29 giugno 2007 
E’ notizia di oggi. Il Papa vuole ripristinare la messa in latino. O meglio: i fedeli saranno liberi di chiederla. Già sentiamo gli strali dei soliti modernisti, progressisti ed egalitaristi pelosi: ma questo vuole tornare al medioevo, ma siamo nel 2000, è contro il popolo… E invece io la trovo una buona cosa, e per motivi che nulla hanno a che fare con le mie convinzioni in materia religiosa o liturgica. Le ragioni sono ben altre: sono la difesa del pluralismo, delle identità, dello spirito comunitario. Che bisogna tutti parlare la stessa lingua, da tutte le parti e in tutte le circostanze, è uno dei portati – e dei dogmi - della modernità. E’ un’idea che in Europa nasce attorno al XV secolo, insieme alla formazione degli stati nazionali. In quel periodo pedagoghi, linguisti e intellettuali di nuova generazione pensarono che fosse giunto il momento di porre fine alla babele di lingue e vernacoli che pullulavano in ciascun regno ed insegnare ai sudditi a parlare tutti la stessa lingua. Prima della nascita dello stato nazionale, non esistendo lingue nazionali (preludio all’odierna lingua universale del mondo globalizzato…), ogni regione, ogni comunità, ogni villaggio, parlava una propria lingua. E avevano una propria lingua, un proprio modo di esprimersi, ciascun mestiere, ciascuna professione, ciascuna occasione di vita: c’era la lingua dei dotti, le lingua dei mercanti e la lingua, appunto, dei riti religiosi. La formazione degli stati nazionali moderni ha distrutto tutto ciò: al posto della pluralità, l’omologazione linguistica, che significa al tempo stesso omologazione culturale, omologazione dell’immaginario, dei sentimenti e delle visioni della vita. Quindi ben venga questo ritorno del latino: sarà per tutti i fedeli un arricchimento potersi esprimere in questa antica e nobile lingua. Del resto per i musulmani vale già lo stesso: ognuno parla la lingua del proprio paese; ma, quando ci si ritrova per le funzioni religiose, se ne parla un’altra, l’arabo. E’ un segno di riconoscimento, di identità. E poi, visto che, a quanto pare, saranno i fedeli a decidere se usare il latino o meno, mi sembra un bell’esempio di... democrazia diretta. Stefano Di Ludovico
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