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Qualcuno pagherą? PDF Stampa E-mail

2 Giugno 2022

 Da Rassegna di Arianna del 31-5-2022 (N.d.d.)

Note sulla guerra russo-ucraina

1) All'indomani dell'invasione, l'Europa aveva due opzioni. Poteva accompagnare le necessarie sanzioni con una richiesta a Zelensky e Putin di avviare immediate trattative sulla base delle due istanze fondamentali del contenzioso: la neutralità dell'Ucraina e il rispetto degli accordi di Minsk. Se Zelensky non si fosse sentito coperto e garantito nella prosecuzione della guerra probabilmente la pace si poteva ottenere in una settimana. Oppure, e questa è stata la scelta fatta, l'Europa poteva mettersi a dire che Putin era il nuovo Hitler, un pazzo, un animale, poteva mettersi a rifornire di soldi, istruttori e armamenti pesanti l'Ucraina, poteva scatenare un'ondata di russofobia imbarazzante e poteva perseverare in questa linea fino a dire (Borrell) che la guerra doveva risolversi sul campo (diplomatici che si improvvisano guerrieri con il culo degli altri). 2) Fornendo una caterva di armi all'Ucraina e senza alcuna garanzia di dove esse andassero a finire, l'Europa ha creato alle porte di casa un bacino bellico pazzesco, cui partecipa non solo l'esercito regolare, non solo milizie mercenarie, ma anche gruppi e gruppuscoli paramilitari, incontrollabili, che agiscono in modo autonomo, spesso con intenti più terroristici che militari (come il bombardamento di ieri su una scuola a Donetsk), e che non obbediranno mai ad un'eventuale pace firmata da Zelensky. Si prospetta (e questo è stato dall'inizio un desideratum americano) un conflitto duraturo, magari dopo una dichiarazione di tregua un conflitto ad intensità ridotta, che impegnerà l'esercito russo a lungo e che condurrà alla distruzione totale dell'Ucraina - almeno di quella ad oriente del Dnepr. 3) Come sempre accade, più il conflitto dura, più lutti avvengono, più gli animi si caricano di un odio irrevocabile, e più spazio ci sarà per un abbandono delle ultime remore nel condurre la guerra (la Russia ha progressivamente aumentato il peso del tipo di armamento utilizzato, l'Ucraina ha iniziato a bersagliare il territorio russo nella provincia di Belgorod). Quale sarà il limite dell'escalation lo vedremo. 4) Nel frattempo abbiamo tutti bellamente rimosso che in Ucraina, oltre a gasdotti e centrali nucleari, ci sono alcuni dei maggiori depositi di plutonio e uranio arricchito al mondo. Insomma stiamo giocando alla guerra, in progressiva escalation, in una delle aree più pericolose del pianeta quanto a possibili ripercussioni generali. È utile ricordare che la distanza tra l'Italia e l'Ucraina è di 1.500 km in linea d'aria, quella tra l'Ucraina e gli USA è di 7.500 km (con in mezzo un oceano). 5) Sul piano economico l'Europa si è giocata in questo modo l'accesso a fonti energetiche abbondanti e a prezzi moderati. Essendo l'Europa l'area al mondo maggiormente dedicata alla trasformazione industriale e meno dotata di risorse naturali, questo equivale ad essersi confezionati un cappio e averci messo il collo dentro. L'Europa sta supportando e alimentando una guerra alle porte di casa propria, non solo, sta facendo di tutto per farla durare a lungo e per troncare definitivamente tutti i rapporti con il resto dell'Eurasia. In sostanza, ci stiamo tagliando i ponti con quella parte del mondo rispetto a cui siamo economicamente complementari (Russia per le risorse, Cina per la manifattura di base, tutti i BRICS come il più grande mercato al mondo). Al tempo stesso ci stiamo subordinando di nuovo e senza alternative ad un competitore primario con cui siamo in diretta concorrenza sul piano industriale, ma che, a differenza dell'Europa, è energeticamente autonomo. 6) Arrivati a questo punto, la Russia non ha più un interesse primario a pervenire ad una pace rapida. Sul piano economico sta sì pagando un costo, ma sul piano strategico sta diventando il punto di riferimento mondiale per una "rivincita" di quella maggioritaria parte del mondo che si sente da decenni bullizzata dallo strapotere americano. Questa vittoria strategica consente alla Russia di coltivare una sostanziale alleanza con la Cina, un'alleanza assolutamente invincibile e inscalfibile da qualunque punto di vista: territoriale, demografico, economico e militare. 7) L'Europa, invece, si è scavata la fossa. Se i governi europei non riescono in qualche modo (e a questo punto comunque con gravi costi) a riallacciare i rapporti con la rimanente parte dell'Eurasia, il suo destino è segnato.

I due secoli di ascesa sul piano mondiale avviati all'inizio del XIX secolo si avviano ad un'ingloriosa conclusione. Già a partire dall'autunno cominceremo ad avere la prime avvisaglie di quella che si prospetta come una nuova durevole contrazione economica, una contrazione che, coinvolgendo en bloc i paesi europei, avrà caratteristiche finora inaudite, molto più pesanti della crisi del 2008, perché qui non ci saranno "garanzie di affidabilità finanziaria" che tengano. Guardando in faccia oggi i Draghi, i Macron, gli Scholz, e i loro puntelli parlamentari (in Italia quasi l'intero arco parlamentare), l'unica domanda che rimane è: qualcuno pagherà? Chi pagherà per l'operazione più autodistruttiva sul continente europeo dalla Seconda guerra mondiale? Pagheranno i giornalisti a gettone che hanno fomentato la narrativa propagandistica funzionale ad alimentare la guerra? Pagheranno i politici che hanno sostenuto attivamente la guerra o che si sono genuflessi ai diktat del presidente del Consiglio? Oppure di fronte ai nuovi disoccupati e ai nuovi working poors riusciranno ancora una volta nel gioco di prestigio di spiegare che non c'era alternativa?

Andrea Zhok

 
Tentativi di convergenza PDF Stampa E-mail

1 Giugno 2022

 Da Appelloalpopolo del 29-5-2022 (N.d.d.)

Dalle piazze la novità per la politica italiana: Toscano, Rizzo, D’Andrea potrebbero esser la vera novità del panorama politico italiano. Le loro tre organizzazioni (Ancora Italia, Partito Comunista e Riconquistare l’Italia) probabilmente anche con la sintonia di Alternativa, ex movimento 5 Stelle, ma certamente con una solida presenza nel gruppo parlamentare formatosi al Senato, potrebbero diventare il catalizzatore del vasto malessere sociale contro il governo Draghi e la politica intera, partendo dalle battaglie per il No Green Pass e contro l’invio delle armi e l’aumento delle spese militari.

Certamente a loro non manca una forte sintonia con le piazze di questi due ultimi anni che a gran voce stanno chiedendo unità di intenti e di azione. Primi due appuntamenti saranno la Conferenza Stampa di presentazione del libro di D’Andrea al Senato mercoledì 1° giugno alle 16.30 e la mobilitazione nazionale contro la guerra ed il carovita di sabato 18 giugno a Roma e in tutte le grandi città italiane.

Alberto Maggi

 
Agricoltura mondiale in mano a 4 holding PDF Stampa E-mail

31 Maggio 2022

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La produzione mondiale di GRANO si aggira intorno ai 730/760 milioni di tonnellate... Al primo posto (dati Fao 2020) c’è la Cina, con 134 milioni di tonnellate. Seguita dall’India con oltre 107 milioni. La Cina esporta (l’India esportava, prima che bloccasse le vendite subito dopo aver visto le sanzioni contro la Russia). La Russia è al terzo posto con 86 milioni di tonnellate, 36 milioni in più degli Stati Uniti, che ne produce 50 milioni. E poi c’è il Canada, con 35 milioni. Il granaio d’Europa è la Francia che produce 30 milioni mentre l’Ucraina si ferma a 25, poco meno del Pakistan. Con la Germania a più di 22 milioni, la Turchia a 20 e l’Argentina a poco meno di 19 milioni. L’Italia è molto più in basso nella classifica, con meno di 7 milioni.

È difficile, quindi, credere che il prezzo in forte rialzo di questo periodo sia una conseguenza del blocco del porto di Odessa. È utile leggere l’ottimo libro di Fabio Ciconte, “Chi possiede i frutti della terra”. Per scoprire, allora, che due terzi di tutte le sementi commerciali del mondo fanno capo a soli 4 gruppi. E nessuno di loro è controllato dalla Russia. O per addentrarsi nei meccanismi delle famigerate Holding dei diversi prodotti (rigorosamente registrati). Che sceglie gli agricoltori che possono coltivare i rispettivi prodotti, imponendo loro il modo, con specifici fitofarmaci (da loro controllati). Agricoltori trasformati in operai, che devono vendere la produzione solo alle holding e ad un prezzo concordato. Ed in questo meccanismo globale perverso, con eserciti di avvocati pronti ad intervenire in ogni parte del mondo contro il singolo contadino che sogna un margine di libertà, davvero il problema è rappresentato dal blocco russo di Odessa? Dove il mare è stato minato dagli ucraini, per impedire lo sbarco dei russi. La realtà è che la speculazione ha bisogno di creare panico per far aumentare i prezzi. Ma raccontarlo alla gente? No davvero: lasciamoli nell’inganno!

Mauro Bertamé

 
L'idiozia occidentale ha reso la Russia nuovamente grande PDF Stampa E-mail

29 Maggio 2022

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 Da Comedonchisciotte del 27-5-2022 (N.d.d.)

[…] In apparenza, il piano era di indebolire e distruggere la Russia; dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia si era indebolita e si stava distruggendo benissimo da sola, senza bisogno di interventi esterni. Incredibilmente, però, ogni sforzo degli Stati Uniti per indebolire e distruggere la Russia l’ha resa più forte; se fosse esistito anche solo un rudimentale meccanismo di feedback, questa grossa discrepanza tra gli obiettivi e i risultati politici sarebbe stata rilevata e sarebbero stati apportati i dovuti aggiustamenti. Superficialmente, questa mancanza potrebbe essere spiegata dalla natura stessa della farsesca democrazia americana, dove ogni amministrazione può dare la colpa dei propri fallimenti agli errori commessi dall’amministrazione precedente, ma lo Stato Profondo non smette mai di governare e, dopo alcuni cicli di questi fiaschi ripetuti, sarebbe semplicemente stato costretto ad ammettere con se stesso che c’era un problema con il piano per indebolire e distruggere la Russia. Il fatto che non abbia rilevato alcun problema di questo tipo ci riporta al punto di partenza, al sospetto che ci siano agenti di Putin che lavorano instancabilmente nelle viscere dello Stato Profondo americano. Ma questa è pura teoria della cospirazione e ad una cosa del genere non dovremmo neanche avvicinarci. È sufficiente dire che, al momento, non esiste una spiegazione adeguata per quanto è accaduto. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, sarebbe bastato molto poco per accelerare il crollo della Russia. Ma nessuno di questi passi era stato fatto, e quelli che erano stati fatti (con l’apparente obiettivo di indebolire e distruggere la Russia) avevano provocato l’esatto contrario. Perché? Di seguito sono elencate 10 delle iniziative di maggior successo di quella che sembra essere una campagna MRGA (Make Russia Great Again) dello Stato Profondo americano. Se avete una spiegazione alternativa, mi piacerebbe conoscerla.

1. Se la Russia fosse stata immediatamente accettata nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (alla quale voleva aderire) sarebbe stata sommersa da importazioni a basso costo, che avrebbero completamente distrutto l’industria e l’agricoltura russa. La Russia avrebbe semplicemente venduto il petrolio, il gas, il legname, i diamanti e le sue altre risorse e avrebbe comprato tutto ciò che le serviva. Invece, gli Stati Uniti e gli altri membri dell’OMC avevano trascorso 18 anni a negoziare l’ingresso della Russia nell’organizzazione. Quando la Russia aveva aderito, nel 2006, era rimasto poco tempo prima del crollo finanziario del 2008, dopo il quale l’OMC non ha più avuto un ruolo importante. 2. Se alla Russia fosse stata concessa immediatamente l’esenzione dal visto per l’Occidente (come voleva), la maggior parte dei Russi in età lavorativa si sarebbe subito dispersa fuori dalla Russia, lasciando dietro di sé una popolazione di orfani e anziani, proprio com’è successo all’Ucraina contemporanea. Dopo aver perso gran parte della sua popolazione produttiva, la Russia non avrebbe rappresentato alcun tipo di minaccia economica o militare. Invece, alla Russia non era mai stata concessa l’esenzione dal visto e aveva dovuto affrontare restrizioni che, col tempo, erano solo aumentate. Ormai la maggior parte dei Russi ha interiorizzato l’idea di non essere desiderata in Occidente e di dover cercare fortuna in patria. 3. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia stessa era collassata in un mosaico di centri regionali. Molti di essi (Tatarstan, Bashkortostan, Repubblica degli Urali, Cecenia) avevano pensato alla secessione. Se non fosse stata toccata, la Russia si sarebbe trasformata in una confederazione sciolta, senza la possibilità di una politica estera comune. Invece, risorse e mercenari erano stati riversati in Cecenia, trasformandola in una minaccia esistenziale per l’autorità di Mosca e costringendola a diventare militarmente assertiva. Il fatto che i volontari ceceni stiano ora combattendo in Ucraina dalla parte della Russia sottolinea il fallimento della politica cecena dell’America. 4. Se, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la NATO avesse semplicemente riconosciuto che la minaccia che intendeva contrastare non esisteva più e si fosse sciolta o fosse semplicemente diventata quiescente, la Russia non avrebbe mai ritenuto necessario riarmarsi. In effetti, la Russia era felice di fare a pezzi le sue navi e i suoi missili per ricavarne rottami metallici. Invece, la NATO aveva ritenuto opportuno bombardare la Jugoslavia (per un motivo umanitario inventato) e poi espandersi inesorabilmente verso est. Queste azioni avevano trasmesso nel modo più adeguato il messaggio che l’Occidente non si opponeva all’URSS e al comunismo, ma alla Russia stessa. E, se negli anni ’90 non erano molti i Russi desiderosi di combattere e morire per la gloria del comunismo, la difesa della Madrepatria è una storia completamente diversa. 5. Se la Russia fosse stata lasciata in pace, non avrebbe mai pensato di avventurarsi al di fuori del suo territorio vasto e sottopopolato. Ma poi era arrivata la provocazione: le truppe georgiane, con l’autorizzazione degli Stati Uniti, avevano attaccato le forze di pace russe nell’Ossezia meridionale durante le Olimpiadi di Pechino del 2008, costringendo la Russia a reagire. Il fatto che la Russia fosse riuscita a smilitarizzare la Georgia in pochi giorni era stata un’importante iniezione di fiducia e le aveva insegnato che la NATO e le forze addestrate dalla NATO sono tenere e mollicce e non rappresentano alcun problema. Il territorio russo si era così ampliato fino a comprendere l’Ossezia del Sud, con l’Abkhazia come bonus aggiuntivo, aprendo la strada ad ulteriori espansioni territoriali (Crimea, Donbass, Kherson… Nikolaev, Odessa…). 6. Se gli Stati Uniti avessero lasciato in pace la Siria, un fedele alleato della Russia da quasi un secolo, la Russia non si sarebbe espansa nella regione mediterranea. Invece, il governo siriano aveva invitato la Russia ad aiutarlo a risollevare le sorti della guerra contro l’ISIS, sostenuta dagli Stati Uniti, e la Russia aveva distrutto l’ISIS con l’aiuto di un contingente piuttosto ridotto di forze aeree e spaziali, dislocato in un’unica base aerea. L’azione in Siria ha messo in mostra i moderni sistemi d’arma russi e generato ordini da tutto il mondo per i prossimi 20 anni. Inoltre, gli alleati globali della Russia sanno che se gli Stati Uniti e la NATO, o i loro mercenari, daranno loro dei problemi, basterà un fischio e Mosca accorrerà con le sue bombe di precisione e impilerà ordinatamente i cadaveri. 7. Dopo il putsch di Kiev del 2014 e il reintegro della Crimea, le sanzioni statunitensi/occidentali si erano rivelate immensamente utili per avviare un programma su larga scala di sostituzione delle importazioni, ringiovanendo sia l’industria che l’agricoltura russa. Oggi la Russia è ampiamente autosufficiente dal punto di vista alimentare ed è un importante esportatore di prodotti agricoli. La sua posizione di principale granaio del mondo verrà ulteriormente rafforzata dall’aggiunta delle regioni della “terra nera” dell’Ucraina orientale e meridionale, caratterizzate da suoli straordinariamente fertili. Le sanzioni erano state accompagnate da attacchi speculativi sul rublo che ne avevano fatto scendere il valore da 30 per un dollaro a 60 (dove si trova oggi) rendendo i prodotti russi molto più competitivi a livello internazionale e stimolando il commercio estero. 8. Le infinite minacce di escludere la Russia dall’utilizzo del sistema di messaggistica interbancaria SWIFT hanno spinto la Russia a creare un proprio sistema di pagamento, ora integrato con quello cinese. Il sequestro del fondo sovrano russo da 300 miliardi di dollari che era depositato nelle banche occidentali, insieme al congelamento dei fondi degli oligarchi russi, ha insegnato ai Russi a non fidarsi delle banche occidentali e ad evitare di tenere il proprio denaro all’estero. Tutte queste azioni ostili nella sfera finanziaria hanno spianato la strada ad una risposta piuttosto misurata, che ha immediatamente reso il rublo la valuta più preziosa e stabile del pianeta, lasciando il dollaro e l’euro vulnerabili all’iperinflazione. 9. La guerra di otto anni condotta dall’esercito ucraino, con l’indiscusso sostegno degli Stati Uniti e della NATO, contro la popolazione civile russa nel Donbass, ha prodotto nella popolazione russa un’idea molto precisa: l’Occidente vuole sterminarla. Quando gli Ucraini hanno dichiarato di voler costruire bombe nucleari, quando si è scoperto che i laboratori di armi biologiche del Pentagono in Ucraina stavano lavorando alla creazione di agenti patogeni specificamente destinati ai Russi e, infine, quando è diventato chiaro che non c’erano solo gli Ucraini ma anche la NATO dietro a tutto questo e che gli Ucraini più la NATO erano pronti a lanciare un attacco totale, la Russia lo ha anticipato lanciando la propria Operazione Speciale. Per quanto cinico possa sembrare, i precedenti bombardamenti, durati otto anni, contro edifici pieni di anziani, donne e bambini, mostrati in diretta dai telegiornali russi, ma costantemente ignorati in Occidente, sono stati determinanti nel produrre un indice di gradimento per l’Operazione Speciale che ha raggiunto il 76%, con un indice di gradimento simile per Putin, il suo governo e persino molti dei governatori regionali. Ora che, nonostante gli invii di armi occidentali, l’esercito ucraino viene triturato ad un ritmo che lo porterà alla fine in circa 20 giorni (il previsto “Giorno Z”), la Russia è pronta ad emergere come vincitrice assoluta della Terza Guerra Mondiale che, proprio come la Guerra Fredda, che aveva perso, è stata a malapena combattuta. Questo ripristinerà la mistica dell’esercito russo perennemente vittorioso. 10. Infine, la Russia dovrebbe essere grata per gli ingenti finanziamenti erogati negli anni dagli Stati Uniti e dall’Occidente collettivo a sostegno della libertà di parola e di stampa in Russia, intendendo con questo termine la propaganda filo-occidentale. In primo luogo, hanno contribuito a liberare lo spazio mediatico russo, al punto che ora la Russia è molto più aperta alla libertà di espressione di qualsiasi Paese europeo o degli Stati Uniti, con appena un accenno alla censura corporativa o alla cultura della cancellazione che dilagano in Occidente. In secondo luogo, l’assalto della propaganda occidentale è stato così martellante e prepotente che i Russi, dopo averla elaborata per alcuni anni, ora ridono apertamente della narrativa filo-occidentale e le agenzie di ricerca di opinione riferiscono che il sostegno russo alle politiche filo-occidentali è presente solo in minime quantità. Il processo è stato favorito dalla pura e semplice ridicolaggine delle varie politiche occidentali: la cultura dell’annullamento, MeToo, LGBT, il cambio di sesso nei bambini, la promozione della pedofilia e tutto il resto, che hanno prodotto un’ondata di repulsione. Questa inversione di 180º, dalle opinioni prevalentemente filo-occidentali dei primi anni ’90 alla situazione attuale, è il coronamento dell’intera campagna dello Stato Profondo americano, durata tre decenni, per rendere la Russia nuovamente grande (MRGA).

Non intendo sostenere che l’esistenza dell’MRGA all’interno dello Stato Profondo degli Stati Uniti sia probabile e dimostrabile. Ma vi invito a seguire il famoso detto di Arthur Conan Doyle: “Una volta eliminato l’impossibile, tutto ciò che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità” e fatemi sapere cosa ne pensate.

Dmitry Orlov (tradotto da Markus)

 

 
Una guerra diversa PDF Stampa E-mail

28 Maggio 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 26-5-2022 (N.d.d.)

Per renderci più intellegibile quanto avviene in Ucraina, dobbiamo interrogarci sulle modalità in cui noi, occidentali, intendiamo la guerra. Quindi proverò ad abbozzare un approccio comparativo con le guerre del recente passato, magari come base per ulteriori sviluppi. In modo più o meno inconfessato, per la cultura dominante occidentale il modo migliore di fare la guerra è quello denominato Shock and Ave, si aggredisce una nazione (senza neanche dichiarare guerra), gli si scaraventa un diluvio di bombe sulla capitale e le principali città, così si costringe lo Stato aggredito alla resa. Tuttavia questo modello sebbene garantisca risultati immediati, nel lungo termine, in quanto evita un vero confronto con l'esercito nemico, non riesce a stabilire un controllo sullo Stato sconfitto, come si è visto in Iraq e in Afghanistan. La guerra “dall'alto” fa una caterva di vittime ma non riesce realmente a piegare coloro che sono disposti al combattimento, in generale la massa dei combattenti sopravvive ai bombardamenti, perché è la parte più attiva e organizzata della popolazione aggredita. Una vera sconfitta dell'esercito comporta una “discesa sulla terra”, e un confronto diretto con l'esercito nemico anche in condizioni di netta superiorità tecnica.  L'ultima vera guerra combattuta dagli Usa è stata quella del Viet Nam. L'esito di questa guerra ha condizionato le successive, in quanto da allora gli Usa hanno evitato il confronto diretto. Con la crescita del coinvolgimento degli Usa dal 1965 questa guerra vide una crescente opposizione soprattutto da parte del mondo giovanile, con una diffusa renitenza alla leva, proteste di massa e il sorgere di una cultura di opposizione che sfocerà nel cosiddetto '68. Probabilmente inaspettate, queste proteste indussero un profondo cambiamento nei rapporti tra le classi sociali negli Usa. Di lì a poco finirà, nel 1973, l'esercito di leva, per dare vita ad un esercito esclusivamente professionale, e finirà anche il patto sociale che ad esso si accompagnava, fatto di benessere diffuso, quasi piena occupazione. La miseria, e con essa emarginazione e disagio sociale e microcriminalità diffusa comincia a diventare un panorama consueto delle società americana. Trasformazione immortalata ad es. nel film Taxi Driver di Martin Scorsese. Le proteste contro la guerra erano giustificate da tutti i punti di vista, anche quelli non puramente pacifisti. Innanzitutto, non si capivano bene gli obiettivi della guerra, se non una “lotta al comunismo” che diventava la lotta contro una sorta di mostro dai contorni indefiniti. Inoltre, la condotta di guerra statunitense che prevedeva l'attacco alla società vietnamita con l'incenerimento di interi villaggi provocava forti crisi morali nei soldati che si vedevano costretti ad attaccare una popolazione verso cui non sentivano motivi di inimicizia. La finalità della guerra era principalmente il contenimento (containment) del comunismo, ma se questo obiettivo era ben chiaro alle classi dominanti, per i soldati delle classi inferiori questo obiettivo non appariva una motivazione sufficiente per la guerra. Questo obiettivo derivava dal sistema statunitense di egemonia globale, e non era tanto una questione ideologica, quanto appunto sistema di dominio globale senza fini concreti. A parti invertite, con gli Usa che sostenevano la resistenza, qualcosa di molto simile avvenne durante la guerra dell'Unione Sovietica in Afganistan che fu tra i fattori che porteranno al “crollo del comunismo”. Anche in questa guerra si verificarono fenomeni di disaffezione popolare, verso una guerra di cui non si comprendevano i motivi, che erano da ricercarsi non in una contesa effettiva con l'Afganistan, ma nella lotta globale contro gli Usa. I veterani successivamente daranno vita ai primi gruppi di opposizione che poi sfoceranno nella glasnost di Gorbačëv.

I movimenti del '68 apportarono effettivamente un cambiamento radicale, le motivazioni della protesta erano sacrosante ma finirono per essere declinate in un'opposizione generica alla guerra di carattere essenzialmente individualistico, e un rifiuto generico della guerra che evitava una riflessione sul ruolo del conflitto nelle relazioni umane. Nasceva la “cultura del '68”, in cui siamo ancora in parte immersi e che fu poi trasformata abilmente dai media statunitensi in un altro modo per vendere nel mondo la cultura statunitense. La base individualistica di tale protesta fini per incontrarsi con la riformulazione del patto sociale seguito alla conclusione della guerra che possiamo tratteggiare in questo modo: 1) lo Stato non richiede all’individuo la partecipazione alla guerra con il rischio della vita, che viene demandata solo a coloro che fanno ciò per professione; 2) lo Stato non garantisce la partecipazione alla vita sociale attraverso quella modalità fondamentale qual è il lavoro. Questo diventa un campo di darwiniana lotta per l'esistenza (neoliberalismo) in cui vi è sempre il pericolo di finire nella fascia degli esclusi e degli homeless Questo secondo punto ha subito delle forti mistificazioni, in quanto viene presentato come il risultato di impersonali cambiamenti del sistema economico. L'economia è, secondo il significato originario del termine, amministrazione della casa. La concentrazione del potere economico e del potere coercitivo dello stato conferisce alle classi dominanti un ampio potere di “amministrazione” della società, il settore economico viene gestito appunto come proprietà dei possessori del capitale. Così le forti sperequazioni sociali e la precarizzazione del lavoro che nascono in quegli anni e che poi daranno vita al sistema liberista sono frutto della volontà delle classi dominanti di esercitare una forte pressione nelle classi inferiori al fine di indurre una quota sufficiente della popolazione a scegliere “liberamente” la strada dell'arruolamento nell'esercito, pena l'arruolamento nell'esercito degli homeless. Questo è possibile farlo grazie alla concentrazione del potere economico e del potere dello stato, che danno un'ampia possibilità di modellare la società. In seguito a questo patto le classi dominanti non possono chiedere alle classi popolari la partecipazione alla guerra, se non attraverso la forma mistificata dalle “coercizione liberale” appena esposta. Ma allo stesso tempo il numero di morti in guerra deve essere minimo altrimenti non apparirebbe più come rischio naturale del mestiere, ma sacrificio sociale effettivo. E allo stesso tempo, poiché ciò che spinge principalmente all'arruolamento è il salario, un rischio eccessivo lo trasformerebbe in un gioco che non vale la candela. Per questi motivi nelle guerre recenti gli Usa hanno seguito come modalità principale quella di “scioccare e terrorizzare”, in quanto permette di ottenere risultati rapidi (ma che si vanificano a lungo termine), minimizzando i morti in guerra.

Veniamo quindi all'oggi per mostrare come la guerra in Ucraina rappresenta una nuova storia rispetto alle guerre gemelle del Viet Nam e della guerra sovietica in Afghanistan, molto simili per finalità ed esiti. La guerra in Ucraina, anzi non viene chiamata guerra ma “operazione speciale”, è stata presentata con delle finalità limitate e ben precise. Ogni articolo della Ria Novosti, e di altri quotidiani principali russi che riguarda il conflitto in Ucraina, presenta un paragrafo finale (su evidente richiesta da parte del governo), in cui si riassumano le finalità del conflitto che attualmente fa riferimento esclusivamente al soccorso alle popolazioni di etnia russa del Donbass. Inizialmente c'era anche il riferimento alla denazificazione, ma ora questo è scomparso, il che probabilmente riflette l'ulteriore restringimento degli obiettivi alla sola conquista del Donbass. Inoltre, si è cercato di minimizzare le vittime civili, anche a costo di limitare l'azione dell'esercito. Poiché vi era l'obiettivo politico di includere le popolazioni russofone o russofile (e in generale chi nell'Ucraina intende stare con la Russia), per evitare quindi l'odio della popolazione civile, non c'è stato nessun bombardamento delle città, e in generale gli attacchi aerei e missilistici sono stati diretti alle infrastrutture militari. Inizialmente, si è cercato di limitare anche l'attacco alle infrastrutture civili, ma con l'aumento esponenziale degli aiuti militari occidentali si è imposta la necessità di colpire strade, ponti, ferrovie, depositi di carburante per limitare l'afflusso di armi e carburante all'esercito ucraino. È probabile che la Russia conseguirà questo obiettivo ad un prezzo notevole di vite umane e in termini materiali, come già appare evidente. Ma ciò non ha incrinato il consenso della popolazione russa, che anzi è cresciuto in questi mesi, e quindi è evidente che essa condivide le finalità e le modalità di questa guerra. La Russia è stata trascinata in questa guerra dagli Usa e dall'Inghilterra con la finalità di disgregarla, ma è probabile che si otterrà l'effetto opposto. Quanto detto ci indica che dal crollo dell'Unione Sovietica la Russia ha effettuato la sua conversione in sistema imperiale da sistema imperialista-globalista alternativo a quello capitalistico a guida statunitense qual era il comunismo. Precisiamo che stiamo usando i due termini, in mancanza di una terminologia migliore, sistema imperiale e sistema globalista-imperialista, nel significato rispettivo di un sistema composto da diverse entità statuali, etniche, religiosi e culturali con un gruppo egemone, ma integrato al suo interno e delimitato verso l'esterno. Per quanto riguarda il sistema imperialista-globalista lasciamo la parola a Limes, precisando che loro non utilizzano questo termine. “Di norma l’impero stabilisce e difende i suoi correnti limiti. L’America rifiuta di porseli. La sua frontiera è sempre mobile, definita mai. Se fortificasse un limes in nome del canone imperiale (voluto il riferimento al Muro del Rio Grande, Sagrada Familia delle architetture di frontiera) rischierebbe di perdere d’un colpo identità e impero. Se non si autolimitasse, finirebbe vittima della bulimia di spazio e di potere, malattia professionale degli imperi.” (L'impero nella tempesta, 1/2021). In breve, l'imperialismo-globalismo è un sistema votato al dominio globale senza limiti definiti.

Riuscirà l'occidente a riconvertirsi in un sistema imperiale con obiettivi specifici e delimitati? Vi è il rischio, altrimenti, che nel confronto con il mondo non occidentale, appena iniziato con il conflitto indiretto con la Russia, sia piuttosto l'Occidente ad andare in pezzi. Chi vivrà vedrà. E questo è anche un augurio.

Gennaro Scala

 
Aggiornamento dai fronti PDF Stampa E-mail

27 Maggio 2022

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 Da Rassegna di Arianna del 25-5-2022 (N.d.d.)

Numerosi i fronti del conflitto in atto, andremo dal micro al macro. Nel Lugansk, tutto si gioca in una cittadina, anzi un paio, che concluderebbero la presa dell’oblast che fa metà del Donbass. I russi hanno concentrato truppe locali, i riposizionati dai precedenti fronti nord ed est e nuove e fresche forze dalla Russia contro gli ucraini che lì hanno il loro maggior condensamento. Gli ucraini insistono che lì è Armageddon, la battaglia decisiva, il non poter concedere agli avversari l’obiettivo. Sul perché si possono fare ipotesi. Prima però va detto che, da un paio di giorni le intelligence britannica ed anche americana, sembrerebbero aver consigliato agli ucraini di riposizionare il fronte indietro, dicono anche perché prima o poi inevitabile, cosa che Kiev però non ha intenzione di fare. Dubito i servizi anglosassoni non sappiano la situazione sul campo e quella logistica. Ma Kiev, forse, teme che arrivati ai confini amministrativi della regione intera, i russi si attestino e smettano di avanzare, il che raffredderebbe molto l’attenzione su di loro che continuano a chiedere di tutto e di più.

Qui poi si aprono vari fronti. Da quello del grano a quello militare a quello diplomatico, ai rapporti con l’UE, con alcuni Paesi dell’UE (nel frattempo, l’Ungheria ha dichiarato lo “stato d’emergenza”), con la troika euro-occidentale. Europa che non riesce a passare dal quinto al sesto pacchetto di sanzioni antirusse per insormontabili difficoltà. Qui, l’ineffabile Ministro delle Finanze tedesco, liberale, sconsiglia di immaginarsi titoli di debito pubblico comune per finanziare la ricostruzione, mentre Macron avverte che per entrare nell’UE ci vogliono tra i 15 ed i 20 anni. Il piano di pace italiano o supposto tale è stato rubricato sarcasticamente da Medvedev come nostro affare di politica interna. Kiev ha bisogno di soldi e riconoscimento, sui soldi grandi interrogativi, non ottenere neanche l’entrata in UE perché si scopre che “non ha i parametri”, toglierebbe parecchio senso alle migliaia di morti che Kiev ha deciso di investire nel conflitto. Sui soldi, immagino che la questione sia semplicemente gigantesca, qui nessuno fa niente per niente e lì manca e mancherà sempre più, praticamente tutto, parliamo di centinaia e centinaia di miliardi in epoca di stagflazione. La stampa ha già battezzato il futuro piano “Marshall Plus”, ma gli ucraini più che i bruciori di stomaco, sentiranno altri tipi di urgenze, credo e non poche. Mi sembra si sia offerta World Bank, meno l’IMF. Chi ci metterà i denari, e tanti, a quali condizioni, per quanto tempo non è affatto chiaro. In compenso avremo ai bordi subcontinentali la nazione forse più disperata al mondo ma anche la più armata. Un affarone.

Svezia e Finlandia sono servite per farci titoloni, ma ora sono entrati nel cono grigio delle trattative con Erdogan, il quale è notoriamente un cagnaccio. Meno facile di quanto si pensi il problema degli scandinavi, soprattutto gli svedesi con le loro amicizie curde. Sono curioso di vedere la reazione nelle loro opinioni pubbliche, presso le quali non mi sembra fosse così esagerata l’opinione favorevole alla rottura di neutralità (si cita un sondaggio di settimane fa con un 56% di favorevoli, se ben ricordo) che gli svedesi hanno avuto sin dal 1814, più di due secoli quindi. Più facile la trattativa sulle armi, il che potrebbe significare anche luce verde ad un attacco turco nel nord della Siria. Ora, i democratici radicali curdi (YPG) che hanno difeso le democrazie dall’ISIS (armato dai monarchici arabi nostri alleati), non sono più nostri amici, meglio i democratici liberali di Kiev. L’ucraina era categorizzata neanche “democrazia imperfetta” ma come “regime ibrido”, al pari di Hong Kong per punteggio 2021, dal Democracy Index del the Economist. Ma adesso è stata promossa ex-cathedra ed anzi, ascoltiamo il novello Pericle ucraino anche a Davos dove notoriamente siede il gran consiglio dei saggi a tutela della democrazia globale. Curdi per ucraini, un bel guadagno!

Biden è andato in Asia e ha minacciato di mandare truppe a difesa di Taiwan in caso di invasione cinese, poi è stato corretto da Austin che ha specificato “armi”, non truppe. I cinesi hanno preso formale impegno a riportare Taiwan nel loro dominio entro il 2049 e non certo con le armi, non si vede l’attualità dell’argomento. È che lì le tensioni sono molteplici e gli USA hanno interesse a riscaldare l’ambiente per ottenere il massimo allineamento degli alleati secondo lo schema “o con noi o contro di noi”. Così il format QUAD (con India, Giappone e Australia) cerca di convincere l’India a sciogliere quelle che gli americani leggono come “pericolose ambiguità multipolari”. L’India è nel QUAD, compra sistemi d’arma americani (mare), ma anche russi (terra ed aria), compra energia sempre dai russi, fa parte del format SCO con la Cina (Russia, Pakistan, Iran ed i quattro “stan” centro-asiatici) e dei BRICS (con Brasile, Russia, Sud Africa ed appunto Cina). Questi, quest’anno sotto presidenza cinese, stanno lanciando l’idea di portare il format da cinque partner a dieci, con l’entrata di Argentina, Messico, Arabia Saudita, Turchia, Indonesia. Stante una ulteriore corona di interessati che spazia dall’Egitto all’Iran, dagli EAU alla Nigeria. Ma più in generale, sembra si voglia pescare indifferentemente in America del Sud, Africa ed Asia soprattutto del sud-est. L’alleanza dei secondi contro i primi, con i primi che tentano il “divide et impera” sui secondi, un classico senza tempo. Qui Biden, nella sua visita asiatica, si è presentato anche con l’idea di un Indo Pacific Economic Framework (IPEF) rivolto ai 13 Paesi tra cui alleati e non, pescati soprattutto nell’ASEAN. Ma c’è un problema. Gli Stati Uniti, da dopo Trump, non accettano più di aprire il proprio mercato interno con facilità, mentre gli stessi 13 Paesi indo-pacifici hanno tutti la Cina come primo partner per le loro importazioni e spesso anche per le esportazioni. Del resto, l’IPEF non si presenta come un accordo di libero scambio, ma come una “piattaforma di dialogo per partnership”. Di che si tratta? Sostanzialmente è l’idea lanciata da Yellen sul “friendshoring” ovvero creare condizioni di possibilità per le imprese americane che verranno spinte a togliere le loro de-localizzazioni dalla Cina per rilocalizzarle in questi paesi dal basso costo del lavoro e, in molti casi, ancor meno tutele giuridiche. Ma poiché gli USA si son fatti paladini anche della neutralità climatica e della presunta correttezza giuridica e fiscale almeno formale per i propri voraci capitali finanziari, i partner verranno spinti a modifiche strutturali affinché possano esser integrati nel fronte a guida occidentale. Per niente facile e comunque cosa lunga e francamente anche molto vaga sebbene l’Amministrazione Biden ci tenga molto e ci creda ancor di più. Non scritto c’è comunque l’impegno a vendere armi e a spalleggiare i nuovi amici nelle nuove dispute soprattutto marinare coi cinesi.

In vista poi del meeting delle Americhe che si terrà in California 6-10 giugno, la minaccia di boicottaggio quasi totale dei paesi centro-sudamericani, se non si normalizzeranno le relazioni tra USA e Venezuela-Nicaragua-Cuba, sarà un bel problema. Aggravato dalla minaccia del voto che si terrà il prossimo 29 in Colombia dove è decisamente favorito un candidato dichiaratamente di sinistra. Se vincesse, come pare, il candidato con pedigree antiimperialista e pronto a rivedere i rapporti di libero scambio con gli USA, i Paesi sudamericani di sinistra diventerebbero sette, un bel problema davvero.

La transizione multipolare ci terrà occupati per mesi ed anni. Sarebbe bello, dal punto di vista storico e culturale (e politico ovviamente), che le genti occidentali, europee ed italiane nella fattispecie, partecipassero di più al dibattito sui fatti e fenomeni del mondo perché è da questo che dipendiamo e dipenderemo sempre di più per effetti diretti ed indiretti. Ma tutto ciò non sembra interessare l’agenda democratica, il -demos- di tutto ciò non sa nulla e quando qualche fatto smargina dal notiziario quotidiano, è già presentato con accluso l’imperativo su come giudicarlo. Il tutto prende vari livelli di assurdità che vediamo moltiplicarsi. Tra cui il Presidente “democratico”, del Paese “democratico” che è la più grande fabbrica d’armi del mondo che tuona contro la lobby delle armi che vende pistole ad un diciottenne che dopo aver fucilato la nonna va in una scuola ad ammazzare diciannove bambini e due adulti in nome della propria “libertà” di esser armato come nel Far West. Far West interno, esterno, West ovvero Occidente di cui facciamo parte anche noi ma su cui non abbiamo facoltà di definizione essendo ormai un dominio periferico di quello strano mondo oltre-atlantico che non vuole condividere il proprio dominio sul mondo con nessuno. Un mondo sempre più complesso con noi dentro, ignari.

Pierluigi Fagan

 
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