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La balla della controcultura PDF Stampa E-mail

3 febbraio 2008

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Oggi sembra del tutto naturale l’esistenza dei “giovani” come parte a sé della società, con una propria moda, costume, gergo, cultura e stile di vita. Basterebbe fermarsi un attimo a riflettere per capire come questa non sia una tendenza sempre esistita, ma un fenomeno nato negli anni’50 del secolo scorso.
Prima di allora, non esistevano una musica dei giovani e una dei vecchi, una moda  giovane e una adulta (se non nelle convenzioni sociali e simboliche, ad esempio i pantaloncini che si imponevano di usare ai bambini), un gergo  dei giovani e uno degli adulti, e tanto meno una cultura degli uni e una degli altri.
Questo fenomeno, che si preparò per tutto l’800 con l’avvento della modernità, esplode negli Stati Uniti intorno agli anni ’50 - non a caso dopo la Seconda Guerra Mondiale - con la nascita del rock'n'roll, dei primi miti giovanili come Marlon Brando e James Dean, con la comparsa dei blue jeans e dei giubbotti in pelle.
Cosa era successo? Semplice: per espandersi, il mercato aveva dovuto inventare una nuova categoria di consumatori provetti, facili alla persuasione pubblicitaria. Cosa poteva esserci di meglio che sfruttare il ribellismo tipicamente adolescenziale, nonchè le frustrazioni post belliche (frustrazioni in parte dovute alla mancanza di guerre: vedi Massimo Fini, Elogio della Guerra)?
L’esca non mancò di fare abboccare le prede. Alla fine degli anni’60 la gioventù sembrò accorgersi della truffa e credette di poter utilizzare a suo vantaggio, se non dell’umanità intera, la "cultura giovanile": e venne il ’68. In realtà ben poco di buono né venne fuori, anzi si potrebbe parlare di eterogenesi dei fini: fu catastrofe per la cultura con C maiuscola.
Innanzitutto fu sopravvalutata la musica come strumento di liberazione, quando nei fatti i dischi degli hippy erano per lo più prodotti da multinazionali che facevano il soldo sulle contestazioni (vedi Pink Floyd). La cultura prodotta fu nei fatti scadente: un esempio su tutti le vulgate filo-marxiste del periodo o gli esotismi da quattro soldi che si fermavano alla parte più esteriore delle culture orientali, di fatto usate a pretesto o mal comprese. Altra geniale “conquista” fu l’amore libero, che incentivò la disgregazione della famiglia e lo scadimento dei sentimenti in virtù di un’idolatria del corpo e delle sue presunte libertà (arbitrio e tirannia dell’Ego più basso, si veda Woodstock o le comunità hippy alla Huxley), o per citare lo scrittore Houellebecq: “il liberalismo sessuale è l’estensione del dominio della lotta a tutte le età della vita e a tutte le classi sociali”.
Per carità, non che in questi movimenti giovanili non ci fosse del buono, ma a conti fatti oggi a cosa è servito tutto ciò se non a produrre con la scusa della ribellione una valanga d’ignoranza spacciata per controcultura e una nuova intolleranza e ostilità a tutto ciò che è tradizione?
La mancata visita del Papa alla Sapienza ne è esempio della cronaca di questi ultimi giorni. Venne poi, alla fine degli anni ’70, la nascita del punk (sorvoliamo sul femminismo moderno, a nostro giudizio una delle pagine più tristi degli ultimi tempi). Se inizialmente il punk fu anche un movimento genuinamente antisistema (molta musica punk fu realmente autoprodotta e non inventata dall’industria discografica), esso ben presto si arenò non riuscendo a produrre nulla di veramente alternativo e cadendo anch’esso nelle mani dell’industria discografica e della moda eterodiretta.
Fenomeni più recenti come le contestazioni legate a musiche nere come l’Hip hop, di antisistema hanno veramente ben poco: basta accendere la tv e vedere Mtv per capire come in realtà siano tutt’uno con ciò che all’inizio volevano criticare…
Ora, non vogliamo certo mostrare simpatie con chi parallelamente a questi eventi intendeva contrastarli in modo nostalgico riferendosì in modo sterile alle “tradizioni” più disparate o a un recupero del tutto acritico del fascismo, vedasi Ordine Nuovo e compagni di merende, che oltre a qualche disordine e morto (come del resto hanno fatto anche le frange di sinistra) non hanno prodotto. Che oggi poi il periodo della giovinezza si sia allungato a dismisura travolgendo anche i fatti biologici, rientra nelle logiche del mercato. Poiché i giovani erano i migliori consumatori, quale strategia poteva essere migliore per incrementare i consumi, che convincere anche chi giovane non è più di esserlo ancora per stimolarlo a comportarsi da giovane e indurlo a consumare come essi? A conti fatti tutta questa smania della giovinezza, tutto questo fervore e riconoscimento della cosiddetta cultura o contro cultura giovanile, ad altro non serve che a perpetuare questo scellerato sistema.

Alberto Cossu - Nicola Granella


Riflessione interessante. E stimolante. Infatti diciamo la nostra, e invitiamo anche i nostri collaboratori e lettori a farlo.
Condivisibilissima l'analisi di fondo: le subculture giovanili sono tutte, indistintamente, un prodotto artefatto o, nel migliore dei casi, strumentalizzazioni del sistema produttivo e consumistico. Su questo non possono esserci dubbi: il mercato si appropria di tutto perchè trasforma tutto in merce da vendere e comprare. Tutto, oggi, è business. Anche se lo si nega o lo si combatte, il meccanismo "spendi e godi" è ovunque.
Giusta anche l'accenno alle genesi storica. I giovani sono una categoria creata a tavolino per un tempo ripiegato sulla vita automatizzata tipica dell'Occidente, quello successivo alle guerre e alla cultura esclusivamente "alta" (ma qui bisognerebbe citare anche il lavoro di demolizione compiuto, giudizi estetici a parte, dalle avanguardie e in generale dal clima nichilistico della cultura otto-novencentesca).
Non saremmo però così drastici nel bocciare senza appello perlomeno la buona fede delle ribellioni giovanili della seconda metà del secolo passato. O, diciamo meglio: riconosciamogli, a questo continuo turbinìo di movimenti esistenziali, culturali, musicali ed estetici, l'attenuante del loro significato profondo. Che, secondo noi, è questo: il malessere genuino di chi non trova più sbocchi socialmente ammessi e culturalmente ritualizzati alla naturale ansia di cambiamento insita negli ormoni dell'età. Perciò, se oggi ci troviamo di fronte a un dark, a un punk, a un metallaro, a un rocker o a qualsiasi altro fan di uno stile "alternativo", non ci sentiamo di condannarlo. Claudio Risè, uno psicanalista junghiano fautore del recupero del "selvatico" (e del "padre", inteso nella sua accezione più larga, quindi anche collettiva, come autorità giusta e severa), sostiene che quei ragazzi che rivestono la propria identità pubblica dell'armamentario simbolico di certe subculture, cercano in realtà l'Ombra, ovvero la parte istintiva, caotica, sensuale, dionisiaca - qui non siamo d'accordo con l'anatema sull'idolatria del corpo, ma è un discoso che merita una trattazione a parte - che il nostro edonismo da spot pubblicitario ha represso spacciandosi da "liberazione" dei costumi. A maggior gloria (e profitto) di aziende e multinazionali del divertimento. C'è sicuramente del buono, quindi, in quelle ingenue contestazioni. Sempre meglio del nulla di oggi. Almeno qualcosa si muoveva. Oggi l'encefalogramma è drammaticamente piatto. E la vera tragedia sta proprio in quella patologica e perversa continuazione dell'adolescenza fino ai trent'anni e oltre: una micidiale miscela di comodità, passività, mammismo, regressione, casa&lavoro che sta sfibrando la vitalità di una generazione.
Il fascismo non capiamo francamente cosa c'entri con il ragionamento, però. Così come non capiamo tutto questo agitarsi sui giornali per la commemorazione del '68. Basta, con questi stanchi riti dei decennali, dei ventennali e dei quarantennali! Del '68 MZ non si occuperà. Una rivolta fatta apposta da certi giovanotti che aspiravano a diventare classe dirigente: tutto qui. Le trasformazioni negli stili di vita si affermarono già prima, con l'industrializzazione di massa degli anni Cinquanta e con il consumismo generalizzato dei Sessanta. Meglio il punk, sicuramente. (a.m.)

Commenti
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max (Registered) 03-02-2008 21:21

La trasgressione è ben lungi dall'essere contro il sistema, invece ne è parte (soprattutto oggi), perchè tutta la modernità è stata un continuo trasgredire.
Solo chi si astiene dal frequentare la massa (trasgressione compresa) e assume comportamenti individuali dettati dalla propria testa, oggi è veramente contro il sistema.
Max Viviani
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 03-02-2008 22:40

Come co-autore dell'articolo voglio dire ad Alessio e a tutti che non abbiamo trattato il tema delle avanguardie e quello del nichilismo europeo appunto perchè in essi c'è della vera cultura, non è assolutamente giovanilismo! Poi non ho capito bene cosa intendi dire con "Il fascismo non capiamo francamente cosa c'entri con il ragionamento, però."
Riguardo al punk, condivido in parte quello che tu dici, ma come ex adolescente innamorato di quella "filosofia" (chi era al convegno di Bologna avrà notato le riminiscenze) oggi non posso comunque che riconoscerne i limiti, l'adolescenzialità e le collussioni col sistema: la vera ribellione e la vera cultura devono necessariamente passare per altre vie. Poi segnalo a tutti a proposito del'68 l'intervista per il quarantennale a Massimo Fini apparso su Il Giornale. Come sempre il Nostro demistifica e dice la verità su quel periodo nefasto e sulla gioventù.
Magmau64 (Registered) 04-02-2008 10:16

Dico la mia...
Non offendetevi , ma l'articolo lo trovo incredibilmente scontato.
Non c'è bisogno di scomodare Fini per affermare che la controcultura è stata,è e sarà prodotto di consumo, almeno buona parte di essa.
68, idolatria del corpo, digregazione della famiglia ,Huxley , accidenti che minestrone.
Ovviamente non poteva mancare il solito pianto sulla censura al povero Ratzinger.
Ma che diavolo c'entra Ratzinger con la deriva sessantottesca?
Queste cose lasciatele dire ai mentecatti come Giovanardi, Casini o Buttiglione, da voi mi aspetto di piu'!!
Guardate, ho ascoltato quall'imbecille di Adornato, non per nulla marxista fino all'altro ieri tracciare un paragone in questi termini..
Ma per favore!!!
Che c'è di cosi' incredibilmente illuminante nell'affermare che dalla presunta controcultura è nato un mercato remunerativo, che c'è di cosi' originale nell'affermare che i video di MTV , l'hip hop o l'alternative rock sono un becero prodotto di consumo?
Queste cose si dicevano già piu' di trent'anni fa, questa dissociazione è stata motivo di autodistruzione per molti artisti che non riuscivano ad accettare questo corto circuito, la propria presunta arte e lo spietato mercato.
Avete dimenticato, pero' di parlare della droga.
Su questo potevate intervenire.
Le droghe, che paradossalmente sono nate come sostanze attraverso cui avrebbe dovuto passare la ribellione al sistema, sono state, sono e saranno il bene di consumo piu' potente e puro.
Danno assuefazione, determinano soglie di tolleranza sempre piu' alte, fidelizzano il "consumatore" come nessun altro bene..
Ecco, perchè non fare una bella riflessione sul tema delle sostanze stupefacenti,il bene "rifugio", buono per utte le stagioni, il "gioiellino" del sistema capitalistico?

fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 04-02-2008 10:35

E' vero, in una riflessione su '68 e dintorni non si può eludere il tema della droga.E' un grande affare per il potere, in un triplice senso: con le migliaia di miliardi del suo traffico clandestino alimenta Borse e Mercati; sotto forma di psicofarmaco dà un'illusione di benessere a milioni di allucinati che altrimenti sarebbero spinti alla disperazione, riconducendoli all'ovile del loro obbligo di essere bravi consumatori e fidati elettori; infine neutralizza tanti giovani inquieti e tormentati, quindi potenzialmente ribelli, allontanandoli dalle barricate e riducendoli a larve querule e rincoglionite. Però c'è sempre il rovescio della medaglia: la diffusione delle droghe contribuisce alla disgregazione del tessuto sociale e quindi alla crisi del sistema. Bisogna avere fiducia: la modernità capitalista ha scatenato dinamiche non più controllabili, troppe sono le variabili perché tutti gli effetti possano essere previsti
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 04-02-2008 11:02

L'articolo è nato come messa su carta di una discussione nel nostro circolo. Visto che abbiamo spesso a che fare nelle azioni di "proselitismo" anche con persone giovani che sono fino al collo nella "contro-cultura" abbiamo riflettuto un pò sulla cosa. L'effetto minestrone è vero che si fa sentire nel pezzo, ma motivando ogni affermazione o riferimento ne sarebbe uscito un saggio... Riconosco la ragione di molte delle critiche, l' unica cosa che mi rammarica è il continuo anticlericalismo. Riguardo alle droghe io non ho ancora maturato una posizione precisa, se infatti è vero che alimentino il sistema, dall'altra non si può negare il ruolo tradizionale di molte di esse, nè l'idea evoliana che certe droghe su certe persone provochino degli stati positivi.
Magmau64 (Registered) 04-02-2008 11:59

Sì,capisco il senso "pedagogico" del post.
Io purtroppo ho superato i 40, ne ho viste di cotte e di crude e ,per forza di cose, sono piuttosto disincantato.
Conosco la contro-cultura, i suoi limiti e le sue eccellenze (ce ne sono state, anche se molte si sono sciolte ocme neve al sole).
Mi dispiace che mi venga attribuito un accento anticlericalista.
A dispetto delle apparenze non ho alcun conto in sospeso con il Vaticano e comunque rifuggo ogni fondamentalismo , compreso quello anti-clericale .
Semplicemente non mi piace veder mischiare questioni che, secondo me, hanno poco a che fare le une con le altre.
Sulla droga, beh, sull'uso "illuminato" che alcuni ne abbiano potuto fare, mi viene in mente Burroughs, non ho dubbi.
Ma stiamo parlando di una ristrettissima cerchia di persone.
La droga è la glorificazione del capitalismo, la sua essenza piu' profonda.
La droga non destabilizza il sistema in senso costruttivo, catartico, ma perpetua la destabilizzazione del pensiero cristallino e del senso critico.
Sul 68:
non mi interessano le celebrazioni del 68 ma neanche le demonizzazioni, trovo che siano grottesche entrambe.
Il 68 ha prodotto cambiamenti significativi e ha partorito mostri, come ogni altro evento storico.

Del resto il fatto che abbia generato individui come Ferrara, Bondi, Cacciari, D'Alema, Adornato, Mughini basterebbe a non assolverlo, decisamente...
Magmau64 (Registered) 04-02-2008 12:18

Sì,
la droga come bene sistemico per antonomasia.
Che poi non si capisce come mai uno spacciatore di eroina o di cocaina debba essere piu' moralmente riprovevole di un venditore di fondi derivati o di un consulente finanziario..
Come è paradossale vedere gli USA , il cui sistema di marketing ha creato il bene "droga " di massa arrogarsi il diritto di distruggere campi coltivati a coca ,nel sud america, dopo aver piegato la metodologia della coltivazione e il senso del prodotto finale ai suoi interessi e al suo bacino di consumatori...
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 04-02-2008 12:55

Poi io distinguerei droghe come l'haschisch, foglie di coca, oppio da altre come anfetamine, cocaina, eroina. Le ultime essendo sostanze di sintesi o concentrati artficiali sono assai diverse sia per effetti che dipendenza e tolleranza. Vi stupirete sicuramente che sia proprio io a porre tali distinguo...
Ettore (IP:200.75.81.146) 04-02-2008 22:10

senza contare che chi tirava molotov e protestava nel 68 sono le le stesse persone che adesso, alla tenera età di 60 anni e oltre, formano i comitati antirumore in città come bologna e non solo(ovviamente chi non fa già parte della classe dirigente) e rompono i coglioni ai giovani d'oggi che vogliono solo divertirsi, trovando sempre la scusa della gioventù d'oggi che è maleducata, quando allora alla gente di 60 anni neanche la facevano entrare in una riunione. ipocriti.
molto interessante sarebbe stato, come dice magmau, il tema della droga. comunque non c'è da preoccuparsi troppo per le coltivazioni di coca in colombia visto che negli ultimi 3 anni in molte regioni sono raddoppiate. le fumigazioni del plan colombia gli fanno il solletico ai narcotrafficanti e alla guerriglia.
in quanto ai distinguo, belew scusa le precisazioni, ma hai messo insieme l'haschish con le foglie di coca (che non sono una droga, ci vuole un quintale di foglie per tirare fuori un grammo di cocaina) e l'oppio che crea molta dipendenza.
sono parzialmente d'accordo con quello scritto nell'articolo, e questo è ovvio, ma una critica che NON faccio è quella dell'originalità. non vedo perché per forza, magmau, bisogna essere superoriginali quando si scrive.
saluti
Giuseppe Maneggio (IP:213.140.17.103) 05-02-2008 10:51

Mi sembra che si sia voluto creare un po' di minestrone. Perdonatemi se mi permetto di dissentire e forse lo farò non senza presa di posizione.
Credo che sia il mercato che abbia la capacità di fagocitare e rivomitare tutto a suo uso e consumo. Certe tendenze culturali e sociali nate tra la fine dei '60 e i '70 avevano e hanno avuto aspetti di creatività e utilità di indibbio valore umano. Non si può ridurre la musica nata in quel periodo come solo strumento delle major discografiche. Per fare un esempio non mi risulta che la creatività di "band" quali primi Genesis o Yes siano il frutto di freddi calcoli legati al marketing. Ce ne fosse ancora di musica così...
Io ho sempre intravisto in questi processi, da quello dell'estate di Frisco del '67 all'esplosione punk del '77, un processo di cretitività artistica che in nessun'altro decennio si è ripetuto. Vero è anche che le grandi case discografiche e tutto l'entourage ad esse correlato, abbiano in pochi anni traformato tutto in prodotto da vendere. E' stato così per i Jefferson Airplane (ascoltate Surrealistic Pillow e gli album successivi), ma anche per tutte le altre band progressive (gli Yes di Time and a Word erano ben diversi da quelli degli anni '80) e per il punk stesso (Never mind... dei Sex Pistols come bomba che ha spazzato e ridotto il rock a tre accordi tre, in contrapposizione all'eccessivo stile barocco che si era impadronito della musica rock). Anche nei primi anni '90 si intravide la mano longa del mercato comportarsi in identica materia. Chi non ricorda il grunge nato dalla protesta e angoscia di una città come Seattle. Eppure, anche in quel caso, tutto venne traformato in moda e in prodotti da esportare. Come sempre chi ci credette pagò con la vita: da Syd Barrett dei Pink Floyd a Layne Staley degli Alice in Chains.
...e scusate la mia lunga disquisizione musicale.
Saluti
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 06-02-2008 21:52

Non ho mai affermato che la musica "alternativa" dei fine '60 e '70 fosse frutto di un calcolo di mercato, ma che fu sfruttatta dall'industria discografica con l'avvallo più o meno consapevole degli artisti. Comunque l'articolo non voleva soffermarsi più di tanto sulla musica, cosa di cui poco mi interessa discutere, ma sull'insieme delle cosiddette "contro-culture" per questo paga il dazio di essere un pò troppo generalista... Il punto fondamentale riguardo la musica è che gli si è data troppa importanza come strumento per cambiare il mondo, quando nei fatti la musica popolare moderna è solo intrattenimento.
Giuseppe Maneggio (IP:213.140.17.103) 08-02-2008 16:13

In molti di quei casi citati la musica ha anticipato le scienze politiche e sociologiche. Come non darle importanza?
Vederla soltanto nell'ottica dell'intrattenimento è assai riduttivo e fuorviante, a meno che non ci si limiti a criticare il modello MTV o le tanto strombazzate classifiche di vendita. Ma chi apprezza la musica come espressione artistica sa che dietro la patina di melma pubblicizzata c'è ancora spazio per l'arte e la ricerca. Lo stesso dicasi per il cinema.
Comunque non volevo neanche io scendere in dettagli e aspetti più musicologici che sociali, ciò che conta è che le contro culture nate da un ristretto numero di artisti sono state sempre oggetto di espropriazione, marketing e successiva morte, come tutte le mode create dal mercato. Ripeto: non credo che nel primo album dei Pink Floyd (che ottenne un inaspettato successo) ci fosse l'intenzione da parte di alcuno di sfruttare il mercato o chissà cosa. Ben diverso il discorso se guardiamo alla discografia successiva e al baraccone da spettacolo portato in giro per il mondo durante i primi anni '90. Questa è la differenza tra l'aver creato un genere e una sub cultura (la psichedelia) e il fenomeno mangia soldi che i Floyd hanno rappresentato negli ultimi anni.
Saluti
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