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Agnelli, un volgare capitalista PDF Stampa E-mail

28 gennaio 2008

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A Roma è stata organizzata una mostra fotografica su Giovanni Agnelli, “l’Avvocato”. I profili tracciati dai vari commentatori ed i titoli dei servizi televisivi e della carta stampata, mi hanno fatto pensare ad uno scherzo: “Il secolo dell’Avvocato”, “La vita di Sua Maestà Giovanni Agnelli”. Le citazioni illustri si sono sprecate. Fellini avrebbe dichiarato: “Mettetelo a cavallo e vi sembrerà un re”.
Il leccaculismo di fondo che anima i commentatori odierni è figlio di quello cinquantenario che ha costruito il personaggio “Avvocato Agnelli”, ed è ancora oggi al servizio della ormai quasi estinta famiglia, visto che i destini appaiono incarnati ormai dagli Elkann, piuttosto che dall’unico Agnelli, figlio di Umberto. Chi sia stato realmente Giovanni Agnelli è facile dirlo, ma prima ancora varrà la pena ricordare l’origine della famiglia.
Giovanni Agnelli, nonno dell’Avvocato, era figlio di un piccolo proprietario agricolo. Ufficiale dell’esercito, nel 1895 lasciò l’esercito e si dedicò al commercio di legnami. Successivamente, frequentando Torino, conobbe alcuni soci della già esistente FIAT. Riuscì a farsi nominare segretario, e con il tempo e con manovre finanziarie delle quali si occupò anche la magistratura, riuscì a diventare uno dei maggiori soci. La morte del padre dell’Avvocato, Edoardo, avvenuta nel 1935, designò quale erede il giovane Giovanni. Dapprima la protezione che il Fascismo imponeva verso i prodotti nazionali e dopo la guerra il boom economico e le nuove protezioni repubblicane, permisero alla FIAT di crescere e diventare la prima azienda del Paese. Artefice degli equilibri politici ed economici di quel lungo periodo, fu Vittorio Valletta, Direttore Generale e poi Presidente della Fiat dal 1920 al 1966, anno nel quale gli subentra Giovanni Agnelli. Per i successivi trent’anni la principale attività della Fiat sarà quella di ricevere contributi statali a fondo perduto per migliaia di miliardi, sempre dispersi in bilanci passivi, mentre l’attività lobbistica dell’Avvocato, diventato referente italiano di potenti elite finanziarie e massoniche d’oltreoceano (ricordate Kissinger in tribuna a vedere la Juve?), affonda le mani in tutta l’industria automobilistica nazionale, con la complicità di una classe politica succube delle volontà di poteri ben più forti  di quelli “democratici”. L’arte antica di leccare il culo trova sempre nuovi epigoni, e nell’italietta cialtrona cresce il mito dell’”Avvocato”. Quello che Fellini definiva un re, in realtà è stato un medio borghese con il nonno contadino, furbo ed approfittatore, distintosi per i bilanci fallimentari della superprotetta FIAT, che in Italia dal 1966 al 1996  ha certamente sprecato più risorse di quante non ne abbia create. Non si ricordano particolari qualità di quest’uomo, se non il vezzo di parlare con il tono di voce impostato, tipico dei parvenue, “i pezzenti sagliuti”. Altre imprese argonautiche, l’orologio sul polsino ed il tuffo dalla barca col pisello in vista. Giudicate voi. Era un uomo generoso? Aveva grandi ideali? Non pervenuto. E quindi perché dovremmo considerarlo un “aristocratico” ed addirittura dedicargli un secolo. I migliori erano considerati, nell’antica Grecia degli ideali olimpici, coloro i quali si distinguevano secondo un metro di valutazione spirituale e virile che non trova riscontri nella figura di Giovanni Agnelli.
Il capitalista snob, con un soprannome, altra caratteristica volgarmente borghese, l”Avvocato”, fu un lobbista sagace e certamente con delle qualità, che però non possono essere ascritte alla categoria dei valori assoluti e profondi, che fanno di un uomo un nobile, un aristocratico. I nuovi valori imposti dalle conosciute centrali di diffusione culturale, ci propongono i nuovi padroni del mondo, i banchieri, i finanzieri ed i loro servi noti al pubblico, quali figure di riferimento, con dei tentativi di mitizzazione che se non fossero tragici sarebbero comici. Ciampi, Agnelli, Draghi, Cuccia, gli intoccabili dell’italietta passata e presente, per noi saranno sempre usurai, pescicani e servi.

Marco Francesco De Marco

Commenti
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vittoriodigiacinto@gmail.com
Di Giacinto (Registered) 28-01-2008 16:43

Quoto questo articolo, pur non nutrendo poi tutta sta simpatia per De Marco, spero reciproca, aggiungerei che oltre al leccaculismo si tratta anche di sudditanza.
shuimacro@virgilio.it
marrocchesi (Registered) 28-01-2008 19:43

io lo ricordo l'uomo del secolo, al volante di una 125 con 4 scimmioni al seguito, ai 100kmh in un parco torinese che quasi mi arrotava, e la strada era solo pedonale tranne che per lui....la casta viene di lontano.
collapse (Registered) 29-01-2008 06:26

grande articolo
Andrea Marcon (Registered) 29-01-2008 14:06

Questo articolo non merita commenti, ma solo un applauso.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 29-01-2008 21:39

Bello, bello.
fabiolucidobalestrieri@hotmail
FabioSbrocchio (Registered) 31-01-2008 01:10

Grande articolo.. e grande De Marco.
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