Il tabù delle reazioni avverse |
21 Gennaio 2024 Da Comedonchisciotte del 17-1-2024 (N.d.d.) Ha deciso di rendere la notizia di dominio pubblico e di dare voce, attraverso la propria esperienza, a milioni di persone che si trovano nella sua stessa condizione. Importante penna del giornalismo italiano, Massimo Del Papa sta affrontando la battaglia contro il linfoma dall’estate scorsa. È uscito subito allo scoperto, dichiarando convintamente la correlazione della malattia con il vaccino anti-Covid, a cui si era precedentemente sottoposto. Censurato, bistrattato e addirittura banalizzato, il problema delle reazioni avverse post-iniezione è invece una drammatica realtà. I danneggiati vengono spesso ignorati e le loro testimonianze censurate. E mentre in giro per il mondo qualcuno inizia a porre seri interrogativi sull’efficacia e soprattutto sulla sicurezza dei prodotti anti-Covid somministrati a miliardi di persone, nonché ai bambini, in Italia l’argomento continua ad essere tabù. I programmi televisivi evitano accuratamente di parlarne o, quando questo accade accidentalmente, il conduttore di turno si adopera con solerzia in fantastiche gincane per distogliere l’attenzione degli spettatori. “I medici, che un tempo mi avrebbero dato del pazzo, ora stanno zitti. Sanno tutto, ma temono di fare la fine dei sanitari non vaccinati. Sono consapevoli della situazione anche i colleghi giornalisti, che tuttavia mi dicono: ‘Che posso fare?’”. Max Del Papa rifiuta l’epiteto di coraggioso: “Io sono uno, nessuno e centomila. Tantissime persone vittime di reazioni avverse mi scrivono in privato e, quando posso, racconto le loro vicende”. Max Del Papa, innanzitutto come sta, sia fisicamente, sia psicologicamente? “Sono passato dall’aver messo la malattia sopra la vita alla vita sopra la malattia. Cerco di inserire la malattia nella routine, di normalizzarla”. Si nota, dall’inizio della malattia, come sia importante per Lei raccontare la Sua vicenda. Ripercorriamo quindi le tappe: quando e a seguito di che cosa Le è stato diagnosticato il linfoma? “Mi è stato diagnosticato casualmente. Una notte di fine agosto mi trovavo in campagna, da un amico: la mia moto perse aderenza, caddi rovinosamente a terra e mi infortunai seriamente. In ospedale fecero dei controlli per accertare eventuali emorragie e riscontrarono la proliferazione di linfonodi sospetti nella zona addominale. Dopo le biopsie arrivò la diagnosi di linfoma”. Non è semplice riuscire a dimostrare la correlazione della malattia con i prodotti anti-Covid. Quando è maturata in Lei la convinzione che l’insorgere del linfoma dipendesse dalle dosi? “Avevo intuito che qualcosa non andasse già nei mesi precedenti, dopo le vaccinazioni. Non stavo bene: il mio è un linfoma indolente, di quelli che possono stare fermi a lungo e poi esplodono. Non ho dubbi che me l’abbia scatenato il vaccino. Adesso è facile sostenerlo: c’è una tale alluvione di prove in tutto il mondo che non ci sono più margini di dubbio. Negli Stati Uniti è stato ordinato ai CDC (Centers for Disease Control and Prevention, ndr) di comunicare le 7/8 milioni di segnalazioni di eventi avversi post-iniezioni. Oggi la domanda probante è: “Puoi dimostrarmi che non è stato il vaccino?”. Persino i medici che un tempo mi avrebbero scambiato per pazzo adesso stanno zitti. Per quanto possano essere fanatici e accaniti sostenitori dei vaccini, ora non replicano più. Nelle mie condizioni si trovano milioni di persone: c’è chi ha sviluppato dei linfomi -come me-, chi dei mielomi, chi altri tipi di tumore rapidissimi oppure delle neuropatie o delle cardiopatie. Infine vi sono le morti improvvise sospette. Ricevo tantissimi messaggi, del tipo: “Dopo il vaccino non sono più lo stesso”. Ho parenti con melanomi recidivanti ai quali è stato vietato di farsi somministrare ulteriori dosi: c’è bisogno di aggiungere altro? Sanno tutto. Gli unici che continuano a parlare di magia sono coloro i quali sostengono che i vaccini di oggi sono sicuri. Oggi? E quelli di prima com’erano?”. Nelle Sue interviste ha sottolineato più volte lo ‘strano’ silenzio dei medici che L’hanno in cura. Perché, a Suo avviso, nessuno (o quasi) di essi ha il coraggio di esporsi? Forse li frena il timore di incorrere nello stesso problema oppure affiora la vergogna per quanto è stato fatto o, ancora, temono le reazioni dei loro pazienti, ai quali hanno somministrato i prodotti anti-Covid, spergiurando sulla loro efficacia e sicurezza? “Perché li radierebbero e li caccerebbero esattamente come è accaduto ai sanitari che non si sono vaccinati. Ci saranno anche coloro che convivono con i rimorsi, ma la verità è che la maggioranza ha paura di non lavorare più. Cosa vuoi che dicano? Che prima vi abbiamo fatto ammalare e che ora vi curiamo? Quando ti trovi nella mia condizione eviti di litigare. Sono un personaggio pubblico, perciò non ho nascosto la malattia. Io sono uno, nessuno e centomila: essendo uscito allo scoperto posso dare voce anche agli altri danneggiati, che ancora oggi vengono presi per i fondelli. Ed è questo che ti fa ammalare ancora di più. Non ho alcun coraggio: quando affronti un brutto male fai quello che devi fare e la malattia rientra nella normalità della vita. Mi sono ritrovato ad accettare un ruolo non previsto: è pesante, ma si tratta di una battaglia che va oltre me. C’è troppa propaganda maledetta, vogliono continuare a vaccinare vecchi e bambini. Poi, quando accendi la tv, ti dicono che gli anziani sono i primi a stendere le gambe: e allora?”. Negli ultimi mesi gli enti regolatori e le case farmaceutiche hanno aggiornato i ‘bugiardini’, scrivendo nero su bianco che i prodotti anti-Covid (somministrati obbligatoriamente o attraverso il ricatto del Green Pass a miliardi di persone in tutto il mondo, tra cui pure ai giovanissimi) possano causare mio-pericarditi anche fatali. Una notizia del genere dovrebbe occupare la prima pagina di tutti i giornali per anni, far scattare denunce e inchieste a tutti i livelli. Invece sono pochissime le fonti che ne parlano. Da giornalista di lungo corso, qual è la Sua opinione al riguardo? “Provo stupore. Conosco il mondo del giornalismo da trent’anni. L’industria farmaceutica dà da mangiare a tutti: gli inviati che rincorrevano i no-vax hanno fatto carriera e magari ottenuto la conduzione di un programma. Pfizer ha dichiarato di voler entrare nelle scuole, attraverso un progetto che coinvolgerà giornalisti e influencer. Nei prossimi giorni si svolgerà il World Economic Forum, a Davos, e in agenda c’è la tematica relativa al consenso sulle notizie, a partire da quella sulla falsa emergenza del surriscaldamento globale, che ci viene propinata da anni. Tuttavia non salvo nessuno, nemmeno quelli della cosiddetta controinformazione. Quanti ‘dissidenti’ hanno tentato l’avventura in politica o fondato movimenti, per curare interessi personali? Per questo sono odiato tanto dai no-vax più radicali quanto dai pro-vax più incalliti”. Dal 2020 ad oggi sono state raccontate bugie a non finire. Eccole: incurabilità del Covid (in realtà, se si interveniva ai primi sintomi attraverso terapie personalizzate, si poteva guarire quasi sempre a casa); efficacia delle misure restrittive (lockdown, zone colorate, mascherine anche all’aperto); il Green Pass spacciato per strumento sanitario che avrebbe garantito di trovarsi tra persone non contagiose e non contagianti; i vaccini anti-Covid definiti ancora oggi efficaci e sicuri, nonché la soluzione migliore per contrastare il virus; gli effetti avversi sono rarissimi e comunque quasi mai gravi. Sembra ‘Matrix’ o ‘Intrigo internazionale’, eppure è accaduto veramente… “La stampa europea, americana ma anche giapponese ha definito la trattazione del Covid in Italia come un esperimento sociale. Lo stesso Conte riteneva che, ai tempi delle chiusure, la gente si sarebbe sollevata e invece non è accaduto niente. Poi è arrivato Draghi ma, anche in questo caso, nessuno ha reagito. Credo che ci sia stato un connubio di ignoranza e malafede”. Non solo menzogne ed omertà, ma anche tantissima censura: il Digital Services Act metterà il bavaglio a tutti? “L’intenzione è questa. La verità si può comprimere e violentare finché si vuole ma, prima o poi, emergerà. È accaduto persino nei regimi peggiori. Ci vorrà tempo, perché dobbiamo affrontare una tecnologia autoritaria mai vista prima, tuttavia alla fine questi tentativi imploderanno. Ora vorrebbero riscrivere le fiabe in salsa gender: la gente si stuferà e inizierà a disertare cinema e teatri. Questi signori si stanno segando da soli il ramo sul quale sono seduti”. Nei salotti televisivi nessuno osa affrontare la tematica degli effetti avversi e, nei rari casi in cui sfugge, si fa di tutto per coprire le parole dell’ospite che ha sollevato la questione. Lei è un giornalista di fama: con qualche Suo collega importante avrà avuto modo di parlarne, perlomeno in via confidenziale? Quali discorsi si fanno, dietro le quinte? “Ormai te lo dicono: ‘Che posso fare?’. Se faccio un’ospitata su un canale libero e indipendente ottengo 500 mila visualizzazioni. Cosa accadrebbe se qualcuno invitasse un giornalista malato, che si è documentato, a un programma di una tv generalista? Mi vedrebbero molte più persone, perciò non ci posso andare, perché nessun giornalista vuole rischiare. Per questo motivo la narrazione non può cambiare e rimane finalizzata al controllo e agli affari”. La crisi dei telegiornali e della politica: pochi seguono i notiziari e pochi vanno a votare. Qualcuno, ai piani alti, si starà accorgendo che le bugie non pagano? Come immagina il futuro della nostra società? “La gente non guarda più i tg per saturazione: vorrebbero introdurre il Digital Services Act per costringere le persone a seguire certe cose per forza. Le grandi testate generaliste, che hanno sostenuto e propagandato la campagna vaccinale in continuazione, resteranno sempre in piedi. Rischieranno di perdere lettori e telespettatori? Poco importa: li recupereranno nei programmi tipo ‘Sanremo’, dove avranno la possibilità di veicolare ugualmente certi messaggi, spacciandoli per notizie. I giornali e i siti critici sono quei pochi che non percepiscono finanziamenti pubblici. Per quanto mi riguarda manterrò la mia rabbia, sia perché sono parte in causa, sia perché potrò dare voce agli altri danneggiati”. Francesco Servadio |
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