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Ai trinariciuti del Partito Unico dell'Oligarchia PDF Stampa E-mail

11 settembre 2007

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Chi è Salvatore Buglio? E’ un deputato della Rosa nel Pugno che sul Corriere della Sera di oggi, martedì 11 settembre 2007, liquida così Beppe Grillo e il suo V-Day: «Chi dice “Voglio distruggere i partiti” è il perfetto testimonial della destra più becera con venature naziste. Senza i partiti c’è la dittatura». Bene, anzi male. Malissimo. Da farsi cadere a terra i coglioni, per l’evidente incapacità non diciamo politica, ma financo mentale di afferrare un brandello di realtà da parte dell’oligarchia partitica. Partiamo perciò da questo signor nessuno, perché in realtà lui è il perfetto testimonial della cecità, se va bene, o, nei casi peggiori, della malafede di quella che si autoproclama “politica”.
La politica, per l’appunto. L’oligarchia parla di “politica” tout court, identificando senza ulteriori aggettivi se stessa come tale. No, signori truffatori (in buona o cattiva fede, a questo punto, non fa differenza). E’ un trucchetto meschino, da due soldi, da bari di strada, quello di definire semplicemente “politica” – nobile parola che significa: “governo della polis”, cioè occuparsi della collettività, di noi stessi come cittadinanza – il sistema di partiti. Noi viviamo in partitocrazia: questo, precisamente questo, è il messaggio che con disgusto e istintiva ribellione hanno lanciato le piazze d’Italia sabato 8 settembre scorso. L’oligarchia ribatte con un inganno: l’unica politica possibile è quella irreggimentata, sequestrata, ingabbiata dai partiti. Chi non si impegna inquadrandosi nell’unico sistema accettato, quello partitico, è fuori dalla politica, fa “antipolitica”, è potenzialmente sovversivo, è qualunquista, populista, massimalista. Addirittura nazista. Nel parlamento “democraticamente” eletto – in realtà ostaggio delle segreterie delle nomenklature e degli apparati – la democrazia viene concepita così: o con noi o contro di noi, o ti riconosci nei partiti o sei antidemocratico e quindi reietto, ignobile, pericoloso, un paria. Questo, propriamente, si chiama fascismo (o nazismo, se così preferiscono i Buglio e i Mastella, le Bindi, i Fini e tutta la manica di burattini del Partito Unico dell’Oligarchia, assieme alle scodinzolanti penne acide dei Serra, dei Ceccarelli, dei Mughini e dell’intero caravanserraglio di commentatori della Stampa Serva d’Italia). Chi è fascista? A noi viene di pensare che lo sia chi ragiona così. O erano fasciste le centinaia di migliaia di persone accorse a firmare una proposta di legge popolare ed esprimere il legittimo dissenso e schifo per il sistema partitocratico?
Ma giriamo lo sguardo da queste meschinerie e andiamo avanti. Sulla versione on line del settimanale Carta, Giuliano Santoro onora noi di Movimento Zero di una velenosa citazione, riprendendo il ridicolo refrain dell’accusa di essere di “estrema destra”. Massimo Fini lo sarebbe, noi lo saremmo. Ne deduciamo che coloro che erano sul palco di Bologna, a cominciare da Grillo per continuare con Travaglio, la Guzzanti, Bergonzoni, Pallante eccetera, tutti costoro avrebbero manifestato accanto a uno di “estrema destra”, o comunque fondatore di un movimento così etichettabile. Sommo orrore, per uno ancora nei secoli fedele alla contrapposizione fra Destra e Sinistra, buona ormai solo per i gonzi e per chi non ha smesso di credere a Babbo Natale. E’ sicuro di star bene, Santoro? Rilegge le sue prose, dopo averle scritte magari di getto? Chissà come se la ridono, Grillo e Travaglio e gli altri, a essere indirettamente accusati di parlare all’Italia vicino a dei “fascisti”.
Per i duri di comprendonio – e per gli spargitori di veleno – ribadiamo un semplice concetto. Movimento Zero, al posto di questa presa per il culo istituzionalizzata che ha nome “democrazia rappresentativa”, chiede un meccanismo simile a quello che funziona egregiamente in Svizzera e in alcuni Stati dei tanto osannati Usa, la democrazia diretta su base federale, cioè in ambiti locali autonomi, più vicini possibili al cittadino. Sono punti del Manifesto di cui è autore Massimo Fini, e che rappresentano il fulcro del nostro pensiero politico in via di elaborazione. Noi eravamo là, come si può leggere due post sotto, per molto di più che non la rivolta legalista del “parlamento pulito”. E per questo c’è stato chi, nel nostro movimento, era in disaccordo nel partecipare. Troppo poco, il “programma” del sabato grillesco. Verissimo. Ma quel popolo che si aggrappa a un comico-polemista è animato, con tutta evidenza, dal bisogno di riprendersi la sovranità che gli spetta. E chi bolla come un miscuglio di anarchismo, fascismo, comunismo, giustizialismo, funarismo, bossismo, gabibbismo e insomma effettua la maligna operazione di buttare nel ridicolo le ansie, le preoccupazioni, le rabbie, le indignazioni e in definitiva i mille problemi e le mille incazzature quotidiane degli Italiani - cioè l’intera classe politico-giornalistica a libro paga dei suoi terminali economici o inchiodata alle ideologie dei propri anni adolescenziali - commette il fatale errore di scavarsi la fossa da solo (nota. Vorremmo sapere da lorsignori una cosetta: se “antipolitica” è incanalare il proprio giramento di palle usando persino un Grillo per parlare della “via crucis dei pendolari, le cartelle pazze, le bollette ribalde, gli scavalcamenti nei concorsi pubblici, le code sull’autostrada, l’inceneritore che non funziona, il depuratore che puzza, le storture e le torture della burocrazia, i topi negli ospedali, «Ferrara ai primi posti per il cancro allo stomaco», gli inganni della Telecom, le lacrime della Madonnina di Pantano, l’olio di colza, la fuga dei cervelli, i problemi del Tocai friulano, i soldati italiani in Afganistan, i truffatori e gli ipnotizzatori degli anziani”, insomma della carne viva del presente di tutti noi, la “politica” invece cosa sarebbe? Parlare soltanto, magari con godimento e lussuria, delle interessantissime e vitali correnti del nuovo Pd, o delle lotte di potere alla corte di Forza Italia, o delle manovre di Casini per il Grande Centro? Fate pena).
E qui arriviamo al punto finale e, forse, cruciale. I sacerdoti della “politica”, cioè della partitocrazia, usano come arma di liquidazione di ogni argomento l’anatema secondo cui, quando non si hanno proposte, si deve tacere. Apprendiamo con sgomento che semplicemente protestare, in questo Paese, non è politicamente corretto, non fa fino. A parte il fatto che Grillo, in modo senz’altro riduttivo, una proposta l’ha fatta (si chiama proposta di legge, no?). Ma a noi interessa far sapere un’altra verità sfuggita ai sapienti del tempio. E cioè che c’è chi, nel suo piccolo, proposte e soluzioni ne cerca e ne trova. Noi di Movimento Zero, ad esempio.

Alessio Mannino

Nella sezione "Articoli ribelli" l'articolo di Massimo Fini sulla sua partecipazione al V-Day di Bologna.

 
L'11 settembre, "Zero" e la verità scomparsa PDF Stampa E-mail

9 settembre

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Nei giorni scorsi è apparso in libreria “Zero” (autori, tra gli altri, Giulietto Chiesa, Franco Cardini e Gore Vidal), libro che mette in discussione la tesi ufficiale dell’11 settembre. Non è mia intenzione entrare nel merito della questione e neppure commentare l’atteggiamento del Corriere della Sera, che ha assimilato il metodo degli autori del libro a quello dei negazionisti dell’Olocausto, rivelando ancora una volta la pochezza e la faziosità di quello che dovrebbe essere il primo quotidiano italiano.
La mia vuole essere invece una riflessione sulle reazioni a queste teorie cosiddette complottiste. Stiamo parlando, per chi non lo sapesse, di accuse non solo di inefficienza di fronte all’attentato, ma anche di volontarie omissioni che lo avrebbero agevolato, se non di complicità dirette nella sua organizzazione. In ballo ci sono la Cia, il Mossad, alti funzionati statali, oscuri poteri finanziari e, ovviamente, il Presidente degli Stati Uniti d’America. Insomma, per gravità delle accuse e rilevanza dei presunti colpevoli, si tratta - o meglio, dovrebbe trattarsi - di autentica dinamite. Anche l’autorevolezza di coloro che si sono occupati dell’argomento e pure l’eco mediatica che hanno ottenuto (si ricordi tra tutti il film Farenheit 9/11 di Michael Moore) è di primissimo piano. Eppure non succede nulla. In altri tempi sarebbe bastato molto meno per far scoppiare una rivoluzione; oggi invece Bush & C. non solo non si dimettono ma si rifiutano anche di prendere in considerazione accuse che pure sono circostanziate e assolutamente attendibili. Mediaticamente il tema non è censurato e neppure trascurato (Mentana vi dedicò una puntata di Matrix), ma scorre lo stesso via come se fosse acqua fresca. Qualcuno arriverà a dire che questa è la grandezza della moderna democrazia, la dimostrazione che esiste libertà di pensiero e quindi di informazione anche su temi così scottanti e potenzialmente esplosivi.
A me invece tutto ciò fa addirittura venire la nostalgia per i tempi della censura. Sarei tentato dal preferire un Bush che assolda dei sicari per far eliminare i Chiesa e i Moore impedendogli di scrivere, parlare e filmare. Meglio un nemico chiaro, preciso e riconosciuto a questa melassa vischiosa e sfuggente. Oggi non c’è bisogno di far tacere nessuno, ogni voce – anche quella  più fortemente critica e potenzialmente eversiva – è resa innocua nel momento stesso in cui entra nel calderone mediatico. Tutto diventa opinabile, discutibile, per ogni versione dei fatti ne esiste una contraria. Si permette tutto per non concedere niente. Qualcuno sostiene sia un democratico metodo dialettico volto a far emergere la verità. I fatti dimostrano che la verità, in questo modo, non esiste più. E’ molto peggio che oscurata, è privata della sua essenza: nel momento in cui non ne esiste più una sola ma molte e tutte sullo stesso piano, interscambiabili come le marche dei pannolini, non è più verità.
A noi non resta che metterci in coda per assistere allo spettacolo e schierarci a favore di una tesi o di un’altra come se fosse un gioco. Massa di pecore lobotomizzate alle quali ormai è possibile far digerire tutto e il contrario di tutto: ciò che dovrebbe spingerci all’immediata presa della Bastiglia, è diventato al massimo materia di talk show.

Andrea Marcon

 
Movimento Zero al V-Day PDF Stampa E-mail

8 settembre

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Oggi Massimo Fini, presidente di Movimento Zero, sarà al V-Day a Bologna con Beppe Grillo, Marco Travaglio, Maurizio Pallante, Don Ciotti, Milena Gabanelli, Sabina Guzzanti, Gianna Nannini, Gino Strada, Alessandro Bergonzoni e altri. Fini non parlerà solo di legalità: "Allargherò il mio discorso ai nostri temi, quelli di Movimento Zero". La diretta dell'evento su www.ecotv.it dalle 16:30 in poi.
I Gruppi MZ di Milano, Vicenza e Firenze aderiscono ai V-Day locali. Oltre la legalità, fondamento imprescindibile del vivere civile, scendiamo in piazza per la libertà, perchè i delinquenti non hanno in mano solo il parlamento, perchè i delinquenti sono anche i banchieri, la grande industria e gli speculatori, sono coloro che difendono un modello di vita che ci vuole solo consumatori obbedienti, sono i burocrati di Bruxelles, sono i potenti di Usa e Cina, le due nuove superpotenze, che giocano a farsi la concorrenza ma fanno in realtà parte di un unico gioco, quello della globalizzazione che ci obbliga a lavorare come bestie per avere sempre di meno, sono i truffatori d'idee che difendono una società in cui la democrazia è solo una facciata, sono i "civilizzatori", i neocolonialisti che con la scusa della democrazia negano il sacrosanto diritto dei popoli alla propria cultura e all'autodeterminazione, sono i media, servi delle oligarchie, che bombardano la gente di informazioni inutili negandole una vera libertà d'espressione, sono i guardiani di una "crescita infinita" che è solo assassina e votata al crollo. Noi siamo per una democrazia nuova, diretta, in cui i cittadini si riprendano la loro sovranità; siamo per le autonomie locali; siamo per un'Europa che prenda la via di un modello alternativo a quello totalitario della globalizzazione; siamo per un'economia umana, in cui non conti solo il profitto, ma prima di tutto l'Uomo. Siamo per mettere uno Zero a questa società di schiavi. Il nostro valore è la Libertà.

 
Mercato e politica alleati per sopravvivere PDF Stampa E-mail

7 settembre 2007

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Una buona notizia (ma per alcuni cattiva): la crisi borsistica innescata ancora una volta da titoli spazzatura (titoli legati all’andamento dei mutui immobiliari americani), probabilmente non è la crisi finale, quella sistemica. Per una serie di ragioni, che qui spiegheremo. Ma prima va fatta una premessa.
La grande lezione della crisi del 1929 (e della successiva "grande depressione"), di cui le élite dirigenti capitalistiche hanno fatto tesoro è quella della necessità dell’intervento pubblico per evitare il “crollo finale” e far ripartire il capitalismo. In che modo? Manovrando i tassi e garantendo, con iniezioni di denaro fresco, la credibilità del mercato finanziario e la solvibilità del sistema bancario. E soprattutto combattendo la disoccupazione di massa, attraverso politiche di lavori pubblici.
Ora, come si è visto in questo borsisticamente caldo mese di agosto, le Banche Centrali sono intervenute (e interverranno), in vario modo, per evitare i fallimenti a catena. E quindi per impedire che la crisi possa trasferirisi dal piano finanziario a quello dell’occupazione.
Insomma, la forza del capitalismo post-1929 è aver capito che il mercato, soprattutto quello finanziario, non può essere mai abbandonato a se stesso. La speculazione può fare il suo corso, anzi deve, dal momento che ogni tipo mercato capitalistico per essere redditizio ha bisogno di alti e bassi ( e più sono frequenti più alti sono i profitti; di qui pure l'inutilità di tutte chiacchiere sulla "moralizzazione" dei mercati). Il che però significa che la politica deve essere sempre pronta a intervenire, indossando le vesti del pagatore ( o "salvatore") in ultima istanza, attraverso le Banche centrali . E fin quando la politica (che ha il suo bel tornaconto) continuerà a intervenire il sistema economico capitalistico, difficilmente crollerà.
Ovviamente, esiste un problema legato ai tempi dell’intervento. Più la politica attende, più cresce il pericolo che una crisi da borsistica possa estendersi ad altri settori. Ma va anche ricordato un altro aspetto fondamentale: quello della forza finanziaria ( o economica, se si preferisce) degli speculatori. I quali, tuttavia, mirano sempre a rivolgimenti (e guadagni) interni, e mai alla fine del sistema in sé. Si specula per far diminuire i prezzi, fare incetta di titoli, magari eliminare qualche avversario pericoloso, in attesa della loro risalita. E così via.
Si tratta di un questione ben conosciuta dalle Banche centrali, e dunque dalla politica. La quale, come in un gioco delle parti, sa benissimo, che a un certo punto la speculazione tende a fermarsi, ovviamente, non prima che abbia avuto la sua "libbra di carne". E quest’ ultimo aspetto, dipende dalla forza economica dei soggetti che speculano. Perciò la sfida attuale è tra il potere economico degli speculatori e quello delle Banche centrali (e dunque della politica, che di fatto continua a governarle). Diciamo, che entrambe queste due forze, sono però perfettamente al corrente, che dopo il 1929, oltre una certa soglia, la crisi speculativa, può innescare una crisi sistemica. Di qui, ripetiamo, il gioco delle parti… Dove a perdere, come nell’attuale crisi, sono solo i piccoli risparmiatori.
Certo, quando si giocherella, con una pistola carica, un colpo può anche sfuggire... E perciò, in linea di principio, il rischio di un allargamento della crisi non può essere escluso del tutto. Ma ripetiamo: gli interessi (e i costi) sono così forti e collegati tra i “giocatori”, al punto da coinvolgere Cina, Russia, Europa e Stati Uniti, che, se ci passa la battuta, i vari attori economici e politici, non possono sentirsela di uccidere la gallina (almeno per loro) dalle uova d’oro: il capitalismo. Rischiando tra l’altro conflitti armati (specie tra Russia e Cina da una parte e Occidente dall’altro), e sicuri sommovimenti sociali interni. Conflitti che andrebbero ad aggiungersi a quello in atto, con il mondo islamico.
Attualmente nell’immaginario politico, soprattutto dell’Occidente, è ancora forte il ricordo della grande crisi innescata dalla guerra del 1914, sfociata nei cataclismi economici, ideologici e sociali degli anni Trenta. Oggi, ufficialmente si combatte l’Islam, ma il nemico più temuto è il ritorno, non tanto del comunismo “reale” o “irreale”, quanto di una qualche forma di nazionalismo neofascista. Non per niente si è coniato il termine di “fascismo islamico”…
In conclusione, la lezione del 1929 e la paura di un nuovo fascismo tengono in piedi il capitalismo. Oltre, naturalmente, alla "libbra di carne", di cui sopra. Di qui il nostro scetticismo, su una sua caduta a breve termine.

Carlo Gambescia (pubblicato sul blog dell'autore il 20 agosto 2007; per gentile concessione dell'autore)

Illuminante come al solito, il buon Gambescia. Il capitalismo globale si difenderà con le unghie e coi denti dal suo inevitabile declino, perchè in esso il ruolo della politica serva e fedele è proprio quello di tappare le falle e ammansire il popolo. Ed è perciò innanzitutto e prima di tutto politico il compito di critica e di lotta che ci sta davanti, e che giustifica a lungo termine la nascita stessa di Movimento Zero. Senza inseguire vie liberticide, paleocomuniste o neofasciste che siano. Libertà e sovranità popolare senza la tirannia del mercato assassino e totalitario: questa la formula del futuro. (a.m.)

 
Signoraggio: la menzogna del debito pubblico PDF Stampa E-mail

5 settembre 2007

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In tempi in cui non si parla di nient'altro che di tasse, varrà la pena spiegare come stanno realmente le cose, dicendo quello che Bossi e tutti gli altri finti “ribelli” non hanno il coraggio di dire. Le tasse delle persone fisiche sono, mediamente, il 40%  della retribuzione. A questa tassazione “diretta” si aggiungono per i cittadini quelle indirette. L'Imposta sul Valore Aggiunto (IVA) ci priva del 20% del valore di buona parte dei beni che acquistiamo. A questo si aggiungono tasse specifiche: ICI sulla casa, TARSU per i rifiuti,  IRAP per le imprese, il canone Rai; e per brevità ci fermiamo, tanto il discorso appare chiaro: un lavoratore dipendente italiano sul  reddito lordo può pagare anche oltre il 50% di tasse. Se si trattasse di sangue ci sentiremmo ricoperti di sanguisughe su tutto il corpo e con un vampiro attaccato al collo. In termini finanziari sembra di vivere sotto usura. Ma il nemico non è quello che immaginiamo.
Lo Stato ci chiede soldi attraverso le tasse, ma non è lui l'usuraio. Lo Stato è a sua volta sotto usura. Gli usurai si chiamano Banca d'Italia e Banca Centrale Europea. Società private, che attraverso il signoraggio monetario, fanno indebitare gli Stati,  costringendoli a vessare i propri cittadini, ovvero a farli lavorare come schiavi, per ingrossare a dismisura le proprie casse. L'emissione delle banconote di Euro costa allo Stato italiano il valore nominale delle stesse. Ad esempio, se acquista 100 Euro, lo Stato paga 100 Euro alla BCE/BANKITALIA  in titoli di Stato, sui quali pagherà anche gli interessi. Per pagare le opere pubbliche, gli stipendi statali, lo Stato ha necessità di “denaro”. Il denaro da tempo non rappresenta oro. L'Euro è una convenzione, senza nessun controvalore, accettata da tutti perché è l'unico mezzo per regolare le compravendite e qualsiasi scambio di valore o conoscenza. Questa “convenzione” viene stampata da una società privata, che al costo di pochi centesimi ci rivende a 100 Euro un foglio di carta di qualche grammo con poche gocce di inchiostro. Se lo Stato italiano o la Unione Europea emettessero in proprio gli Euro circolanti, non contrarrebbero debiti con una società privata e gli Euro sarebbero comunque accettati da tutti. Avendo acquistato danaro al suo valore nominale fin dal 1948 prima da Bankitalia e poi dalla BCE, lo Stato italiano ha creato il debito pubblico enorme ed impagabile, che costringe gli Italiani a lavorare e produrre e pagare tasse per sanare un debito illegittimo ed incostituzionale, visto che la “suprema carta” recita che la sovranità monetaria appartiene al popolo.
La classe politica italiana, totalmente asservita al potere dei banchieri e dell'industria, insieme ad intellettuali, giornalisti e scrittori di regime, finti capi popolo, finti rivoluzionari, tollera in silenzio questa schiavitù. Senza questa usura costante, e quindi senza il debito pubblico, lo Stato italiano potrebbe far fronte alle sue esigenze economiche con la sola IVA, ovvero la tassa sugli acquisti. Le altre tasse non esisterebbero, e con esse sparirebbero le angosce, le nevrosi, le ansie, i debiti, l'usura piccola e diffusa, le piccole e grandi tragedie dei fallimenti, degli espropri. Bisogna “assediare” il parlamento con l'esibizione di una proposta di legge sulla “libera sovranità monetaria” e Movimento Zero dovrà essere il capofila di questa ventata rivoluzionaria.

Marco Francesco De Marco 

L’articolo di De Marco introduce un tema che sarà uno fra quelli centrali (accanto alla decrescita, all’autonomismo, all’Europa libera, alla “scuola minima”, etc) che Movimento Zero affronterà per elaborare un suo pensiero politico. Gli verrà dedicato un apposito spazio fra i “Dossier” e ci torneremo spesso, perché una della chiavi di volta per comprendere la Grande Truffa alla base della società schiavistica in cui viviamo.

 
Giustizia! PDF Stampa E-mail

5 settembre 2007

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Sono stati trovati gli autori del massacro dei due custodi della villa di Gorgo, nel Trevigiano. Sono due pregiudicati albanesi, aiutati da un ventenne rumeno, il basista. “Ola” dei media, che solleticano l’istintiva reazione di xenofobia della pubblica opinione, fisiologica in questi casi di efferata criminalità ad opera di stranieri.
Prima considerazione. Uno dei due assassini cocainomani, Artur Lleshi, l’anno scorso era stato liberato dalle patrie galere (era dentro per sequestro di persone e violenza sessuale, non per aver rubato una gallina) grazie all’indulto. Di questa ignominia nazionale, votata da un’aula guardacaso bipartisan (dai cattolici per ossequiare il diktat pontificio, da Forza Italia per salvare i suoi processati, la sinistra per il suo malinteso senso di pietà, ma con l’eccezione, va detto, della Lega), di questa mostruosità finto-buonista che è stata l’indulto, ecco i risultati. Gli assassini non sono solo due. Sono molti di più, e per trovarli basta recarsi in parlamento.
Seconda considerazione. I due albanesi non avevano fatto altro, nel loro passato, che fare la spola fra la delinquenza e la prigione. Uno addirittura era stato bollato come “persona non gradita” da tutti gli Stati europei. E’ troppo chiedere che invece di tenerceli in Italia a sovraffollare le carceri vengano espulsi a vita? E’ razzismo, questo?
Terza considerazione. Il basista, B.A.G., è un cittadino rumeno, e come tale non più extracomunitario: la Romania è oggi in Europa. Noi - noi che scriviamo – siamo per un’Europa unita, ricostruita su nuove basi (non più sulle catene dell’euroburocrazia, della Banca centrale e dell’economia globale) e libera dalla sottomissione agli Usa. Inclusi i Paesi dell’Est. Dire “fuori i rumeni!”, così come un domani “fuori gli albanesi!”, nella nostra prospettiva politica, non ha senso. Ma diciamo anche: se un Paese entra in Europa, questo non deve significare che scarica sugli altri i suoi scarti, i suoi criminali. Se l’Europa fosse quella che noi vogliamo, l’impegno ferreo al rigore e alla repressione del crimine dovrebbe essere uguale per tutti ed esteso a tutti. In Romania, invece, è il far west. E l’Italia non è da meno: il rappresentante della comunità rumena di Padova ha dichiarato che gli aspiranti delinquenti suoi connazionali vengono nel nostro Paese “perché qui sanno di farla franca”. Perché da noi la certezza della pena è una variabile, un optional, una casualità. L’Europa, oggi, è da un punto di vista legalitario uno sfascio istituzionalizzato, un alibi per lo scorrazzare di gentaglia della peggior specie. Pensiamo a darle un’anima, perché il capitalismo selvaggio che ha schiavizzato noi, sta rendendo le società uscite dal comunismo dei verminai che poi scatenano deleterie ondate di razzismo. La colpa è nostra, prima di tutto nostra.
Quarta considerazione. I leghisti hanno subito richiesto a gran voce la forca. No. La cosa più giusta sarebbe che marcissero fino alla fine dei loro giorni in qualche squallido penitenziario del loro Paese. La pena di morte non risolve un bel niente. La morte come punizione e legittima reazione ha senso in guerra. In pace, contro un assassino, è molto più efficace la cella, buttando via le chiavi. Battiamoci perché le pene vengano scontate, perché ci siano leggi che lo permettano. Con il cappio non s’è mai visto sedare l’istinto criminale dell’uomo. (a.m.)

 
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