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Solo gli sconfitti commettono crimini contro l'umanità PDF Stampa E-mail

2 Marzo 2023

 Da Comedonchisciotte del 28-2-2023 (N.d.d.)

Il bombardamento di Roma da parte di 591 aerei militari statunitensi del 19 luglio 1943 fu un evento centrale che ebbe un impatto enorme sulla caduta del fascismo del 25 luglio 1943; ma nonostante la sua evidente importanza, la storiografia anche italiana continua a trattarlo come un evento minore. L’approfondimento della dimensione storica del bombardamento, oggetto di questo articolo, dimostra invece che fu un evento centrale, di enorme importanza, per il destino del nostro Paese e per gli esiti della Seconda Guerra Mondiale.

A partire dalla fine del 1942, in tutti gli incontri bilaterali con Hitler, Mussolini e Ciano avvisarono l’alleato tedesco della estrema difficoltà per l’Italia di continuare la guerra, richiedendo : a) l’avvio di trattative di pace con l’URSS o, in alternativa, il ritiro delle forze dell’Asse su una linea essenzialmente difensiva, sulla base dell’impossibilità militare della conquista della Russia; b) il trasferimento di ingenti forze militari dalla Russia all’ Africa, per impedire la presa da parte degli Alleati del Nord Africa francese, la sconfitta dell’ Afrika Corps e successivamente, l’attacco alleato alla stessa Italia. Come in occasione dell’invasione tedesca della Polonia, quando erano sicuri che avrebbe scatenato la Seconda Guerra Mondiale, Mussolini e Ciano avevano ragione: la Russia era militarmente imprendibile, gli Alleati sarebbero poi sbarcati nel Nord Africa francese e l’Afrika Corps sconfitta, con oltre 250.000 militari tedeschi e italiani presi prigionieri in Tunisia. Fino alla sconfitta dell’ Asse in Nord Africa con la caduta del Nord Africa francese (Operation Torch, 8-16 novembre 1942) e la presa della Tunisia del 13 maggio 1943, i bombardieri di USA e GB dovevano decollare dalle basi nel Regno Unito, ed erano quindi in grado di raggiungere solo il Nord Italia, in una rotta A/R lunga e pericolosa. Con la conquista del Nord Africa francese e della Tunisia, tutta l’Italia divenne raggiungibile dalla Northwest Africa Air Force, composta da diverse centinaia di aerei e bombardieri di USA e GB, schierati in diverse basi militari aeree in Tunisia e Algeria. Gli altri Paesi che avrebbero potuto offrire basi navali ed aeree per attacchi del genere erano infatti già stati occupati (Albania, Grecia e Jugoslavia) o erano alleati dell’Asse (Ungheria, Romania e Bulgaria). È solo con la perdita del controllo del Nord Africa francese, ossia di Algeria e Tunisia, che l’Italia si trovò completamente esposta. E così, il 10 luglio 1943, dalle basi alleate nord africane partì la Operation Husky, l’invasione della Sicilia da parte di 150.000 uomini, 3000 navi e 4000 aerei di USA, GB, Canada e Australia, che terminò con l’eroica evacuazione di circa 62.000 militari italiani e di circa 52.000 militari tedeschi dalla Sicilia del 17-18 agosto 1943, via Stretto di Messina: modello Dunkerque – ma non lo sa quasi nessuno. Contrariamente a quanto raccontato dalla storiografia dei vincitori, la resistenza tedesca e italiana all’invasione fu feroce, e durante i combattimenti si verificarono diversi abusi (esecuzioni di militari arresi o prigionieri) da parte delle truppe statunitensi.

Ma già prima dell’invasione della Sicilia, e cioè all’indomani della Operation Torch e della caduta del Nord Africa francese, con un telegramma del 18 novembre 1942 diretto al Presidente statunitense Roosevelt, il Primo Ministro britannico Churchill aveva segnalato che “tutti i centri industriali italiani dovrebbero essere attaccati in maniera intensiva, ogni sforzo dovrebbe essere fatto per renderli inabitabili e per terrorizzare e paralizzare la popolazione”. Come noto, Churchill continuò fino alla fine della guerra ad auspicare e rivendicare lo sterminio della popolazione civile attraverso i bombardamenti aerei, con particolare riferimento per la Germania – come attestato da decine di documenti storici. La decisione di bombardare Roma fu molto dibattuta. I Britannici si schierarono immediatamente a favore, mentre gli Americani ebbero inizialmente molte perplessità, derivanti sia dalla possibile reazione del mondo cattolico, anche negli USA, sia dall’immenso patrimonio archeologico ed artistico della città. Alla fine il Presidente Roosevelt ed Eisenhower acconsentirono, sotto la condizione – sostanzialmente rispettata – dell’adozione di ogni misura per evitare che il bombardamento colpisse il Vaticano ed il centro storico di Roma. E così, la mattina del 19 luglio 1943, 591 bombardieri statunitensi provenienti dalle basi nord africane sganciarono 9125 bombe, principalmente sullo scalo ferroviario di San Lorenzo e sull’aeroporto di Ciampino, con circa 3000 morti. I bombardamenti continuarono fino alla conquista di Roma del 4 giugno 1944, con un totale di 60.000 tonnellate di bombe sganciate sulla città.

Solo gli sconfitti commettono crimini contro l’umanità Roma, quartiere di San Lorenzo Durante il bombardamento, Mussolini si trovava a Feltre, nell’ incontro bilaterale richiesto da Hitler, e durante il quale non riuscì ad ottenere niente della revisione strategica più volte richiesta, e meno che mai i 2000 aerei necessari per difendere l’Italia. D’altronde, nel 1943 la produzione annuale di aerei militari da parte dell’Italia era meno di un decimo di quella britannica, per non parlare di quella statunitense. Il bombardamento di Roma gettò l’intero Paese nel panico più assoluto. La quasi totale assenza di difese aeree e contraeree contro poco meno di 600 aerei militari nemici aveva evidenziato l’estrema vulnerabilità del Paese. Lo shock colpì il Vaticano, la Monarchia, le Forze Armate e lo stesso partito fascista. Il giorno dopo, il 20 luglio 1943, Mussolini incontrò Re Vittorio Emanuele III, che tentò inutilmente di convincerlo a dimettersi, ed il 21 luglio ordinò la convocazione del Gran Consiglio del Fascismo per il 24 luglio 1943 alle ore 17.00.

 

Conosciamo tutti i seguiti del bombardamento di Roma: il crollo del fascismo nella seduta del Gran Consiglio, l’arresto di Mussolini, l’armistizio di Cassibile dell’8 settembre 1943, fino alla dichiarazione di guerra alla Germania da parte di Pietro Badoglio del 13 ottobre del 1943, e la guerra civile. I bombardamenti anglo-americani sulle città italiane, dalle basi sia nordafricane che nel Sud Italia occupato, continuarono fino alla fine della guerra, con circa 65.000 vittime civili, totale per inciso molto superiore a quello delle vittime civili – circa 11.000 – delle rappresaglie nazi fasciste sulla popolazione italiana. Un bilancio amaro, ma certamente limitato se comparato alle vittime civili dei bombardamenti anglo-americani sulla Francia – 150.000 – e soprattutto sulla Germania (800.000) e sul Giappone (circa 1 milione, comprese le atomiche su Hiroshima e Nagasaki).

Solo gli sconfitti commettono crimini contro l’umanità. Solo cinque giorni dopo il bombardamento di Roma, il 24 luglio 1943 USA e GB avviarono l’Operation Gomorrah, il bombardamento di Amburgo, durato 8 giorni e 7 notti. Grazie in particolare all’ uso di bombe incendiarie (napalm e fosforo), i bombardamenti generarono ripetute tempeste di fuoco. Come a Dresda e a Tokyo, la maggior parte delle vittime – almeno 50.000 – morì tra sofferenze indicibili, bruciata o cotta viva. E come a Dresda nel febbraio 1945 (almeno 75.000 morti), a Tokyo nel marzo 1945 (130.000 morti), ed in decine di altre città tedesche e giapponesi, i bombardamenti, dopo la distruzione, si accanirono per giorni interi anche sui soccorsi. L’enorme differenza tra i bombardamenti sull’ Italia e quelli su Germania e Giappone fa chiaramente comprendere quale sarebbe stato il destino del nostro Paese se non si fosse arreso: lo stesso di Germania e Giappone. Il pianificatore ed organizzatore dei bombardamenti incendiari sulle città tedesche, il britannico Arthur Harris, morto di vecchiaia nel 1984, dopo la guerra fu nominato Baronetto. In suo onore, è stata perfino eretta una statua, la “Bomber Harris Statue”, inaugurata il 31 maggio 1992 personalmente da Her Majesty The Queen Elizabeth nel centro di Londra. Eh sì, proprio lei, la tanto compianta Regina Elisabetta, e nel 1992, ossia ben 47 anni dopo la fine della WW2 – come dire, proprio a mente fredda! Ma anche all’altro ideatore e organizzatore dei bombardamenti in Giappone, Tokyo in testa, il Generale statunitense Curtis LeMay, non è andata esattamente male. Dopo la guerra, ha continuato per decenni a ricoprire alti incarichi militari, nonché ad esprimersi pubblicamente con il suo linguaggio violento e volgare alla John Wayne, fino a criticare la guerra in Vietnam per l’ insufficienza dei bombardamenti, per infine morire tranquillamente di vecchiaia a 84 anni, nel 1990. Nessuno dei due, e meno che mai i loro responsabili politici (Churchill, Roosevelt e Truman), è mai stato ne’ incriminato e ne’ processato per crimini contro l’umanità.

Ed infatti i bombardamenti di sterminio di massa di civili sono continuati anche dopo la Seconda Guerra Mondiale (Corea, Vietnam, Iraq, Siria), con altri milioni di civili morti. Solo nella seconda invasione dell’Iraq, i morti civili sono stati 650.000.

Ormai si sa: per un persistente mistero della Storia, solo gli sconfitti commettono crimini contro l’umanità.

Belisario

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