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L'Occidente alla deriva PDF Stampa E-mail

5 maggio 2008

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«L'America è quello che è, ossia l'ultima e l'unica superpotenza, e lo è di gran lunga. Dunque, se l'unica ed ultima superpotenza è posta davanti ad un interesse che ritiene nazionale o vitale - in merito all'Iraq, possiamo discutere se ha individuato bene o meno gli interessi, ma io credo di no - certamente essa deciderà unilateralmente. Non è questo che mi scandalizza...». Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera, 13 maggio 2004, intervento presso la Fondazione Camera dei Deputati.
«È innegabile che i valori democratici, del libero mercato e dei diritti civili sono in pericolo dinanzi a tutte le conseguenze che questa Terza Guerra mondiale derivata dalla guerra del terrorismo ha scatenato, a partire dall'11 settembre, data che assumiamo come la più grave, dunque simbolica». Mario Pirani, editorialista di Repubblica, 13 maggio 2004, intervento presso la Fondazione Camera dei Deputati.
«Ma l'Afghanistan, diversamente dall'Iraq, è una guerra al terrorismo collettiva sin dalle origini e legittimata dopo l'Onu anche dalle dichiarazioni di Al Qaeda. In quella Kabul dove ieri Karzai ha sfiorato la morte è in gioco il concetto stesso di Occidente, e per questo lì l'Occidente non può perdere. Il che non gli impedisce di essere lontano della vittoria». Franco Venturini, Corriere Della Sera del 28 aprile 2008.
Ho citato alcuni passaggi usciti dalla penna di Mario Pirani e Franco Venturini. Due opinionisti che certamente non si possono tacciare di posizioni neocon all'italiana (risparmio pertanto le ilarità del professor Massimo Teodori). Eppure. Anche dall'intervento di due penne così prestigiose emerge una ipocrisia concettuale di fondo del sistema dei media italiani, che solo raramente ospita voci fuori dal coro.
L'architrave ideologica che sorregge la trimurti "libero mercato, consumismo, democrazia rappresentativa" che ha negli Stati Uniti una delle punte di lancia non viene mai messa in discussione. Come se si trattasse di un dato aprioristico. La tenuta del mondo cosiddetto occidentale non è certo in questi anni messa in discussione dagli attentati dei fondamentalisti islamici (alcuni dei quali sono stati eterodiretti dalle stesse potenze occidentali). Ad essere in bilico è la capacità degli Stati Uniti e dei loro alleati nani di mettere al sicuro le fonti di approvvigionamento petrolifero (quelle estrattivamente vantaggiose).
L'obiettivo è doppio. Uno, cercare di tenere a stecchetto la Cina, per tenere a bada la crescita della nuova superpotenza. Due, sperare (in una utopia alla rovescia per me deleteria) di prolungare il più possibile il modello 'produci consuma crepa' che è ormai il credo senza credo del turbocapitalismo bancario e globalizzato oggi imperante.
Così la lotta al terrorismo e la sopravvivenza dell'Occidente sono divenuti la cortina fumogena per permettere a pochi profittatori di sbranarsi gli ultimi brandelli prima che la barca affondi. Se si continua così c'è il rischio che al momento della tragedia l'unica differenza sarà tra chi muore con la pancia piena e chi muore a digiuno. E purtroppo l'avanzata dei colossi indiano e cinese non cambierà molto le cose visto che le loro leadership hanno da tempo abbracciato la ideologia dello sviluppo a tutti costi.
Ultima postilla. Dov'era Venturini nel 2004 quando già in molti cominciavano a parlare della crisi finanziaria americana? Ogli gli Usa si tengono in piedi grazie ai debiti contratti col resto del mondo. Che cosa succederebbe se qualche big mondiale decidesse di abbandonare la zavorra Usa?

Marco Milioni

 
Alemanno? Nessuna novitā PDF Stampa E-mail

4 maggio 2008

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Molto probabilmente, più della metà dei cittadini di Roma, precisamente il 53,6 per cento dei votanti alle scorse elezioni comunali che hanno scelto Gianni Alemanno come sindaco, stanno andando incontro a una delusione.
Beninteso, qualche cambiamento rispetto ai tanti anni scorsi nei quali a governare la città è stato un sindaco di centrosinistra ci sarà. Il fatto è che per quanti cambiamenti ci potranno essere, pensiamo (forse) nei temi di sicurezza e in quelli di edilizia sociale tanto sbandierati dall'esponente di An, ciò che non cambierà certamente saranno i meccanismi di fare politica.
Tali meccanismi saranno sempre quelli clientelari, e a una lobby di aziende, appalti e incarichi se ne sostituirà un'altra.
Roma è stata governata per tanto tempo dal radical-chicchismo sinistrorso, e alle strisce blu di Rutelli (gestite da una azienda con vicinanza - per usare un eufemismo - della moglie Barbara Palombelli) sono seguite tutta una serie di scelte politiche, soprattutto con Veltroni, che non hanno fatto altro che realizzare un mega spot elettorale, durato tanti anni, per l'ascesa dell'attuale premier del centrosinistra alla ribalta che lo ha portato poi a vincere le primarie del Partito Democratico.
I romani, insomma, mediante le tasse non hanno visto più di tanto ridurre i problemi della città, quelli veri, intendiamo, quanto realizzare tutta una serie di cose che se da un lato hanno fatto secondariamente percepire Roma come una città viva e piena di iniziative, direttamente sono servite invece proprio come biglietto da visita politico del precedente sindaco. A spese dei residenti.
Così come a spese dei contribuenti sono state effettuate queste inaspettate e ingiuste nuove elezioni.
Il discorso è semplice: le elezioni hanno un costo diretto per i cittadini. Il precedente sindaco, eletto mediante elezioni, era stato scelto e incaricato dai romani a governare la capitale. A un certo punto, lo stesso sindaco "decide" di lasciare l'incarico per correre come premier del Partito Democratico alle elezioni nazionali. Il che ha comportato la "necessità" di fare nuove elezioni. Con nuovi costi. Sempre a carico dei contribuenti.
La cosa non è di poco conto e pochi la hanno rilevata. Per quale motivo i cittadini hanno dovuto sobbarcarsi il peso economico di nuove elezioni? È giusto che per una scelta di Veltroni, il quale a un certo punto del suo mandato decide che non vuole più fare il sindaco ma presentarsi come premier alla guida del paese, si imponga di dover andare a nuove elezioni comunali e sostenere nuovi costi?
Torniamo ad Alemanno, che non è affatto il nuovo, l'alternativa, il ricambio del modo di gestire la cosa pubblica. Ma semplicemente un esponente in tutto e per tutto in continuità con il classico sistema politico che governa il nostro paese. Alemanno ha vinto perché Rutelli era impresentabile. Perché Rutelli impersonifica il classico mondo politico che era arrivato a nausea. Ma Alemanno proviene esattamente dallo stesso metodo. Può cambiare lo stile, può suscitare interesse il cambio di segno politico al Campidoglio, possono essere sostenute maggiormente alcune classi e lobby di Roma al posto delle altre di prima, ma la sostanza non cambia: non vi sono visione né metodi nuovi di interpretare la gestione della cosa pubblica perché l'ascesa di Alemanno è in diretta continuità con quella di tanti altri esponenti politici del sistema malato che blocca l'intero Paese, dal locale al nazionale.
Certo, l'esercizio di un governo locale può aiutare il politico nell'effettuare qualche scelta in avanti rispetto alle beghe parlamentari nazionali, ma un sindaco, oggi e ovunque, non bada poi molto alla sua funzione del momento, quanto alla prospettiva futura, che volge imprescindibilmente dal Comune al Parlamento. Mediante gli stessi identici metodi.

Valerio Lo Monaco

 
Lavoratori...tič! PDF Stampa E-mail

1 maggio 2008

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Se come Nietzsche scrisse "i tre quarti della vita di un uomo non sono liberi dal lavoro, quell’uomo è uno schiavo", ergo oggi dovremmo dedurne che la schiavitù del lavoro si è diffusa a macchia d’olio, dal bracciante agricolo calabrese al “cummenda” milanese.
Tutto ciò grazie al modello paranoico della crescita esponenziale, che si legittima con il mito del Lavoro, di derivazione tanto liberale quanto marxista-sindacalista. Un valore assunto in modo acritico da tutti. 
E' talmente pervasivo che l’attività lavorativa diventa il perno non solo dell’economia ma dell’intera esistenza degli individui. Il lavaggio del cervello parte fin dalla giovane età nelle scuole e università, con la strumentalizzazione della cultura a fini propedeutici all’ingresso nel gregge dei produttori-consumatori. 
Già tempo addietro questi paradossi erano chiari ad alcuni critici, ma la risposta si indirizzò non verso un capovolgimento radicale bensì verso un re-indirizzamento ideologico che mantenendo il mito del lavoro lo usasse in chiave di lotta di classe, eludendo il problema centrale: il lavoro così come concepito da dopo la rivoluzione industriale altro non è se non una schiavitù, perchè ci priva della vera ricchezza della vita: il tempo.
Oggi in occasione della retorica celebrazione del Primo Maggio ci chiediamo: cadute le vestuste ideologie del secolo scorso, ha ancora senso questa festa? Questa ricorrenza nata dalle lotte operaie ottocentesche poteva, infatti, avere un senso in passato, in quanto si opponeva a un certo modello di sfruttamento. Ma oggi questo modello è profondamente cambiato e le ideologie che erano alla base di quelle lotte sono tramontate.
Quello che servirebbe oggi non è una festa del lavoro ma una festa di liberazione dal lavoro. Liberazione dal lavoro parcellizzato e alienante dei call-center; liberazione dal lavoro pesante e mal pagato cui son sottoposti decine di migliaia d’immigrati ed emigrati italiani dal sud; liberazione dall’obbligo del lavoro fino a età improbabili come quelle proposte dalle nuove riforme pensionistiche. 
Questo Primo Maggio potrebbe servirci come stimolo per ripensare davvero in maniera critica i fondamenti del nostro vivere, ma sappiamo bene che questo non avverrà e saremmo soffocati un'altra volta dalle canzonette retoriche e dalle barzellette della kermesse del concerto romano. E intanto la pernacchia di felliniana memoria continua a rimbombare nelle orecchie dei lavoratori.

Alberto Cossu
Nicola Granella

 
E' on line MZ n°16 PDF Stampa E-mail

30 aprile 2008

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E' on line il sedicesimo numero stampabile di MZ – Il Giornale del Ribelle. Potete liberamente scaricarlo cliccando in alto a destra, dove vedete scritto MZ Download. Perché una versione cartacea del blog? Per diffonderne i contenuti col vecchio ma imbattibile sistema della distribuzione a mano, faccia a faccia, porta a porta, nelle biblioteche, nelle università, nel luogo di lavoro, col volantinaggio in strada. Fate quante più copie potete, rilegate con una semplice graffettatrice, e distribuite.
In questo numero, l'intervista (ripresa dalla ottima rivista Il Consapevole) a Marco Della Luna, autore di Euroschiavi e di altri libri di grande valore, sulla sua ultima fatica: "Basta con questa Italia!", Arianna editrice. Un'opera che consigliamo a tutti di leggere.

 
Livore "sinistro" PDF Stampa E-mail

29 aprile 2008

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Giornalisti di regime, opinionisti con chissà quale competenza e semplici cialtroni si sono scatenati nel criticare il V-Day 2, nascondendo o alterando i fatti e calunniando Grillo.
I loro palesi sforzi per nascondere la gravità dei problemi sollevati dal comico non sono però che la conferma di essi, e chi li nasconde è proprio l’obbiettivo della rabbia del milione e trecentomila firmatari.
Grillo ha scelto il giorno della Liberazione in omaggio a chi cadde credendo nella possibilità di un’Italia libera, ma è stato trattato come il peggiore dei revisionisti proprio da chi si dichiara figlio della Resistenza.
Dall’Associazione Partigiani di Torino (chiaramente istruita dal PD) che bollò come offensivo l’accostamento, ai giornalisti di Repubblica che, forse ancora scottati dal risultato elettorale, hanno cercato di convincerci della rivalità tra i due eventi, ai soliti politici e oratori di partito che nelle celebrazioni ufficiali santificavano con una marea di polverosa retorica la Resistenza rendendole così un pessimo servizio.
Sarebbero costoro gli eredi morali dei partigiani? Di chi senza tante chiacchiere prese un fucile per cacciare i nazisti?
No, i veri prosecutori sono gli altri, quelli che non ne possono più di questa dilagante disinformazione di regime, “partigiani” del 2000 che hanno passato la giornata lavorando (e non cianciando come gli altri) per far sì che questo paese faccia finalmente il passo che non ha fatto il 25 aprile ’45, cioè rendere libera, veritiera e indipendente l’informazione.
Le poche certezze di chi scrive sono cadute definitivamente quando ha sentito alcuni importanti ex partigiani affermare che l’informazione sotto Mussolini era migliore di quella che ci propinano adesso.
Forse perché allora era più facile arrivare alla verità, era sufficiente credere al contrario dell’unica versione ammessa dal regime.
Oggi con decine di versioni provenienti da decine di fonti ognuna delle quali asservite agli interessi di quella o questa altra casta, e ognuna più menzognera dell’altra, dove sta la verità?

Alessandro Marmiroli

 
No al Grande Fratello PDF Stampa E-mail

28 aprile 2008

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Destra e sinistra non esistono. Esiste un gruppo di affari. L'Italia è il suo business. Le nostre tasse sono le sue entrate. I media sono la sua voce. Non esistono giornalisti buoni e giornalisti cattivi. Esiste l'informazione di regime. E' solo una questione di sfumature tra l'Unità e il Giornale, tra il Tg1 e il Tg5. (...) L'informazione in Italia non si può più riformare. E' andata in metastasi nei consigli di amministrazione delle banche e delle industrie, negli uffici stampa dei partiti, nei salotti buoni.
Beppe Grillo, 28 aprile 2008

Chi scrive pensa che sull'informazione Beppe Grillo stia combattendo una battaglia giusta. Il regime dei media è in mano ai padroni del regime tour court: banche, grande industria, partiti. Gli editori sono impuri, cioè i loro profitti sono politici e affaristici (controllo dell'opinione pubblica, manovre finanziarie ed economiche, clientelismo, favori), e non provengono dai lettori. L'intreccio perverso Stato-stampa fin dalle fonti - gli "aiuti" pubblici alle agenzie di notizie - significa connivenza strutturale fra sistema politico e sistema mediatico. Il ricatto costante dello strapotere televisivo berlusconiano sulla raccolta pubblicitaria complessiva uccide in culla qualsiasi tenativo di informazione variegata e indipendente, dato che drena gran parte degli investimenti sull'etere sottraendoli alla carta e al web. I giornalisti sono servi scodinzolanti dei propri padroni, che nel dietro le quinte opportunamente occultato alla vista dell'opinione pubblica lucrano sulle spalle dei cittadini ignari.
Per questo abbiamo firmato per la triplice abolizione dell'ordine dei giornalisti, del finanziamento pubblico della stampa e della legge Gasparri. Perchè non crediamo all'ipocrisia della possibilità di "riformare". Consci, per altro, che non sarà con proposte referendarie - invalidate, per sovrappiù dalla vicinanza temporale con le elezioni politiche - che si potrà spodestare il Grande Fratello dei media pilotati. Ma consapevoli altresì che ogni sforzo di rivolta contro il Potere e di smascheramento della pravda ufficiale è benvenuto.
Questa Italietta conservatrice e imbelle affoga nella difesa dell'ordine costituito. Gli umori delle piazze riempite da Grillo sono sani, ancorchè senza una direttrice certa. Ma l'involuzione del Sacro Sistema Unito con un parlamento appiattito sempre più sul pensiero unico "consuma, produci, crepa" e una sempre più pressante stretta creditizia e sociale sulle nostre vite (col corredo di una domanda d'identità forte che per ora trova un misero e truffaldino sfogo in paraventi leghisti) produrrà gli anticorpi. O meglio, il necessario virus di una coscienza ribelle. Grillo sensibilizza. Ma servono risposte. Politiche e culturali.

Alessio Mannino

 
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