Peggio della guerra fredda |
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20 Agosto 2024 Da Rassegna di Arianna del 17-8-2024 (N.d.d.) Se ripensiamo - per chi non è tanto giovane - agli anni della Guerra Fredda, possiamo fare un utile esercizio; oggi, infatti, ci viene detto che stiamo tornando a quegli anni. Ma non è così. È molto peggio. Allora, quando c'era l'URSS, e la Cortina di Ferro, e il Muro di Berlino, c'erano sì due mondi separati, che si guardavano in cagnesco, e che in fondo in fondo erano reciprocamente utili: come un castello di carte, si regge su due di loro appoggiate l'un l'altra. E sì, poi si combattevano anche, un po' qua e un po' là - la Corea, il Vietnam, l'Afghanistan…; ma, in fondo, convivevano. Per dire, non solo in occidente non c'era alcuna russofobia, ma persino l'anticomunismo era tutt'altra storia. La FIAT apriva una fabbrica di automobili a Togliattigrad, e in tutta l'Europa occidentale (Italia e Francia sopra tutte) fiorivano grossi partiti comunisti. Certo, erano 'contenuti', c'era Stay Behind pronta ad intervenire se necessario, ed il famoso 'fattore K' ne precludeva l'accesso al governo. Ma, paragonato con i tempi attuali, letteralmente un altro pianeta. Nonostante la rivolta di Berlino nel '53, e quella di Budapest nel '56, e quella di Praga nel '68, e quella polacca del 1981 - tutte in un modo o in un altre duramente represse, in occidente l'anticomunismo (che comunque rimane una posizione politico-ideologica) non raggiunse mai l'asprezza dell'attuale russofobia (che invece è una forma di razzismo, per di più privo persino di un fondamento pretestuoso). Anche rispetto alla questione palestinese, le cose andavano diversamente. I paesi occidentali sono sempre stati filo-israeliani, senza tentennamenti. E quando hanno fatto - come l'Italia - un po' di 'doppio gioco', non è stato certo per simpatia verso la causa dell'OLP, ma per interessi di bottega: tenersi buoni i paesi arabi da cui si comprava il petrolio, tenere lontano dal territorio nazionale il 'terrorismo' palestinese. Insomma, per farla breve, non soltanto i margini di autonomia dei paesi europei, rispetto agli Stati Uniti, erano abbastanza ampi, anche in politica estera, ma gli stessi margini di 'tolleranza' per il dissenso interno, anche radicale, erano infinitamente più laschi. Ancora agli albori del secolo, ai tempi della Seconda Guerra del Golfo, un poderoso movimento pacifista poté attraversare l'intera società occidentale, da Los Angeles a Berlino. Quindi, perché ora nulla di tutto questo è più possibile? Perché il livello di intolleranza ha raggiunto livelli così alti? In fondo, anche allora (e parliamo di qualche decennio fa, non di secoli) i governi occidentali facevano comunque ciò che volevano, in ossequio al rapporto con gli USA, ma ciò non impediva che - al tempo stesso - i cittadini potessero esprimere la propria contrarietà a determinate scelte, senza che ciò venisse percepito come una intollerabile minaccia. Ovviamente, credere che ciò sia un frutto casuale degli eventi sarebbe di una ingenuità colossale. Prendiamo l'elemento che costituisce l'evidente 'giro di boa'. Quello che oggi sappiamo, con assoluta certezza (è documentato), è che gli avvenimenti che hanno portato, nel febbraio 2022, all'ingresso delle truppe russe nel territorio ucraino, sono stati pianificati negli Stati Uniti almeno vent'anni prima. E non ci vuole un genio a capire che un piano di tale portata - immaginato, organizzato e perseguito per due decenni - non può essere circoscritto ad una questione 'regionale'. C'è, chiaramente, un disegno più grande. Che del resto non è nemmeno segreto, basta leggersi i documenti ufficiali degli USA, in cui è scritto nero su bianco - ma che non si troveranno mai sulle pagine dei quotidiani 'coloniali' europei. La questione è che gli Stati Uniti non sono più una grande superpotenza che si confronta con un avversario potente, ma non tanto da sfidarlo apertamente, ma sono oggi un impero la cui egemonia è largamente messa in discussione, e che deve confrontarsi con più di una potenza (un paio delle quali formidabili) che non hanno remore a sfidarli, se necessario. E lo stato profondo degli USA, dinanzi a questa messa in discussione radicale del proprio potere egemonico, ha deciso che l'unica opzione possibile è la guerra. Ibrida, per procura se e finché è possibile, ma comunque guerra. E in guerra non c'è più spazio per i dubbi, per il dissenso; equivalgono ad essere una quinta colonna del nemico. Quindi la russofobia e la repressione inaudita del disaccordo (in alcuni paesi europei è oggi reato sventolare un bandiera palestinese, o anche solo pronunciare le parole "dal fiume al mare"...) sono conseguenza diretta di un disegno bellico a breve termine, e che richiederà la mobilitazione totale anche delle colonie; esattamente come accaduto durante la seconda guerra mondiale, quando reparti indiani, o marocchini, venivano inviati in prima linea in una guerra cui erano estranei, ed in cui gli interessi in gioco erano comunque a loro ostili. E i prossimi 'marocchini' sono i tedeschi, i francesi, gli spagnoli, gli italiani. Siamo noi. Per questo dobbiamo imparare a odiare il nemico, e comunque a tacere ed obbedire. Enrico Tomaselli
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19 Agosto 2024 Da Comedonchisciotte del 16-8-2024 (N.d.d.) Signore e signori, eccovi servita la vera transizione ecologica voluta da UE e governi fatta di multinazionali, coercizione, bruttura e, dulcis in fundo, una bella dose di veleno. Pensavate che green fosse sinonimo di alberi, farfalle e natura? Vi sbagliavate di grosso. “Green”, così come lo intende l’élite globalista, è in realtà fotovoltaico, pale eoliche, Ztl, macchine elettriche ad ogni costo, limitazione alle libertà per chi non si adegua e sostanze tossiche. La tirannide green è, infatti, menzogna. E, abbiamo scoperto, oltre che danneggiare l’ambiente può seriamente danneggiare la salute dell’uomo. Tanto il fotovoltaico, quanto le pale eoliche, infatti, sono potenzialmente molto nocive. I materiali compositi utilizzati per realizzare il rotore delle pale eoliche, ad esempio, sono fibre di vetro (“GRP”), legno di balsa, elementi in acciaio e, nel caso di pale molto grandi, fibre di carbonio (“CFRP”) legate con resine epossidiche. Queste fibre sono potenzialmente cancerogene quanto l’amianto e possono entrare nel nostro corpo attraverso la pelle e i polmoni. Le fibre in vetro già in passato finirono sotto la lente d’ingrandimento dell’AIRC quali sostanze potenzialmente cancerogene. Per quanto riguarda le fibre in carbonio sono ancora in corso gli studi sui potenziali effetti nella salute umana: nonostante questo tuttora vengono utilizzate praticamente per costruire ogni cosa, mentre la nocività delle sostanze come il bisfenolo A, invece, contenuto nelle resine epossidiche, è risaputa. Esiste correlazione tra questa sostanza e lo sviluppo di numerose patologie (anche cancro) a carico degli apparati riproduttori, della prostata e della mammella, dell’apparato endocrino. Abbiamo evidenze anche di casi di neurotossicità. La maggior parte della contaminazione avviene attraverso la dieta (cibi) ma è stato dimostrato che avviene anche attraverso l’aria e l’assorbimento cutaneo. Altrettanto grave la connessione tra l’esposizione al bisfenolo A e fenomeni di infertilità oltre che di future malattie per il feto. Di più: in caso di rottura o incendi delle pale, poi, diventa inevitabile la maggiore diffusione nell’aria dei fumi e delle particelle nocive, con quantità tossiche ovviamente moltiplicate rispetto alla comune abrasione. Questo solo per quanto riguarda le pale eoliche. Per quanto riguarda il fotovoltaico, poi, la situazione non migliora. Uno dei componenti, infatti, utilizzati per la costruzione delle celle è l’Arseniuro di Gallio che viene comunemente classificato come altamente tossico. In particolare andrebbe ad agire sul sistema immunitario: ha dimostrato, ad esempio, di sopprimere la produzione di anticorpi e altre funzioni immunologiche. L’arsenico all’interno è potenzialmente cancerogeno. C’è una lunga narrativa sanitaria sul fenomeno consultabile nei siti medici. Questo per quanto riguarda la salute. Per quanto riguarda, invece, lo smaltimento di questi mostri che stanno invadendo le nostre coste e i nostri campi, da Nord a Sud, dal Friuli Venezia Giulia alla Sardegna, molto ci sarebbe da dire. Lo smaltimento delle pale, ad esempio, proprio per la loro composizione, diventa possibile solo in discariche apposite. Sei i siti individuati fino al 2023: Danimarca, Regno Unito, Francia, Germania, Spagna e Turchia. Non immaginiamo i costi. Anche in questo caso esistono studi che confermano la tossicità derivante dal percolato, liquido di deterioramento del rifiuto che finisce nel terreno (falde acquifere comprese). Hai voglia a parlare di verde. Se a tutto questo aggiungiamo, pe ridirne una in più, l’inquinamento delle batterie delle macchine elettriche, che per altro prendono fuoco con una facilità incredibile, di che parliamo? E questa è la “straordinaria” transizione verde a cui i governi (compreso il nostro) ci stanno portando? Per carità, meglio la sana flatulenza delle vacche, caro Bill Gates. Sorriso sdrammatizzante a parte, cominciamo a pensare di portare tutti i responsabili alla sbarra, prima che sia troppo tardi. Gloria Callarelli
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18 Agosto 2024 Da Rassegna di Arianna del 13-8-2024 (N.d.d.) Forse non tutti conoscono ancora Sahra Wagenknecht. È una politica tedesca, già esponente di punta della sinistra radicale (Die Linke), con la quale ha rotto per fondare un proprio partito: Bündnis Sahra Wagenknecht – Vernunft und Gerechtigkeit (BSW, lett. "Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia"). La rottura della Wagenknecht con la sinistra è al centro di un suo pregevole libro, "Contro la sinistra neoliberale" (in Italia edito da Fazi). La tesi dell'autrice è semplice e lineare: la sinistra ha smesso da tempo di essere la parte del lavoro contro il capitale e delle lotte di liberazione nazionale contro l'imperialismo, per diventare semplice guardia arcobaleno della globalizzazione neoliberale. La sinistra dà soluzione a problema, per dirla con una formula. È quanto abbiamo sostenuto anche noi nel nostro studio "Sinistrash", ed è quanto per primo aveva teorizzato il nostro maestro, il marxista eterodosso Costanzo Preve. È vero, la Wagenknecht non si spinge a sostenere l'oltrepassamento di destra e sinistra e si propone invece di rifondare una sinistra radicale, portandosi appresso alcuni presupposti ideologici che a nostro giudizio sono superati e ormai insostenibili. E tuttavia il suo progetto ci pare rispettabilissimo e assai ambizioso: in primo piano troviamo la difesa del lavoro contro il capitale e la difesa della sovranità nazionale in chiave democratica e socialista contro l'imperialismo a stelle e strisce e contro i processi di sovranazionalizzazione neoliberale. Scusate se è poco! La Wagenknecht ad esempio si oppone al sostegno all'Ucraina e dunque alla guerra della NATO contro la Russia, e si oppone ugualmente all'immigrazione di massa, dunque allo sfruttamento del lavoro mediante la competitività al ribasso. Insomma, la strada ci sembra decisamente quella giusta. È la proposta di un socialismo internazionalista, che riconosce l'importanza della sovranità della nazione e del popolo e che si oppone alla globalizzazione turbocapitalistica. E a segnalare che la via è quella giusta è oltretutto la reazione scomposta che in questi giorni si sta registrando da parte del clero giornalistico, che ha preso ad abbaiare furiosamente contro il progetto della Wagenknecht. Ad esempio, "La Repubblica", rotocalco turbomondialista e voce del padronato cosmopolitico, ha dedicato nei giorni scorsi un demenziale articolo alla Wagenknecht, bollandola di rossobrunismo, categoria orwelliana con cui i padroni del discorso provano a ostracizzare in modo irriflesso chiunque osi deviare dal tracciato prestabilito dell'alternanza senza alternativa di destra e sinistra. Con le parole di Don Chisciotte: abbaiano, Sancho; segno che stiamo cavalcando. Diego Fusaro
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14 Agosto 2024 Non è più il caso di stupirsi. Se ne sentono e se ne leggono di tutti i colori. Intanto, l’occultamento e la cancellazione sistematica delle più evidenti verità storiche. L’orrenda Ursula von der Leyen, seguita dall’ineffabile Mattarella, ha affermato solennemente che l’attacco russo all’Ucraina è l’unica guerra scatenata in Europa dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Così si cancella con un colpo di spugna l’intero decennio degli anni ’90 del secolo scorso, quando una guerra che ha provocato centinaia di migliaia di morti distrusse la Jugoslavia. Quel fatto non esiste più, forse perché chi bombardava era la NATO. Eppure quando Belgrado fu bombardata, anche da aerei italiani, Mattarella era ministro del governo di D’Alema. Dovrebbe ricordarsi. Altra affermazione che lascia sconcertati è la costatazione rassicurante, fatta da alcuni commentatori, che cinesi e americani non si sono mai scontrati sui campi di battaglia. Viene così allegramente cancellata dalla storia la guerra di Corea, quando un esercito cinese di un milione di soldati si scontrò in lunghi anni di sanguinosissima guerra con un esercito americano. Con la stessa disinvoltura i pacifisti affermano che le guerre finiscono se le pressioni internazionali costringono i contendenti a trattative che delineano compromessi accettabili dalle due parti. Ma quando mai? Le due guerre mondiali sono finite sì con trattative, ma fra gli alleati vincitori, non con i vinti. I vinti subirono. Punto e basta. La guerra di Corea e quella fra Iran e Iraq finirono per esaurimento delle due parti, senza alcun accordo, lasciando la situazione immutata rispetto a quella iniziale. Durante la guerra nel Vietnam ci furono lunghe trattative fra USA e Nord Vietnam, che si conclusero con accordi ben presto superati dagli eventi bellici, al termine dei quali gli americani fecero fagotto e se ne andarono. Dopo quasi 10 anni di guerra i sovietici invasori se ne andarono dall’Afghanistan sconfitti dalla guerriglia islamica, senza alcun compromesso. Dopo 20 anni di guerra ci sono state trattative fra USA e talebani sul futuro dello stesso Afghanistan, ma l’unica disposizione talebana nelle trattative fu: andatevene e la guerra finirà. Gli USA (e la NATO) abbandonarono l’Afghanistan e i talebani rimasero padroni del campo. Quindi la regola è che alla fine di un conflitto una parte cede, o collassa, e l’altra parte rimane padrona del campo. Si può dedurre che accadrà la stessa cosa anche nel presente. L’Ucraina (cioè la NATO) si dichiara disposta alla pace solo se la Russia ritirerà le sue truppe e riconsegnerà agli ucraini tutte le terre occupate, compresa la Crimea. In altri termini, l’Ucraina (e la NATO) pretendono la resa incondizionata. La Russia dal canto suo esige la neutralizzazione dell’Ucraina, la sua denazificazione (cioè il cambio del governo) e la rinuncia ai territori conquistati dall’esercito russo, cioè la resa incondizionata. Con queste premesse la guerra continuerà fino al collasso di una delle parti in conflitto, come quasi sempre accade. Ancora più desolante è il quadro della guerra nell’Asia occidentale (un tempo chiamata impropriamente Medio Oriente). Il pacifismo generosamente ingenuo predica i due stati, che non a caso non si sono mai formati in 80 anni di lotte e discussioni. La realtà, che contraddice sempre le favole, ci mostra due popoli che si contendono lo stesso territorio. Altro che due stati. O prevale uno o prevale l’altro. L’unica soluzione logica sarebbe creare uno stato rigorosamente laico, che garantisse libertà di culto a ebrei, musulmani e cristiani. Il fatto è che per ottenerlo occorre sconfiggere il sionismo, deciso a tutto e armato di bombe atomiche, e il fondamentalismo islamico che è ben lontano dal laicismo. Impresa non da poco. E infatti le guerre continuano. Altra favola che viene inculcata nelle menti dei popoli sprovveduti è il grande progetto della green economy. Che sia un grande progetto ambizioso è vero, che sia green è una favola, per l’appunto. Il progetto prevede la diffusione dell’Intelligenza Artificiale, cioè la robotizzazione dei processi produttivi e dei servizi, e la digitalizzazione integrale del mondo. Tutto ciò implica un impiego di energia ancora più grande di quello attuale. Le fonti rinnovabili non sono sufficienti a produrre tanta energia. Infatti tutti gli stati sono all’affannosa ricerca di metano, petrolio e carbone, al di là delle chiacchiere propagandistiche. I pannelli solari e le pale eoliche sono manufatti, la cui produzione esige minerali, anche rari, che devono essere estratti con processi industriali che richiedono tanta energia. Questi minerali devono essere lavorati in fabbriche divoratrici di energia. I prodotti finiti sono poi deperibili, dovranno essere smaltiti e sostituiti da altri. La plastica e la chimica altamente inquinanti non sono al momento messi in discussione seriamente. In tutto ciò il green è semplicemente un pretesto propagandistico. Non si vuole ammettere che l’unica politica green è l’uscita dall’industrialismo e il ritorno ai campi coltivati con la forza dei muscoli umani e animali, e all’artigianato del martello e del cacciavite, cioè la condanna alla miseria e alla fame in un mondo di 8 miliardi di persone. La verità di una strettoia a cui è pervenuta la modernità, dalle cui contraddizioni non si esce più, è troppo dolorosa per essere dichiarata. Nella denuncia della follìa dilagante non si può tacere la triste necessità di sprecare parole per dimostrare che esistono una specie, quella umana, e due generi, femminile e maschile. Doverlo dimostrare contro chi teorizza che i generi sono tanti quanti ne vuole la soggettività desiderante, è come dovere cercare argomenti per dimostrare che l’acqua del mare è salata. Non dimentichiamo che siamo passati attraverso il delirio di una brutta influenza affrontata come se fosse la peste nera. Non dimentichiamo l’obbrobrio di un green pass, negatore dei più elementari diritti dell’individuo, che doveva garantire dal contagio quando l’evidenza dei fatti dimostrava che i vaccinati potevano infettarsi e infettare. In conclusione, la decadenza giunta al suo stadio finale sfocia nel delirio. Siamo avvolti da un vortice di idiozia, di illogicità, di propaganda ormai senza freni e senza pudore. Prenderne atto non aiuta a risollevare il morale. Luciano Fuschini
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10 Agosto 2024 Da Rassegna di Arianna del 9-8-2024 (N.d.d.) L'Era Hyboriana è un'invenzione fantastorica dello scrittore americano Robert Howard: essa risalirebbe a circa 20.000 anni fa, come fase intermedia tra lo sprofondamento di Atlantide e il sorgere delle prime civiltà conosciute dalla storiografia ufficiale. Nell'Era Hyboriana, il mondo è governato dalla brutalità della forza, dalla credenza nella magia e dalla guerra costante fra regni barbarici come Stygia, Nemedia e Aquilonia. Fatta questa doverosa premessa, proviamo a citare qualche fatto di attualità limitandoci all'ultima settimana. 1) Il canale israeliano N12 ha reso pubblico un filmato, preso da una telecamera a circuito chiuso del centro di detenzione di Sde Teiman, in cui alcuni soldati israeliani con il volto coperto inserivano un oggetto nel retto di un detenuto palestinese. La vittima ha riportato gravissime ferite e, quando è poi emerso che non si trattava affatto d'un caso isolato, ampia parte della società civile israeliana è insorta. Di conseguenza, alcuni militari sono stati interrogati ma poi, alla fine, rilasciati. 2) Ricky Jones, un esponente locale del Partito Laburista inglese, ha pubblicato il video d'un comizio in cui incitava una folla esclamando che i manifestanti di estrema destra - ovvero i cittadini che in questi giorni stanno protestando contro l'immigrazione senza limiti - devono essere sgozzati. Il Labour ha sospeso Jones ritenendo avesse un po' esagerato ma, intanto, sono iniziati gli arresti, in tutta la Gran Bretagna, di coloro che si esprimono a favore di suddetti manifestanti: nella giornata di ieri, una donna di 55 anni è stata arrestata per aver postato notizie "non accurate" sulla biografia dell'uomo di origine africana che, dieci giorni fa, ha ucciso tre bambine accendendo così la miccia delle proteste. Dunque, non siamo in una situazione di "barbari alle porte". Stiamo stabilmente vivendo in un mondo integralmente barbarico, dove cioè la brutalità viene avallata e promossa dai vertici del potere e della comunicazione e dove - quindi e inevitabilmente - la società intera si sottomette all'istintualità e al furore cieco. Sul piano antropologico-culturale, tutto si muove lungo assi di contraddizione enormi: la superficie devirilizzante e festante dei gay pride da una parte, la violenza più arbitraria e nichilista dall'altra. Questo processo si è materializzato a una velocità tale, da non consentirci alcuna reazione che non fosse il puro inebetimento. Ed è molto importante sottolineare tale aspetto: se il negazionismo di sinistra affermante "è sempre stato così" non è ormai meritevole di alcun commento, anche la relativizzazione della rapidità dei processi sarebbe un approccio analitico errato. Questo perché, sì, in linea teorica e logica risulta evidente come tutto questo abbia avuto inizio con trasformazioni risalenti agli ultimi decenni del secolo scorso: eppure, le accelerazioni recenti sono state così folgoranti che, nella nostra percezione, vi è stato semplicemente il risvegliarsi una mattina scoprendo che l'Età Contemporanea era giunta al suo termine e che, al suo posto, si stagliava - plumbea e minacciosa - l'Era Hyboriana del capitalismo. Riccardo Paccosi
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Germania fottuta (e l'Italia pure) |
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7 Agosto 2024 Da Comedonchisciotte del 6-8-2024 (N.d.d.) Per diversi aspetti la Germania si trova al centro dell’Europa. Non solo ne è il centro geografico, ma tutta la storia europea sembra ruotare intorno ad essa. In tedesco esiste il termine Mitteleuropa, che esprime in modo appropriato il ruolo centrale della Germania in Europa. A dire il vero, in una certa misura anche la Francia e l’Italia devono essere considerate parte di questo concetto, soprattutto quelle parti della Francia e dell’Italia che confinano con la Germania. La civiltà europea è stata essenzialmente plasmata dalla Germania e da questi due “junior partner”. Da un punto di vista olistico, la posizione centrale della Germania può aiutare a spiegare perché nell’ultimo secolo gli anglosassoni (Inghilterra e Stati Uniti) hanno tentato due volte di distruggere la Germania, e con notevole successo! Ovviamente, gli Stati Uniti non sono una nazione europea, se non forse indirettamente come risultato dell’immigrazione di massa dall’Europa. Non lo è nemmeno l’Inghilterra, che, al massimo, fa parte della periferia europea. La vera periferia dell’Europa è costituita dalla Scandinavia, dalla Russia, dalla Penisola Iberica, dall’Italia meridionale e dai Balcani. La posizione insulare dell’Inghilterra la distingue fisicamente e mentalmente dall’Europa. È risaputo che gli abitanti di qualsiasi isola, per quanto piccola, si considerano tacitamente il centro dell’universo. In un certo senso, fondamentale e assai tangibile, la posizione geografica dell’Inghilterra le conferisce uno status separato, rendendola molto meno europea di quanto ami far credere. Insieme all’alleato americano e contando sulle risorse e sulla manodopera del suo vasto impero coloniale, l’Inghilterra era stata la forza motrice dei primi due tentativi di distruggere la Germania durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Il primo, soprattutto attraverso il Diktat di Versailles, aveva portato alla distruzione della potenza militare tedesca, il secondo alla distruzione del suo potere politico. In un continente in cui, dal 1918, il fascismo e il nazionalsocialismo si erano apparentemente ben radicati, la Germania, per il suo peso economico e demografico, era di nuovo l’elemento centrale. Dopo la seconda sconfitta della Germania da parte dell’Armata Rossa, l’URSS aveva fatto in modo che il nazionalsocialismo fosse completamente sradicato. Nella parte occidentale della Germania occupata, gli anglo-americani avevano creato un’intera struttura per impedire al partito nazista di risorgere in qualsiasi forma. La denazificazione della Germania occidentale era stata supervisionata dagli Stati Uniti, con le loro vaste e ben sviluppate agenzie di propaganda (“PR”). […] Dopo il crollo del “socialismo reale” tra il 1989 e il 1991, che aveva portato all’implosione dell’URSS, per qualche tempo gli Stati Uniti avevano potuto coltivare l’idea di essere l’unica superpotenza sopravvissuta e che il mondo intero fosse ai loro piedi. Erano pochi gli americani a rendersi conto che la loro nazione stava affrontando una nuova e insospettabile sfida. Cosa poteva servire come quadro di riferimento, come guida, come indicazione per le possibili nuove direzioni da seguire? Una domanda davvero complicata, perché gli Stati Uniti si considerano al di fuori della storia, una civiltà unica e non soggetta alle leggi della storia. [Gli USA] si erano resi conto che il fascismo, soprattutto nei suoi aspetti economici (con le grandi corporazioni che godevano di una libertà quasi illimitata e, allo stesso tempo, esercitavano un’influenza indebita su tutte le decisioni politiche) era, in realtà, un modello piuttosto attraente. Anche alcuni aspetti politici del fascismo (come la centralizzazione del processo decisionale e il completo controllo dei media) erano attraenti. Quando, subito dopo la caduta del socialismo, l’impero statunitense aveva abbracciato in pieno il neoliberismo, anche alcune politiche fasciste erano state, di fatto, inglobate nel processo. Proprio come dopo il 1918 e il 1945, nel 1989-91 era toccato alla Germania pagare il prezzo del collasso del socialismo. Inizialmente, tuttavia, sembrava che la Germania avesse tratto vantaggio da quel crollo, perché, dopo quarant’anni di esistenza separata, i due Stati tedeschi avevano potuto fondersi in uno solo. In cambio, però, la Repubblica Federale aveva dovuto sacrificare la sua forte moneta nazionale, il marco tedesco, e permettere l’istituzione di una Banca Centrale Europea che aveva introdotto una nuova valuta: l’euro (2002). Col senno di poi, la riunificazione della Germania era un processo che non avrebbe potuto essere evitato. Questo non era successo finché ciascuna delle due Germanie aveva avuto un’economia forte e competitiva e un tessuto sociale solido e finché entrambe erano state necessarie come vetrina delle rivalità tra superpotenze. Pertanto, i nuovi attacchi alla Germania unita (con l’obiettivo finale di ridurla alla condizione di un piccolo e folkloristico Paese di terza categoria per divertire i turisti stranieri) si erano concentrati sull’economia e sulla società. L’attacco alla società aveva raggiunto un nuovo livello nell’estate del 2015. “Possiamo farcela”, aveva detto la cancelliera Merkel spalancando le porte ai “richiedenti asilo”, alle “masse povere” del XXI secolo provenienti dalle nazioni del Terzo Mondo distrutte dalle bombe della NATO e dalle importazioni agricole a basso costo dall’UE. (Spesso si dimentica che le economie agricole di molte nazioni africane sono state distrutte dalle importazioni di eccedenze a basso costo prodotte dagli agricoltori dell’UE, pesantemente sovvenzionati). Poiché molti di questi nuovi arrivati sono maschi giovani, single e spesso musulmani, gli effetti sono stati devastanti, soprattutto per la sicurezza delle donne. Intere zone delle città tedesche sono ora ghetti musulmani, con cartelli stradali in arabo. In molte scuole c’è un’alta percentuale di bambini non tedeschi, nati da genitori analfabeti, mentre l’alfabetizzazione delle giovani generazioni sta diminuendo a tassi allarmanti. In altre parole, la Germania si sta rapidamente “de-tedeschizzando”. Il governo statunitense era da tempo irritato dalla crescente dipendenza della Germania dall’energia economica e abbondante proveniente dalla Russia. Il completamento, nel settembre 2021, del Nord Stream 2, un nuovo gasdotto che attraversa il Baltico, aveva aperto nuove possibilità per l’industria tedesca e per la cooperazione russo-tedesca, tanto che il regime di Biden aveva deciso di mettere in pratica la sua minaccia di sabotare il nuovo gasdotto: il 26 settembre 2022 era stato fatto esplodere. Questo fa parte di un triplice attacco coordinato all’economia tedesca. Il primo elemento è quello di costringere la Germania ad abbandonare l’energia russa e a passare alle più costose importazioni statunitensi, il secondo è quello di distruggere le lucrose relazioni commerciali tra Germania e Cina e il terzo è quello di costringere la Germania ad aumentare le spese militari. Ma la noce più difficile da rompere è stata la cultura popolare tedesca e il senso di orgoglio che ne deriva. Da qui la lunga offensiva americana contro la cultura popolare tedesca, offensiva che è riuscita a costringere la maggior parte dei tedeschi ad ascoltare alla radio e alla televisione musica in stile americano con testi in inglese. L’attacco alla cultura popolare è essenzialmente una guerra allo spirito tedesco, poiché la cultura popolare è solo la parte immediatamente visibile dello spirito collettivo. […] Fino agli anni Settanta, il pubblico tedesco aveva continuato ad apprezzare i film di registi tedeschi come Rainer Werner Fassbinder, Werner Herzog e Wim Wenders. I canali televisivi tedeschi avevano prodotto molte serie molto popolari, come Derrick, che erano state esportate con successo anche in Paesi lontani, come la Cina. Subito dopo la guerra, i tedeschi erano troppo impegnati a rimuovere le macerie delle loro città bombardate e a riprendersi la vita per sviluppare un interesse per la musica americana e i testi in inglese. Avevano invece dei sogni. Di luoghi lontani dove la vita era facile e splendeva il sole, come Tampico in Messico, come nelle canzoni in stile Schlager del 1946 (“carichi di liquore ogni giorno, ogni uomo ha tre donne e può permettersi di costruire una casa”). Per molto tempo i tedeschi avevano sognato questi luoghi e, fino agli anni Sessanta, avevano cercato di trovarli soprattutto in Italia, intorno al Lago di Garda, durante le loro vacanze estive. La musica americana era diventata la norma in Germania solo all’inizio degli anni Novanta. […] Oltre alla musica, per molto tempo gli sport tedeschi avevano goduto di un’ampia popolarità e i successi internazionali di sportivi tedeschi occidentali, orientali e di tutte le squadre sportive avevano galvanizzato la Repubblica e la nazione e rafforzato un certo senso di germanità. Nel 1954 la nazionale tedesca di calcio aveva vinto la Coppa del Mondo sconfiggendo la forte squadra ungherese. Ho sempre sospettato che, a qualche livello della gerarchia, fosse stata presa la decisione di far vincere la Germania. Non c’era modo migliore, a parte una vittoria in guerra (che era sfuggita due volte alla Germania), per ripristinare l’autostima nazionale, o almeno attenuare il dolore. Nel 1974, quando il torneo era stato organizzato in Germania, la Germania-occidentale aveva nuovamente vinto la Coppa del Mondo. Alle Olimpiadi del 1960 di Roma, la squadra tedesca unita (RFT e DDR) si era classificata al quarto posto, con un record di 12 medaglie d’oro. Alle Olimpiadi di Montreal del 1976, le squadre della RFT e della DDR […] L’attuale nazionale tedesca, un tempo composta esclusivamente da tedeschi veri, ha un capitano turco e una mezza dozzina di tedeschi “neri”. Per molti tedeschi nativi è piuttosto difficile identificarsi con una nazionale di questo tipo. Tuttavia è un riflesso fedele di una popolazione di cui il 30% ha un “background migratorio”. L’attacco distruttivo alla Germania non avrebbe prodotto alcun risultato tangibile se gli angloamericani non fossero riusciti a sovvertire la coscienza collettiva tedesca, o la mente tedesca, se preferite. Insistendo costantemente sul senso di colpa tedesco per la Prima e la Seconda Guerra Mondiale e per ogni misfatto reale o immaginario nei confronti di qualsiasi gruppo di persone, ai tedeschi è stato inculcato un vero e proprio complesso di colpa. Ciò è particolarmente evidente tra i millennial tedeschi e nella Generazione Z. A differenza dei loro omologhi di altre parti d’Europa, questi giovani tedeschi quasi si spezzano sotto il peso dei loro sensi di colpa. Sono talmente in preda ai sensi di colpa da non essere nemmeno in grado di sostenere alcuna battuta su questi temi, per quanto innocente. Nessuno di loro riesce ad afferrare l’idea di non essere assolutamente responsabile delle azioni reali o immaginarie dei propri nonni e bisnonni. Se a ciò si aggiunge che tra le giovani generazioni tedesche il wokeness, il terrore per il riscaldamento globale e la folle teoria del gender hanno attecchito più saldamente che altrove in Europa, è ovvio che per la Germania è finita. Inoltre, con un governo composto da incompetenti, imbecilli e traditori che eseguono fedelmente gli ordini di Washington DC, è evidente che la Germania sta rapidamente diventando l’antitesi del Paese che era un tempo. Anche i treni non sono più in orario! Dopo due guerre e circa un secolo di sabotaggi, gli anglosassoni sono finalmente riusciti ad avere la meglio sulla Germania. L’esortazione di Theodore W. Kaufman del 1941 è stata quasi portata a termine: La Germania deve morire! Hans Vogel
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