Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
Il Potere secondo Della Luna PDF Stampa E-mail
di Marco Della Luna
 
12 febbraio 2009
 
 
La mia opera di ricerca e saggistica è complessivamente rivolta allo studio e alla comprensione del potere, ossia alla comprensione dei metodi di dominazione e sfruttamento della società. Per designare questo ambito di studio, ho coniato il termine “cratesiologia”, dal Greco kratèsis, ossia dominazione. Quanto segue è un disegno generale della società reale, dei suoi organi e del suo funzionamento. Non si basa su ciò che dovrebbe essere, ma su ciò che effettivamente è.
La società è dominata dal cartello dei possessori del sistema monetario e finanziario, articolato in banche centrali nazionali, banche centrali sovranazionali, BIS, IMF, WB, WTO, i quali, all’insaputa della popolazione generale, che non ha cognizione di quanto sotto:
a) mediante il signoraggio (primario e secondario) e il meccanismo del debito infinito, estraggono dalla popolazione generale il potere di acquisto;
b) mediante il controllo del money supply e dei tassi di interesse inducono alternatamente espansioni e contrazioni dell’economia per costringere imprese, stati e risparmiatori alla svendita degli assets e rastrellarli a prezzo vile, così da impadronirsi dell’economia reale; imporre riforme socioeconomiche funzionali al loro schema; imporre agli stati l’assunzione di debiti che li renderanno dipendenti dal sistema bancario; destabilizzare governi che si oppongano al loro schema;
c) mediante il possesso di sistemi bancari (come il SEBC) e circuiti di clearing globali (Clearstream), tutti immuni da indagini e controlli anche giurisdizionali, e grazie ai paradisi fiscali, trasferiscono in modo invisibile i proventi del signoraggio, del narcotraffico e di altre transazioni; eseguono liberamente versamenti a scopo di finanziamento, aggiottaggio e influenzamento di politici, magistrati, pubblicisti etc.;
d) mediante l’esercizio del rating finanziario di soggetti e di titoli sia pubblici che privati, consentono maxitruffe finanziarie, dirigono gli investimenti, aggravano o alleviano il costo del servizio del debito, sabotano o agevolano i bilanci.
e) mediante il finanziamento o la proprietà diretta di scuole di economia, la sovvenzione di ricerche, pubblicazioni, congressi in materie economiche, il pagamento diretto di economisti, condizionano e limitano la conoscenza e la comprensione generale dell’economia, dei suoi strumenti, e specificamente dei rapporti tra controllo della moneta e vicende macroeconomiche.
I governi e i presidenti della repubblica (se diversi dal capo del governo) hanno la funzione di assicurare la coerenza delle varie politiche nazionali effettive con gli interessi e le direttive del cartello monetario. (continua cliccando sotto)
Leggi tutto...
 
Base Usa, blocco fallito PDF Stampa E-mail
10 febbraio 2009
 
 
Dopo la breve occupazione della parte civile dell'aeroporto Dal Molin poco più di una settimana fa, questa mattina dalle ore 6 in poi qualche centinaio di vicentini del Presidio Permanente contro la nuova base Usa di Vicenza ha tentato il blocco delle vie d'accesso al cantiere appaltato alle coop ex rosse finanziatrici del Pd. I lavori di demolizione della pista per preparare il terreno alle strutture militari americane sono infatti già a buon punto. Per tutta risposta, le forze dell'ordine hanno messo la zona sotto coprifuoco militare, considerando ogni assembramento di più di tre persone come manifestazione non autorizzata. Ci sono stati episodi di pestaggio ai danni dei manifestanti, ma, a quanto risulta, nessun arresto. Durante la mattinata, poi, un centinaio di No Dal Molin si è spostato in un paese vicino, Montecchio Precalcino, per mettersi di traverso ai camion che uscivano dalla sede della Carta Isnardo, ditta subappaltrice. La Digos ha minacciato di arrestare tutti per l'interruzione dell'agibilità stradale.
Due considerazioni a caldo. La prima è che questo non è più uno Stato di diritto, ma uno Stato di polizia: vietare di accedere a una strada pubblica come sono le vie limitrofe all'aeroporto, dispiegando un imponente schieramento di uomini in divisa, pistola e manganello contro alcune centinaia di persone disarmate che avanzavano per opporre una resistenza pacifica, è segno evidente della sindrome d'assedio che le autorità governative, dal prefetto al questore, patiscono in una Vicenza che non si rassegna.
La seconda è, purtroppo, un'amara presa d'atto sull'involuzione del fronte No Base. Il fallito blocco di stamane è abortito soprattutto perchè il movimento ha dovuto scontare due grossi limiti. Anzitutto, ha perso la trasversalità e unità delle origini, diviso com'è fra gruppi che si guardano in cagnesco (dal Presidio se ne sono andati il gruppo della ex leghista Franca Equizi, simpatizzante di Movimento Zero, e i comunisti dell'Rdb-Cub, e da tutti costoro si differenzia il mondo dei pacifisti cattolici e delle sinistre varie). Inoltre i No Dal Molin, com'era legittimo aspettarsi, sono stati abbandonati dai partiti della sinistra cosiddetta radicale, di cui ormai è chiaro anche ai ciechi il peloso gioco di sponda a fini strumentali. Non ultimo, l'urto infranto degli irriducibili magnagàti questa volta non ha visto la benedizione dell'ipocrita sindaco targato Pd, quell'Achille Variati che ha conquistato la poltrona facendo credere di essere contro la Ederle 2 senza se e senza ma. a.m.
 
Il Regime colpisce ancora PDF Stampa E-mail
di Alessio Mannino
 
9 febbraio 2009
 
 
In questo momento storico così gravido di sconvolgimenti, con la crisi economica mondiale causata da una banda di farabutti chiamati banchieri, l’illusione Obama che col risparmio energetico e la chiusura di Guantanamo fa felice i gonzi adoratori dello Sviluppo e del Sogno Americano, e in più con un’informazione sempre più concentrata, controllata e asservita al motto “Un Impero, un Mercato, una Globalizzazione”, in Italia la situazione è grave, e per una volta anche seria. Finanza, media e politica vanno cercano nuovi equilibri con l’obbiettivo di eliminare ogni vera opposizione. A rischio non è la democrazia, che non esiste perché non rappresenta i cittadini ma solo le caste degli speculatori, dei loro camerieri parlamentari e dei giornalisti a libro paga. E’ la nostra dignità, è la nostra libertà, è il senso di giustizia a essere in pericolo.
Chi mette il marchio all’operazione di esproprio di sovranità a favore suo e dei padroni del vapore, è il partito unico Destra-Sinistra. L’annuncio di voler far approvare una legge sull’onda del caso Englaro anche a costo di cambiare la Costituzione a colpi di maggioranza è l’ennesima prova che il Regime procede sempre più sfrontatamente al giro di vite finale. Il governo di Berlusconi fa il lavoro sporco, continuando l’escalation illegale e illiberale portata avanti da quindici anni a questa parte dopo aver sostituito la vecchia partitocrazia Dc-Pci-Psi. Le minoranze si legittimano agli occhi dell’opinione pubblica più sprovveduta come antagonisti, o nella versione plastificata e piena di “cacicchi” del Pd di Veltroni o in quella parolaia dell’IdV di Di Pietro, che fa l’antisistema stando dentro al sistema. Così sono tutti concenti perché marcano i ruoli assegnati loro dal Potere economico-finanziario, e la farsa continua fino alla prossima truffa elettorale. E infatti la banda dei tre si trova unanime e concorde nel far passare il quorum liberticida del 4% alle imminenti europee, aggiungendo un altro mattone alla costruzione di un Paese dove le idee non conformi non avranno più possibilità di accesso alle istituzioni, negando così il diritto di cittadinanza politica a qualche milione di italiani. (leggi tutto cliccando sotto)
Leggi tutto...
 
Disumani PDF Stampa E-mail
9 febbraio 2009
 
 
Su casi come quello di Luana Englaro, lo confesso, faccio molta fatica ad avere una posizione precisa. Guardo con interesse, e anche un pizzico d’invidia, a tutti coloro che su simili vicende, così come su altre questioni cosiddette etiche, manifestano opinioni estremamente nette, frutto di convinzioni radicali. Io tutte queste certezze non le ho: se sia giusto o meno porre fine alla vita di chi è ridotto ad un vegetale da quasi 20 anni, credo sia un dilemma angoscioso al quale non riesco che dare risposte contraddittorie.
Tuttavia tutta questa vicenda, anche senza entrare nel suo merito più profondo, suggerisce a mio avviso non poche riflessioni e suscita altrettanti timori, per non dire orrori. Più il dibattito sul destino di Eluana Englaro si è acceso, più media, politici, Chiesa, gente comune si sono rincorsi in una discussione senza soste e senza fine, più ho sentito dentro di me crescere un’istintiva insofferenza. E non parlo solo di quella generata dal ripugnante meccanismo mediatico di spettacolarizzare tutto e tutti, ad esempio violando ripetutamente l’intimità e la sofferenza di persone come il padre di Eluana. No, ho sentito subito che c’era dell’altro dietro il mio crescente disagio, che si manifestava uguale a prescindere dal fatto di assistere a interventi favorevoli o contrari alla sentenza che ha decretato il “diritto” di Eluana a morire. Dopo un po’ sono riuscito a focalizzare la fonte del mio malessere interiore: era la netta sensazione di assistere ad uno spettacolo disumano. Non so, lo ripeto, se sia giusto togliere l’alimentazione ad una persona in coma irreversibile da così tanto tempo. Ma avverto come profondamente aberrante che su una simile questione si interroghino e decidano dei giudici piuttosto che dei medici o altri “tecnici” considerati quali novelli sacerdoti detentori delle chiavi di misteri come la Vita e la Morte. Percepisco qualcosa di orrendamente contro natura in tutto ciò, respiro quel clima asettico e inumanamente freddo che deve avvertire un moribondo sul letto di una camera di ospedale tra l’odore di disinfettante e la visione di quei colori verdastri tenui e senz’anima. Nella nostra società ipertecnologizzata e dove tutto è oggetto di delega, il destino dei nostri simili è lasciato ad una cerchia di “esperti” chiamati a pronunciarsi sulla base di cifre, bollettini medici, diagrammi, statistiche. Persino uno dei momenti culminanti dell’esistenza, ovvero la sua fine, è sottratta alla nostra sfera di intimità e fatta rientrare nell’ambito di chi vanta maggiori competenze specifiche, come se la vita e la morte non fossero in fondo anch’essi che fenomeni scientifici da studiare e sezionare alla luce del diritto o della medicina.
Lungi da me esprimere un giudizio sulle scelte del padre di Eluana Englaro: non voglio anch’io far parte del codazzo di tanti importuni suggeritori o censori. Però la sua scelta mi sembra rientrare in questa fiera della disumanità: non parlo della volontà di far morire la figlia, ma della decisione di ricorrere ad un Tribunale perché ciò possa avvenire. Che un gesto di simile portata si debba esprimere attraverso le carte dei legali mi fa rabbrividire. Dov’è l’Uomo in tutto questo?

Andrea Marcon
 
Eluana fra la vita e la morte PDF Stampa E-mail
7 febbraio 2009
 

 
Non fatela morire, l'anima non muore
 
Ian Grzebsky, polacco di sessantacinque anni, si è svegliato dopo diciannove anni di coma. Né la Polonia comunista né quella della nuova era capitalista lo hanno visto morire. La moglie lo ha amorevolmente accudito, senza aiuti statali, senza perdere la speranza per un così lungo tempo. E’ stata ripagata. Al risveglio Ian ha saputo della fine del comunismo, che i suoi quattro figli si erano sposati e che gli avevano dato ben undici nipoti. A Salvatore Crisafulli, catanese di trentotto anni, in coma da due in seguito ad un incidente stradale, avvenuto l’11 settembre 2003, volevano staccare il sondino, ma il fratello Pietro non si è mai arreso. Si è dedicato alla cura di Salvatore, insieme alla madre e all’altro suo fratello, ed ha chiesto e ricevuto l’aiuto del Ministro della Sanità Francesco Storace. Ora esulta, perché Salvatore si è svegliato, parla ed ha raccontato che mentre era in coma vedeva e sentiva tutto. “Sentivo mio fratello dire che capivo tutto - racconta - e lo sentivo urlare perché nessuno gli credeva. Ma io non potevo parlare, non potevo muovermi, non potevo far nulla per fargli capire che c'ero, che lo sentivo. E così piangevo”. Venti anni o solo due, ed altri casi di tre o quindici anni di coma, seguiti da un risveglio e dalla ripresa della vita in condizioni più o meno normali. Quasi tutti ricordano di aver udito voci, in maniera distinta o confusa, di aver percepito gusti, di aver sognato, ricordato. Altri non si sono mai risvegliati. Cos’è la morte cerebrale se non il tentativo triste di un’umanità saccente e presuntuosa, che pretende di capire e spiegare tutto, tanto da  voler stabilire attraverso una pseudo scienza di natura profana quando inizia o finisce una vita? Eluana Englaro avrebbe detto al padre che a queste condizioni di vita sarebbe stata preferibile la morte. E’ possibile, anche se altri testimoni dicono il contrario. Chissà perché dopo diciassette anni. Forse il padre ha perso la speranza, quella che invece ha guidato la moglie di Ian per un periodo altrettanto drammatico, ma ancor più lungo. Quando la legge stabilirà che le proprie disposizioni scritte potranno permettere di staccare la spina, coloro i quali preferiranno morire piuttosto che attendere difficili ma non impossibili risvegli, determineranno il loro destino. Nel frattempo si può morire solo di fame e di sete. Per una volontà riferita, vecchia di quasi vent’anni, mentre il cuore batte, il sangue circola, i capelli crescono e, forse, si sente tutto, si sogna, si ricorda. Non è un delitto sperare che l’anima si trovi in lunghi corridoi di ovatta bianca, e che il proprio destino spirituale, curvo e non rettilineo, esiti a definirsi ed attenda la volontà propria, quella divina, o entrambe, in una dimensione dove il tempo è diverso da quello terreno. Non si tratta di essere cattolici o atei, io non sono nessuna delle due cose. Si tratta di poter pensare che l’anima ed il corpo non debbano per forza accompagnarsi, che l’una possa fare a meno dell’altro per qualche tempo, a volte. Ed altre volte no. Perché il possibile e l’impossibile sono categorie moderne e scientiste, ma esistono mondi, ideali e geografici, dove tutto è possibile. Dove ogni gioia può esplodere e cancellare la tragedia fin lì in atto, dove il sogno allieta l’attesa degli eventi positivi, dove arrendersi significa che altri hanno determinato la tua sconfitta. Dove si crede che il mondo invisibile animato da Dei e Dèmoni, Geni e Spiriti, Karma e Dharma, insieme ad un’altra infinità di esseri e credenze, miti e sogni, determini quella straordinaria, inebriante, meravigliosa esperienza che è la vita terrena, l’unica cosa che gli Dei invidiarono agli uomini. Per questo motivo, ad alcuni di essi sottrassero il corpo, ovvero gli donarono l’anima, affinché la divina incorporeità potesse ammirare i colori, udire i suoni, incantarsi davanti al bello ed all’infinito. In questo mondo antico e sognante, dove uno sciamano ed un sacerdote contano più di un laureato in medicina, si spera che all’improvviso un corpo esanime si possa animare, rivedere il mondo con altri occhi, e ripagarti in un attimo di gioia per vent’anni di buio, tristezza e solitudine. Chi farà morire Eluana Englaro di fame e sete forse proverà pena per le mie parole. Io ne avrò per loro.     
Marco Francesco De Marco
 
Lo Stato non può toglierci il diritto di morire in pace
      
Trovo osceno il balletto che da mesi si sta danzando intorno al letto di un moribondo da parte di cattolici e laici per affermare le proprie ideologie. Senza alcuna pietas, senza nessuna misericordia per il caso umano di Eluana Englaro.
Abbiamo assistito e stiamo assistendo a iniziative e a interventi inauditi per impedire che una sentenza definitiva della Magistratura, che autorizza i medici a staccare gli speciali macchinari che tengono artificialmente in vita la Englaro venga applicata. C’è stato un ricorso del Parlamento respinto per manifesta incompetenza dalla Corte Costituzionale. C’è stata una minacciosa direttiva del ministro del Welfare Sacconi alla clinica di Udine che in un primo tempo aveva accettato di accogliere la Englaro e che in seguito, intimidita, si è tirata indietro. Ci sono stati picchetti di "movimenti per la vita" che hanno cercato di impedire la partenza dell’ambulanza che portava la Englaro alla clinica "La Quiete" di Udine (ma come si permettono? Dov’era la polizia?). Adesso il ministro Sacconi, col rinforzo dell’assessore alla Sanità del Friuli Venezia Giulia, cerca di aggirare l’ostacolo sostenendo che "La Quiete" non è attrezzata per interventi di questo genere. E il governo sta preparando in tutta fretta un decreto che blocchi per sessanta giorni l’avvio delle procedure che dovrebbero porre fine al calvario di Eluana Englaro. Il premier Silvio Berlusconi, sempre pronto a cavalcare ogni demagogia e ogni emotività popolare, l’ha detto a chiare lettere: "Stiamo lavorando per intervenire". E Umberto Bossi gli ha risposto che il governo "non può decidere della vita e della morte". Un decreto del genere è inammissibile perché, superando la sentenza della Cassazione, si porrebbe come quarto grado di giudizio. Il giudizio del governo. Saremmo in pieno Stato autoritario, per non dir peggio, tanto varrebbe far decidere direttamente da Berlusconi o dai suoi ministri ogni altra causa, civile e penale.
Tutto questo mentre associazioni come "genitori per la vita" o consimili, sbandierano i loro figli handicappati (come se si trattasse della stessa cosa) fanno un’indegna gazzarra davanti alla clinica "La Quiete" senza nessun rispetto per Eluana morente, per suo padre, per la decenza.
Ognuno di noi ha diritto a una morte naturale il che significa che la vita non può e non deve essere accorciata artificialmente da terzi. Perché questa sarebbe eutanasia che nel nostro Paese, secondo me giustamente, non è ammessa. Parliamo di interventi di terzi perché in una società laica la vita non appartiene né allo Stato né alla Chiesa né a Dio ma solo a chi ne porta il fardello e che ne può disporre come vuole, anche sopprimerla pur essendo sanissimo (e infatti gli ordinamenti attuali, a differenza di quanto accadeva nel Medioevo, non considerano reato il suicidio).
Ma il diritto a una morte naturale significa anche che la vita non può e non deve essere allungata artificialmente. Perché questo è "accanimento terapeutico". È il caso di Eluana Englaro. Dire che esiste un obbligo di dare cibo e acqua al malato, perché questo non è un intervento medico e quindi non rientra nell’"accanimento terapeutico", è l’escamotage usato da chi vuole tenere a tutti i costi in vita una persona che, se si fosse lasciato fare alla natura il suo corso, darebbe morta da tempo. Perché Eluana non viene alimentata e dissetata in modo naturale, ma attraverso speciali macchinari della medicina tecnologica. Quando una persona viene alimentata e dissetata inserendo un tubo nello stomaco e un sondino nel naso questo non è solo un intervento medico, è un intervento chirurgico. E anche la sua storia che togliendo a Eluana la si manderebbe incontro a indicibili sofferenze è contraria alla verità. Questi malati non sentono più lo stimolo della sete. Tanto è vero che ai malati terminali, negli ultimissimi giorni si toglie l’idratazione proprio per consentir loro di assopirsi dolcemente.
Lo Stato moderno, che tutto vuole controllare, che tutto vuole regolamentare, in una sorta di ossessione codificatoria di derivazione borghese, ci ha tolto molti diritti. Ci lasci almeno quello di morire in santa pace.
Massimo Fini
(da www.gazzettino.it)
 
Rivoluzione boliviana PDF Stampa E-mail
6 febbraio 2009
 

 
È passata in sordina sui media la vittoria dei sì nel referendum consultivo sulla nuova costituzione boliviana. Il trionfo di Evo Morales e degli indios, stretti alleati del “cattivo” Chavez, deve aver seccato non poco i nostri commentatori, sinistre comprese.
Nel paese ove fino a non molti anni fa gli indios (circa il 50% della popolazione, senza contare i meticci) non potevano camminare su certe piazze, con l'approvazione a larga maggioranza della nuova carta, non a caso definita “indigenista”, non assistiamo ad una vittoria per la conquista di diritti politici per una classe emarginata, ma a un trionfo del principio di autodeterminazione dei popoli. Assai benvenuto in un periodo ove le aggressioni “umanitarie” di chi non si omologa al modello unico vanno per la maggiore.
L’obbiettivo è dare alle comunità indigene il ruolo che le spettano nella vita del Paese, con la speranza di metter fine alla polarizzazione estrema della ricchezza, concentrata nelle mani di una elite bianca che fino alla vittoria di Morales nel 2005 ha dominato la vita del paese, con il suo strapotere economico e politico (17 famiglie possiedono terreni grandi come il Belgio e il controllo dei media, oltre che di gruppi paramilitari).
I contenuti della riforma spaziano poi dalla possibilità di nazionalizzare industrie e risorse svendute a imprese straniere per decenni alla limitazione del latifondo sulla cui dimensione massima i boliviani sono stati chiamati a esprimersi.
Raramente si è assistito, da parte di una popolazione, ad una simile presa di coscienza della propria condizione, che è sfociata in un periodo di accesi scontri agli inizi del millennio nelle regioni nord-occidentali del paese (contro la gestione ladresca dei servizi privatizzati) ed è arrivata in pochi anni a dare il più alto esempio di vera democrazia forse mai vistosi.
“Semplicemente”, le etnie da sempre emarginate si sono unite sotto un unico leader proveniente dalle loro file, il campesino Evo Morales, che ha iniziato la sua “carriera” politica come sindacalista cocalero. Con lui le masse indigene, forti del loro numero e delle organizzazioni sociali e sindacali che hanno permesso la diffusione delle nuove idee nonostante l’assenza di mass media in appoggio, hanno, con un semplice voto, scardinato in pochi anni la tradizionale spartizione del potere tra le oligarchie bianche sostenute dagli Stati Uniti, che fin dall’inizio hanno avversato il nuovo venuto (l’ambasciatore Usa minacciò il blocco alle esportazioni boliviane verso gli States in caso di vittoria del candidato indigeno; la democrazia, si sa, è bella solo se vincono gli amici).
Ancora oggi il personale dei ministeri viene dalla borghesia istruita (secondo il ministro dell’economia, intervenuto in un convegno a Modena alcuni mesi fa, 250 dei 300 dipendenti del ministero sono antigovernativi e sabotano i lavori), i nuovi funzionari e politici indios, che girano per uffici e parlamento in poncho, sono disprezzati dagli incravattati politici bianchi, per un certo razzismo strisciante sembra presente nel paese.
Le province più ricche sono attraversate da tentativi secessionisti da parte delle classi conservatrici che hanno perso il potere centrale e sognano di staccarsi dal resto della Bolivia per non cedere nulla della loro ricchezza, e aumentano voci le voci su scontri armati tra milizie autonomiste (o forse semplicemente al soldo di qualche signorotto locale) lì costituitesi. Una grande base statunitense al confine tra la regione di Santa Cruz (secessionista) e il Paraguay solleva poi ovvie e storicamente giustificate preoccupazioni, a cui i rivoluzionari hanno risposto con l’indigenizzazione delle forze armate.
La nascita della nuova Costituzione segna quindi un punto fondamentale per il rivoluzionario processo di riforma sociale in corso nel paese, il governo e il programma godono di amplissimo sostegno popolare, dei sindacati campesinos e dei movimenti sociali che tanta importanza hanno avuto nelle conquiste indigene degli ultimi anni.

Alessandro Marmiroli
 
<< Inizio < Prec. 221 222 223 224 225 226 227 228 229 230 Pross. > Fine >>

Risultati 3537 - 3552 di 3910