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Tre rivoluzioni PDF Stampa E-mail

12 Giugno 2018

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Dalla fine della seconda guerra mondiale si sono verificate due grandi rivoluzioni, che hanno rappresentato altrettante svolte nella storia del mondo. Ora è in atto la terza. Tutte sono venute dagli USA e hanno come protagonisti Presidenti del partito repubblicano.

 

La prima ha una data precisa: ferragosto del ’71, quando Nixon annunciò la decisione di svincolare il dollaro dall’oro. Da quel momento si è imposta la monetarizzazione dell’economia e la finanza, con le sue speculazioni, è diventata la forza motrice globale. L’idea semplicistica che i problemi si possano risolvere stampando moneta, idea tanto attraente anche per molti “antagonisti” del sistema, trae incremento proprio dalla fine del vincolo che legava il valore delle monete alle riserve auree.

 

La seconda si è progressivamente imposta nel corso degli anni Ottanta, sotto la presidenza di Reagan ma per opera di due grandi strateghi come Kissinger e Brzezinsky. Fu la strategia che provocò l’implosione dell’URSS e del suo Impero. L’attacco fu condotto su vari piani: l’abbattimento del prezzo del petrolio e del gas, col contributo decisivo dell’Arabia Saudita; il riarmo ad alto contenuto tecnologico, che l’economia sovietica stentava a sostenere; le trame in Polonia, col contributo attivo del Vaticano di papa Woytila; la trappola afghana, con l’apporto logistico del Pakistan e finanziario dell’Arabia Saudita, mentre i mujahiddin e l’internazionale islamica venivano armati e addestrati dalla CIA; la massiccia campagna propagandistica contro la dittatura sovietica (per inciso, sono le stesse armi, mutatis mutandis, usate oggi contro la Russia di Putin, con minore presa perché oggi, a differenza di allora, la Russia è alleata della Cina, oggi ben più potente, e Putin gode presso il suo popolo di un prestigio che la gerontocrazia sovietica non aveva più). I risultati di questa seconda grande svolta, in concomitanza con la rivoluzione informatica, hanno cambiato profondamente il mondo. Fu il trionfo della globalizzazione, che ha favorito fra l’altro l’emergere della Cina come nuova grande potenza. La libera circolazione di capitali, merci e persone ha sconvolto gli equilibri internazionali, i flussi migratori hanno scatenato dinamiche difficilmente controllabili. La fine dell’URSS ha segnato la crisi del modello che prevede il controllo dei poteri pubblici sull’economia e sulla finanza. Con la globalizzazione si è affermato il contrario: i poteri pubblici sono al servizio dell’economia e della finanza. Le conseguenze sono pesanti per i lavoratori salariati, si consolidano e crescono divaricazioni sociali abissali fra i privilegiati e chi vede costantemente intaccato il proprio tenore di vita.

 

 

 

La terza grande rivoluzione si delinea in questi giorni, per opera di un altro Presidente repubblicano, Trump. I dazi che impone, anche ai tradizionali alleati, spingono il mondo verso la fine della globalizzazione e un nuovo protezionismo.

 

Le precedenti fasi protezionistiche nella storia moderna hanno visto le grandi potenze protese alla conquista di Imperi da cui trarre materie prime, manodopera a basso costo, mercati di sbocco per le proprie merci. Già si delinea qualcosa di analogo nella tendenza verso un nuovo protezionismo. Gli USA cercano di difendere il loro Impero basato principalmente sul dollaro e sulla forza delle armi; la Cina sta conquistandosi pacificamente un Impero in Africa; la Russia è di per sé un Impero, per estensione territoriale e quantità di materie prime; l’Europa dovrà necessariamente configurarsi come un Impero svincolato dalle soggezioni degli ultimi 70 anni, con un armamento autonomo e un’autarchia continentale, se vorrà sopravvivere.

 

Ecco che le discussioni di questi ultimi anni appaiono sfasate rispetto alle nuove realtà in atto. L’anacronismo è clamoroso in Italia. Qui da noi siamo ancora a fascismo e antifascismo. Tanto varrebbe dividerci sui guelfi e sui ghibellini…

 

 

 

Luciano Fuschini

 

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