quasi tutti i suoi contemporanei, rigettò la convinzione centrale di Georg Wilhelm Friedrich Hegel e Karl Marx, secondo cui la storia umana è una progressione lineare verso l’uguaglianza e una maggiore moralità. Ammonì che questo assurdo positivismo fosse perpetrato dagli oppressori per privare di potere gli oppressi. “Tutte le atrocità del vincitore, la lunga serie dei suoi attacchi si trasformano freddamente in un’evoluzione costante e inevitabile, come quella della natura… Ma la sequenza delle cose umane non è inevitabile come quella dell’universo. Può essere cambiata in qualsiasi momento”, ammoniva Blanqui. Il progresso scientifico e tecnologico, anziché un esempio di progresso, potrebbe “diventare un’arma terribile nelle mani del Capitale contro il Lavoro e il Pensiero”. “Perché l’umanità”, scrisse Blanqui, “non è mai ferma. O avanza o arretra. La sua marcia progressiva la conduce all’uguaglianza. La sua marcia regressiva la riporta indietro, attraverso ogni stadio di privilegio, fino alla schiavitù umana, l’ultima parola del diritto di proprietà”. E poi scrisse: “Non sono tra coloro che affermano che il progresso possa essere dato per scontato, che l’umanità non possa tornare indietro”. La storia umana è caratterizzata da lunghi periodi di sterilità culturale e brutale repressione. La caduta dell’Impero Romano portò all’immiserimento e alla repressione in tutta Europa durante i secoli bui, all’incirca dal VI al XIII secolo. Vi fu una perdita di conoscenze tecniche, tra cui la costruzione e la manutenzione degli acquedotti. L’impoverimento culturale e intellettuale portò a un’amnesia collettiva. Le idee di studiosi e artisti antichi furono cancellate. Non vi fu alcuna rinascita fino al XIV secolo e al Rinascimento, uno sviluppo reso possibile in gran parte dalla fioritura culturale dell’Islam che, attraverso la traduzione di Aristotele in arabo e di altre conquiste intellettuali, impedì alla saggezza del passato di scomparire. Blanqui conobbe i tragici rovesci della storia. Prese parte a una serie di rivolte francesi, tra cui un tentativo di insurrezione armata nel maggio 1839, la rivolta del 1848 e la Comune di Parigi, una rivolta socialista che controllò la capitale francese dal 18 marzo al 28 maggio 1871. I lavoratori di città come Marsiglia e Lione tentarono, senza successo, di organizzare comuni simili prima che la Comune di Parigi venisse schiacciata militarmente. Stiamo entrando in una nuova era oscura. Quest’era oscura utilizza gli strumenti moderni della sorveglianza di massa, del riconoscimento facciale, dell’intelligenza artificiale, dei droni, della polizia militarizzata, della revoca del giusto processo e delle libertà civili per infliggere il dominio arbitrario, le guerre incessanti, l’insicurezza, l’anarchia e il terrore che erano i denominatori comuni dell’Età Oscura. Affidarsi alla favola del progresso umano come salvezza significa diventare passivi di fronte al potere dispotico. Solo la resistenza, definita dalla mobilitazione di massa, interrompendo l’esercizio del potere, soprattutto contro il genocidio, può salvarci. Le campagne di uccisioni di massa scatenano le qualità selvagge latenti in tutti gli esseri umani. La società ordinata, con le sue leggi, il suo galateo, la polizia, le prigioni e i regolamenti, ogni forma di coercizione, tiene sotto controllo queste qualità latenti. Rimuovendo questi impedimenti, gli esseri umani diventano, come vediamo con gli israeliani a Gaza, animali assassini e predatori, che si godono l’ebbrezza della distruzione, anche di donne e bambini. Vorrei che questa fosse una congettura. Non lo è. È ciò che ho visto in ogni guerra che ho seguito. Quasi nessuno ne è immune. Verso la fine del XIX secolo, il monarca belga, re Leopoldo, occupò il Congo in nome della civiltà occidentale e dell’antischiavitù, ma saccheggiò il paese, causando la morte per malattia, fame e omicidi di circa 10 milioni di congolesi. Joseph Conrad ha catturato questa dicotomia tra chi siamo e chi diciamo di essere nel suo romanzo “Cuore di tenebra” e nel suo racconto “Un avamposto del progresso”. In “Un avamposto del progresso”, racconta la storia di due mercanti europei, Carlier e Kayerts, che vengono inviati in Congo. Questi mercanti affermano di essere in Africa per impiantare la civiltà europea. La noia, la routine soffocante e, soprattutto, la mancanza di qualsiasi vincolo esterno, trasformano i due uomini in bestie. Scambiano schiavi per avorio. Litigano per il cibo e le scorte in diminuzione. Alla fine, Kayerts uccide il suo compagno disarmato Carlier. [---] Il genocidio a Gaza ha fatto implodere i sotterfugi che usiamo per ingannare noi stessi e tentare di ingannare gli altri. Si fa beffe di ogni virtù che affermiamo di sostenere, compreso il diritto alla libertà di espressione. È una prova della nostra ipocrisia, crudeltà e razzismo. Dopo aver fornito miliardi di dollari in armi e perseguitato coloro che denunciano il genocidio, non possiamo più fare affermazioni morali che vengano prese sul serio. Il nostro linguaggio, d’ora in poi, sarà il linguaggio della violenza, il linguaggio del genocidio, il mostruoso ululato della nuova era oscura, quella in cui il potere assoluto, l’avidità incontrollata e la ferocia senza limiti si aggirano sulla terra. Chris Hedges (Traduzione a cura di Old Hunter)
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21 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 16-5-2025 (N.d.d.) La Repubblica Popolare Cinese è l’oggetto misterioso che incuriosisce l’Occidente. Molti la osservano come fosse una galassia lontana, ma la distanza si rivela soprattutto psicologica più che geografica perché in troppi temono questa realtà e provano diffidenza cercando di alzare i famosi muri che a parole tutti dicono di voler abbattere. Fino a molti anni fa gli occidentali fantasticavano sulla Cina prevalentemente attraverso i fumetti americani, tramite un eroe dei comics del 1939. Era il popolare Flash Gordon che sbarcava con un’astronave sul pianeta Mongo dove regnava lo spietato imperatore Ming. Quel pianeta era chiaramente la Cina e Gordon era un moderno Marco Polo. Poi, negli anni Sessanta, dalla Cina pervennero le immagini della rivoluzione culturale, delle guardie rosse e della città proibita, un immaginario che sembrava alimentare la logica di quello precedente. Oggi, però, esistono anche coloro che la guardano come una possibile opportunità perché sono sempre di più quelli che riconoscono al gigante asiatico il grande contributo alla stabilità internazionale, soprattutto in confronto alle convulsioni e agli avventurismi di un Occidente che si percepisce al tramonto. Il dragone asiatico sembra veramente appartenere a un mondo parallelo perché esistono sempre profonde differenze con il nostro modello di civiltà. Taluni, per creare diffidenza, scavare un solco e per colpevolizzare la realtà emergente, ricorrono alla paura del pericolo comunista. Comunismo è diventata una parola che per molti oggi, anche a Sinistra, corrisponde a una scomunica analoga all’accusa di eresia al tempo della Controriforma. Certe “eresie” ideologiche in Occidente fanno il paio con l’accusa di fascismo, termine che ha subito una vera damnatio memoriae. Il fatto è che nella massa, oggi, purtroppo, quasi nessuno sa più cosa sia stato il comunismo e tanto meno sanno cosa sia stato il fascismo come fenomeno storico, ideologico, economico e politico. Anche in altre epoche, per fare un esempio, nessuno sapeva cosa significasse essere una strega anche se tutti ne parlavano e, se capitava, molti si recavano a vedere i roghi di quelle poverette. Anche in altre epoche le fake news erano di casa e questo anche se avevano altre denominazioni. Secondo l’ideologia di Marx, il comunismo non è ancora ben definito filosoficamente. Infatti si parla di “libera associazione di produttori”. In cui si può intendere che se è libera veramente e non obbligatoria, esistono anche produttori che potrebbero perseverare adottando il metodo tradizionale di produzione. Fu Lenin a cercare di mettere un po’ di ordine con lo statalismo e l’economia pianificata ma lasciando per un periodo spazio alla libera impresa con la NEP. Torniamo alla Cina perché siamo incuriositi da un’interessante intervista a un ricco capitalista cinese di nome Eric Xun. Sappiamo che oggi in Cina esiste una notevole parte di economia privata ed esiste il libero mercato con molti capitalisti miliardari. Nell’intervista Xun illustra le principali differenze fra Cina e Stati Uniti. In Cina esiste, esattamente come negli USA, il grande capitale privato ma è controllato dalla politica e non ha la forza di controllare il governo o dettare la linea. Negli USA, al contrario, è il grande capitale che da sempre detta la politica economica. In America, dice Xun, cambiano e si alternano i partiti al governo ma non può cambiare la politica economica. In Cina, al contrario, non può cambiare il partito che governa ma proprio per questo può essere mutata la politica economica a seconda delle esigenze. In Cina esiste una economia di mercato come in Occidente ma, nonostante ciò, non si può definire un paese capitalista perché non sono i capitalisti che governano il Paese. I capitalisti cinesi non influenzano la politica del Politburo che sarebbe l’ufficio politico del Partito Comunista Cinese unico soggetto legittimato a prendere decisioni economiche che basa la sua forza sul partito, cinghia di trasmissione col popolo, e sull’esercito. Negli Stati Uniti, sappiamo invece che è la finanza che obbliga molte scelte politiche ed economiche dello Stato e in Europa il fenomeno è ancora più marcato. È la teoria che nel lontano 1994 era stata avanzata dall’ economista Gianfranco La Grassa, docente all’università di Pisa e Venezia e studioso di marxismo, in polemica col filosofo Costanzo Preve sulla rivista Metropolis. La Grassa asseriva che, nonostante il libero mercato, la Cina non si può chiamare Stato capitalista in quanto esiste il primato dello Stato sull’economia, al contrario che nei sistemi capitalisti in cui il primato riconosciuto è quello dell’economia sulla politica e lo Stato si deve fare sempre più di lato. Potremmo aggiungere che è la differenza fra lo Stato totalitario e l’oligarchia finanziaria. Questo se vogliamo togliere l’odore sulfureo al termine totalitarismo per ridargli il senso che gli era sempre stato dato da Rousseau, dai Socialisti ed anche da molti marxisti. Una frase di Mussolini, demonizzata come ogni parola che ha detto, recitava: “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato”. È una frase che avrebbe apprezzato il sociologo socialista e per un certo periodo soreliano, Robert Michels, il nemico di ogni oligarchia. Francesco Petrone
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20 Maggio 2025 Israele ha iniziato la fase più spaventosa del genocidio: l'invasione di terra dell'intera Striscia. Le voci su Twitter dei pochi giornalisti sopravvissuti alla campagna di eliminazione mirata e della gente comune di Gaza sono unanimi, la ferocia totalitaria di questo massacro finale è senza precedenti. I bombardamenti non si fermano un istante: centinaia di attacchi aerei, artiglieria che spara incessantemente nel mucchio, sulle cosiddette “zone sicure” che sicure non sono mai state, colonne di carri armati che si dirigono verso gli ultimi rifugi di una popolazione stremata da quasi tre mesi senza cibo distruggendo tutto a cannonate. L'obiettivo, pubblicamente dichiarato dal governo Netanyahu, è quello di spazzare via i palestinesi una volta per tutte. Coloro che sopravviveranno ai carri armati che distruggono le case con dentro le famiglie verranno scacciati in un fazzoletto di terra nell'estremo sud, ai confini con l'Egitto, dove Israele sta freneticamente demolendo gli ultimi edifici e infrastrutture rimaste in piedi per rendere la zona totalmente inadatta alla vita. Il piano prevede che i palestinesi non rimarranno lì, ma verranno deportati in massa altrove. Le ultime notizie dagli USA raccontano che Trump sta lavorando a un piano per deportare permanentemente almeno un milione di persone in Libia: uno stato che non è uno stato, diviso tra fazioni perennemente in guerra, dove l'unica legge è quella della forza e dove già adesso decine di migliaia di innocenti desiderosi di migrare sono reclusi in autentici campi di tortura lautamente finanziati dall'Italia e dall'Unione Europea. In questi ultimi giorni vari importanti giornali mainstream in Italia e all'estero hanno finalmente ospitato sporadiche prese di posizione contro il massacro di Gaza, tra essi anche il Corriere della Sera e il Financial Times. Molti hanno accolto queste prese di posizione con speranza, illudendosi che siano l'inizio della fine del genocidio, ma temo che in verità sia esattamente l'opposto. Queste prese di posizione (comunque annegate nel consueto mare di disinformazione che le stesse testate continuano a portare avanti) arrivano proprio adesso per un motivo molto semplice: sono convinti che il genocidio di Gaza è infine giunto alle fasi finali e verrà presto compiuto. Queste tardivissime ammissioni avvengono proprio perché sono tardive: chi le assume è perfettamente consapevole che nessuno interverrà per fermare la strage finale, e quindi può tranquillamente indignarsi e versare lacrime di coccodrillo senza dover poi portare avanti questa posizione nel tempo e infastidire realmente i genocidari. Lo scopo è tanto evidente quanto disumano: cercano di accreditarsi, a futura memoria, come oppositori del più spietato e allucinante crimine che sia mai stato perpetrato alla luce del sole, in modo da proporsi come "i buoni" che hanno cercato di fermare i crimini, quando in realtà sono stati proprio loro, con 19 mesi di continua e deliberata complicità, a renderli possibili. Queste prese di posizione orribilmente ipocrite non indicano quindi un'inversione di tendenza: sono il segno che i genocidari e i loro complici che ora si stracciano le vesti sono ormai certi che la pulizia etnica verrà completata in tempi brevi. Quello che vedremo nei prossimi giorni supererà in ferocia ogni precedente storico, perché grazie al prolungato silenzio di morte della maggioranza della cosiddetta "società civile", i genocidari sanno che ora tutto è permesso. L'ultimo miglio della folle corsa verso la soluzione finale è iniziato, e gli infami sedicenti democratici del civilissimo Occidente hanno un solo pensiero: "speriamo facciano presto". Alessandro Ferretti
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16 Maggio 2025 Da Rassegna di Arianna del 14-5-2025 (N.d.d.) Dopo un anno e mezzo di Atrocità Genocide, i comitati editoriali di numerose testate giornalistiche britanniche si sono improvvisamente schierati duramente contro l'attacco israeliano a Gaza. Il primo passo lo ha fatto la scorsa settimana il Financial Times, in un articolo del comitato editoriale intitolato: "Il Vergognoso Silenzio dell'Occidente su Gaza", che denuncia gli Stati Uniti e l'Europa per aver "dichiarato a malapena una parola di condanna" per la criminalità del loro alleato, affermando che "dovrebbero vergognarsi del loro silenzio e smettere di permettere a Netanyahu di agire impunemente". Poi è arrivato l'Economist con un articolo intitolato: "La Guerra a Gaza Deve Finire", in cui sosteneva che Trump avrebbe dovuto fare pressione sul Regime di Netanyahu per un cessate il fuoco, affermando che "Gli unici che traggono beneficio dal proseguimento della guerra sono Netanyahu, che mantiene intatta la sua coalizione, e i suoi alleati di estrema destra, che sognano di svuotare Gaza e ricostruirvi insediamenti ebraici". Sabato è uscito un editoriale dell'Independent intitolato: "Fine del Silenzio Assordante su Gaza: È Ora di Parlare", in cui si sosteneva che il Primo Ministro britannico Keir Starmer "dovrebbe vergognarsi di non aver detto nulla, soprattutto perché Netanyahu ha annunciato nuovi Piani per espandere il già devastante bombardamento di Gaza", e si affermava che "è ora che il mondo si svegli su ciò che sta accadendo e chieda la fine delle sofferenze dei palestinesi intrappolati nell'enclave". Domenica la redazione del Guardian ha pubblicato un articolo intitolato: "Il Punto di Vista del Guardian su Israele e Gaza: Trump Può Fermare Questo Orrore. L'alternativa è Impensabile", affermando che "Il Presidente degli Stati Uniti ha la forza per imporre un cessate il fuoco. Se non lo fa, darà implicitamente il via libera a quello che sembra un piano di distruzione totale". "Cos'è questo, se non un Genocidio?", si chiede il Guardian. "Quando agiranno gli Stati Uniti e i loro alleati per fermare l'orrore, se non ora?" Per essere chiari, si tratta di editoriali, non di commenti. Ciò significa che non sono l'espressione dell'opinione di una singola persona, ma la posizione dichiarata di ciascuna testata nel suo complesso. Abbiamo visto occasionalmente editoriali critici nei confronti delle azioni di Israele durante l'Olocausto di Gaza sulla stampa occidentale tradizionale, ma vedere le testate stesse denunciare aggressivamente Israele e i suoi sostenitori occidentali contemporaneamente è una novità assoluta. Alcuni sostenitori di Israele di lunga data hanno inaspettatamente iniziato a cambiare idea anche a livello individuale. Il deputato conservatore Mark Pritchard ha dichiarato la scorsa settimana alla Camera dei Comuni di aver sostenuto Israele "a tutti i costi" per decenni, ma di aver poi aggiunto: "Mi sbagliavo", e di aver ritirato pubblicamente tale sostegno in merito alle azioni di Israele a Gaza. "Per molti anni, sono in questa Camera da vent'anni, ho sostenuto Israele praticamente a tutti i costi, a dire il vero", ha dichiarato Pritchard. "Ma oggi voglio dire che mi sono sbagliato e condanno Israele per ciò che sta facendo al popolo palestinese a Gaza e in Cisgiordania, e vorrei ritirare immediatamente il mio sostegno alle azioni di Israele, a ciò che sta facendo in questo momento a Gaza". "Sono davvero preoccupato che questo sia un momento storico in cui le persone guarderanno indietro e scopriranno che abbiamo sbagliato come Paese", ha aggiunto Pritchard. L'opinionista filo-israeliana Shaiel Ben-Ephraim, che aveva denunciato con aggressività i manifestanti universitari e accusato i critici di Israele di "Infamia del Sangue" (antisemitismo) durante l'Olocausto di Gaza, ora ha fatto una dichiarazione pubblica e ha ammesso che Israele sta commettendo un Genocidio a cui bisogna opporsi. "Ci ho messo molto tempo per arrivare a questa considerazione, ma è ora di ammetterlo. Israele sta commettendo un Genocidio a Gaza", ha twittato di recente Ephraim. "Tra i bombardamenti indiscriminati degli ospedali, la fame della popolazione, i piani di Pulizia Etnica, il Massacro degli operatori umanitari e gli insabbiamenti, non c'è scampo. Israele sta cercando di sradicare il popolo palestinese. Non possiamo fermarlo se non lo ammettiamo". È strano che a tutte queste persone sia servito un anno e mezzo per arrivare a questa considerazione. Io stessa ho una tolleranza molto inferiore per il Genocidio e l'Omicidio di Massa di bambini. Se si è appoggiato il Genocidio per diciannove mesi, sembra un po' strano iniziare improvvisamente a urlare di quanto sia terribile e chiedere di frenare all'improvviso. Queste persone non hanno improvvisamente sviluppato una coscienza, stanno solo fiutando cosa c'è nell'aria. Una volta che il consenso supera un certo punto, è naturale che si scateni una corsa folle per evitare di essere tra gli ultimi a opporsi, perché sanno che porteranno quel marchio in pubblico per il resto della vita, dopo che la storia avrà esaminato con chiarezza ciò che hanno fatto. Dopotutto, questo avviene in un momento in cui l'amministrazione Trump sta iniziando a irritare Netanyahu, spingendo di recente il Primo Ministro israeliano a dichiarare: "Penso che dovremo disintossicarci dall'assistenza alla sicurezza degli Stati Uniti", quando Washington ha scavalcato Tel Aviv e ha negoziato direttamente con Hamas per ottenere il rilascio di un ostaggio americano. A quanto pare, gli Stati Uniti stanno escludendo Israele da un numero sempre maggiore di negoziati di affari internazionali in Paesi come Yemen, Arabia Saudita e Iran. Qualcosa sta cambiando. Quindi, se dopo tutto questo tempo qualcuno sta ancora sostenendo Israele, il mio consiglio è di cambiare finché può. C'è ancora tempo per essere i primi tra i mascalzoni in questa folle corsa, ed evitare di essere gli ultimi a iniziare a comportarsi come se si fossero sempre opposti all'Olocausto di Gaza. Caitlin Johnston
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