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L'alba di una nuova ideologia PDF Stampa E-mail
20 novembre 2008
 

 
Non più di venti giorni fa il cinefilo Veltroni, tribuno dimezzato, dal Circo Massimo di Roma declamava: «Questa è la più grande manifestazione di massa del riformismo italiano perchè in Italia un cittadino su tre si riconosce e crede nel riformismo moderno».
Riformismo, modernismo: parole vuote che risuonano sinistramente, un'eco cupa, la  tabula rasa dell'economia globalizzata.
Tra i clangori di fabbriche che delocalizzano, esternalizzano, chiudono cancelli trasformando ampie zone del paese in aree cimiteriali.
Parole che, curiosamente, continuano a rimbalzare nei salotti dei canali di scarico mediatico, generalmente associati alla religione suprema, il post-ideologismo.
Essere post-ideologici è la conditio sine qua non per un politico “delegato”, che non può più essere militante, pena l'esilio in soffitta. Solo un'idea “pragmatista” può essere funzionale a questa società, che sociologi all'Alberoni hanno ribattezzato “liquida”, e mai termine fu più felice.
La società liquida ovviamente è un prodotto organico di scarto della fisiocrazia francese settecentesca, un “laissez faire, laissez passer” de noantri.
I post-marxisti e post-democristi hanno  ridotto la politica degli ultimi quindici anni in un feroce e gretto pragmatismo, hanno annichilito le idee, la cultura, il parlar per immagini (proprio delle ideologie).
Hanno trasformato il progetto politico e sociale, la tradizione, la lettura storiografica, il pensiero in una portineria condominiale, una rivendita di pezzi di stato e di sovranità.
Noi pensiamo che mai come oggi ci sia bisogno di ideologismo e di un'osservazione della realtà grandangolare. Pensiamo che ci sia bisogno di un'ideologia che diriga l'azione, secondo la definizione di Pareto.
Non certo l'ideologia marxista, quella che il filosofo preveggente Baudrillard aveva già ampiamente liquidato negli anni Settanta definendola «una limitata critica piccolo-borghese, solo un passo in più verso la banalizzazione della vita».
O quelle che glorificano il discrimine etnico, religioso, reddituale o «l'estasi della comunicazione», per citare ancora Baudrillard.
Piuttosto un'ideologia che ci affranchi dalla schiavitù del globale, dal valore d'uso, dalla libera circolazione delle merci e dei capitali, dall'industrialismo, dalla trita ritualità della delega democratica.
L'antimodernismo. Lo zerismo.

Mauro Maggiora
Commenti
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samass@tiscali.it
samass (Registered) 20-11-2008 19:50

Condivido molto di quanto scritto. Non mi piace però la parola ideologia. Preferisco il termine "tabuizzazione". E allora vedo la tabuizzazione del globale, del valore d'uso, la tabuizzazione della libera circolazione dei capitali, della ritualità della delega democratica. Etc. Mi interrogo inoltre sulla mia tisana al tè verde che proviene tramite commercio equo e solidale, da paesi del sud del mondo. E allora la libera circolazione delle merci è da tabuizzare o viceversa occorre tabuizzare il valore aggiunto di cui viene investito il prodotto? E ancora: l'ideologia soppianta un'altra ideologia, a torto o a ragione, mentre la tabuizzazione diventa archetipo e in quanto tale base di partenza per il pensiero. Però non ho letto Baudrillard... Forse mi mancano dei pezzi!
max (Super Administrator) 20-11-2008 20:30

"...in Italia un cittadino su tre si riconosce e crede nel riformismo moderno."
Questi vanno avanti a furia di stronzate. Il divario tra quello che dicono e la realtà assume proporzioni colossali. Ha proprio ragione Fini a dire che quando il sistema crollerà, lo farà in una settimana.
Andrea Marcon (Registered) 21-11-2008 10:12

Chiamiamolo come vogliamo, ma sicuramente - sono d'accordo con Mauro -occorre un nuovo pensiero forte che orienti la società e la politica.
samass (Registered) 21-11-2008 11:37

Già, un nuovo pensiero, già, un italiano su tre. Tutto vero. Vedo però nascere e crescere il desiderio di informarsi. Di capire l'oggi e ipotizzare il futuro. La rete, i blog, "anomalie" come la voce del ribelle che si propone come mensile AUTOFINANZIATO. (Chi se lo sarebbe mai aspettato!). Lo spettro della crisi che incombe sempre più presente e tangibile. Vico ci ricorda la ciclicità dei corsi storici, mentre oggi, i più attenti, ipotizzano un corso completamente nuovo. Basato su modelli di sviluppo sostenibili, che per altro condivido in pieno. E' che non riesco ad ipotizzare gli scenari futuri. Voi di movimento zero siete più bravi di me. Ma se leggo autori non omologati sullo sviluppo della crisi, gli stessi ci mettono in guardia sugli spostamenti dei centri di potere economico verso il mondo arabo. Alla fine, quando tutti i pezzi si saranno ricomposti, i destini di tutte le persone del mondo, purtroppo, non saranno poi così diversi da oggi. Pochi (non importa se gialli rossi o altro) avranno in mano le sorti di tutti gli altri. Però leggerVi da speranza.
gangalantialberto@virgilio.it
Hiramabif (Registered) 21-11-2008 11:46

Rimango estasiato dal forbito linguaggio da te usato per un ritratto di questa nostra società contemporanea,che non è altro,alla fine,
quello di un naturale e scontato decorso
di un fallimentare sistema capitalistico.Ogni paese "sviluppato",mostra oggi i segni
di questo sistema selvaggio per la produzione di ricchezza,per pochi,a scapito di una condizione di precarietà e semischiavitù per il resto del pianeta.
Non esiste a mio avviso un colpevole,anche se tutti fingono di cercarlo,ma semplicemente una grave responsabilità generale che coinvolge anche gli strati più deboli della polazione.Come dire da una rapa non può nascere una bella rosa.
alberto gangalanti
h2otonic (Registered) 21-11-2008 18:21

Definirsi postideologizzati e'forse l'unico atto sincero,naturalmente inevitabile, di costoro che per anni hanno sbandierato slogan e promesse per la gente della loro parte (partiti),subendo impotenti e conniventi una colonizzazione culturale prima che economica dai vincitori dell'ultima guerra mondiale.
Ora che il re e' nudo la parola d'ordine e' bandire i principi in nome dell'emergenza. Della serie una casta per tutte le stagioni.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 21-11-2008 20:08

Condivido in pieno tutto l'articolo.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 21-11-2008 22:39

L'articolo è un'ottima puntualizzazione. Non si tratta di criticare le ideologie in quanto tali. L'ideologia è un sistema di idee. Un sistema tende a organizzare in un tutto coerente i dati dispersi e caotici della realtà; allo stesso modo la ricerca scientifica non inizia con l'osservazione dei fenomeni, che da soli non parlano, bensì con un'ipotesi o un'intuizione. L'ideologia serve a organizzare l'esperienza, a conoscere. Può anche deformare la realtà, ma senza ideologia si perdono gli ideali e si inaridiscono le idee. Del resto tutta la grancassa sulla morte delle ideologie è ipocrita. Per 30 anni ha dominato l'ideologia del pensiero unico liberal-liberista, sullo sfondo del progressismo e di uno scientismo tardo positivista. Ora sembra che anche questo delirio sia in crisi. Si aprono spazi per ideologie meno false.
arcadianet.blogspot.com
simone.org (Registered) 22-11-2008 22:59

Infatti.
Io non penso che si possa ridurre la politica a un pragmatismo situazionista in cui, senza uno schema ideologico, si prendano decisioni a seconda del momento in un funzione puramente pratica.
Molto meglio avere un'idea, una cultura alle spalle.
Cosa che tra l'altro contribuisce a mantenere l'identità di un popolo.
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