Cretinismo parlamentare e servilismo |
18 Giugno 2024 Da Appelloalpopolo del 15-6-2024 (N.d.d.) La democrazia tende solitamente ad autocelebrarsi in modo quasi ossessivo, celando e tacendo le ipocrisie e i malfunzionamenti da cui è affetta, i quali, sia ben chiaro, caratterizzano qualsiasi sistema istituzionalizzato di regolazione dei rapporti umani. Quando parliamo del sistema democratico, indubbiamente preferibile ad altri sistemi quantomeno per il maggiore ventaglio di protezione dei diritti fondamentali dell’individuo che esso garantisce, non dobbiamo tuttavia cadere nell’errore di considerarlo a prescindere come il migliore in assoluto in quanto a efficienza politica. Perché lo sia, esso deve essere messo in condizione di “funzionare bene”. A tale scopo, la democrazia non può essere pensata senza il suo corollario operativo, ovvero il parlamentarismo, espressione concreta della pluralità sociale, la quale si condensa in un’assise decisionale che è la sintesi dei differenti orientamenti culturali, politico-ideologici ed economici di una comunità, da comporre in una sede istituzionale. Perché questo sia possibile però, occorre dare sostanza a un sistema che di per sé nasce come mero contenitore, essendo passibile pertanto di restare senza contenuto. La democrazia può in effetti restare un guscio vuoto, un puro involucro procedurale, per dirla alla Schumpeter. Nel migliore dei casi, infatti, la democrazia parlamentare diventa uno strano moloch autoreferenziale rinchiuso in una torre d’avorio e impermeabile alla realtà che si dispiega all’infuori di esso. Lo aveva ben compreso Friedrich Engels già nel 1852 quando, a proposito dei deputati della sinistra nell’Assemblea legislativa, scriveva: “Questi disgraziati poveri di spirito, per tutto il corso delle loro esistenze, generalmente molto oscure […] dal principio della loro carriera legislativa erano stati più di qualsiasi altra frazione dell’Assemblea contaminati dalla incurabile malattia del cretinismo parlamentare, infermità che riempie gli sfortunati che ne sono vittime della convinzione solenne che tutto il mondo, la sua storia e il suo avvenire sono retti e determinati dalla maggioranza dei voti di quel particolare consesso rappresentativo che ha l’onore di annoverarli tra i suoi membri, e che qualsiasi cosa accada fuori delle pareti di questo edificio […] non conta nulla in confronto con gli eventi incommensurabili legati all’importante questione, qualunque essa sia, che in quel momento occupa l’attenzione dell’onorevole loro assemblea”. Settant’anni dopo, Antonio Gramsci, nell’ambito di una critica alla borghesia, non risparmiava strali acuminati nei confronti del parlamentarismo di quegli anni, definendo la classe politica come specializzata in “cretinismo parlamentare”, e l’istituto parlamentare stesso nei termini seguenti: “[…] il Parlamento diviene una bottega di chiacchiere e di scandali, diviene un mezzo al parassitismo. Corrotto fino alle midolla, asservito completamente al potere governativo, il Parlamento perde ogni prestigio presso le masse popolari”. Ora, se il sistema democratico si esprime attraverso il parlamentarismo, nel momento in cui esso sia dominato dal cretinismo di engelsiana e gramsciana memoria, la democrazia diventa tanto insulsa, inefficiente e odiosa quanto qualsiasi altro sistema sideralmente distante dal corpo politico dei governati. Quando poi al cretinismo si affianca e si aggiunge il servilismo e la subordinazione a diktat che sono l’espressione di poteri esogeni, il parlamentarismo entra in una nuova fase, ancora peggiore della precedente. Esso cioè diventa un agente patogeno di decostruzione dell’interesse collettivo e nazionale, seppure ancora travestito da presidio di democrazia. Se nel primo caso la degenerazione è funzionale al mantenimento di uno status quo che non minaccia in modo radicale e immediato le fondamenta dello Stato – sebbene ne intacchi irrimediabilmente la credibilità -, nel secondo sono queste a essere erose in modo inesorabile, fino al punto di non ritorno. Il complesso reticolato sovranazionale che ingessa e condiziona il nostro Paese induce un lento processo di disfacimento, durante il quale l’insorgere delle conseguenze fatali è paradossalmente imputato a supposte inefficienze del tessuto istituzionale interno. Il meccanismo psicologico è talmente subdolo che diventa quasi impossibile scardinarlo perché i fenomeni di presa di coscienza collettiva sulle reali cause dei problemi spesso insorgono solo a posteriori e dopo molto tempo, quando il danno ha già prodotto i suoi esiti irreversibili. Il cretinismo allora, da fenomeno istituzionale, si traduce in un vero e proprio abito mentale di carattere culturale e collettivo, difficilmente estirpabile attraverso una chiave di lettura puramente logico-argomentativa. Esso è un fenomeno che viene assorbito organicamente a livello inconscio e psicologico, assumendo i contorni di un habitus psichico capace di ingannare e disorientare un popolo intero. Il risveglio, qualora dovesse avvenire, sarà presumibilmente traumatico e dovuto anch’esso a eventi esogeni subiti e non consapevolmente gestiti. Ristrutturare il sistema democratico rappresentativo nazionale facendolo tornare da soggetto passivo ad agente politico attivo è la sfida più urgente dei tempi in cui viviamo, una sfida che presuppone un risveglio psichico subordinato a un cambio radicale di orientamenti culturali. Davide Parascandolo |
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