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Pochi i veri oppositori PDF Stampa E-mail

21 Aprile 2021

 Da Rassegna di Arianna del 20-4-2021 (N.d.d.)

Politicanti e giornalisti fanno largo uso dei termini “maggioranza” e “opposizione” e non solo in campo politico. Vediamo se questi termini hanno davvero senso o sono parole che in realtà significano una distinzione oggi del tutto finta, un dualismo inutile che confluisce nel cosiddetto “pensiero unico”, la vera aspirazione del sistema.

Per fare un primo, piccolo esempio, ci portiamo a movimenti in apparenza rivoluzionari di 50 anni fa, che facevano parte del cosiddetto “Sessantotto”. C’era un forte movimento femminista, tuttora in corso. Fin da allora è rimasto il grave problema del rapporto in presenza genitori-figli: come fanno a lavorare entrambi i genitori se c’è bisogno di una valida assistenza ai figli? Decine di proposte, problema insolubile, non bastano le baby-sitter o gli asili, ci vuole ben altro sul piano emotivo e di formazione. C’è una soluzione semplicissima, basta guardare moltissime specie di uccelli, che fanno rigorosi turni fra maschio e femmina nella cova, sul nido e a procurare il cibo. Non c’è neppure bisogno di ricorrere al pinguino imperatore, dove un genitore attende il ritorno della compagna tenendo l’uovo nella sua “sacca di piumino” quando ci sono 40 gradi sottozero. Nessun movimento, neanche fra i più radicali, rivoluzionari o contestatori, ha proposto questa semplice, ovvia soluzione: andare a lavorare alternati, a turni, un giorno uno, il giorno dopo, l’altra. Così nessuno/a aveva tempo di sentire la frustrazione della casa, e del lavoro, c’era varietà, e i figli sentivano la presenza di entrambi i genitori in ugual modo. Ma no, nessuno l’ha mai neanche accennato. Neppure i cortei più incisivi e radicali hanno avuto qualche slogan con queste proposte, perché si sarebbero intaccati: il mondo delle aziende, il sistema economico, la crescita, la competizione, la produzione e tutte queste amenità considerate ovviamente indiscutibili, anche dai movimenti di apparente e autodichiarata opposizione al sistema. Cioè tutti volevano in realtà restare comunque nel sistema economico-industriale vigente.  Ma è soltanto un esempio. Alla faccia dell’opposizione!

Tutte le maggioranze e le opposizioni “ufficiali” o con un minimo di consistenza numerica, negli ultimi due secoli, si basavano sulle stesse premesse e perseguivano gli stessi scopi: distacco e totale signoria dell’uomo sulla Natura, crescita economica indefinita, idea fissa del progresso, felicità umana solo come conseguenza del possesso materiale, completa indifferenza per gli altri esseri senzienti, dominio sulla Terra, primato dell’economia, totale ignoranza degli stretti legami sistemici fra tutti gli elementi e i processi in atto sul Pianeta e quelli causati dalle attività umane. Cioè, maggioranze e opposizioni erano sostanzialmente uguali: neppure le due grandi rivoluzioni (francese e sovietica) e le due guerre mondiali hanno minimamente scalfito le premesse sopra accennate.

È arrivata la pandemia: gli industrialisti-sviluppisti, con gli alleati politicanti, stanno cercando in tutti i modi di continuare il modello attuale, anzi invocano “la ripresa”, la “ripartenza”, cioè una crescita più forte di prima. Le proibizioni anti-contagio riguardano solo gli incontri, la vita all’aperto, la convivialità, tutto ciò che è svago e divertimento, i convegni, le conferenze, le attività fisiche e sportive non-competitive, ma mai gli intoccabili idoli di questo mondo: non si è vietato ciò che è competizione, come le Olimpiadi, tutto il calcio, campionati e coppe varie, la gara a chi fa il prezzo più basso, e così via. Prima che comparisse il Covid, quei pochi dell’opposizione vera si trovavano solo in convegni e conferenze, ora non resta che una minima attività esclusivamente a distanza. Sono i seguaci del pensiero di Arne Naess (Ecologia Profonda), Konrad Lorenz (la Natura innanzitutto), John Zerzan (il male è la civiltà), Gregory Bateson (Ecologia della mente), o di molte idee di fondo dell’Oriente antico (Tiziano Terzani), o di chi pensa che l’intera specie umana sia una patologia maligna del Pianeta. Sono pochi, non scendono in nessuna piazza e non hanno alcun segno esteriore, né capelli lunghi, né tatuaggi, né abiti che fanno colpo. Vengono molto limitati dal sistema nella diffusione di idee, perché sono ignorati o perché “non si sa mai, magari qualcuno li segue”. Tutto il resto è pensiero unico, non si può ascoltare un solo notiziario senza sentire nominare il P.I.L., a proposito del quale vale la pena riportare ancora una volta le parole pronunciate nel 1968 all’Università del Kansas da un personaggio non particolarmente ambientalista, né profondo in conoscenze scientifico-filosofiche (Robert Kennedy):

“Quel PIL – se giudichiamo gli USA in base ad esso – comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, e i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”  Come noto, chi aveva pronunciato queste parole fu assassinato tre mesi dopo.

I Sessantottini non hanno mai cercato alcun contatto con l’altro movimento che nasceva in quegli anni, quello scientifico-filosofico molto più silenzioso ma più profondo, quello dell’Ecologia Profonda, dell’Ecopsicologia, del pensiero sistemico-olistico, dei limiti dello sviluppo, dell’empatia verso gli altri esseri senzienti, dell’ipotesi Gaia, della critica alla civiltà, della spiritualità nella Natura. Ancora oggi tutto ciò che intacca il processo del produrre-vendere-consumare viene etichettato come “utopia” e dimenticato o deriso. Unica speranza: tutte le novità vere sono iniziate da piccole minoranze. Ora proverò ad usare il linguaggio corrente, quello del sistema. Occorre una road map per uscire dalla civiltà industriale e abbandonare l’economia, tenendo come punto fermo il cambiamento del fondamento culturale: fine dell’antropocentrismo, consapevolezza della posizione della nostra specie in Natura, rivalutazione del lavoro fisico, fine della divisione fra lavoro e tempo libero e fra lavoro pagato e volontario, successiva abolizione del denaro sia cartaceo che virtuale. Fine totale di estrazione e sfruttamento dei combustibili fossili. Scomparsa della plastica. Per l’energia: diminuire molto i consumi, poi solo quella del Sole, come fa la Terra. Per gli spostamenti e i trasporti: ridurli al minimo, poi treno, bicicletta, gambe. Cominciare dalla scuola: inquadrare da subito le conoscenze nel pensiero sistemico, far intendere la possibilità di fine del modello culturale attuale, modificare profondamente le idee di progresso e di primitivo, studiare anche i fondamenti delle culture orientali e native, fare accettare in profondità la nostra posizione in Natura, quella di una specie animale anche facilmente classificabile. Una lontana possibilità di trasformazione graduale è nelle mani di una piccola minoranza dell’Occidente, che ha un’alleata forte e paziente ma con tempi molto lunghi: è la Terra, un’Entità molto più potente di tutti gli industrialisti-sviluppisti-civilizzatori che hanno invaso il mondo. I suoi tempi sono diversi dai nostri, ma sta già iniziando a difendersi dalla sua malattia, che è lo sviluppo economico o, per qualcuno, tutta la cosiddetta civiltà, che in fondo c’è solo da cinque-diecimila anni. Un terribile ostacolo è dato dagli otto miliardi di umani nel mondo: sono veramente troppi, e in continuo, inesorabile aumento.

Guido Dalla Casa

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