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La resilienza draghiana PDF Stampa E-mail

27 Aprile 2021

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Si sono svelati i dettagli del "Piano Nazionale di Ricostruzione e Resilienza" che prenderà l'avvio con l'erogazione di complessivi 221 miliardi di euro (191 diretti e 30 per scostamento di bilancio) del "Recovery Plan". Una nota di Palazzo Chigi lo ha definito " un intervento epocale per riparare i danni economici e sociali del Covid", altri politici tra i quali spicca Renzi già nei mesi scorsi lo hanno spacciato per una "occasione storica unica, irripetibile".

Il Piano consta di 318 pagine, suddivise in sei "missioni" o aree, tra cui figurano ovviamente la sanità e l'inclusione sociale. Che il Piano sia ben scritto, ben strutturato, in obiettivo con le missioni e le aspettative dell' Unione Europea, non saremo di certo noi a metterlo in dubbio, anche perché i tecnici e i collaboratori di Draghi nei posti chiave economici e finanziari sono di caratura ben diversa da quelli dell'osceno governo giallo-fucsia, così come nessuno, conoscendo il blasone e il peso di un Draghi in ambito comunitario e internazionale, può avere dubbi sul fatto che Bruxelles darà semaforo verde e inizierà a sbloccare le prime tranche dei miliardi, non per altro se Draghi occupa la poltrona è solo per quel motivo e non per altri.

Naturalmente i pochi elementi positivi finiscono qui.

Abituati a non entusiasmarci troppo e a non farci prendere la mano dalla roboante retorica delle parole vuote e delle chiacchiere inconcludenti e sterili, sin troppo smagati e realisti di cose e di uomini, per noi queste 318 pagine inchiostro scritto è e inchiostro scritto su carta resterà, in una parola non solo non abbiamo entusiasmo ma neppure alcuna fiducia. Tutti i "Piani", per essere applicati in pieno, abbisognano non solo dei fondi e del denaro ma di una macchina complessa statale, burocratica e amministrativa statale con un dialogo continuo e un monitoraggio dal vertice alla base affinché i progetti, gli appalti, i sussidi, i fondi, le erogazioni non vadano perdute in mille rivoli e consorterie, in enti, province, associazioni, partiti, Regioni, Comuni, aree montane, marittime e quant'altro: siamo un Paese ormai strutturalmente corrotto sino alle midolla, con una classe dirigente tra le peggiori al mondo, senza contare quattro o cinque mafie tra nazionali e straniere (o forse di più). In un contesto simile potrebbero essere sbloccati pure diecimila o ventimila miliardi di euro e il risultato sarebbe il medesimo: fallimentare. In alcune parti del Belice e dell'Irpinia ancora si contano i danni di due sismi lontanissimi (1968 e 1980) tanto per fare un esempio e stiamo qui ad entusiasmarci per un "Piano" sin troppo simile ad altri eventi del passato: non è la prima volta che piovono fondi. Fondi che regolarmente spariscono o vanno persi, in mille rivoli. Da qui lo scetticismo.

Poi, si è detto, vi è la mancanza di entusiasmo. Vorrebbe spiegarci, il signor Draghi, che intende lui per "resilienza", per "ricostruzione"? Resilienza è un termine della tecnologia dei materiali, dicesi di un materiale capace d' assorbire degli urti senza rompersi. Questo il significato primario. Poi si è deciso d'usarlo in psicologia, per definire quell'individuo capace di superare un periodo difficile, adattandosi e cogliendone i lati positivi per un cambiamento e le opportunità. Quindi, nella "resilienza draghiana" noi dovremmo essere dei "materiali" in grado di assorbire urti senza spaccarci. E quali sarebbero, di grazia, questi urti? Forse quelli che i suoi compari di Bruxelles chiamano "l'epoca delle pandemie?" Non lo ha detto forse, il "Drago" che "non sappiamo quando finirà questa pandemia e quando inizierà la prossima?". E come mai, di grazia, allora solo le briciole, cioè 18 poverissimi miliardi su ben 221, andranno alla Sanità?  Forse un altro degli urti è il cambiamento climatico di origine antropica -per chi ci crede, ovvio. Io credo a un clima in costante cambiamento in ere od epoche cicliche e credo che la porcheria di inquinare, devastare l'agricoltura con la chimica, consumare il suolo eccessivamente con le costruzioni -tra cui figureranno tante belle altre opere infrastrutturali, ammesso che riusciranno a completarle- e rubare spazio all' agricoltura col fotovoltaico e i biocarburanti siano tutte cose che col "cambiamento climatico antropico" abbiano davvero ben poco a che vedere e chi pensa di avere la presunzione di "modificare il clima", impedendo che entro il 2050 le temperature si alzino o si abbassino di questo o quel grado, come se il clima fosse un climatizzatore e noi avessimo il telecomando, o è un idiota o è un illuso o è un bugiardo matricolato. Se "resilienza" è digitalizzazione di tutto e di tutti, cosa a cui tanto saremmo lo stesso arrivati a breve anche senza Covid, non mi pare proprio nulla di "epocale".

Nella "ricostruzione" vedo inoltre un accenno alla "inclusione sociale". Mi viene da ridere. Solo chi pensa a un "pass verde vaccinale" per spostarsi da una Regione colorata all' altra è uno che esclude e ricatta, non che include. È uno che fomenta la divisione interna e il malanimo, non uno che include. Il passaporto interno esisteva nell' Urss di Stalin e il coprifuoco nel Cile di Pinochet. Inclusione sarebbe come prima cosa andare verso le periferie e i giovani delle periferie, abbandonati ancor più gravemente negli ultimi 14 mesi, recuperarli, dargli un senso, un significato di vita e una idea di futuro, tutte cose che non si comprano coi miliardi ma con l'esempio e l'abnegazione, se no qua tra qualche anno le periferie saranno simili a quelle di Tegucigalpa o San Salvador o Managua, altro che "inclusione sociale". E siccome voglio, vogliamo usare il vostro linguaggio da ingegneri sociali, il nostro scopo sarà quello di "destrutturare la narrazione con una contronarrazione": la vostra narrazione, con la nostra contronarrazione.

Per questo e molto altro il "Piano" draghesco mi lascia, ci lascia, dovrebbe lasciarci del tutto indifferenti.

Simone Torresani

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