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Una parodia della democrazia PDF Stampa E-mail

24 Marzo 2023

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 Da Comedonchisciotte del 21-3-2023 (N.d.d.)

In fondo i padroni del vapore, gli oligarchi al potere, non ci nascondono nulla, fanno tutto alla luce del sole, ombreggiando solo un poco qua e là per non essere sfacciati, ma il solco degli avvenimenti è perfettamente tracciato, basta aver voglia di buttarci un occhio. Che la Meloni ed il suo partito dovessero vincere le elezioni e successivamente fare tutto il contrario di ciò che a suo tempo avevano detto che avrebbero fatto, era assolutamente chiaro e palese, esposto al pubblico. Più o meno tutti quelli che commentavano gli avvenimenti politici (non ovviamente i propagandisti che non sono pagati per commentare), lo avevano detto, ridetto, assicurato e previsto: lo sapevano tutti. Almeno tutti coloro che sono nelle condizioni di poter sapere qualcosa. Del resto i Cinque Stelle avevano appena fatto altrettanto nella legislatura precedente. Notevole osservare che ciò non ha comunque cambiato di una virgola il corso degli avvenimenti. Pare insomma che essere a conoscenza del trucco, o quantomeno poterne venire a conoscenza con puerile semplicità, non impedisca alla stragrande maggioranza di caderci mani e piedi, in pratica volontariamente. Un po’ come se le persone recitassero la parte di se stesse quali le vogliono i media. Si sentono su un palcoscenico.

Un esponente della “maggioranza silenziosa” come si diceva una volta, intervistato in proposito, potrebbe rispondere qualcosa come: “sì, certo, anche lei fa come quelli di prima, ma tanto, si sa, sono tutti uguali”. Come a dire l’inganno lo conosco, ma comunque ci casco lo stesso, d’altra parta cosa dovremmo fare? Questo è il gioco, questa la nostra parte nello spettacolo. Hollywood. Credono tutti di stare in televisione solo perché postano qualche foto sui social provando disperatamente a suscitare l’altrui invidia. Il governo eletto, mentre obbedisce in tutto a Washington senza discutere, fa la riforma fiscale, cioè diminuisce la progressività delle tasse: in parole povere trasferisce una certa quota della ricchezza nazionale dai meno ricchi ai più ricchi, cosa che, dobbiamo rendergliene atto,  questa volta è inequivocabilmente di destra. Improvvisamente i problemi veri dell’Italia non sono più l’indipendenza nazionale o l’invasione degli immigrati, ma un passo in più verso il liberismo, gli anarchici, i rave party. Il ponte di Messina ci salverà.

Nel frattempo, gli “avversari” del PD, cioè gli altri neoliberisti atlantici che coi loro governi avevano ugualmente contribuito ad aumentare la polarizzazione sociale, fanno finta di eleggere democraticamente il leader tra due candidati “accuratamente selezionati”, poi presentano al pubblico plaudente il nuovo modello di segretario studiato e costruito da schiere di esperti in propaganda, marketing e pubblici inganni. Richiamerei l’attenzione di chi non l’avesse notato sul fatto che chiamano le loro elezioni interne “primarie” esattamente come fanno gli americani per la “scelta” del candidato presidente: sinceramente mi meraviglio che il nome del partito sia ancora PD, cioè partito democratico anziché DP,  cioè democratic party che sarebbe senz’altro molto più cool e politicamente corretto. Ma qualcosa al folklore locale bisogna concederlo. Direi che col nuovo leader siamo nella gamma commerciale di gran successo che potremo chiamare linea “Macron”: non si tratta di politici che si sono fatti le ossa attraverso una carriera ed una gavetta nelle file di un partito per imparare il mestiere, che poi hanno lottato per anni con altri aspiranti capi, magari creando una propria corrente che si caratterizzasse in qualche modo, che sono naturalmente dotati di un certo carisma sul pubblico, ma di personaggi nuovi, completamente artificiali, costruiti dall’alto a tavolino, secondo i canoni che al momento sono più i favorevoli per promuoverne l’immagine. Si dice immagine non a caso: spesso, infatti, non c’è dentro nulla, si tratta solo della pura epifania di un leader. Il candidato premier avrà quindi modo di farsi conoscere dagli elettori entrandogli in casa ogni giorno ad ogni ora per mezzo della televisione che raccoglie religiosamente ogni sua parola, dovesse chiedere che ore sono. Così che quando giungerà il momento di metterlo in lizza con l’attuale premier per sostituirlo, sarà una presenza conosciuta e rassicurante per tutti, quasi uno di famiglia e verrà votato assicurando così l’alternanza, non tanto per meriti suoi, che ovviamente non ce ne saranno, ma per i demeriti del concorrente che nel frattempo risulterà invotabile per aver tradito completamente la fiducia dei propri elettori impoverendoli ancora di più e soprattutto non facendo nulla di quanto promesso. Questa parodia della democrazia è ciò che i media chiamano un “buon funzionamento delle istituzioni”, un’ alternanza, cioè, tra una maggioranza e un’ opposizione equivalenti. È il sistema all’americana con due partiti unici che è stato fortemente voluto e costruito a partire dagli anni Novanta con l’introduzione del maggioritario.

Il canone del nuovo modello Schlein è facilmente riconoscibile e direi assolutamente tipico: è relativamente giovane e di aspetto gradevole e rassicurante, almeno rispetto a quello dei politici tradizionali (Andreotti non è mai stato propriamente bello); è una donna ed è oramai assodato che le donne sono intrinsecamente superiori agli uomini che si sono imposti in passato esclusivamente a mezzo della prepotenza e unicamente per procurare disastri; non dice mai nulla di politicamente originale, ma ripete diligentemente tutte le banalità retoriche sui temi che più stanno a cuore alla plutocrazia dominante: il favore ai migranti per costruire ciò che Marx chiamava  “l’esercito di lavoratori di riserva”  utile a distruggere i diritti acquisiti in anni di conflitti da parte dei lavoratori europei; la lotta al cambiamento climatico rigorosamente di origine antropica che sta “distruggendo il pianeta”; l’opportunità di costruire gabinetti nelle università per un numero di sessi biologici variabile a piacere; l’attribuzione di un valore superiore a certe minoranze particolari attentamente scelte rispetto alla normale maggioranza; l’imposizione culturale dei propri principi ideologici da far passare come leggi di natura a mezzo della riprovazione sociale e del senso di colpa, se bastano o della legge penale se occorre. Inoltre è ebrea aschenazita, condizione che in occidente è passata rapidamente dall’essere uno stigma sociale al dare l’opportunità di far parte di una delle minoranze privilegiate di cui sopra i cui desiderata possono essere fatti passare come “diritti”. Se qualcuno la contraddice troppo duramente, si può sempre tirare in ballo l’antisemitismo che è uno dei più comuni peccati mortali di oggi, ironicamente proprio nel momento in cui l’antirussismo è invece una delle virtù cardinali. Ma chi bada più all’ironia, chi la vede più. La va sans dire che sia lei che la sua rivale al potere sono di strettissima obbedienza americana: a quanto mi risulta la Schlein è addirittura cittadina americana, ci manca solo che lavori per una delle innumerevoli “agenzie governative”. Seppure ci manca. Immagino sia anche una sostenitrice convinta della cucina insettivora che i media ossessivamente continuano a presentarci nei talk show, nei telegiornali e persino nei documentari di divulgazione “scientifica”, con tanto di conduttori asini, ma gagliardamente raccomandati, a far la parte dei saputelli. Una delle osservazioni  che immancabilmente ci ammanniscono a proposito del raccapriccio che la maggior parte del pubblico prova davanti ad un bel piatto di insetti in umido è che in fondo si tratta “solo” di un pregiudizio culturale:  e via col solito non mangiamo forse i gamberetti che pure sono bruttini? Mai avuto il piacere di ascoltare qualche obiezione, che so, magari far presente che anche evitare di mangiare i cani è con tutta evidenza un pregiudizio culturale, eppure ciò non ha impedito a lorsignori politicamente corretti di inorridire davanti ai cinesi che lo facevano tacciandoli di ignominiosa inciviltà. C’è raccapriccio e raccapriccio, insomma.  Il solito doppiopesismo sotto cui si nasconde la dogmatica dittatoriale di sempre: alcune idee sono giuste, quelle che abbiamo noi, altre, guarda caso le vostre, sono anatema e abominio. Il fatto è che le culture sono appunto costruite su … una serie di pregiudizi culturali e si dà la ventura che lorsignori (e lordame) politicamente corretti non vogliono affatto eliminare i pregiudizi culturali, vogliono semplicemente imporre i propri (qualche volta, i più gonzi, addirittura senza accorgersene) e possono farlo esclusivamente perché hanno in mano tutti i media e ne vietano l’accesso a chi la pensa diversamente.

Purtroppo la costruzione dei leader politici avviene oramai con le stesse modalità con le quali si costruisce la campagna pubblicitaria della Coca Cola (che, en passant, fa probabilmente altrettanto danno alla salute mondiale quanto il fumo di tabacco, ma non è attualmente nel mirino dei puritani), oppure una finta popstar di “protesta” come Greta, oppure un capo del “terrore” addomesticato come Osama Bin Laden,  oppure  una “rivoluzione colorata” come quella ucraina che ha fatto e sta facendo centinaia di migliaia di morti. Ovviamente attribuiti agli “altri”, a coloro che alla fine ne sono state le vittime. E le masse occidentali lo vedono, in fondo in qualche modo lo capiscono, o almeno lo percepiscono istintivamente, ma non se curano: mica è affar loro. Del resto la politica è una cosa sporca, meglio lasciarla perdere ed occuparsi di qualcosa di spiritualmente più elevato. Oh Lord won’t you buy me a Mercedes Benz! Cantava Janis Joplin.

Nestor Halak 

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