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Decrescita ordinata PDF Stampa E-mail

28 Febbraio 2020

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Da Comedonchisciotte del 26-2-2020 (N.d.d.)

 

Ciò che sale prima o poi deve scendere. Tutto dipende da come scende. Da un pezzo sappiamo che il sistema industriale globale è insostenibile, per mille motivi che non stiamo a ripetere. Solo che chi ci ha investito, chi lo dirige e chi semplicemente ci lavora, non ha alcuna intenzione di smettere, anzi vuole crescere. Questa a lungo termine, è una ricetta sicura per la catastrofe, e infatti la catastrofe, irreversibile in tempi umani, c’è già: non c’è bisogno di fare profezie improbabili su cosa succederà nel 2050, è sufficiente guardare l’isola di plastica nell’Oceano Pacifico per capire che siamo già del gatto. Però una serie interminabile di accorgimenti permette di tenere in piedi sempre più artificialmente il tutto, e questo vuol dire che la caduta sarà repentina e brusca, una curva di Seneca. Non abbiamo la minima idea che forma quella caduta assumerà. Perché si tratta di una decrescita disordinata, in un sistema-mondo estremamente complesso, che si può spezzare in qualsiasi punto.“Quando il malvagio Tito entrò nel Santo dei Santi, strappò il velo e bestemmiò. Al suo ritorno, un moscerino gli entrò nel naso e iniziò a penetrargli il teschio. E quando morì, gli aprirono il cervello e trovarono che era diventato come un uccello che pesava due libbre”. (Qohèlet Rabbah)

 

Il moscerino che in questo momento si sta diffondendo ovviamente non sarà la fine del mondo come lo conosciamo, ma ci aiuta a capire alcune cose molto importanti.

 

Innanzitutto, che l’economia di scala, il just-in-time, le concentrazioni (i congolesi scavano il coltan, i cinesi fanno i telefonini, gli americani mettono in piedi le corporation e noi italiani facciamo la pizza) fa sicuramente risparmiare soldi se tutto fila in modo smart e tutti chiudono un occhio sull’esternalizzazione dei costi. Ma se qualcosa va fuori posto, si rivela un sistema suicida. La crescita sostenibile, però, è una truffa. Non è nemmeno la macchina del moto perpetuo, che almeno non fa finta di andare sempre più veloce. La decrescita felice, volontaria, va contro tutti e sette i vizi capitali (superbia, avarizia, lussuria, invidia, gola, ira e accidia), e quindi non è una soluzione proponibile su larga scala. Ma ciò che sta succedendo con il coronavirus ci dimostra che l’inevitabile decrescita può essere almeno ordinata.

 

In Cina in questi giorni, si stima che le emissioni di CO2 siano calate di 100 milioni di tonnellate, pari al 6% di tutte quelle del mondo in un anno. Cioè, i politici di tutto il mondo stanno a discutere su come rallentare la crescita delle emissioni, senza concludere niente; ed ecco che addirittura diminuiscono. Poi ovviamente riprenderanno col botto, ma intanto sappiamo che ridurre è davvero possibile. In un contesto certo difficile, ma comunque strutturato, senza le guerre civili e le carestie che di solito accompagnano passaggi di questo tipo. Passiamo all’industria automobilistica: ovunque vedi un disastro, c’è (anche) lei, dalla guerra in Iraq, alla cementificazione del suolo della Toscana che crea siccità e alluvioni, alle polveri sottili nell’aria. Ma ecco che anche qui abbiamo un’inattesa (e certo passeggera) decrescita ordinata, con un accorto intervento dall’alto che evita stragi. Stiamo sempre parlando di piccoli esempi virtuosi in un contesto assai cupo. Però fa piacere alzarsi la mattina e leggere: “Vuoti anche l’hub logistico di Ceva a Somaglia e la Mta, che fornisce fusibili, centraline e morsetti a molti grandi produttori automobilistici. La chiusura di quello stabilimento, ha avvertito oggi l’azienda, vuol dire guai seri non solo per il gruppo Fiat Chrysler ma anche per gli altri big europei: senza quei componenti dal 2 marzo potrebbero chiudere gli stabilimenti Renault, Bmw e Peugeot di mezza Europa e se la serrata continuerà ne risentiranno anche Jaguar Land Rover, Iveco, Cnh e Same. L’azienda teme “conseguenze irreparabili” e lunedì pomeriggio ha chiesto di poter far lavorare circa 60 persone “su un’ingente area coperta di 40.000 metri quadrati e previa verifica quotidiana dello stato di salute di ogni lavoratore”.”

 

 Miguel Martinez

 

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