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Le mezze verità del prof. Sartori PDF Stampa E-mail

15 marzo 2008

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Leggendo il Corriere della Sera di giovedì 13 marzo può accadere di rimanere interdetti dinanzi alla visione dicotoma della situazione economica in cui versa l’Italia, presentata come “una democrazia in decrescita” che ha ormai “raschiato il fondo del barile” nel fondo di Giovanni Sartori che compare in prima pagina e come un Paese “ormai in zona sicurezza sulla via del pareggio di bilancio” nel servizio della seconda pagina che riprende le dichiarazioni del ministro Padoa Schioppa.
Sartori giudica intollerabile il pesantissimo debito pubblico che grava sul nostro Paese e comporta un carico d’interessi di 70 miliardi di euro l’anno. Padoa Schioppa dice che “il rallentamento dell’economia non interrompe il risanamento dei conti che è solido e destinato a durare” e promette il pareggio di bilancio entro il 2011.
Sartori individua nella mafia, il cui fatturato totalmente esentasse è nell’ordine dei 90 miliardi di euro l’anno, e nella collusione di questa con la politica, uno dei principali problemi che strangolano l’economia italiana. Un problema, quello mafioso, che né Tremonti né l’accoppiata Visco/Padoa Schioppa, né i ministri che li hanno preceduti hanno mai tentato di risolvere, evitando di andare a cercare i soldi nel colossale patrimonio mafioso.
Padoa Schioppa canta le lodi della lotta all’evasione fiscale operata dal governo, lotta che se portata avanti con la stessa veemenza anche in futuro potrebbe portare ad un contenimento del deficit anche in presenza di un rallentamento dell’economia ed offrire ampie risorse per ridurre la pressione fiscale sui contribuenti onesti.
Sartori mette in evidenza i dati dell’Ocse che rilevano come il potere di acquisto dei nostri lavoratori sia del 18% inferiore a quello dei Paesi dell’euro e ventila il sospetto che il nostro paese stia cadendo nel vortice di uno sviluppo non sostenibile che distribuisce più di quello che produce.
Nel servizio si esprime preoccupazione per la continua salita del prezzo del petrolio e per il valore dell’euro sempre più forte, evidenziando però come Luca Cordero di Montezemolo escluda la possibilità di una recessione.
Due immagini dell’Italia per molti versi antitetiche, quasi ognuna di loro facesse riferimento ad un Paese diverso. Ma quella tratteggiata dal prof. Sartori, senza dubbio più aderente alla realtà che tutti i giorni sperimentiamo in prima persona. Verrebbe voglia di dire “bravo” a Sartori. Ma continuando a leggere il suo fondo emergono stridenti contraddizioni che lasciano intendere come tutta la verità il professore non abbia voluto dircela.
Sartori dopo quello mafioso evidenzia la mancanza d’infrastrutture come uno dei principali problemi del paese, stima in 30/40 miliardi di euro il costo dell’indispensabile rifacimento della rete ferroviaria italiana, ed afferma che per diventare un Paese moderno in media con gli altri Paesi europei occorrerebbe spendere nell’arco di una ventina di anni almeno un PIL al completo. Dimentica però di dire che negli ultimi 20 anni l’Italia ha bruciato qualcosa come 90 miliardi di euro per costruire le linee ferroviarie del TAV che non risolveranno alcun problema di viabilità, né tanto meno miglioreranno il sistema ferroviario italiano. Ragione  per cui, semmai l’Italia fosse in crisi per la mancanza d’infrastrutture (ragionamento quanto mai opinabile) il problema sarebbe quello di come spendere e non di quanto spendere di quello che resta del denaro dei contribuenti. Sempre che spendere decine di miliardi di euro in infrastrutture possa essere compatibile (e non credo lo sia) con la necessità prioritaria di ridurre un debito pubblico intollerabile.
Sartori sostiene poi la necessità di costruire i rigassificatori, stigmatizzando chi si è opposto a questa operazione, sostenendo che sono indispensabili per sostenere la vertiginosa crescita futura del fabbisogno energetico. Ma come potrebbe quella che secondo le sue parole è “una democrazia in decrescita che ha ormai raschiato il fondo del barile” farsi artefice negli anni futuri di vertiginose crescite dei consumi energetici?
Sartori parla poi dell’incombente disastro climatico, facendo riferimento agli accordi di Kyoto ed affermando che l’Italia ha superato del 13% il limite delle emissioni di gas serra che aveva accettato (in realtà l’informazione non è esatta perché l’Italia ha aumentato le proprie emissioni del 13% rispetto al 1990 mentre si era impegnata a diminuirle del 6,5% entro il 2012), ma critica il ministro Pecoraro Scanio incolpandolo di avere bloccato la costruzione dei “termovalorizzatori” nel napoletano. Il professore evidentemente non sa (o finge di non sapere) che gli impianti da lui chiamati termovalorizzatori sono grandi produttori di gas serra la cui costruzione ci allontana sempre di più dal rispetto dei limiti del protocollo di Kyoto.
Purtroppo l’Italia vera, quella racchiusa nell’insensato modello di sviluppo della crescita infinita ed ormai sul punto d’implodere su sé stessa, quella che attende il futuro governo Veltrusconi che la farà sprofondare nel buco di quel barile ormai raschiato, continua a restare molto lontana dalle pagine del Corriere Della Sera, dove al massimo si racconta qualche mezza verità fingendo di voler cambiare tutto per non cambiare nulla.

Marco Cedolin

 
La supercazzola PDF Stampa E-mail

14 marzo 2008

Non sanno più cosa inventarsi. L'organo ufficiale del Partito (Anti) Democratico di Walter Nutella Veltroni, La Repubblica, questa settimana ha estratto dal cilindro la "questione Ciarrapico".
Giuseppe Ciarrapico, ex "re delle acque minerali" (è stato, ironia della sorte per un "fascista", presidente delle terme di Fiuggi), oggi a capo di un piccolo impero editoriale composto da una miriade di testate locali nel Centro-Sud, è candidato nelle liste del PdL di Silvio Mediaset Berlusconi. "Scandalo!" urlano i repubblichini di centrosinistra.
Il Ciarra è stato andreottiano di ferro (rivale dell'altro fascio-democristiano laziale, Sbardella), arrestato per finanziamento illecito al Psdi (!) e per bancarotta fraudolenta, condannato con sentenza definitiva nel processo relativo al crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi (senza mai pagare i danni cambiando continuamente residenza). Insomma, un vecchio arnese dei melmosi Anni Ottanta.
Ma ora nel centrosinistra si stracciano le vesti perchè è "fascista". Come se nel 2008 lo scontro politico dovesse ancora svolgersi fra fascisti e comunisti, come nel 1945.
La campagna elettorale procede morbida e all'acqua di rose. Niente attacchi all'interno dell'affiatata coppia Veltrusconi (tranne qualcosina, giusto per non sembrare in perenne amorosa copula). Serviva un facile bersaglio minore con cui agitare un po' le acque. Il grosso grasso caso di Ciarrapico era l'ideale.
Sono le supercazzole del nostro sistema politico-mediatico. Non facciamoci abbindolare. (a.m.)

 
La provocazione di Èllero PDF Stampa E-mail

12 marzo 2008

I media sono imbarazzati quando affrontano l'argomento, ma c'è una parte della società civile che da mesi va ripetendo una cosa sola: alle politiche non bisogna andare a votare perché ciò, seppur indirettamente, legittima una classe politica ormai sfiduciata nella sua interezza.
Massimo Fini da sempre ripete la cosa, ponendo un critica radicale, di sistema. Un pensiero simile lo esprime Beppe Grillo, pur su un piano più immediato. Il mondo accademico invece è prudente nei confronti di questa sfiducia bipartisan (con l'eccezione del professor Giovanni Sartori, che pure è un politilogo dell'establishment). E sempre all'interno del mondo accademico va segnalata la recente uscita del professor Renato Èllero (docente di diritto all'università di Padova) che dalle colonne del suo blog e dagli studi di Telenordest ha lanciato una proposta singolare, che ha incendiato l'animo degli ascoltatori: le elezioni dovrebbero essere valide solo se va a votare il 50% degli aventi diritto, in caso contrario la consultazione non è valida. Ma - e qui viene il bello - coloro che si sono presentati ad una consultazione che non ha ottenuto questa sorta di quorum, non potranno più essere ricandidati. Si tratta di una proposta volutamente provocatoria, come sostiene lo stesso Èllero. Ma necessaria, per spezzare lo stato di empasse nel quale si è ficcata l'Italia, nella quale i poteri forti (politici ed economici) stanno asfissiando il Paese.
Credo che l'argomento debba essere rilanciato, magari con un simposio nazionale. Perché ora è chiaro. Chi ad aprile non andrà a votare finirà volente o nolente iscritto nell'unico partito dell'antipolitica, che è poi non è altro che richiesta veemente di una buona politica scomparsa da anni. Sul mio blog, La Sberla, ho cercato di approfondire l'argomento con un post specifico, ricco di collegamenti multimediali.

Marco Milioni

 
Pupazzi Usa PDF Stampa E-mail

11 marzo 2008

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Per avere la riprova di quale livello di farsa abbia raggiunto la democrazia "rappresentativa" è sufficiente uno sguardo alle elezioni americane, già in questa fase delle primarie.
Obama il nero contro Hillary la donna, Dixan che lava più bianco contro Finish con ammorbidente. Candidati fotocopia che tengono discorsi preconfezionati davanti a decine di ebeti festanti con i cartelli del loro idolo - spero almeno pagati per dimostrare un entusiasmo che non si capisce da dove possa scaturire se non da qualche loro pesante tara mentale. Partiti che si distinguono giusto per il simbolo e che rappresentano solo lo specchietto per le allodole di interessi trasversali che fanno a capo ai veri centri di potere degli Usa e del pianeta. Programmi elettorali che si risolvono in banali e scontate petizioni di principio e che si differenziano forse per i caratteri e l’impaginazione.
E, soprattutto, una manipolazione mediatica che riesce a costruire finte contrapposizioni o patetiche esaltazioni di fronte a frasi fatte spacciate per rivelazioni divine (“Si può fare”), puntando i riflettori su aspetti che non dovrebbero interessare a nessuno e che invece vengono elevati ad argomenti di discussione e a criteri di scelta del candidato (la fedeltà coniugale, la simpatia del cagnolino di famiglia, la pettinatura della figlia... una vera e propria gara a chi riesce ad avvicinarsi di più ad uno stereotipo alla Mulino Bianco).  Basti pensare che le ultime polemiche sono divampate in ordine all’eventualità che Obama sia musulmano...
Ci chiediamo peraltro cosa sarebbe successo se la stessa implicita considerazione spregiativa fosse stata fatta per un presunto candidato ebreo. E cosa dire dell’espediente della Clinton di scurire il volto di Obama nei propri manifesti, evidentemente consapevole che ciò potrebbe danneggiare il rivale? (Nero sì, ma non esageriamo!).
Il tutto in una cornice nella quale la fetta della popolazione interessata all’"avvenimento” è del tutto minoritaria, al pari di quella che poi effettivamente andrà a votare, e che ovviamente s’identifica perlopiù con la minoranza wasp più o meno agiata. Tutti in attesa del momento culminante e decisivo dello “spottone” elettorale: il confronto tv tra i candidati presidenti, quello dove risultano determinanti elementi di alto profilo politico come la statura dei contendenti, la quantità di cerone che hanno usato davanti alle telecamere, le espressioni studiate dei loro volti, la capacità dialettica e la fluidità dell’eloquio.
Qualcuno la chiama “la più grande democrazia del mondo”. Sicuramente è la più emblematica, e non a caso anche da noi gli scimmiottamenti del modello americano ormai si sprecano (Berlusconi ha insegnato, Veltroni ha dimostrato di avere appreso la lezione).
Si dirà: niente di nuovo sotto il sole, sono tutte considerazioni evidenti da anni. Verissimo, ma allora mi chiedo: cosa aspettiamo a prendere atto del fatto che il sistema democratico rappresentativo è ormai un residuato anacronistico da rottamare al più presto? C’è davvero qualcuno che crede ancora al contrario? Se sì, temo che non abbia più di tre neuroni.

Andrea Marcon

 
Zero Voto: cittadini, non sudditi PDF Stampa E-mail

10 marzo 2008

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Cittadini, aprite gli occhi!
Non andate nella solita, e collaudata, trappola. Non andate a legittimare per l'ennesima volta, col vostro voto, rappresentanti che non vi rappresentano e una classe politica che, presa nel suo complesso, senza distinzioni fra destra e sinistra apparentemente avversarie in realtà complici, ha come unico interesse quello di autotutelarsi per perpetuare all'infinito il proprio potere.
La verità è che la cosiddetta democrazia rappresentativa, la "democrazia reale", quella che concretamente viviamo, non è la democrazia ma un sistema di minoranze organizzate, di oligarchie, di aristocrazie mascherate che hanno tutti i privilegi delle aristocrazie storiche senza peraltro averne nemmeno gli obblighi: non lavorano, non pagano le tasse su una parte notevolissima - 100 mila euro - dei loro già cospicui emolumenti, hanno, di fatto, un diritto penale proprio che gli permette di continuare a perpetuare impunemente i loro abusi, i loro soprusi, le loro aperte illegalità e l'occupazione arbistraria dello Stato e di ampi settori della società civile.
Queste oligarchie soffocano e mortificano l'individuo singolo, l'uomo libero che non vuole assoggetarsi ad umilianti infeudamenti, cioè proprio il soggetto di cui il pensiero liberale voleva valorizzare capacità, meriti, potenzialità e che sarebbe il cittadino ideale di una democrazia, se esistesse davvero, e ne diventa invece la vittima designata.
Il "sistema Mastella" non è il sistema del signor Clemente Mastella ma di tutti i partiti, nessuno escluso, a seconda delle rispettive aree di influenza. Questi neosignorotti feudali, nazionali e locali, pretendono l'affiliazione ed elargiscono indebiti favori in cambio dell'obbedienza.
La frase di Ignazio Silone, "Per vivere un po' bene bisogna vendere l'anima. Non c'è altra via", fu scritta in pieno fascismo ma si attaglia ancor meglio al nostro oggi. Chi non ci sta è inesorabilmente emarginato a favore degli affiliati, degli adepti, dei famuli, dei favoriti, dei clientes. I metodi dei partiti sono quelli della mafia: il ricatto, la minaccia allusiva, la tangente.
I partiti non sono, come ci viene ripetuto fino alla nausea, l'essenza della democrazia, ma la sua negazione. Perchè ledono alla radice il fondamentale principio liberale dell'uguaglianza almeno sui blocchi di partenza. Il sistema non si cambia cambiando qualche uomo o qualche sigla, ma cambiando il sistema. Cittadini, l'unica libertà che avete, con le elezioni, è di scegliere da quale oligarchia preferite essere schiacciati, prevaricati, umiliati, offesi. Riprendetevi quel tanto di dignità che vi è stato lasciato e rifiutate di legittimare, col voto, la vostra sottomissione e la vostra degradazione.
Lasciateli soli.

Movimento Zero

 
Lavoratori uccisi due volte PDF Stampa E-mail

9 marzo 2008

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Non c’è molto da dire, i fatti sono sotto gli occhi di tutti. Da sempre la piaga delle morti bianche è una tragedia nazionale ed entrare in fabbrica o al cantiere è, per i lavoratori italiani, un rischio non calcolato, ma "necessario". Certo, le misure di sicurezza sono sempre esistite, e gli ispettori pure, ma chiunque abbia parlato qualche volta con un operaio sa bene con quanta "distrazione" troppo spesso quelle ispezioni vengano fatte, ed anche quanto spesso siano proprio gli operai a violare volontariamente quelle norme.
Stupidi? Suicidi? No: semplicemente presi per il collo, come si suol dire. Se una protezione, un paio di scarpe da lavoro, una mascherina rallentano i movimenti e dunque la produzione, certo il padrone non dirà al lavoratore di togliersele e fare più in fretta, ma sarà lui stesso a capire da solo che, se vuole tenersi il posto, gli conviene darsi una mossa, e non star lì guardar troppo per il sottile.
Poi, eventualmente, la "fatalità". Queste "fatalità" sono andate aumentando, in questi ultimi anni, in assoluto e in percentuale. Mano a mano che il Pil è divenuto la nuova Divinità, e l’aumento della produzione il misuratore del grado di felicità della Patria Nazionale e della Grande Patria Globalizzata, tutto il resto è passato in secondo piano, in nome appunto di un Progresso cui tutto può essere sacrificato.
E così leggiamo sui giornali: sette operai fritti alla Thyssen Krupp (in una linea di produzione notoriamente vecchia ed obsoleta, sulla quale perciò non "valeva la pena" di spendere in manutenzione), cinque gasati a Molfetta (tra i quali, ironia della sorte, il padroncino, vittima della sua stessa creatura), più la minutaglia quotidiana di folgorati, caduti dalle impalcature, schiacciati dalle ruspe e via ammazzando.
Le nostre care istituzioni si scandalizzano – o fingono di scandalizzarsi – e decidono di varare nuove normative, che prevedano anche solo pochi mesi di carcere per quegli imprenditori che non rispettino le norme. E qui abbiamo avuto il secondo scandalo, quello vero.
Non contenti degli immensi profitti accumulati con il "Progresso", impudenti di fronte a questi morti, ma soprattutto ben consci di tenere tutti quanti sotto ricatto, come un sol uomo gli imprenditori italiani si sono levati a difesa del proprio diritto all’impunità. E’ come se chi commette un crimine – perché questo è, praticamente sempre, un incidente sul lavoro – avesse poi il diritto di metter bocca nella legislazione che punisce quel crimine. Montezemolo si è scatenato, e pescando nel più greve immaginario berlusconiano è andato a parlare di "ultimo favore alla sinistra populista" (e bolscevica no?). E il governo, supino, lo ha ascoltato, ammorbidendo la legge.
Le "istituzioni" non contano niente, e soprattutto di tutt’altro si occupano che non del "bene comune". Sono le caste che comandano, che decidono quello che conviene a tutti – cioè a loro! – che dettano legge e leggi, che decidono della nostra vita e del nostro futuro. In questo caso, la casta di chi ha costruito questo Progresso mostruoso, questo Moloch che ci divorerà tutti.
E la politica? Non aveva torto Marx, quando scriveva che "i governi sono i comitati d’affari degli imprenditori". Che ammazzano i lavoratori prima risparmiando sulla sicurezza, e una seconda volta manovrando la politica per continuare a risparmiare sulla pelle dei propri dipendenti.

Giuliano Corà

 
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