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Undici domande agli atlantisti PDF Stampa E-mail

27 Ottobre 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 24-10-2022 (N.d.d.)

1. Qual è la differenza tra l'intervento Nato in Jugoslavia e quello russo in Ucraina?

2. Perché il Kosovo ha diritto all'indipendenza e il Donbass no?

3. Perché la Germania Est può scegliere di riunificarsi a quella Ovest e la Crimea non può scegliere di riunirsi alla Russia?

4. Perché l'Ucraina ha diritto di entrare nella Nato e le Isole Salomone non hanno diritto di ospitare basi militari cinesi?

5. Perché Usa, Francia e Israele possono bombardare la Siria e se la Russia fa lo stesso in Ucraina è un crimine?

6. Perché la Nato può bombardare la Libia e se la Russia fa lo stesso in Ucraina è il nuovo Hitler?

7. Perché gli Usa e il Regno Unito possono fare la guerra preventiva contro l'Iraq ma la Russia non può farla contro l'ingresso dell'Ucraina nella Nato?

8. Perché la Slovenia e la Croazia possono dichiarare l'indipendenza dalla Jugoslavia, mentre la Crimea e il Donbass non possono dichiarare l'indipendenza dall'Ucraina?

9. Perché l'assalto a Capitol Hill è un attentato alla Democrazia mentre il golpe di EuroMaidan è una rivoluzione democratica?

10. Perché Israele può violare la sovranità di tutti i suoi vicini e se fa lo stesso la Russia è l'Impero del Male?

11. Come mai l'Occidente non rifornisce di armi lo Yemen e non impone sanzioni all'Arabia Saudita?

Riccardo Tristano Tuis

 
Contestazione funzionale al capitale PDF Stampa E-mail

26 Ottobre 2022

 Da Rassegna di Arianna del 23-10-2022 (N.d.d.)

Quando è avvenuto il passaggio della sinistra da contropotere a potere, da Piazza a Palazzo? Cosa è successo che ha trasformato una forza antagonista del Capitale a guardia rossa del Capitale e parte integrante del ceto dominante? Lo diciamo tante volte ma ci sfugge il passaggio chiave. Gli indizi di superficie sono molteplici e fin troppo noti: a est il fallimento delle esperienze comuniste, a ovest il collasso dello statalismo assistenziale; sul piano intellettuale il tramonto di Marx e dell’idea di Rivoluzione e sul piano sociale l’inclusione di militanti, agenti e funzionari della sinistra nell’apparato pubblico, nel settore privato e nella magistratura, nella scuola, nell’università, nell’editoria, nello spettacolo. Inclusione che oltre gli effetti politici e ideologici ben noti, ha comportato anche l’inevitabile “imborghesimento” del ceto progressista e l’upgrade nell’establishment. Possiamo anche periodizzare questo processo: è avvenuto dopo il ’68, lungo gli anni Settanta, poi espandendosi negli anni seguenti fino a integrarsi e compenetrarsi coi poteri e le istituzioni. Il vantaggio è reciproco: al Capitale ha dato una “buona coscienza” etica e una legittimazione culturale sul piano dell’emancipazione e della difesa dei diritti umani e civili; e alla Sinistra ha dato un potere d’influenza e d’interdizione, e la direzione culturale e civile.

Ma tutto questo ancora non spiega il motivo centrale del connubio tra sinistra e capitale, la saldatura di due egemonie, tra potere economico e potere culturale. Cosa ha determinato quella convergenza? È il comune proposito di sostituire il mondo comune fondato sulla realtà con il mondo uniforme fondato sui desideri indotti; il desiderio di un mondo nuovo per la sinistra e di nuovi mercati per il capitale. Come avviene questo cambio? Cancellando, disprezzando e spezzando i legami, i confini, i limiti. Quel che a sinistra chiamano emancipazione, liberazione, progresso; e in gergo capitalistico chiamano sviluppo, consumo, modernizzazione. La parola chiave di ambedue è sradicamento, l’identità si dissolve: è ritenuto uomo libero chi non ha legami né appartenenze, fluido in un mondo liquido, proiettato nei suoi desideri anziché ormeggiato alle sue eredità e alla sua natura; connesso al suo tempo e al web ma sconnesso dal suo luogo e dai suoi legami comunitari. In tal modo diventa cittadino del mondo, uomo senza confini (anche sessuali), individuo emancipato e globale, secondo il sogno convergente dell’internazionalismo di sinistra e della globalizzazione capitalista. Il mondo da abbattere non viene denominato per quel che è – la realtà dei legami religiosi e civili, famigliari e comunitari – ma viene ribattezzato in negativo come razzismo, fascismo, omotransfobia, antifemminismo. Questa convergenza ha una precisa ricaduta sociale: dichiarare guerra al mondo comune, alla realtà, alla natura, al contesto in cui vive l’uomo da sempre, significa rompere con i popoli e ripartire dalle élites. Oligarchie economiche e finanziarie, politiche e intellettuali, nemiche del comune sentire, delle radici popolari e dei legami. È la ribellione delle élite di cui scrisse nel 1994 un lucido sociologo americano, Cristopher Lasch, che faceva il verso alla ribellione delle masse di Ortega y Gasset (1930). Nelle sue opere Lasch notava quel che acuti osservatori nostrani di opposta estrazione come Augusto Del Noce e Pierpaolo Pasolini avevano già colto: i contestatori, i rivoluzionari, la sinistra radicale dichiaravano guerra al capitalismo ma poi combattevano il patriottismo, la religione, la famiglia tradizionale, ritenendo così di colpire il cuore e le retrovie del capitalismo. La loro lotta, invece, era del tutto funzionale al capitalismo, che voleva abbattere proprio quegli argini e disfarsi di quei legami che si opponevano all’instaurazione di una società compiutamente sradicata di individui soli, facile preda del consumismo. Anche Marx nel Manifesto aveva spiegato che con il capitalismo “si dissolvono tutti i rapporti sociali stabili e fissi, con il loro seguito di concezioni e di idee tradizionali e venerabili”. Per ottusità, presunzione o malafede, la sinistra ha ignorato il Manifesto di Marx (non un autore reazionario) ed è diventata il sicario della società tradizionale, con la benedizione del capitale… Cancellando i credenti, i famigliari, i patrioti, restano solo i consumatori; di merci e di ideologie. “Ci si libera dalla tradizione solo per piegarsi alla tirannia della moda” nota Lasch nel saggio Contro la cultura di massa (edito ora da Eleuthera). La libertà consiste nello scegliere tra marchi, prodotti, “opinioni preconfezionate e ideologie progettate da opinion makers”; il processo avverrà, notava trent’anni fa Lasch, “distruggendo la memoria collettiva, sostituendo un’autorità responsabile con un nuovo star system”, oggi diremmo con gli influencer e le fabbriche del consenso manipolato. Resterà come illusoria gratifica quel “narcisismo di massa” di cui scrisse Lasch ne La cultura del narcisismo: è il nuovo oppio dei popoli, ridotti in formato single davanti allo specchio (alias uno smartphone). Lasch auspicava un’alleanza per resistere all’assimilazione, allo sradicamento e alla modernizzazione forzata. Per Simone Weil chi è sradicato sradica; per Lasch ”lo sradicamento sradica tutto, salvo il bisogno di radici”.

Ecco dov’è il punto di fusione tra sinistra e capitale: nella dissoluzione dei legami naturali, religiosi e comunitari spacciata per emancipazione e liberazione dai mostri. Ti tolgono tutto e poi ti dicono: hai meno pesi e vincoli, ora sei libero di correre. Poi ti dicono pure dove andare, cosa comprare e che strada percorrere…

Marcello Veneziani

 
Gaslighting PDF Stampa E-mail

24 Ottobre 2022

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 Da Comedonchisciotte del 21-10-2022 (N.d.d.)

Per gli studiosi della propaganda ufficiale, del controllo mentale, della coercizione emotiva e di altre insidiose tecniche di manipolazione, il lancio della Nuova Normalità è stato una vera e propria cuccagna. Mai prima d’ora avevamo potuto osservare in tempo reale l’applicazione e gli effetti di queste potenti tecnologie su una scala così vasta. In poco più di due anni e mezzo, la nostra “realtà” collettiva è stata radicalmente rivista. Le nostre società sono state completamente ristrutturate. Milioni (probabilmente miliardi) di persone sono state sistematicamente condizionate a credere ad una serie di affermazioni palesemente ridicole, basate sul nulla, ripetutamente smentite da prove ampiamente disponibili, ma che hanno comunque raggiunto lo status di fatti. Un’intera narrativa fittizia è stata scritta sulla base di queste affermazioni infondate e ridicole. Non sarà cancellata facilmente o rapidamente.

Non vi farò perdere tempo cercando di controbattere queste affermazioni. Sono state ripetutamente ed esaurientemente sfatate. Sapete cosa sono e potete crederci o non crederci. In ogni caso, rivederle e confutarle di nuovo non cambierebbe nulla. Vorrei invece concentrarmi su una tecnologia di controllo mentale particolarmente efficace, che ha svolto, e sta svolgendo tuttora, il lavoro pesante per l’attuazione della Nuova Normalità. Voglio farlo perché molte persone credono erroneamente che il controllo mentale sia (a) una “teoria della cospirazione” o (b) qualcosa che può essere ottenuto solo con droghe, microonde, chirurgia, tortura o altri mezzi fisici invasivi. Naturalmente, esiste una vasta e ben documentata storia dell’uso di tali tecnologie fisiche invasive (si veda, ad esempio, la storia del famigerato programma MKULTRA della CIA), ma, in molti casi, il controllo mentale può essere ottenuto con tecniche molto meno elaborate. Una delle tecniche più elementari ed efficaci che le sette, i sistemi totalitari e gli individui con tendenze fasciste usano per disorientare e controllare la mente delle persone è il “gaslighting.” Probabilmente conoscete questo termine. In caso contrario, ecco alcune definizioni: “Trattasi della manipolazione di un’altra persona affinché dubiti delle sue percezioni, esperienze o comprensione degli eventi.” American Psychological Association “Una forma insidiosa di manipolazione e controllo psicologico. Le vittime del gaslighting vengono deliberatamente e sistematicamente alimentate con false informazioni che le portano a mettere in dubbio ciò che sanno essere vero, spesso su se stesse. Possono finire per dubitare della loro memoria, della loro percezione e persino della loro sanità mentale.” Psychology Today “Una forma di manipolazione psicologica in cui l’abusante cerca di seminare dubbi e confusione nella mente della vittima. In genere, i gaslighter cercano di ottenere potere e controllo sull’altra persona, distorcendo la realtà e costringendola a mettere in discussione il proprio giudizio e la propria intuizione.” Newport Institute

L’obiettivo principale del gaslighting è confondere, costringere e manipolare emotivamente la vittima affinché abbandoni la propria percezione della realtà e accetti la nuova “realtà” che le viene imposta. In definitiva, si vuole distruggere completamente la capacità della vittima di fidarsi della propria percezione, delle proprie emozioni, dei propri ragionamenti e della propria memoria degli eventi storici, rendendola completamente dipendente su cosa è reale, su cosa è “realmente” accaduto e su come dovrebbe sentirsi al riguardo. Chiunque abbia sperimentato il gaslighting nel contesto di una relazione violenta, di una setta o di un sistema totalitario, o abbia lavorato in un centro di accoglienza per donne maltrattate, può dirvi quanto sia potente e distruttivo. Nei casi più estremi, le vittime del gaslighting vengono completamente spogliate del loro senso di sé e rinunciano completamente alla loro autonomia individuale. Tra gli esempi più noti e drammatici ci sono il caso di Patty Hearst, il Tempio del Popolo di Jim Jones, la famiglia Manson e vari altri culti, ma la verità è che il gaslighting avviene ogni giorno, lontano dai riflettori dei media, in innumerevoli relazioni personali e professionali. Dalla primavera del 2020, siamo stati sottoposti ad un gaslighting ufficiale su una scala senza precedenti. In un certo senso, la PSYOP della “pandemia apocalittica” è stata una grande campagna di gaslighting generalizzata (che comprende innumerevoli casi individuali di gaslighting) nei confronti delle masse di tutto il mondo. Gli eventi di quest’ultima settimana ne sono solo un ulteriore esempio.

In sostanza, è successo che lunedì scorso un dirigente di Pfizer ha confermato al Parlamento Europeo che la sua azienda non sapeva se il proprio “vaccino” Covid impedisse la trasmissione del virus, mentre era stato pubblicizzato come se facesse esattamente questo, quando era stato imposto alle masse nel dicembre del 2020. Le persone hanno visto il video in cui il dirigente ammetteva il fatto, o ne hanno sentito parlare, e si sono arrabbiate. Hanno twittato e postato su Facebook i video dell’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, di Bill Gates, del direttore del CDC, di propagandisti ufficiali come Rachel Maddow e di vari altri “esperti” e “autorità” che avevano palesemente mentito al pubblico, promettendo alla gente che farsi “vaccinare” avrebbe “impedito la trasmissione,” “protetto altre persone dall’infezione,” “fermato il virus sul nascere” e così via. Queste affermazioni senza senso (tutte menzogne) erano state la giustificazione per la segregazione e la persecuzione sistematica dei “non vaccinati” e per l’odio fanatico e generalizzato nei confronti di chiunque sfidasse la narrazione ufficiale del “vaccino” e l’ideologia ufficiale della Nuova Normalità, odio che persiste ancora oggi. L’apparato di propaganda della Nuova Normalità (cioè i media aziendali, gli “esperti” di salute e altri) ha risposto alla storia in modo prevedibile. L’hanno ignorata, sperando che sparisse. Quando non l’ha fatto, hanno tirato fuori i “fact-checkers” (cioè i “gaslighters”). L’Associated Press, la Reuters, PolitiFact e altre organizzazioni ufficiali di gaslighting hanno immediatamente pubblicato lunghi “fact-checking” ufficiali che farebbero arrossire un sofista. Leggeteli e capirete cosa intendo. Sono esempi perfetti di gaslighting ufficiale, creati per distrarre l’utente dal punto e risucchiarlo in una discussione su dettagli e definizioni senza senso. Sembrano esattamente come i negazionisti dell’Olocausto che affermano pateticamente che non ci sono prove scritte che Hitler abbia ordinato la Soluzione Finale… e non ci sono, ma non importa. È certo che Hitler aveva ordinato la Soluzione Finale, ed è certo che hanno mentito sui “vaccini.” Internet è pieno di prove delle loro bugie… tweet, video, articoli e così via.

Questo è ciò che rende il gaslighting così frustrante per le persone che credono di essere impegnate in una discussione in buona fede sui fatti e sulla verità. Ma non è così che funziona il totalitarismo. I Nuovi Normali, quando ripetono qualsiasi cosa le autorità li abbiano istruiti a ripetere oggi (ad esempio, “fidatevi della scienza,” “sicuri ed efficaci,” “nessuno ha mai affermato che avrebbero impedito la trasmissione”), non possono preoccuparsi più di tanto se sia effettivamente vero o anche se abbia un minimo di senso. Questo genere di “fact-check” non ha lo scopo di convincerli che qualcosa sia vero o falso. E non ha certo lo scopo di convincere noi. Sono copioni ufficiali, punti di discussione e luoghi comuni che distruggono il pensiero che i Nuovi Normali devono ripetere, come i cultisti che vi rispondono intonando dei mantra per spegnere le loro menti e bloccare tutto ciò che contraddice o minaccia la “realtà” del culto. Potete presentare loro i fatti reali e loro sorrideranno consapevolmente, li negheranno spudoratamente e vi prenderanno in giro con condiscendenza perché non “vedete la verità.”

Ma ecco il problema del gaslighting. Per poter fare del gaslighting in modo efficace, dovete essere in una posizione di autorità o esercitare qualche altra forma di potere su qualcuno. Questo qualcuno deve avere bisogno di qualcosa di vitale da voi (ad esempio, sostentamento, sicurezza finanziaria, senso di comunità, avanzamento di carriera o semplicemente amore). Non potete avvicinarvi ad un estraneo a caso per strada e iniziare a manipolarlo. Vi riderebbe in faccia. Il motivo per cui le autorità della Nuova Normalità sono state in grado di abusare psicologicamente le masse in modo così efficace è che la maggior parte delle masse ha bisogno di qualcosa da loro… un lavoro, del cibo, un riparo, del denaro, della sicurezza, dello status, della loro amicizia, di una relazione o di qualsiasi cosa non siano disposti a rischiare sfidando coloro che sono al potere e le loro bugie. I gaslighter, i cultisti e i maniaci del potere, in genere, lo sanno. È da questo che dipendono, dalla vostra riluttanza a vivere senza qualcosa, qualsiasi cosa. Puntano dritti a ciò che desiderate e minacciano di togliervelo (a volte consapevolmente, a volte solo intuitivamente). Il gaslighting non funziona se siete disposti a rinunciare a ciò che il gaslighter minaccia di togliervi (o di smettere di darvi, a seconda dei casi), ma dovete essere disposti a perderlo davvero, perché sarete puniti per esservi difesi, per non aver rinunciato alla vostra autonomia e alla vostra integrità e per non esservi conformati alla “realtà” del culto, o della relazione abusiva, o del sistema totalitario.

Ho descritto la Nuova Normalità (cioè la nostra nuova “realtà”) come un totalitarismo patologizzato e come “un culto scritto in grande, su scala sociale.” Ho usato l’analogia del “Culto Covidiano” perché ogni sistema totalitario funziona essenzialmente come un culto, con la differenza principale che, nei sistemi totalitari, l’equilibrio di potere tra il culto e la società normale (cioè dominante) è completamente invertito. Il culto diventa la società dominante (cioè “normale”) e i non membri del culto diventano i “devianti.” Non vogliamo vederci come “devianti” (perché non siamo noi ad essere cambiati, ma la società) e il nostro istinto è quello di rifiutare l’etichetta, ma, in realtà, è proprio questo che siamo… devianti. Siamo persone che si discostano dalla norma, una nuova norma che rifiutiamo e a cui ci opponiamo, ma che, nonostante ciò, è comunque la norma, e quindi saremo considerati e trattati come devianti. Io sono un deviante. Ho la sensazione che lo siate anche voi. Date le circostanze, non c’è nulla di cui vergognarsi. Al contrario, dobbiamo accettarlo e farcene una ragione. Soprattutto, dobbiamo fare chiarezza su questo punto, sulla nostra posizione in questa nuova “realtà.”

Ci stiamo dirigendo verso la Nuova Normalità Invernale n. 3. Stanno già aumentando la propaganda ufficiale, aumentando i “casi” inventati, parlando di reintrodurre l’obbligo della mascherina, fomentando l’odio di massa verso i “non vaccinati” e così via. Le bollette del gas raddoppiano e triplicano. Le classi dirigenti del capitalismo globale abbracciano apertamente i neonazisti. Si parla di una guerra nucleare “limitata.” Fanatismo, paura e odio abbondano. L’abuso psicologico delle masse non sta diminuendo. Anzi, aumenta. La soppressione del dissenso si sta intensificando, così come la demonizzazione della non conformità. Le linee vengono tracciate sulla sabbia. Lo vedete e lo sentite, proprio come me. Chiarite cosa è essenziale per voi. Chiarite cosa siete disposti a perdere. Rimanete devianti. Rimanete freddi. Non è finita.

CJ Hopkins (tradotto da Markus) 

 
Buon senso dei generali PDF Stampa E-mail

23 Ottobre 2022

 Da Rassegna di Arianna del 21-10-2022 (N.d.d.)

Vorrei sottolineare ciò che per molti risulta essere quasi incomprensibile. Sono molti i Generali dell'esercito italiano che in questi mesi, con le loro parole sempre schiette basate anche sulla propria esperienza, si sono prodigati nei loro estemporanei passaggi televisivi a chiarire non solo come andavano realmente le cose sul campo di battaglia, ma anche ad approfondire le responsabilità di un conflitto iniziato molto prima del 24 febbraio. Molto spesso abbiamo associato direttamente il termine Generale o Colonnello non solo con la guerra come situazione fattuale, ma con la guerra come scelta che loro stessi farebbero per risolvere i conflitti. Non è così: i vertici militari sono gli “operativi” che, volenti o nolenti, si trovano a mettere in pratica ciò che politici confusi, superficiali o del tutto in malafede, i veri artefici di ogni guerra, gli dicono di fare. Per questo vorrei ringraziare questi Generali italiani, per le loro parole, sempre volte al negoziato, che ci mostrano quanto i bellicisti siano più che altro i politici o i giornalisti… da poltrona. Il fatto quindi che proprio dai vertici militari arrivino spesso parole di pace, volte alla risoluzione negoziale del conflitto, è un apparente paradosso che deve farci riflettere profondamente.

Grazie al Generale Vincenzo Camporini per il dopoguerra: "Sogno una Russia integrata con l'Europa in pace e connessa economicamente. Tra Russia ed Europa c'è un'assoluta complementarità dal punto di vista delle economie, chi ha la tecnologia non ha l'energia, e viceversa. Abbiamo anche basi culturali comuni, per cui immagino una futura integrazione." Grazie al Generale Leonardo Tricarico: “...Cosa facciamo noi adesso? Continuiamo a lasciare che Zelensky compia atti inquadrabili in questo attentato all'integrità territoriale russa, oppure dobbiamo fermarlo? Zelensky non può continuare a fare ciò che vuole. Serve concertazione internazionale, non c'è stata”...“Non ho mai nascosto la mia preoccupazione per l’ingresso di nuovi Paesi nella Nato e in particolar modo per l’ingresso di Finlandia e Svezia in questo particolare momento. I nuovi ingressi non renderebbero più sicura l’area e renderebbero difficili i negoziati con Mosca” Grazie al Generale Antonio Li Gobbi “se l’Europa fosse riuscita a imporsi come elemento neutrale di riferimento per negoziare, sarebbe stato molto meglio. Non si è stati in grado di assolvere un tale ruolo, che sarebbe spettato all’Europa, e allora è inevitabile dare le armi, anche per tranquillizzare, forse ipocritamente, la nostra coscienza ...Oggi si dice che la guerra è iniziata a febbraio. In realtà è iniziata nel 2014 se non prima. La cosiddetta “operazione militare speciale” di Putin è la sua evoluzione... la UE non ha affrontato il problema ucraino come dal 2014 ad oggi, nonostante due nazioni europee, Francia e Germania, avessero un ruolo nell’ambito degli accordi di Minsk.” Grazie al Generale Marco Bertolini: “L’Italia non ha mai dato le armi a nessuno. Non le ha date alla Somalia che aveva a che fare con una variante dell’Isis. Io ero lì e ci chiedevano armi, ma non gliele abbiamo date e sa perché? Perché non usiamo alimentare i conflitti, ed è lo stesso criterio che abbiamo usato in altre situazioni in cui c’era un popolo aggredito... Proprio perché il conflitto è a due passi da noi bisognava spegnerlo prima possibile, non tenerlo acceso alimentando una resistenza di poche speranze. (…) Putin ha già raggiunto i due terzi degli obiettivi che si era posto all’inizio (indipendenza delle repubbliche del Donetsk e del Luhansk e riconoscimento della Crimea come parte della Federazione Russa).  Resta il discorso dell’Ucraina che non deve entrare nella Nato, ma nessuno parla di negoziato, perché sicuramente non è voluto dagli Usa, che sono i veri competitor della Russia in questa battaglia. E di conseguenza neanche Zelensky lo vuole.  Mosca sta dando altro dal punto di vista tattico, ma non vede l’ora di finire questa operazione sul campo per andare a un tavolo negoziale, che però non c’è.” Grazie al Generale Paolo Capitini: ”C’è stato un errore storico nel non aver coltivato il disegno di un continente che vada dall’Atlantico agli Urali tanto caro anche a Giovanni Paolo II che parlò di «Europa a due polmoni ». L’esito di questa frattura è la politica di sanzioni alla Russia e fornitura di armi all’Ucraina che denota l’illusione che queste misure possano portare risultati concreti. È lo specchio dell’incapacità di capire una realtà molto diversa dalla nostra. E il capolavoro è stato aver trasformato uno come Erdogan, che in questo caso ha saputo tacere - uno che massacra i Curdi e abbandona al loro destino migliaia di profughi a Lesbo - in un campione della pace.” Grazie al Generale Fabio Mini: “Non si sa a chi vanno le armi ma anche i soldi, tutti gli aiuti che confluiscono in Ucraina. Non si sa neanche dove vanno gli uomini”. E aggiunge: “Tecnicamente siamo in guerra”. “Dovevamo smantellare la Nato alla fine della Guerra fredda. La Nato non è più un’alleanza difensiva, è un’alleanza chiaramente offensiva perché ha come suo obiettivo quello di espandersi e dare una mano agli Stati Uniti per far fuori la Russia.” Il generale ha definito “imbarazzante” la posizione che l’Italia ha adottato nella guerra ucraina; infatti, si sarebbe potuto evitare l’inizio del conflitto.  “Sarebbe bastato discutere sulla politica, gli interessi e la sicurezza dell’Europa invece di accettare ad occhi chiusi una versione distorta della realtà come quella prospettata dagli Usa, dalla Ue e dalla Nato”

Angelo Colella

 

 
Tutte le guerre stupiscono PDF Stampa E-mail

22 Ottobre 2022

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 Da Comedonchisciotte del 17-10-2022 (N.d.d.)

Personalmente preferirei limitare l’espressione “guerra” alla situazione dove due eserciti si sparano, ma oramai il significato della parola si è allargato. L’impressione è quella di essere già ben dentro la terza guerra mondiale che per la maggior parte è economica, ma in Ucraina è anche combattuta militarmente. In fondo già ci chiamano a un’economia di guerra, prospettano razionamenti e coprifuoco perché, appunto, come dicono in televisione, “siamo in guerra”. Solo che io la guerra alla Russia, non la voglio fare. Come direbbero in un film di Hollywood, “non è la mia guerra” e i russi non sono i miei nemici. Oggi non si ha più nemmeno la buona educazione di dichiararla la guerra, ci si va e basta, forse per intorbidare ancora di più le responsabilità. Gli attori principali sono solo quattro, ma sono sparsi ai quattro angoli del pianeta, per questo gli si addice il qualificativo “mondiale”: gli Stati Uniti e l’Europa, potenze declinanti, la Cina e la Russia in ascesa.

Si sa che ogni volta la guerra stupisce, perché all’inizio tutti pensano che sarà combattuta in un certo modo, spesso simile a quello della guerra precedente, ma poi viene fuori che è tutto diverso dalle previsioni. Infine, quando si arriva alla conclusione, tutti pensano che non poteva che andare in quel modo per la solita illusione che danno gli eventi ex post di essere prevedibili. In realtà ad essere prevedibile è una serie di possibili svolgimenti ed esiti, ma nessuno sa dire prima quale di queste possibilità diventerà realtà, poiché si tratta di avvenimenti complessi e bastano piccole deviazioni in itinere per cambiare tutto. Ciò nonostante, state pur certi che  gli esperti sapranno ben dire, a risultato acquisito, perché le loro previsioni non si sono avverate. Dei quattro protagonisti principali il più lineare e prevedibile mi paiono in fondo gli Stati Uniti: fanno più o meno esattamente ciò che ci si aspetta da loro, i loro fini sono trasparenti e facili da capire. Per tornare ad Hollywood, che spesso esplicita in fiction la realtà della linea politica americana, il fine politico è quello del dominio del mondo, fine che nei film è attribuito ripetutamente (fino alla nausea), ai soli “spietati dittatori” che sono diventati stelle hollywoodiane di prima grandezza: Hitler, Stalin, Putin, Kim, Gheddafi, Saddam e più farsescamente, ma non troppo, il dottor Fu Man Chu, la Spectre, e tutto lo stuolo dei geni pazzi. Più esattamente questi brutti ceffi osano contestare il dominio del mondo a coloro che ne sono i legittimi titolari per decreto divino: gli Stati Uniti, la più grande, potente, giusta, etica e amabile nazione mai apparsa sulla faccia della terra, culmine dell’evoluzione statuale. Gli altri protagonisti sono più misteriosi. La Cina lo è per tradizione: è pur sempre una civiltà diversa, sviluppatasi con pochi contatti con la nostra, che rimane sempre un poco fuori portata della nostra comprensione. Il loro sistema di ipercontrollo sociale sui singoli ci appare piuttosto spaventoso, ma la loro politica estera non è aggressiva, per la verità non sembra esserlo mai stata. Almeno per il momento pare si vogliano limitare ad essere una potenza, non la sola potenza. Certo, ci si chiede cosa mai significhino queste ripetute follie covidiane che tanto sembrano piacere al governo, ma tutto sommato si ha la percezione che se ne staranno pazientemente ad aspettare gli eventi, straordinariamente sicuri di sé, sulla riva del loro proverbiale e taoistico fiume. L’Europa è veramente irriconoscibile da quella bonaria del trentennio d’oro nella quale sono cresciuto. Sono tornate ad essere possibili cose, come le guerre, i coprifuochi, le dittature, le carestie, cose che sembravano totalmente improponibili solo qualche decennio fa. Più di tutto sorprende, dopo tante ideologie e discussioni, lo straordinario svuotamento di ogni senso politico: sembra letteralmente che non ci sia più nessuno in grado non dico di portare avanti una politica razionale, ma neppure di reggere l’ordinaria amministrazione. Torme di figure insignificanti prive di cervello, di cultura, di carisma, di spessore ciondolano in giro apparentemente in grado solo di obbedire ai loro suggeritori nascosti, pronti a buttarsi anche nel fuoco con tutti i loro paesi se solo questi glielo ordinano. La Russia è l’unico paese di tradizione europea ad avere un capo degno di essere chiamato statista, ma sembra scontare un perenne complesso di inferiorità nei riguardi dell’occidente, come se in fondo fossero convinti di non essere alla loro altezza: che la loro immensa inerzia e prudenza, il loro non prendere mai l’iniziativa ma rispondere solo, e spesso in ritardo alle provocazioni altrui derivi anche da questo fattore? A ciò si somma il fatto che non riescono a considerare gli ucraini, neppure quelli dell’ovest, come nemici, ma solo come una parte del loro stesso popolo e della loro stessa terra, ma quasi rapiti dall’occidente e costretti a tradire la loro natura. Così, spesso in questa guerra, si sono comportati come fosse tutto un equivoco, un malinteso che si può spiegare e rimediare.

L’altro giorno ascoltavo un’intervista al dottor Meluzzi che parlava della situazione. Con quel suo aspetto da profeta e quel suo modo di parlare che fa di tutto per confermarlo, con quella sicurezza delle  proprie previsioni e quegli accenni che lasciano supporre ad ogni piè sospinto di come sia addentro alle segrete cose per esperienza personale, risulta indubbiamente affascinante, ma devo dire più affascinante che convincente. Forse un pelo esagerato anche con quei suoi ripetuti richiami devozionali: a quanto ho capito ha effettivamente una carica nella gerarchia ortodossa, ma sembra perfino più ecclesiastico di monsignor Viganò. Nell’intervista sosteneva una tesi abbastanza apocalittica sull’imminenza di un conflitto nucleare che secondo lui è estremamente probabile, soprattutto da qui all’otto di novembre, data delle elezioni parlamentari americane. La sua idea è che la Russia stia irrimediabilmente vincendo la guerra contro la Nato, cioè l’America globalista e neocon, e che quest’ultima non possa in alcun modo accettare un simile esito, per cui ricorrerà a qualsiasi cosa, anche alle armi nucleari pur di sventarlo. La finestra di opportunità per farlo, si dovrebbe ridurre, a detta del dottor Meluzzi, a partire dall’otto di novembre quando probabilmente l’attuale amministrazione perderà malamente il controllo del senato e del congresso a favore dell’opposizione repubblicana e trumpiana molto meno propensa, si dice, a trascinare il paese in guerra  con la Russia. Avrà ragione lui? Non posso escluderlo, anche se non ne sono convinto. Dipende da quanto sono pazzi alla fine questi neocon. Davvero non è rimasto nessuno a Washington con la testa sulle spalle? Da come hanno calcolato i piani per fomentare una guerra in Ucraina, cioè quasi una guerra civile russa senza intervenire direttamente, non si direbbe. Personalmente tendo di più a credere ad altre campane per esempio a quella dell’ex generale americano Mac Gregor che pure ho ascoltato in un’altra intervista. Questi non ha la presenza ieratica di Meluzzi, è meno coinvolgente e per nulla millenarista, non parla della necessità di aiuti trascendenti, né accenna troppo spesso le sue frequentazioni di ambienti che contano, pur avendone certamente avute molte. Ma non è solo per questa maggiore sobrietà,  ma per le sue tesi che mi appare più convincente. Anche lui, e da militare, pensa che una sconfitta militare dei russi in Ucraina è impensabile. Lo scopo degli americani sarebbe solo quello di indebolire il più possibile la Russia combattendola fino “all’ultimo ucraino”, ma entrare direttamente in guerra con l’esercito statunitense è per lui escluso. Per cui una volta che gli ucraini saranno, per così dire, finiti, forse già entro l’anno in corso, semplicemente lasceranno perdere e tenteranno di far danno in qualche altro modo. Tuttavia stavolta, probabilmente, non gli sarà facile uscirne, almeno non conservando l’egemonia. L’occidente non ha più le sue industrie, non ha più la sua superiorità tecnologica, non ha più la sua potenza militare, almeno convenzionale: basta vedere che per fare la guerra alla Russia occorre prendere in affitto un pezzo della Russia stessa, perché nessuno al di qua del fossato sembra in grado di mettere su un esercito che sia davvero capace di combattere. Il bello è che la paga per questo esercito e questo paese in affitto è fatta di carta (virtuale) e di illusioni, che poi sono diventati il prodotti di punta della maggior industria occidentale residua.

In realtà il nuovo assetto per l’Europa  dopo la caduta dell’Urss poteva essere qualcosa di ben semplice e naturale: finito il presunto pericolo da est, bastava sciogliere la Nato, far tornare a casa gli americani e ammettere la Russia da pari nel suo naturale contesto. Le materie prime russe e le industrie dell’Europa occidentale avrebbero fatto il resto e costruito nuovi decenni di prosperità per il cuore dell’occidente. Però gli americani avevano altri progetti, perché lasciando che ciò accadesse la nazione eletta avrebbe perso la sua egemonia sul mondo: erano convinti di aver “vinto” la guerra fredda e in effetti l’avevano vinta, ma così come avevano vinto le altre: senza combattere veramente, per abbandono dei nemici. Le guerre che hanno veramente combattuto sono quasi sempre finite male. A sentir loro, in forza della vittoria, la Russia avrebbe dovuto essere divisa in molti stati più piccoli (di cui i “giornalisti” occidentali si sarebbero compiaciuti di raccontare gli orrori, derivanti evidentemente dalla barbara natura degli indigeni), e diventare in sostanza una colonia da cui estrarre le materie prime.  Già la cosa si era avviata bene, con la separazione della Bielorussia e dell’Ucraina e in parte del Kazakhstan. Ma i russi hanno alla fine realizzato l’inganno (non subito a dire il vero, come sempre ci hanno messo il loro tempo) e si sono ribellati: non hanno voluto insomma impersonare gli indigeni del terzo millennio comprati con le perline. Questo ha procurato la guerra. Come si permettevano questi subumani di misconoscere l’evidente superiorità della cultura anglosassone? Come potevano non essere fieri di contribuire alla ricchezza del padrone? Ma la responsabilità non è solo americana: gli europei che avrebbero potuto fermare la guerra in qualsiasi momento e probabilmente procurarsi un nuovo periodo di benessere, hanno vergognosamente dato via qualunque indipendenza e autonomia di giudizio, come bambini viziati (e anche un poco ritardati), hanno lasciato ad altri la loro guida continuando ad appoggiare la stessa élite corrotta e stupida. Si sono persino fatti prendere in giro in massa dai piazzisti di vaccini e, tutto sommato, nella loro grande maggioranza, meritano la sorte che si avvicina e che verosimilmente non sarà un lampo di luce insostenibile, ma un lungo lamento. La situazione è reversibile? Non vedo perché non dovrebbe esserlo. Solo che questo popolo di bambini ritardati dovrebbe essere in grado di esprimere una classe politica adeguata al compito. I russi, a quanto pare, ci sono riusciti dopo un decennio di fame e di orrori, agli europei occorrerà altrettanto? Sentinella, che vedi?

Nestor Halak

 
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20 Ottobre 2022

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 Da Comedonchisciotte del 15-10-2022 (N.d.d.)

Il 6 ottobre, quando l’Unione Europea (UE) ha deciso di imporre un tetto al prezzo del petrolio russo come parte di un nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca, 23 ministri del gruppo OPEC+ dei Paesi produttori di petrolio si sono espressi a favore di un forte taglio della loro quota di produzione comune. La loro decisione collettiva di diminuire la produzione di circa due milioni di barili di petrolio al giorno ha suscitato forti reazioni, soprattutto negli Stati Uniti, e si è parlato addirittura di “dichiarazioni di guerra.” L’UE si sente ingannata, in quanto i tagli alla produzione dell’OPEC+ potrebbero far salire i prezzi dei carburanti e smorzare gli effetti dei loro otto pacchetti di sanzioni. Nonostante la narrazione di un mondo che si avvia verso un'”era post-petrolifera,” sembra che il vecchio cagnaccio sia ancora vivo. L’OPEC e dieci produttori di energia non OPEC – tra cui la Russia – coordinano la loro politica di produzione dal dicembre 2016. All’epoca, gli analisti davano a questo formato “OPEC-plus” poche possibilità di poter cambiare le cose. All’epoca, ricordo lo scherno di molti che avevano dileggiato l’annuncio in sala stampa del Segretariato generale dell’OPEC a Vienna. Negli ultimi anni, però, l’OPEC ha superato la tempesta del mercato petrolifero globale ed è emerso come un attore chiave.

Ricordiamo la situazione eccezionale della primavera 2020, durante i lockdown a livello mondiale per la pandemia COVID-19, quando le contrattazioni dei futures per i vari tipi di petrolio statunitensi erano state, a volte, persino quotate a prezzi negativi, per poi risalire a nuove vette nell’aprile 2021. A differenza di ciò che era accaduto nel mercato petrolifero tra il 1973 e il 1985, quando il consenso tra i membri dell’OPEC era scarso e molti avevano già scritto il necrologio dell’organizzazione, oggi, ex rivali come l’Arabia Saudita e la Russia riescono a far convergere i loro interessi in un fronte comune. All’epoca, per Riyadh era una prassi normale tenere in considerazione ed eseguire all’interno dell’OPEC gli interessi di Washington, bastava una telefonata dalla capitale statunitense. Quando, all’inizio degli anni ’70, l’Arabia Saudita aveva nazionalizzato la compagnia petrolifera statunitense ARAMCO – che agiva come la longa manus degli Stati Uniti nel Regno – nell’ambito di una grossa spinta mondiale alla nazionalizzazione, agli Stati Uniti era stato promesso un risarcimento con una semplice stretta di mano. L’era delle “Sette Sorelle,” un cartello di compagnie petrolifere che si dividevano il mercato del petrolio, si era conclusa allora. Tuttavia, per i politici statunitensi – almeno dal punto di vista psicologico – quest’epoca esiste ancora. “È il nostro petrolio” è un’espressione che sento pronunciare spesso a Washington. Queste voci erano particolarmente forti durante l’invasione illegale dell’Iraq guidata dagli Stati Uniti nel 2003.

Per capire veramente il nocciolo del conflitto in Ucraina – dove infuria una guerra per procura – bisogna scomporre il confronto in questo modo: gli Stati Uniti e i loro alleati europei, che rappresentano e sostengono il settore finanziario globale, sono essenzialmente impegnati in una battaglia contro il settore energetico mondiale. Negli ultimi 22 anni abbiamo visto quanto sia facile per i governi stampare carta moneta. Nel solo 2022, il dollaro USA ha stampato più cartamoneta che in tutta la sua storia. L’energia, invece, non può essere stampata. E qui sta un problema fondamentale per Washington: il settore delle materie prime può superare l’industria finanziaria. Quando, nel 2005, avevo pubblicato il mio libro “The Energy Poker,” mi ero occupata anche della questione valutaria, ovvero se nel lungo periodo il petrolio sarebbe stato prezzato in dollari. All’epoca, i miei interlocutori dei Paesi arabi dell’OPEC avevano detto all’unanimità che il dollaro USA avrebbe continuato ad essere usato nelle transazioni. Tuttavia, 17 anni dopo, questa opinione si è drasticamente ridimensionata. Riyadh si sta avvicinando all’idea di commerciare il petrolio in altre valute, come indicato quest’anno nelle discussioni con i Cinesi, che vorrebbero commerciare in yuan. I Sauditi continuano inoltre ad acquistare prodotti russi e, come altri Stati dell’Asia occidentale e del Sud globale, hanno scelto di ignorare le sanzioni occidentali contro Mosca e si stanno sempre più preparando alla nuova condizione internazionale di multipolarità. Washington, quindi, non ha più la capacità di esercitare un’influenza assoluta sull’OPEC, che ora si sta riposizionando geopoliticamente come OPEC+ allargato.

La riunione ministeriale dell’OPEC+ del 6 ottobre è stata una chiara anticipazione di queste nuove circostanze. Le tensioni intrinseche tra due visioni del mondo si sono manifestate, subito dopo la riunione, nella sala stampa, dove un ministro del petrolio saudita ha rimesso in riga l’agenzia di stampa occidentale Reuters e dove i giornalisti statunitensi hanno attaccato ferocemente l’OPEC, reo di “tenere in ostaggio l’economia mondiale.” Il giorno dopo, la Casa Bianca ha annunciato a malincuore una politica dura. I tagli alla produzione dell’OPEC+ hanno fatto vacillare Washington tra il mettere il broncio e la ricerca di vendetta, in particolare nei confronti dei Sauditi, un tempo compiacenti. Tra poche settimane si terranno negli Stati Uniti le elezioni di medio termine e le conseguenze dell’aumento dei prezzi dei carburanti si manifesteranno senza dubbio alle urne. Per quasi un anno, il Presidente Joe Biden ha ampliato le forniture di carburante degli Stati Uniti attingendo alla riserva strategica di petrolio, ma non è stato in grado di controllare né il prezzo alla pompa, né la crescente inflazione. Il Congresso degli Stati Uniti minaccia di utilizzare la cosiddetta legge “NOPEC” – con il pretesto legale di vietare i cartelli – per sequestrare i beni dei governi OPEC. L’idea circola da decenni a Capitol Hill, ma questa volta nuove emozioni irrazionali potrebbero avere il sopravvento. Ma le azioni ostili o minacciose degli Stati Uniti rischiano di ritorcersi contro e addirittura di accelerare i cambiamenti geopolitici in atto in Asia occidentale, dove, negli ultimi anni, molti Paesi sono usciti dall’orbita statunitense. Molte capitali arabe non hanno dimenticato la destituzione del presidente egiziano Hosni Mubarak, avvenuta nel 2011, e la rapidità con cui gli Stati  Uniti hanno abbandonato il loro alleato di lunga data. Il prezzo del petrolio è un sismografo dell’economia mondiale e anche della geopolitica globale. Con i tagli alla produzione, l’OPEC+ sta semplicemente anticipando le prossime conseguenze della recessione. Inoltre, alcuni Paesi produttori non riescono a incrementare la produzione a causa del divario di investimenti che persiste dal 2014: un prezzo basso del petrolio non può essere sostenuto se nel settore non ci sono grandi investimenti di capitale. Si prevede che la situazione dell’approvvigionamento energetico peggiorerà ulteriormente a partire dal 5 dicembre, quando entrerà in vigore l’embargo sul petrolio imposto dall’UE. Saranno alla fine le leggi fondamentali della domanda e dell’offerta le responsabili delle numerose distorsioni dei mercati delle materie prime e le sanzioni antirusse imposte dall’UE e da altri Paesi (per un totale di 42 Stati) hanno interferito pesantemente con l’offerta globale. Le due principali crisi finanziarie globali – quella immobiliare e bancaria nel 2008 e quella pandemica nel 2020 – hanno portato a un’eccessiva stampa di carta moneta. Ironia della sorte, era stata la Cina a far uscire l’economia globale paralizzata dalla prima crisi: Pechino aveva stabilizzato l’intero mercato delle materie prime nel 2009/10, fungendo da locomotiva globale e portando lo yuan negli schemi di cambio.

Fino all’inizio degli anni ’90, la Cina soddisfaceva il proprio consumo interno di petrolio con una produzione interna di 3-4 milioni di barili al giorno. Ma, quindici anni dopo e con un’economia in rapida espansione, la Cina è diventata il primo importatore di petrolio al mondo. Questo status rivela il ruolo cruciale di Pechino nel mercato petrolifero globale. Mentre l’Arabia Saudita e l’Angola sono importanti fornitori di petrolio, la Russia è il principale fornitore di gas per la Cina. Come ha giustamente osservato l’ex premier Wen Jiabao: “ogni piccolo problema moltiplicato per 1,3 miliardi finirà per essere un problema molto grande.” Negli ultimi 20 anni ho sostenuto che i gasdotti e le linee aeree si stavano spostando verso est e non verso ovest. Probabilmente, uno dei più grandi errori della Russia è stato quello di investire in infrastrutture e contratti per un mercato europeo promettente ma ingrato. La cancellazione del progetto South Stream nel 2014 avrebbe dovuto servire da lezione a Mosca per non raddoppiare il Nord Stream nel 2017. Tempi, nervi e denaro avrebbero potuto essere spesi meglio per espandere la rete verso est. Dall’inizio del conflitto militare in Ucraina nel febbraio 2022, abbiamo assistito alla guerra dell’industria finanziaria guidata dall’Occidente contro l’economia energetica dominata dall’Est. La spinta sarà sempre a favore di quest’ultima, perché, come già detto, a differenza del denaro, l’energia non può essere stampata. I volumi di petrolio e gas necessari per sostituire le fonti energetiche russe non possono essere reperiti sul mercato mondiale entro l’anno, e nessuna merce è più globale del petrolio. Qualsiasi cambiamento nel mercato del petrolio influenzerà sempre l’economia mondiale. “Il petrolio fa e disfa le nazioni.” È una citazione che incarna l’importanza del petrolio nel plasmare gli ordini globali e regionali, come era avvenuto in Asia occidentale nel periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale: prima gli oleodotti, poi i confini. Il defunto ex ministro del petrolio saudita Zaki Yamani una volta aveva descritto le alleanze petrolifere come più forti dei matrimoni cattolici. Se così fosse, il vecchio matrimonio USA-Saudita è attualmente in fase di disgregazione e la Russia ha chiesto il divorzio dall’Europa.

Karin Kneissl (tradotto da Markus) 

 
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