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Collapsologia PDF Stampa E-mail

2 Novembre 2018

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Da Comedonchisciotte del 27-10-2018 (N.d.d.)

 

Siamo partiti male e lo sappiamo da gran tempo ormai. Poe, Tocqueville, Balzac, ci hanno messo in guardia nell’epoca romantica e poi alla metà del secolo dell’elettricità e del colonialismo Nietzche, Le Bon, o il temibile australiano Pearson. Il problema è che noi possiamo ancora essere a malpartito per lungo tempo! La collapsologia interessa dei grandi e controversi spiriti, qual è Oswald Spengler, da molto tempo prima dei più lucidi dei nostri “malcontemporanei” come dice Alain Finkielkraut (citiamo alla rinfusa i nostri amici Kunstler, Klein, Orlov), . Nel suo ultimo capitolo riguardante l’uomo e la tecnica, qui tradotto dall’inglese, il celebre autore del “Declino dell’Occidente” osserva il nostro lento declino (se il contenuto del libro è dimenticato, già decostruito a suo tempo da Thomas Mann, il titolo è rimasto magico). Egli inizia l’ultimo capitolo del suo saggio breve e molto brillante:

 

Ogni alta cultura è una tragedia. La storia dell’umanità nel suo insieme è tragica. Ma il sacrilegio e la catastrofe del “Faustiano” sono più grandi di tutte le altre, più grandi di tutto ciò che Eschilo e Shakespeare abbiano mai immaginato. La creatura si ribella contro il suo creatore.

 

Spengler evoca la potenza dell’Europa Nordica e la sua origine carbonifera: Il loro potere politico dipende dalla loro ricchezza e questa consiste nella loro potenza industriale. la quale però è legata all’esistenza del carbone. Le popolazioni germaniche, in particolare, sono protette perché il quasi monopolio delle miniere di carbone conosciute li ha condotti ad una moltiplicazione della loro popolazione senza eguali nella storia. Questo regno della quantità (Spengler è contemporaneo di Guénon) origina il mondo disuguale dell’economia ai tempi della globalizzazione che celebra tre secoli e non tre decenni di vita, leggete Voltaire: I Paesi industrialmente poveri sono poveri in tutto. e, dunque non possono mantenere un esercito o fare la guerra; sono dunque politicamente impotenti; e, di conseguenza, i loro impiegati, che siano dirigenti o sottoposti, sono solo pedine nella politica economica dei loro avversari.

 

Spengler sottolinea la grande alterazione fisica e anche climatica del mondo cosiddetto moderno: L’ immagine della terra, con le sue piante, i suoi animali e i suoi uomini, è cambiata. In alcuni decenni la maggior parte delle grandi foreste sono sparite per essere trasformate in giornali di attualità e questo ha provocato i cambiamenti climatici che minacciano l’economia fondiaria di interi popoli. Innumerevoli specie animali si sono estinte o quasi estinte, come il bisonte. Intere etnie umane hanno quasi raggiunto il punto di scomparsa come gli indiani dell’America del Nord e gli (indigeni) Australiani.

 

Il Golem di Praga o la macchina di Bernanos sostituiscono il vecchio mondo: Tutte le cose organiche muoiono sotto la morsa dell’organizzazione. Un mondo artificiale permea e avvelena la natura. La civiltà stessa è diventata una macchina che fa, o cerca di fare, tutto in modo meccanico. Ormai noi pensiamo solo più in termini di cavalli vapore; non possiamo guardare una cascata senza trasformarla mentalmente in energia elettrica. Non possiamo vagare per una campagna piena di bestiame al pascolo senza pensare al suo uso come fonte di approvvigionamento di carne; non possiamo guardare la bella vecchia manualità di un popolo primitivo intatto senza cercare di sostituirlo con un processo tecnico moderno. Poi Spengler annuncia il grande malcontento degli anni ‘60, ‘70, l’espandersi dell’ecologia, delle spiritualità in confezione sottovuoto (Debord) e lo scetticismo del progresso. […]

 

Spengler Individua bene il ritorno all’orientalismo: L’occultismo e lo spiritualismo, le filosofie indiane, la curiosità metafisica con sfumature cristiane o pagane, che erano disprezzate all’epoca di Darwin, stanno ricomparendo. È lo spirito di Roma dell’epoca di Augusto. Per la sazietà gli uomini si rifugiano nelle zone più primitive della terra, nel vagabondaggio, nel suicidio. Ogni grande imprenditore ha occasione di constatare la diminuzione delle qualità intellettuali dei suoi dipendenti. […] È la rivolta della manualità: Egli comincia sotto molte forme – dal sabotaggio al suicidio e passa per lo sciopero – e prende in esame l’ammutinamento della Mano d’Opera contro il suo destino, contro la macchina, contro la vita organizzata, contro tutto e qualunque cosa. Spengler vede anche che la nostra batosta sarà lunga e non avrà un finale felice o dignitoso. La fine della storia è la casa di riposo: A fronte di questo destino non esiste una sola visione del mondo degna di noi, quella che è già stata citata come la scelta di Achille – è meglio una vita corta, segnata da imprese e gloria, piuttosto di una lunga vita vuota. Per ogni individuo, ogni classe, ogni popolazione è già grande il pericolo di adottare una qualunque illusione deplorevole. Il tempo non si lascia fermare; non è una questione né di prudente pensionamento né di saggia rinuncia. Solo i sognatori credono che esista un’uscita. Spengler vede anche il problema razziale profilarsi all’orizzonte. Il sotto-uomo bianco non avrà il coraggio di resistere (e siamo ben messi con May, Merkel e Macron che dimostrano che ognuno ha i capi che si merita) e si farà sostituire: Il terzo ed il più grave sintomo del disastro che sta cominciando è quello che io attualmente potrei chiamare il tradimento della tecnica.

 

L’umanesimo o l’umanitarismo bianco fa già scuola (dietro la sua potenza industriale e militare sia Nietzche sia Goethe vedevano il nostro indebolimento): Invece di custodire con attenzione le conoscenze tecniche che costituivano la loro più grande risorsa, le popolazioni bianche la offrono con compiacenza a tutto il mondo, in qualunque università, verbalmente o in forma scritta, e sono estasiati per la stupita riverenza degli indiani e dei giapponesi. Ovviamente tutto questo avviene con la Globalizzazione e il Commercio:

 

La famigerata “diffusione dell’Industria” ha preso piede, motivata dall’idea di realizzare maggiori profitti mettendo sul mercato la produzione. Così, invece di esportare esclusivamente dei prodotti finiti, si è incominciato ad esportare dei segreti, dei processi, dei metodi, degli ingegneri e degli organizzatori. Emigrano anche gli inventori, perché il socialismo che potrebbe, se volesse, utilizzarli al suo interno, invece li espelle. E così negli ultimi tempi gli “indigeni” si sono impadroniti dei nostri segreti, li hanno capiti e li hanno utilizzati appieno. Risultato, la battaglia di Tsushima del 1905: In 30 anni I giapponesi sono diventati dei tecnici di prima qualità e nella loro guerra contro la Russia, hanno messo in mostra una superiorità tecnica a partire dalla quale i loro professori hanno potuto ricavare numerose lezioni. È la vendetta delle “razze di colore”. All’epoca di Spengler scrivono i pensatori pessimisti americani Madison Grant e Lothrop Stoddard (che sono stati parodiati ne “Il grande Gatsby”). Il mondo sfruttato comincia a vendicarsi dei suoi padroni. Le innumerevoli mani delle razze di colore – che sono come minimo altrettanto intelligenti e molto meno esigenti -manderanno in pezzi l’organizzazione economica dei bianchi fin dalle fondamenta. Il lusso abituale dell’operaio bianco, messo a confronto con i coolies, sarà il suo futuro. Il lavoro del bianco diventa esso stesso sgradito. L’enorme massa di persone concentrate nei bacini minerari del Nord, i grandi lavori industriali, i capitali investiti in queste regioni, città e quartieri interi, fronteggiano la probabilità di soccombere nella competizione. Detroit, Cleveland, Lorena: Spengler vede lì la fine della nostra civiltà “faustiana”. Nello stesso periodo (circa il 1931) André Siegfried commenta il declino della civiltà industriale della Gran Bretagna:

 

Questa tecnologia legata alla macchina terminerà con la civiltà faustiana e un giorno resterà in pezzi nell’oblio: le nostre Ferrovie e le nostre navi a vapore saranno morte come le strade romane e la Grande Muraglia cinese, le nostre enormi città e i nostri grattacieli in rovina saranno come l’antica Memphis e Babilonia. La storia di questa tecnica va verso la sua inevitabile fine. Sarà erosa dall’interno, come le grandi espressioni di qualunque cultura. Quando e in che modo, non lo sappiamo. Spengler ignora la civiltà post-industriale e soprattutto la civiltà del debito immondo – che aumenta continuamente (New Deal, guerre, spese per burro e cannoni …). Il catastrofismo nei fatti ignora la vera dimensione della nostra catastrofe, che è di resistere. Più la nostra società tocca il fondo, e più scava! Termina brillantemente con quello stile snob e svanito che Thomas Mann gli rinfacciava:

 

L’ottimismo è codardia. Samo nati in quest’epoca e dobbiamo coraggiosamente seguire la strada che ci porta al finale previsto. Non c’è altro mezzo. Il nostro dovere è di tenere la posizione persa, senza speranza, senza aiuto, come quel soldato romano le cui ossa sono state ritrovate davanti a una porta a Pompei, e che durante l’eruzione del Vesuvio è morto nella sua postazione, non essendogli stato dato nessun cambio. Questa è la grandezza. È questo che significa essere un purosangue. Una fine onorevole è l’unica cosa che non può essere sottratta a un uomo.

 

Nondimeno ci chiediamo quale fine onorevole ci attenda.

 

Nicolas Bonnal (Traduzione di GIAKKI49)

 

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