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Reportage dalla Colombia PDF Stampa E-mail

26 marzo 2008

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di Ettore Casadei

Il 4 febbraio 2008, al grido “No más secuestros!”, la Colombia è scesa in piazza per protestare contro i sequestri perpetrati dalle Farc, le Forze Armate Rivoluzionarie, guerriglia comunista nata negli Anni Sessanta in piena guerra fredda. L’iniziativa è stata lanciata, sembra, da uno studente su internet, al fine di ottenere la liberazione di Ingrid Betancurt e degli altri ostaggi in mano alla guerriglia (più di 700).
Il tam tam mediatico ha portato migliaia di persone nelle piazze di tutta la Colombia. Con alcune di esse ho potuto parlare (in quei giorni ero in Colombia), e mi hanno detto che non si era mai vista, per lo meno non negli ultimi decenni, una manifestazione di questa portata. “Siamo stanchi della guerriglia, non ne abbiamo più bisogno. Io ero in piazza a urlare perché sono stanco di guerra, sequestri e omicidi. E se ci sarà una manifestazione contro i paramilitari, scenderò in piazza anche contro di loro”, mi ha detto un manifestante. Nel solo 2007 sono stati registrati più di 17.000 omicidi, 500 sequestri e 184.000 persone sfollate per il conflitto armato interno (secondo le organizzazioni umanitarie ci sono più di 3 milioni di sfollati).
La Colombia è uno dei paesi più ricchi del mondo in quanto a risorse naturali, ha la più grande riserva idrica planetaria, possiede parte della foresta Amazzonica e parte dei quella del Chocó. Ha un’importanza strategica enorme, visto che si affaccia sui due oceani Pacifico e Atlantico ed è la porta d’ingresso al Sudamerica da Panama.
E’ una Repubblica presidenziale decentrata, con autonomia amministrativa delle entità territoriali, che non vede cadute di governo da tempo immemorabile. Esiste un apparato legale complesso e ben articolato, e la Costituzione del 1991 è considerata una delle migliori del mondo. A una ragazza italiana che, al mio ritorno, mi chiese se in Colombia fosse arrivata un po’ di democrazia risposi: “Anche troppa”.
Dietro a questo apparato democratico apparentemente funzionante si nasconde però la decadenza di un paese che, politicamente parlando, conosce solo violenza e corruzione da più di 50 anni. È l’unico paese al mondo, ad esempio, dove viene studiata la violentologia nelle università. Il narcotraffico, bandiera internazionale della Colombia sventolata energicamente da Pablo Escobar, uno dei più grandi narcotrafficanti della storia (ucciso nel 1993), è in costante aumento nonostante le fumigazioni del Plan Colombia. A titolo di esempio, nel solo dipartimento di Antioquia, la cui capitale è Medellín, si è passati da circa 3.000 a più 6.000 ettari coltivati a coca dal 2003 al 2006.
Il presidente attuale della Colombia, Alvaro Uribe Vélez, è al suo secondo mandato, e si è prefissato lo scopo di eliminare la guerriglia delle Farc: unico modo, dice, per riportare la pace e la prosperità alla Colombia. Durante il suo primo governo ha iniziato la smobilitazione delle forze di autodifesa, meglio conosciute come paramilitari (anch’esse inserite nella lista delle organizzazioni terroristiche internazionali). Oggi si può dire che la smobilitazione - che aveva lo scopo ufficiale del reinserimento sociale - sia stata un fallimento completo: le autodifese si stanno riorganizzando e stanno crescendo, hanno solo cambiato nome: ora si chiamano aguilas negras, aquile nere.

In questi giorni la Colombia è sulle pagine dei giornali di tutto il mondo a causa di una crisi internazionale scatenata dalla violazione della sovranità dell’Ecuador da parte dell’Esercito colombiano. Per scovare il portavoce internazionale delle Farc, Raúl Reyes, l’esercito colombiano ha sconfinato in territorio ecuadoriano ed eseguito operazioni militari. Sia Quito che Caracas hanno interrotto le relazioni diplomatiche con Bogotá e hanno schierato alcuni battaglioni dell’esercito ai confini con la Colombia. Fidel Castro ha parlato di “venti di guerra in Sudamerica”, e il resto del mondo si è interrogato su cosa stesse succedendo. La crisi si è risolta pochi giorni dopo, al vertice del Gruppo di Rio tenutosi a Santo Domingo il 7 marzo, con fredde strette di mano. Uribe è ormai l’unico presidente dell’area andino-tropicale ad essere filoamericano - anche questa una delle cause della crisi.
Ora, l’eliminazione della guerriglia farebbe comodo a tutti gli attori internazionali che vedono nella Colombia grandissime opportunità di sfruttamento di quelle risorse naturali adesso in gran parte inaccessibili a causa del controllo del territorio da parte delle Farc.
Europa e Stati Uniti, i soliti condor, stanno mettendo il naso negli affari colombiani da anni, per poter controllare meglio la situazione ed avere accesso ai mercati e alle risorse naturali: la prima politicamente, i secondi militarmente. Come sempre mettendo avanti la supervisione umanitaria, i diritti umani e la crescita economica.
Il panorama è, quindi, sconcertante: il narcotraffico la fa da padrone, la corruzione è all’ordine del giorno, i paramilitari si stanno riorganizzando, la guerriglia è indebolita ma affatto sconfitta e chi soffre le conseguenze più drammatiche è, al solito, la parte più debole della popolazione: contadini, indigeni e afrocolombiani.
Siamo sicuri che basti eliminare la guerriglia per riportare una pace che il popolo dopo 50 anni di guerra desidera ardentemente? Può essere un inizio? È difficile dare una risposta. E nessuno ha la ricetta per darla.
Forse la popolazione dovrebbe continuare a scendere in piazza e chiedere la smobilitazione efficace dei paramilitari, meno corruzione, meno violenza, meno narcotraffico (tutti argomenti di conversazione di un colombiano medio), non solo meno sequestri.
Una cosa certa c’è: non sarà l’Unione Europea, non saranno gli Stati Uniti a portare alla soluzione dei problemi, con la loro solita e ipocrita supervisione umanitaria e il loro allarmismo terroristico. Gli interessi delle grandi potenze sono puramente strategici ed economici.

Ettore Casadei

Commenti
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Barazz (Registered) 27-03-2008 20:57

Si è scoperto che le bombe usate per uccidere reyes sono state fornite dagli USA, ma guarda un po'....

Alessandro Marmiroli
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